Ubi maior

Scritto da , il 2020-01-27, genere tradimenti

Per qualche generazione di persone, alcune decine di anni or sono, il luogo deputato per tutti gli incontri amorosi, effimeri come le estati che li animavano, o duraturi, come avvenne per alcuni, erano le stazioni balneari che in quegli anni punteggiavano la riviera romagnola.
Io, come tantissimi ragazzi e ragazze della mia generazione (e di molte altre precedenti e successive) aspettavo l’inizio della stagione estiva e le sue promesse di trovare, almeno per quell’anno, la ragazza giusta per una meravigliosa estate o, perché no, per un grande amore che durasse tutta la vita.
Rosalinda era una ragazza più o meno della mia stessa età e comunque della mia stessa generazione, forse con aspettative e desideri non lontani dai miei: fisicamente non era molto in linea con i modelli ‘grissini’ che la moda dell’epoca suggeriva ma si avvicinava piuttosto alle ‘maggiorate’ di più antica memoria e all’intramontabile fascino della Loren; il fisico era prorompente e non passava inosservato, qualunque fosse la situazione e l’abbigliamento, dal bikini in spiaggia alla minigonna a passeggio agli abiti velati per la sera con nudo esplicito in trasparenza.
Considerato il personaggio, appariva chiaro che non sarebbe stata molto disposta a legare con uno ‘normale’ come me: avrebbe di certo preferito qualcuno più forte, più aitante, più palestrato; ma il suggerimento più valido e diffuso, a quel tempo, era che ‘il matrimonio è la soluzione più sicura per uscire di casa’; e per sposarsi poteva andare bene (anzi, era quasi raccomandato) uno come me, ben sistemato e che garantiva un alto tenore di vita: sembrò quindi quasi inevitabile che ci incontrassimo e che, di colpo, legassimo in maniera quasi indissolubile, come per un improvviso colpo di fulmine.
Forte di questa determinazione, dopo neanche quattro uscite, mi aveva già offerto la sua verginità ed io ero stato felice di coglierla: al di là di tutto, era una ragazza straordinariamente bella, con una figura da modella e un viso rinascimentale; ed io fui felice di sposarla e di assicurarmi una donna come lei quotidianamente nel letto; per qualche tempo, il matrimonio funzionò abbastanza bene e per alcuni anni niente turbò la serenità della nostra casa e l’entusiasmo che si accese nei nostri rapporti.
Il sesso la faceva da padrone in forza anche dell’indole piuttosto calda di Rosalinda che non avrebbe mai smesso di fare l’amore e spesso mi turbava con dichiarazioni al limite della follia che accennavano al desiderio di provare esperienze diverse, lontane dalle mie intenzioni.
Puntualmente, quando si accennava al problema dei rapporti, lei insisteva sull’opportunità di ampliare l’orizzonte e di fare nuove esperienze; ed io invece mi opponevo, arroccandomi sulle certezze di una ‘saggezza antica’, sui pericoli connessi ad un comportamento di vita non controllato e forse non controllabile.
Non mi accorgevo del fossato che si scavava tra di noi in questa direzione; o, peggio ancora, appigliandomi alla razionalità ad ogni costo, non prendevo in nessuna considerazione altre argomentazioni che non fossero i miei principi.
I problemi però emersero dopo un certo numero di anni; e il teatro fu ancora una volta una stazione balneare della riviera romagnola, dove notoriamente i bagnini godono fama di tombeur de femmes; fu appunto un bagnino - del quale i pettegolezzi pruriginosi delle mature signore della spiaggia celebravano la grande possanza sessuale e la dotazione che si diceva addirittura asinina - a suscitare i miei sospetti per gli eccessi di attenzione che prodigava a mia moglie e per alcuni gesti di eccessiva familiarità tra loro.
Per non dare corpo alle mie ubbie, cercai di non curarmene, finché una mattina non ebbi la certezza che stavano tramando qualcosa: per un’oretta, Rosalinda sparì dalla circolazione ed io mi affannai inutilmente a cercarla per tutta la spiaggia; quando tornò all’albergo alquanto ‘sbattuta’, si limitò a dire che aveva fatto una passeggiata per la spiaggia; per il momento, preferii non dare troppo peso alla vicenda e neppure mi aspettavo una confessione da mia moglie che dimostrava spesso e chiaramente di avere, col matrimonio, stipulato solo un contratto d’affari per garantirsi una vita agiata.
Rientrati in città, i sospetti si fecero però più vivi e motivati: somme ritirate dal conto senza corrispondente riscontro di spesa per la casa facevano pensare al pagamento di prestazioni ‘personali’; lunghe assenze venivano spiegate con motivazioni speciose o con semplici alzate di spalle: alla fine, dovetti arrendermi all’idea che mia moglie vivesse una vita doppia.
Incaricai un’agenzia di investigazioni di pedinarla e in capo a due giorni seppi con certezza che mi tradiva con vari giovanotti, normalmente prestanti e ben dotati, coi quali organizzava incontri anche multipli, preferibilmente in uno chalet che avevamo comprato in riva a un lago in una lottizzazione di alta qualità; feci in modo, in alcune occasioni, di essere presente, non visto, e di effettuare foto e riprese video che aggiunsi ai faldoni delle relazioni di agenzia.
La situazione mi pesava moltissimo, ma non sapevo decidermi a prendere iniziative drastiche, perché in cuor mio speravo sempre che si trattasse di una tempesta ormonale destinata a scaricarsi presto.
Rosalinda non prendeva neanche in considerazione l’ipotesi di parlare con me della sua vita privata arroccandosi dietro la difesa della privacy e continuando a fare la sua vita a mie spese.
Quasi a farmi pesare sempre più gravemente la sua autarchia, cominciò a non tentare neppure di nascondere i suoi inganni e in breve, ebbi la certezza che tutti gli amici, tutti i conoscenti erano passati almeno una volta per il suo letto, mentre a me cominciava a negarsi con sempre maggiore determinazione.
L’ultima volta che facemmo l’amore, fu in occasione del decimo anniversario del nostro matrimonio, quando si entusiasmò al punto di amarmi con tutta l’anima; non fui da meno ed anch’io mi concessi a lei come fosse il grande amore che avevo incontrato dieci anni prima.
Dopo quella volta, finì per scomparire completamente dalla mia vita sessuale e non riuscii ad avere nessuna comunicazione con lei, anche se apparentemente conducevamo una regolare vita di coppia
Lo scandalo esplose qualche mese dopo, una sera che cercai di fare l’amore e, bontà sua, si concedette; quando la penetrai, mi resi conto di avere davanti a me una realtà molto diversa, totalmente deteriorata e rovinata da abusi; spaventato dalla constatazione che denunciava pratiche sessuali con membri di stazza di gran lunga superiore alla mia, provai a saggiare il lato B ed ottenni inequivocabilmente lo stesso risultato: anche quel canale era completamente rovinato, forse lacerato, ed abituato a ben altri spessori che il mio.
“Ma ti rendi conto che i tuoi organi sono orribilmente dilatati? Come è possibile?”
“Forse la tua dotazione è scemata!”
La risposta lapidaria e decisamente assurda avrebbe dovuto farmi uscire dai gangheri; ma volli fare ancora appello a tutta la mia pazienza e il giorno seguente la obbligai a venire con me da Carlo, il ginecologo nostro amico; lo pregai di visitarla accuratamente per verificare il grado di assuefazione al coito dei due organi; mi guardò con aria di commiserazione e mi disse fuori dai denti che tutti sapevano che mia moglie si faceva possedere quotidianamente da maschi molto dotati, che tutti gli amici (tranne lui, mi precisò) l’avevano posseduta in molte occasioni; addirittura, professionalmente aveva già dovuto suggerire a mia moglie un intervento di ricostruzione perché tendeva all’incontinenza anale; la stessa situazione per la vulva non aveva però le stesse conseguenze per l’indipendenza della vescica dalla vagina comunque largamene lacerata; lo pregai di stendere una relazione scientifica utile per il tribunale e ritornammo a casa senza una parola.
Immediatamente le ritirai le carte di credito e in banca feci annotare i prelievi metodici e notevoli effettuati in un anno; Rosalinda con la massima strafottenza stava a guardare; le chiesi se si rendesse conto che andavamo verso il divorzio.
Mi rispose che lei non l’avrebbe mai concesso e che, come sempre, guardavo molto attentamente ai presunti errori o alle presunte colpe degli altri e non mi ponevo mai il minimo dubbio sulle mie possibili responsabilità, che c’erano e che avrei potuto vedere, se non fossi stato ottuso e unidirezionale.
Stetti zitto e non tentai neanche di dialogare: per me era solo una stupida ninfomane che non meritava fiducia.
Quasi per rincarare la dose, organizzò per quella stessa sera una particolare ‘festa privata’ nello chalet, approfittando di alcuni assegni che avevo lasciato incautamente incustoditi in casa: preso contatto con un organizzatore di prostituzione maschile e femminile, chiese 2 tra i più dotati dei ragazzi; li invitò allo chalet per quella sera e si fece fare il peggio del peggio di quello che sapevano fare; accortomi dell’ammanco, mi ero appostato nei pressi e mi sistemai ad una finestra dalla quale avevo verificato che potevo controllare la sala unica; appena i ragazzi assoldati entrarono in casa con Rosalinda, la presero a carezzare: come prevedevo, si scatenò con tutta la sua smania di sesso.
Nelle ore successive, ne combinò di tutti i colori, accompagnando le violenze con altissime urla di godimento, con gemiti di piacere ed incitamento a spingere di più dappertutto; tutto fu regolarmente registrato da me che assistevo vomitando; si stancò e licenziò i due solo quando albeggiava; la lasciai addormentata e tornai a casa, dove si fece viva nel pomeriggio pimpante e pronta a ricominciare.
Era sabato; per la sera, secondo una vecchia abitudine, era fissata una cena a casa mia con tutti gli amici che arrivarono alla spicciolata, accolti con garbo da me e da Rosalinda che in quelle occasioni splendeva per cortesia ed eleganza; superata la fase dell’abbuffata, quando ci si rilassava soddisfatti del cibo, comunicai che lunedì mattina sarei andato a presentare la domanda di divorzio da mia moglie per colpa del suo comportamento assolutamente indegno, avendo calpestato tutti i principi della fedeltà e della lealtà, insomma avendomi riempito di corna in tutta la città per avere avuto rapporti con tutti quelli che aveva conosciuto compresi i presenti.
Quando qualcuno tentò di obiettare, chiesi se volessero per caso visionare foto e filmati dell’agenzia investigativa a testimonianza di quanto affermavo; qualcuno tentò di andare via, ma imposi che nessuno si muovesse, avvertii che avevo rastrellato tutti i loro debiti e che li avrei messi all’incasso il lunedì, a meno di nuovi fatti rivoluzionari.
Una delle signore, brutalmente, propose la legge del taglione: corna per corna, per salvare il loro benessere economico; Rosalinda pareva scatenata.
“Non esiste la separazione per colpa e le corna non determinano niente: sei cornuto e basta.”
“Prova a chiedere a tuo padre: è un buon avvocato e certamente può darti le risposte per sapere se con i filmati di tutte le sconcezze che hai realizzato posso divorziare per colpa. Digli anche che cosa hai fatto stanotte.”
“Che avrei fatto stanotte?”
Lanciai il video che avevo realizzato e vidi facce allibite anche tra gli amici quando emersero le nefandezze commesse nello chalet: Rosalinda cercò di scappare ma la bloccai, feci il numero di suo padre e le passai la chiamata; quando riattaccò, crollò per terra come un sacco vuoto.
“Puoi cacciarmi fuori! E io dove vado?”
“Da uno di quelli che hai frequentato con tanto entusiasmo fino a ieri sera, o anche da uno dei signori qui presenti se vuoi, visto che tutti sono passati per il tuo letto.”
Rosalinda per un po’ rimase in silenzio; poi insistette.
“Non puoi mandarmi in mezzo a una strada perché sono incinta e il figlio è tuo, puoi esserne certo, è solo tuo. Io sono una svergognata e posso anche finire a battere sul marciapiede; ma il figlio è tuo ed è innocente; fai gli esami del DNA, accertatene e decidi, poi, se vuoi condannarlo prima che nasca o se vuoi distinguere le colpe e le condanne. Ho solo questo elemento non per me ma per difendere mio figlio che è anche tuo figlio.”
“Sei così bugiarda che non ti credo neanche se mi dici che il pavimento è freddo; e sei così infida e perversa che ti inventeresti qualunque cosa per non finire sul marciapiede. Ma il dubbio è un brutto tarlo. Appena possibile, farò fare le analisi per il DNA e se ti ho messa incinta, non so per quale miracolo, allora rivedrò anche l’atteggiamento con la svergognata che sei e che comunque resti, figlio o non figlio.”
Intervenne Carlo, il suo ginecologo, unico testimone neutrale degno di fede.
“Davide, la situazione è più delicata di quanto tu pensi. Il figlio è tuo; ho fatto già fare l’esame del DNA quando Rosalinda mi da detto che era incinta, ed ho i dati per attribuirti senza ombra di dubbio la paternità del nascituro. Non puoi sottrarti ai doveri di un padre: sei costretto, per tuo figlio, a tenertela in casa, anche solo come sguattera, almeno fino a che il bambino abbia completato lo svezzamento: solo allora potrai cacciarla ed esigere l’affidamento di tuo figlio; e devi pagarle anche l’intervento per ricostruire l’ano, che si deteriorerebbe in maniera pericolosa col parto: altrimenti, rischi l’accusa di morte procurata.”
“Di quanti mesi è incinta? Io sono mesi che a quella fogna non mi sono accostato. Come posso averla inseminata?”
“L’ho studiata bene la situazione. E’ stato per l’anniversario, pare che avete avuto l’ultima serata d’amore, lei era fertile, particolarmente ricettiva e ci è rimasta. Perché non provi a rovesciare la visuale a guardare a tuo figlio anziché a quella che deve partorirlo? Non è facile tenersi in casa una donna spudorata e odiata; ma la grandezza della paternità va al di là di ogni sacrificio, te lo dice uno che non può avere figli e farebbe carte false per adottare il tuo, chiunque sia la madre.”
“Lasciami pensare: è una cosa troppo grossa. Considera che questa pazza, incinta almeno di quattro o cinque mesi, si fa massacrare da due mostri extralarge appena ieri sera: capisci come è criminale il suo comportamento? Io dovrei, come dici tu, superare il passato e accettare di tenerla in casa al rango di una sguattera. Sei certo che non mi denuncerà per riduzione in schiavitù? Lei assicura che smetterà le sue abitudini da prostituta incallita. Te la senti di scommettere che, al primo passante che bussa alla porta, non si farà trovare pronta? Puoi giurare sulla tenuta della sua dignità?”
“Io scommetto sulla tua dignità e sul tuo senso di responsabilità che ti impedisce di condannare un individuo ancora prima che nasca: tuo figlio deve avere da adesso un padre e una madre: nessun figlio ha mai condannato la madre solo perché ha vissuto a modo suo.”
In tutto il colloquio, Rosalinda era rimasta seduta per terra, raccolta quasi come uno straccio abbandonato, piangendo in silenzio a calde lacrime; Carlo era seriamente intenerito, le andò vicino, la invitò ad alzarsi, la fece sedere su una sedia e vidi che parlottavano all’orecchio l’uno dell’altra; di colpo, Rosalinda sembrò esplodere.
“Già!!!! Solo questo sai fare, amare; fare sesso no! E se una ha bisogno di fare sesso, tu non lo consenti perché tu sei la legge, la logica, la morale TU SEI L’INDIVIDUO ALFA E TUTTI DEVONO OBBEDIRTI … “
“Mi spiace, Carlo, l’aborto forse è l’unica soluzione … “
“Troppo tardi; siamo fuori del tempo limite, per l’aborto legale; praticato adesso, diventa reato.”
“Cavolo, è possibile che contro l’imbecillità non si possa fare proprio niente?”
“Tu sei un grande avvocato, sei la persona più intelligente e meravigliosa al mondo; ma di fronte a certe cose che sfuggono alla tua logica, diventi ottuso. Non hai accettato, non accetti e non vuoi accettare mai che io potessi desiderare di essere sbattuta come un tappetino, piuttosto che adorata come una madonna; quando ti parlavo di organizzare qualcosa di trasgressivo, tu facevi orecchie da mercante perché il sesso doveva essere solo quello che tu volevi e andava fatto come decidevi tu; io non avevo il diritto di scegliermi un amplesso come piacesse a me: solo quello che il maschio alfa desiderava, era sesso praticabile. Ti pare così strano che sia andata a farmi umiliare dal bagnino più dotato della riviera, quello di cui tutte dicevano che aveva un membro mirabolante? Io me lo sono gustato, quel membro, e ancora oggi ricordo con gioia il momento in cui urlavo di dolore; ho goduto moltissimo a farmi maltrattare, perché finalmente mi ribellavo ai tuoi dictat e facevo qualcosa che mi mandava ai pazzi.”
“Bene; cornuto con gioia della moglie fin dai primi anni! E io che ti credevo innamorata!!!!!”
“Stupido!!!! Io ero e sono innamorata! Molto, molto, molto più di quanto tu possa immaginare e desiderare! Ma tu non hai avuto una reazione istintiva, UMANA, neanche quando era chiaro che ti stavo tradendo: tu cancellavi anche solo l’idea perché non rientrava nella tua logica, perché io calpestavo la tua logica! Tu hai il difetto del pensiero unidirezionato: nella professione come nella vita, quando ti scontri con qualcuno, che pensi fuori dai tuoi canoni, diventi una belva e aggredisci con tutte le tue forze: lo so bene perché ti conosco e ti amo, lo abbiamo visto stasera e lo vedremo ancora. Ti fa tanto male scoprire che una donnicciola, che ti ama alla follia e che per te si farebbe scannare, decide di lottare alla pari contro la tua arroganza e decide di graffiare, mordere, stracciare, fare a pezzi te e i tuoi sentimenti come fai tu normalmente? Si, ti ho straziato ed ho goduto a sentirti straziato: avresti dovuto essere nella mia testa quando hai scoperto la condizione dei miei organi. Se mi avessi letto nel pensiero avresti trovato un amore infinito e un odio ancora più smisurato perché mi vergognavo di me, mi vergognavo di te e mi comportavo in maniera esattamente opposta alla tua: colpivo alla cieca, per fare quanto più male potevo e in realtà sapevo benissimo che il male lo facevo solo a me; ma l’odio mi accecava e volevo colpirti, anche sapendo chiaramente che le avrei prese. Ti basta così o vuoi sentire la mia gioia a fare la prostituta vera, quella da marciapiede?”
“No, mi basta quello che hai detto; mi fai paura, oltre che schifo. Carlo, credi ancora che io possa sopportare oltre?”
“Puoi solo tagliarle i viveri, non farle maneggiare soldi e non farle acquistare niente; se non esce di casa, non può fare danni; se esce e fa danni, hai la possibilità di sbatterla fuori in qualunque momento. Non hai altra scelta. Se può consolarti, hai la possibilità di goderti tutte le meravigliose amanti che vuoi; e, dal momento che conosco le vostre storie, sono sicuro che presto qualcuna diventerà molto più che l’occasione di una notte! La mia impressione è che tu liquidi come una piccola deficiente ninfomane una donna che invece di te è innamorata e che solo tu la ritenga incapace di capire il piacere vero, mentale prima che fisico; ma se anche così fosse, niente ti autorizza a ritenere che nessuna donna sia in grado di apprezzare il piacere di una serata con un uomo come te. Credimi, qualcuna di queste signore ti ama più di quello che dichiara; hai spazio per tutto il tuo bisogno d’amore. Poi, quando verrà il figlio, sceglierai cosa fare.”
“Va bene. Quindi, riassumendo, devo farmi carico di garantire assistenza alla signora durante la gestazione studiando i modi per impedirle di fare ancora stupidaggini; intanto, levarmi qualche piccola soddisfazione con i cosiddetti amici facendo l’amore con le loro mogli alle condizioni che concorderemo individualmente; quando nascerà mio figlio apriremo un nuovo capitolo di discussione. Mi pare che mi possa star bene.”
“Carlo, di’ a questo imbecille del tuo amico che io con ieri sera ho chiuso; da oggi mi dedico solo a mio figlio e accetto il suo aiuto solo perché non voglio che mio figlio debba morire per mia incuria: sono stata già abbastanza indegna e assurda. Adesso può anche massacrarmi: non riuscirà a farmi più male di quello che mi sono fatta da sola. Io lo amo, lo venero, lo rispetto … e lo odio. E continuerò così, ma senza ripicche, senza vendette, solo con amore per mio figlio. Se proprio ha bisogno di certificati di garanzia, fammi infibulare, se è necessario: non voglio più sesso e forse non voglio più neppure amore, da nessuno, anzi no, solo da lui, da mio marito, dall’uomo che amo, se è capace di dare vero amore e non concessioni che piovono dall’alto della sua onnipotenza; comunque, aspetterò che l’affetto pieno me lo dimostri mio figlio, quando potrà capire e potrò spiegargli; per ora, farò la serva, la sguattera, la schiava, tutto quello che volete. Ho perso e pago; ma chi ha vinto ha ben poco da godere.”
Prima di accomiatarsi Carlo mi chiese se poteva attivarsi per assistere Rosalinda; gli chiesi quanto costasse rimediare ai danni; ‘si aggira sui 5000 euro’, fu la risposta; lo autorizzai e gli raccomandai di rimetterla in forma al meglio.
“Davvero pensavi che ti avessi creduto? Qualche errore si lava: lei è una donna determinata, l’unica che fino ad oggi sia stata capace di ribellarsi, anche se ha esagerato perché è anche una ragazzina non cresciuta; ma ti ama, e prima o poi te lo dimostrerà; quando partorirà tuo figlio, le cose cambieranno; è sempre così: la nascita di un figlio cambia anche la struttura fisica delle persone, figurati la psicologia. E tu scoprirai che l’ami ancora, altrimenti l’avresti buttata via già da tempo.”
Rosalinda mi turbò molto quando si avvicinò e chiese con aria dimessa cosa dovesse fare; le consigliai di cercare qualcosa che facesse da argine alla sua incontinenza e di sistemarsi nella camera degli ospiti; la mattina seguente avremmo riflettuto e il lunedì avremmo provveduto; mi chiese se potesse assistere in devoto silenzio ai miei incontri con le altre donne, alla stregua dei mariti da cornificare , visto che era colpevole della stessa mancanza; le chiesi perché volesse imporsi questa sofferenza.
“Mi piace vedere quanto amore sai mettere in un rapporto.”
Non cercai di capire, forse perché non c’era niente da capire … o perché ancora mi rifiutavo di capire.
Chiarito il problema con Rosalinda, si poneva con forza quello dei presunti amici, ai quali intendevo far pagare a caro prezzo le corna che mi avevano messo; quando li avevo accusati di essere andati a letto con Rosalinda, qualcuno aveva tentato di obiettare, avevo chiesto se volessero per caso visionare foto e filmati dell’agenzia investigativa a testimonianza di quanto affermavo; qualcuno aveva cercato di andare via, ma avevo imposto che nessuno si muovesse.
“Da lunedì metto all’incasso tutti i vostri debiti, che ho rastrellato: credo che molti finiranno sul lastrico, se non arriviamo ad un accordo!”
“Sei proprio deciso a distruggerci?”
A parlare era stata Noemi la moglie del commercialista Franco, il più esposto tra gli amici.
“Tu cosa faresti al mio posto?”
“Intanto applicherei la legge del taglione: corna per corna, così almeno una parte sarebbe soddisfatta. I debiti li puoi mettere all’incasso secondo i calendari previsti: sei abbastanza ricco per potertelo permettere. Se ti va, io sono pronta.”
Un coro di proteste si levò istantaneamente; poi qualcuno fece riflettere che si tratta si salvaguardare il proprio interesse; quindi, finirono per convenire sull’idea di Noemi.
“Senti, Davide, ormai è chiaro che questa serata è quella del giudizio universale. Rosalinda è la più colpevole ma ti ha proposto un elemento di riflessione che non puoi ignorare. Se avessi un figlio mi terrei quell’ameba per non lasciare crescere mio figlio senza un riferimento paterno: tu sai quello che significa e se veramente è incinta di te, riducila a sguattera, chiudila in uno stanzino, ma non lasciare tuo figlio senza una parvenza di madre. Lo stesso vale per noi: ti proponiamo di fare pubblicamente cornuti quei signori; veniamo da te una alla volta, col legittimo consorte, e tu ci possiedi come e quanto ti va alla presenza dei colpevoli: così sapranno cosa si prova a essere cornuti e contenti.”
“Chi sarà la prima?”
“Se vuoi, mi fermo stasera all’alba lasciando a guardare il mio lui e la tua lei. Ti va?”
Il commento di Daria, moglie di Mario il direttore di banca e da decenni amici miei, fu immediato e sferzante
“Che troia! Assolutamente non ci posso stare. Io non ho accetto di lasciarti usare il mio corpo per pagare il prezzo di una qualcosa che mio marito ha fatto con tua moglie; queste cose si fanno in due e se te la vuoi prendere con qualcuno, fallo con tua moglie e con mio marito. Lui hai sbagliato; paghi lui. Io non sopporto di essere trattata come moneta di scambio per una vendetta personale! Ma soprattutto non accetto che le regole le imponga un individuo Alfa solo perché si sente superiore. Ma non ti riesce di accorgerti che anche in questa situazione, anche questa sera, tenti di imporre ad ogni piè sospinto una tua legge, la tua logica, la tua opinione. Vuoi danneggiarci? Accomodati! Rosalinda ha sbagliato? Massacrala! Mario ti ha fatto le corna? Affossalo! Ma non chiedere a una donna libera di darti niente che lei non voglia dare spontaneamente! Io potrei anche amarti se non lo pretendessi per legge o come risarcimento. ”
Andai in bestia.
“Mario, lo chalet vicino al mio, sul lago, è tuo?”
“Lo sai bene, da tanti anni … “
“Lunedì portami le chiavi e l’atto di proprietà: la tua ipoteca è scaduta.”
“Ma che dici, ho provveduto io stesso a prorogare la validità … “
“SI. Ma ieri pomeriggio hai venduto a me diverse ipoteche, tra cui la tua; io le ho acquistate e lunedì sarà all’incasso.”
Daria saltò sulla sedia: sapevo bene che l’atto di vendita era a suo nome.
“Tu non puoi toccare quello che è mio!!!!”
“No, sarai tu a toccare me. Se non ti va, preparati ad accompagnare tuo marito sotto i ponti quando avrò sparato tutte le bordate che ho in serbo per voi.”
Con un cambio repentino di atteggiamento, che io sapevo essere congeniale a Daria, diventò più morbida.
“Mi dispiace di essere stata così scortese; ma stasera tutto mi sconvolge, dalla tua sortita su tua moglie alle rivelazioni sulle porcate degli amici, compreso mio marito; dalla paura di perdere tutto fino alla considerazione che dieci anni di vicinanza fisica (visto che i nostri chalet sono adiacenti), di amicizia vera, di grande affetto e, perché no, di amore represso e nascosto mi hanno fatto molto male; sono scattata per delusione, non per violenza. Non sopporto di vederti così freddo dopo aver accarezzato per anni, in parte scherzosamente ma anche un po’ con convinzione, l’idea di andare a teatro io e te da soli e di concludere la serata facendo l’amore, come ti avevo confessato di sognare spesso.”
“Se vuoi che andiamo a teatro, io sono qui; e non pretendo neppure un ‘dopo’ se tu non sei disposta a vivere in concreto il sogno che abbiamo accarezzato prima di questa tempesta.”
Intervenne Elvira, moglie del commerciante Nicola, sicuramente la meno colpevole.
“Il discorso di Daria vale anche per me. Io vorrei capire quale sarà il ruolo di noi mogli in questa vicenda: lo strumento della tua vendetta su maschi arroganti? L’occasione per realizzare segreti sogni di rapporti clandestini? Momenti d’amore nascosti dal desiderio di vendetta? Io personalmente mi rifiuto categoricamente di pagare per errori di quel verme di mio marito, nel letto di tua moglie o al tavolo da gioco. Ma il gusto di fare l’amore, intensamente, con una persona che gradisco e che ho sempre desiderato, beh quel gusto mi eccita molto … e non per una sveltina.”
“Elvira, ti spiace raccontarmi l’incontro che sogni?”
“Nessun sogno, niente utopie: andare a cena in un posto elegante, esibirmi e farmi esibire con eleganza; conoscere il mio cavaliere e, se c’è chimica, farci tanto amore; e, se dovesse funzionare, innamorarmi decisamente.”
“Dove ti piacerebbe cenare?”
“Vorrei andare ‘chez maxim’.”
“Organizzati e ti invito a cena! Se tu e Daria, per la cena e per il teatro, avete bisogno di un vestito particolare, compratene uno a mie spese da Consuelo. Mi affascina l’idea di farvi da cavaliere in due serate da sogno.”
A quel punto, le due coppie se ne andarono; restarono con me Noemi e suo marito Franco che venne immediatamente spedito in camera alla sua postazione, una poltrona ai piedi del letto, mentre io e sua moglie finalmente ci baciavamo con amore e ci avviavamo ad una notte straordinaria con spettatori d’eccezione, suo marito cornuto e mia moglie svergognata.
Lui stringeva con forza i braccioli della poltrona obbligandosi a stare fermo mentre ammirava sua moglie che guizzava come un serpente a possedermi da vestita prima ancora di essere arrivati a contatto di pelle; poi sembrò esplodere e mi spogliò con furia, denudandomi in piedi, ritto accanto al letto, dove si sedette e avviò un intenso rapporto orale: perfino Rosalinda sembrava impressionata dall’amore che Noemi metteva in quella fellatio: eppure ne aveva larga esperienza; alla fine, mi spinse sul letto, supino accanto a lei, mi balzò addosso e si penetrò, lanciando un autentico urlo selvaggio, non si sa se per la dimensione nuova per lei o per un orgasmo che le era esploso all’improvviso.
La lasciai rilassare e riposare un poco, poi la feci ruotare e mi dedicai al sedere statuario che si offriva al mio sguardo; presi dal comodino il lubrificante e mi accostai.
“No!”
Urlò Rosalinda, fermandomi; poi, rivolta a Noemi e con un tono più amichevole.
“Non farti penetrare da dietro: vedresti solo il lenzuolo su cui giaci; fatti violare guardandolo negli occhi: così non dimenticherai questo momento e avrai due uomini da amare mentre ti fai amare.”
L’ipotesi era assai suggestiva: cominciai a penetrarla; sentiva male e le chiesi se voleva che mi fermassi; fece cenno che assolutamente dovevo andare avanti, finché avvertii che ero tutto nelle sue viscere: stava lacrimando, mentre guardava suo marito che, inebetito, piangeva forse più di lei; Rosalinda aveva seguito ogni movimento con passione, mi guardò estatica; mi pareva di vederle sussurrare un ‘ti amo’ che rifiutavo aprioristicamente con tutto me stesso.
La possedetti a lungo, finché non la sentii urlare per la terza volta consecutiva; poi esplosi anch’io, abbandonandomi su di lei esausto; andammo avanti così per ore, fino all’alba; Rosalinda era crollata addormentata per terra; Franco era letteralmente distrutto, dal dolore, dall’umiliazione, dalla rabbia; Noemi si era addormentata estatica, forse felice, e se ne stava sul letto in posa strana e disarticolata; anch’io avevo sonno, ma cercavo di tenermi sveglio, almeno finché potevo.
Il sabato successivo era prevista la cena con Elvira, che, allo scopo, era andata con Daria a scegliere un abito adatto nella boutique di Consuelo, sicuramente la più elegante e la più aggiornata della città, che aveva offerto loro due capi assolutamente eccezionali ed invidiabili: quando passai da casa sua per andare a cena ‘chez Maxim’ uscì con un vestito da sera lungo, blu notte, che mi fece sbarrare gli occhi dalla meraviglia: l’abito non solo era all’altezza del ristorante dove andavamo, il più lussuoso e caro della città, ma sarebbe stato all’altezza di qualunque location importante; mi sentivo molto orgoglioso di passeggiare con a fianco una tale bellezza, anche se solo per il breve tratto dal parcheggio al locale; ma anche la sola passerella nel locale per raggiungere il tavolo fu capace di mobilitare la curiosità di tutta la creme della città che, come sempre, affollava il locale; mentre ci muovevamo con sussiego, sentii Elvira sussurrare quasi con commozione.
“Solo per questa passeggiata avrei dato venti anni della mia vita; e invece eccomi qua col più bel cavaliere del mondo; lo so che non dovrei, ma in questo momento ti amo dal profondo del cuore.”
“Perché non provi a dimostrarlo a noi e a dirlo a tutto il mondo?”
Si fermò di colpo in mezzo alla sala, mi bloccò, mi fece fare un mezzo giro e me la trovai in braccio che mi baciava con l’amore di una vera amante; gli sguardi intorno erano di fuoco, per i più disparati e diversi motivi; io gongolavo come un pavone e misi su la coda; riuscimmo, come dio vuole, ad arrivare al tavolo e prendemmo posto tra i salamelecchi della servitù: Nicola era un commerciante molto noto, presidente di molte associazioni; sua moglie era altrettanto conosciuta; ed anche io godevo di una certa notorietà; inutile dire, che la serata fu tutta per il gossip dell’amicizia tra l’avvocato e la moglie del commerciante, i quali se ne fregavano, sparirono in una nuvola di amore e se ne cibarono per tutta la sera, più ancora delle pietanze, genuine ed ottime, che venivano servite al tavolo; al termine, non ci furono esitazioni sulla destinazione; andammo a casa mia e risparmiammo a Nicola l’ulteriore oltraggio della presenza in camera da letto; trovammo invece, accucciata al posto che era stato sempre suo, Rosalinda, che si adattò per terra, ai piedi del letto, rifiutando la camera degli ospiti.
“E’ stato meraviglioso vederti fare l’amore con Noemi; si vede già, anche se siete ancora vestiti, che Elvira è molto innamorata di te; io non mi perdo lo spettacolo del vostro amore. Per ora mi basta quello. Forse un giorno mi perdonerai e tornerai a darlo anche a me. Adesso lascia che vi ammiri e che ti possa amare, in silenzio, attraverso di lei.”
Guardai Elvira, quasi a chiedere la sua opinione; mi fece cenno che per lei stava bene e mi accinsi a spogliarci; Rosalinda volle partecipare al rito, visto che il mio smoking e l’abito da sera di lei erano impegnativi; ci aiutò a metter via capo per capo; quando fummo nudi, la penetrai lentamente, ascoltando con goduria i gemiti che emetteva; quando esplose in un orgasmo quasi liberatorio, mi fermai su di lei restandole inchiodato e le chiesi con amore se voleva davvero che la penetrassi analmente.
“A Noemi lo hai fatto serenamente; perché con me ti fai scrupolo? Non credi al mio amore per te? Io sono innamorata di te, e non da stasera; non mi interessa vendicarti dell’umiliazione che ti ha imposto Nicola; voglio dimostrarti il mio amore, con questa verginità che credo tu meriti più di chiunque altro. Ti prego, fammi ricordare questa notte come la più dolce della mia vita, fammi ancora galleggiare come hai fatto al ristorante.”
“A parte il fatto che al ristorante chi ha galleggiato sono stato io, e per merito tuo; a parte che l’idea della vendetta è ormai un ricordo lontano; a parte ogni considerazione, io voglio sapere solo se hai piena coscienza di quello che faremo e di quello che ne può conseguire. Avevamo detto: amore per una notte; qui si pongono le basi per ben altro; e non vorrei la responsabilità di famiglie che si sfasciano.”
“L’unica cosa che devi fare è farmi felice!”
Quasi fosse ormai un suo preciso compito, vidi Rosalinda andare al cassetto e prelevare il flacone del lubrificante; chiesi ad Elvira come si sentisse e mi rispose ‘in paradiso’: la donna era pronta a farsi penetrare con gioia, mia moglie (lo era ancora, nonostante tutto!) le suggerì di salirmi sopra e di impalarsi a piacimento, fino alla radice; Elvira lo fece, con tanto amore: lo sentii da come ogni volta si fermava per riprendere fiato e andare più a fondo, fino alla fine.
“Sei tutto dentro! Ti amo!”
Mi sussurrò con dolcezza; poi si stese su di me e mi baciò a lungo con amore.
“Non uscire ancora da me; non uscire mai più da me; mi sento totalmente tua; ti sento totalmente mio; ti amo, con tutto il corpo, con tutta me stessa!”
Rosalinda soffriva, di queste espressioni, e si rifugiò nella sua poltrona, accucciandosi come un cane bastonato.
“Possiedila, perdio, faglielo sentire fin dentro lo stomaco! Non vedi come è innamorata? Adesso devi sbatterla come uno zerbino; adesso devi darle sesso dopo tutto l’amore che l’ha riempita. Maledetto, impara anche a fare sesso, dopo avere amato tanto! Ancora non ti convinci che è su questa scogliera che si è schiantata la barca del nostro amore? L’amore solo ideale non basta, ha bisogno di sesso, di tanto sesso; tu non hai voluto starmi a sentire e siamo finiti male. Non distruggere anche il sogno di questa donna e del suo amore meraviglioso; falla godere fisicamente e sarà un miliardo di volte più felice!”
Rosalinda stava mettendo il dito sulla piaga della sua insoddisfazione; e lo faceva per una rivale, una che mi amava solo da una sera; ma lei aveva portato troppo oltre il bisogno di sesso, anche se in cuor mio sapevo che un poco di sana bestialità ci voleva: ruotai Elvira per averla sotto di me e cominciai a picchiare con forza: accoglieva le spinte con gioia, con goduria e mi incalzava a spingere di più.
Dopo la nostra esplosione, Rosalinda, a sorpresa, mi riservò anche una fellatio che mi portò ad una nuova, imprevista erezione; la accarezzai con dolcezza, perché in qualche modo prendevo anche coscienza, finalmente, delle motivazioni che l’avevano spinta a ribellarsi a me e ad andare ingenuamente oltre ogni limite solo per colpire duramente, come riteneva che facessi io; ma non le perdonavo il male che mi aveva fatto e che stavo trasferendo ad altre povere innocenti.
“E’ tutta colpa mia: è vero; ma non capivo più niente ed ho fatto la prima cosa che mi veniva in mente. Spero solo che loro non paghino troppo per la mia avventatezza; in fondo, sono vittime, come e più di me, di un maschilismo ottuso che è per moltissima parte proprio il tuo maschilismo da individuo alfa.”
Non avevo voglia di filosofeggiare; mi dedicai ad Elvira e la accarezzai a lungo, teneramente, su tutto il corpo; passammo tutta la notte ad alternarci fra tenere carezze e violenti assalti.
Al mattino, quando decise di tornare a casa sua, indossai un pantalone ed una maglietta e la accompagnai in macchina, ancora incorniciata nel suo bellissimo abito che la faceva meravigliosa; mi chiese se ci saremmo visti ancora e se le avrei dato ancora tanto amore; le risposi solo che le cose si fanno in due e, se me lo avesse chiesto, io ero comunque tutto suo, come mi aveva detto nell’estasi dell’orgasmo; prima di lasciarla andare, la baciai con la passione di un grande amante o con l’ansia di un innamorato che al momento del saluto è già proiettato al prossimo incontro.
L’incontro con Daria fu il più problematico, in parte per una sua naturale aggressività che la portava a risposte sempre alterate, salvo poi ricredersi e scusarsi con umiltà persino eccessiva; in parte per una forma strana di soggezione al ruolo, moglie del direttore della banca, che la obbligava ad essere sempre un po’ sulle sue; in parte, ma soprattutto, per la reazione aggressiva tipica dei timidi: in altri termini, se si voleva conquistare la sua fiducia, bisognava andarle incontro fino ad un certo punto e poi eventualmente guidarla anche dove non voleva; oppure, se la sua amicizia non interessava, basta mandarla al diavolo immediatamente prima che insorgessero motivi di polemica e di scontro.
Sullo specifico della questione corna, quelle del marito a me, quelle mie a suo marito, aveva già espresso il suo profondo disagio e rifiutato di pagare per errori del marito; ma aveva anche dovuto ammettere la loro debolezza per i debiti accumulati e soprattutto per un certo feeling che tra noi si era stabilito da anni e che ci aveva fatto spesso giocare sulla possibilità di organizzare qualcosa in due, senza e contro i rispettivi coniugi; di fronte al dato di fatto che certe ipotesi scherzose potessero trovare corpo, era chiara l’angoscia che l’assaliva e la tendenza a ritirarsi; per di più, c’era stata la mia offerta a scegliersi l’abito che preferiva per la serata, che era comunque un mio regalo non da poco; come per Elvira, Consuelo aveva suggerito un abito lungo nero di raffinata leggerezza, che in certi punti diventava persino trasparenza su un corpo statuario: Daria lo indossava con la disinvoltura della modella abituata a sfilare e riusciva a far sbarellare pur essendo totalmente coperta in maniera quasi monacale.
Nel foyer del teatro, il suo procedere, come galleggiasse su una nuvola, tra il gossip che si scatenava alle sue spalle, gli sguardi di ammirazione esasperata dei maschi e quelli inferociti di invidia delle femmine, la faceva apparire una diva che percorresse il red carpet e riduceva me a cicisbeo di una dama di classe superiore, prono ai suoi voleri e pronto a servirla come l’ultimo dei lacchè: la situazione non mi imbarazzava; anzi, mi divertiva moltissimo e non perdevo occasione per dimostrare anche concretamente la mia dimestichezza con la moglie del direttore, scatenando riferimenti inequivocabili a corna vere o presunte che favorivano chiaramente la mia vendetta; Daria se ne avvedeva ma faceva buon viso a cattivo gioco.
Occupammo un palchetto abbastanza defilato, solo per noi due; quando si spensero le luci, tentai un approccio accarezzandola da sopra al vestito; spostò con fastidio la mia mano; cercai di baciarla, ma si spostò; rinunciai a qualsiasi ulteriore approccio; nell’intervallo, andammo nel ridotto e mi profusi in milioni di coccole e cerimonie quasi a raccontare a tutti ‘questa donna sta con me!’ e l’intensificarsi dei commenti e dei riferimenti alle corna mi diede il segnale che l’operazione era perfettamente riuscita; come dio volle, riuscimmo ad arrivare alla fine dello spettacolo, di cui non avevo colto neppure il titolo, e salimmo in macchina; diressi immediatamente a casa sua; arrivati, la feci scendere, ma non la salutai e salii in casa con lei; di fronte alla sua aria interrogativa, le dissi che avevo bisogno di parlare con suo marito; a Mario comunicai che sua moglie non l’avevo toccata ma che lunedì l’ipoteca li avrebbe privati dello chalet, dal momento che, dopo le corna di lui, si era registrato anche l’inganno di sua moglie che si era fatta regalare un vestito di lusso, si è fatta portare a teatro e alla fine non aveva ottemperato a nessuno degli impegni assunti, rendendo così vano l’accordo ed autorizzandomi a far scattare la riscossione del’ipoteca; erano ambedue fuori dalla grazia di dio e non capivo affatto cosa si aspettassero da quella serata.
“Speravo che il senso di amicizia prevalesse … “
Azzardò lei.
“… come ha prevalso in tuo marito, nei rapporti con mia moglie, e in te, nel rispetto degli accordi. Tieniti il vestito a pagamento della bella figura che mi hai fatto fare; dimenticati lo chalet e dimentica soprattutto l’amicizia. Alla fine, Rosalinda è più leale ed onesta di te. Auguri per le prossime battaglie che vi scatenerò … e non sarò mai più tenero con te: la memoria dei nostri sogni ad occhi aperti è stata stracciata dalla tua arroganza!”
Andai via inferocito dalla loro casa, fermamente deciso a fare molto male a tutti e due per le scorrettezze gravissime, anche se sapevo quasi per certo che lei, ottusa e talvolta stupida come era, da un momento all’altro avrebbe potuto tornare, convinta di poter chiedere scusa e rimediare a tutto con qualche sorriso; me ne andai a casa mia, trovai il letto regolarmente occupato in parte da Rosalinda che pisolava; al rumore che feci entrando, si svegliò di colpo e si sollevò per alzarsi; le feci cenno di restare dov’era: in fondo, era il suo posto e, a ben guardare, ancora lo meritava, almeno in confronto a certe sedicenti amiche innamorate; mi spogliai e mi stesi accanto a lei; mi si avvicinò timorosa e mi abbracciò.
“Ti da fastidio se ti sto vicino?”
Feci cenno di no; anzi, le presi la testa e l’appoggiai alla spalla; cominciò a strusciarsi come un gattino, come sapeva fare da sempre … ed io sentii un languore dolce, che scioglieva i nervi e le tensioni accumulate; stavo pericolosamente e lentamente sciogliendomi anche io e, per la particolare situazione, sembravo quasi disposto a cancellare di colpo tutto un passato di errori e di pene: Rosalinda mi apparve al’improvviso una dolce e debole compagna che forse meritava più amore e assistenza che non giudizi severi e punizioni più o meno meritate; stavo quasi per prenderla per le braccia, sollevarla e baciarla con l’amore che un tempo era stato fondamento di vita, per qualche anno si era tramutato in odio feroce ed ora sembrava diventato tenerezza incalcolabile, anche per la presenza del figlio che doveva nascere: un solo bacio, in quel momento, sarebbe stato un sigillo quasi sacro.
Mi interruppe il telefono che squillava: manco a dirlo, era Daria, docile e remissiva, apparentemente pentita, e sinceramente diceva lei, dell’errore commesso e pronta a rimediare; se volevo, sarebbe venuta a casa mia anche con suo marito e si sarebbero piegati ai miei dictat come era stato concordato; persi completamente le staffe.
“Sei testona e irrimediabilmente, inguaribilmente stupida; con te non basta dire: bisogna ripetere, spiegare, chiederti di ripetere e domandarti dieci volte se hai capito bene. Ho detto a chiare lettere che non faccio sesso, non lo so, non lo posso e non lo voglio fare. Avevo accettato di venire con te a teatro e poi di fare l’amore, FARE L’AMORE, capisci quest’espressione? E capisci la differenza, la distanza abissale che c’è dai ‘dictat’ che dici tu? Tu non hai capito niente della serata d’amore che ti proponevo e che hai calpestato quando l’hai respinta e che continui a mortificare quando la confondi col sesso imposto. Non mi interessa che tu entri nel mio letto né che io entri nel tuo; mi sarebbe piaciuto amarti ed essere amato per una sera: avrei rinunciato anche al sesso, se si fosse stabilito un contatto umano, vero, d’amore, come è stato con Noemi e con Elvira che hai definito donnacce. Adesso sei solo una stupida che si è esibita con me nel foyer perché tutti pensassero che sei la mia amante.”
“Noi veniamo lo stesso; parlare per telefono non ha senso!”
Chiesi a Rosalinda di rintanarsi nella camera degli ospiti fino a che non l’avessi chiamata; indossai una vestaglia sul corpo nudo e andai in salotto ad aspettarli; impiegarono meno di dieci minuti; andai ad aprire e mi trovai di fronte lei elegante come l’avevo lasciata, lui addirittura in smoking; li feci accomodare e versai anche cognac per tre; cominciò Daria.
“Io non ho mai detto che accettavo di fare sesso con te per pagare il prezzo di una qualcosa che mio marito ha fatto con tua moglie; queste cose si fanno in due e se te la vuoi prendere con qualcuno, fallo con lui e con tua moglie; tu non hai chiesto amore, ma solo vendetta ed io ti ho chiarito che non ci sto. IO volevo fare l’amore; tu mi hai chiesto di pagare un debito: il tuo è un dictat; l’amore è altra cosa!”
“E per dirmi queste imbecillità vieni fino a casa mia? Il telefono non ti bastava?”
“No; devo anche dire che tu mi hai anche ingannato portandomi a teatro non per realizzare un antico sogno ma solo per esibirmi come una tua amante …”
“Hai altre ingenuità da confessare? I sogni di tradimento che abbiamo fatto allo chalet? Gli ammiccamenti ad ogni occasione? La smania di fare sesso che dicevi di reprimere a stento?”
“Tutte cose che si dicono: quelle che si fanno sono altro!”
“Bene; tu hai parlato; io lunedì incasso l’ipoteca: questo è un fatto. Adesso, se vuoi, facciamo qualche verifica.”
Chiamai ad alta voce Rosalinda e le chiesi in quante occasioni si è incontrata con Mario; fece segno dieci con le mani; le precisai che non parlavo di amplessi ma di incontri; ribadì il dieci; aggiunse che non era neppure bravo e che non si era mai divertita con lui; chiesi perché ci andasse; mi rispose che le faceva regali di grande valore; Daria progressivamente sbiancava fin quasi a venir meno; la esortai a bere il cognac; lei, astemia, ne bevve un sorso e sembrò riprendersi; ringraziai Rosalinda e la rispedii in camera.
“Hai bisogno di un contabile per quantificare la tua vedetta? Non vuoi accettare che non sono moneta né merce ma una donna, una persona con sentimenti veri, umani, non calcoli da ragioniere!”
“Adesso non vi resta che andarvene e sparire per sempre dalla mia vita.”
Il mio tono non lasciava adito a dubbi; Mario balbettò.
“Oltre allo chalet, che cosa pensi di prenderti?”
“Tutto quello che ti appartiene, tranne tua moglie che mi fa soltanto pena; io non sparo sulla croce rossa e non vado a letto con una povera imbecille incapace di guardare in se stessa e fuori di sé; quella te la puoi tenere a farti compagnia quando andrai per mense assistenziali, dopo che vi avrò distrutti.”
Rosalinda non era andata via; intervenne lei.
“Davide, mi ami ancora?”
“Che razza di domande? Si, ti amo come quando ti ho conosciuta, come quando ti ho sposato. Serve a qualcosa?”
“Se ti dico che ti amo, mi credi?”
“Non ho motivo per non crederti; ma non accetterò mai di toccare il tuo sesso, il tuo corpo, almeno fino a quando nascerà nostro figlio.”
“Non voglio che tocchi il mio corpo; vorrei che mi dichiarassi il tuo amore mentre fai sesso con lei, senza neppure guardarla in faccia. Pensi di poterlo fare?”
“L’idea stessa di fare sesso senza un briciolo d’amore, mi ripugna.”
“Non è questo che ti chiedo. Tu le dai sesso senza guardarla, per riscattare le porcate di Mario; ma guardi nel viso me e mi concedi la tua bocca, quella almeno me la puoi dare? … Mentre le dai sesso a me racconti tutto l’amore che mi vuoi e mi lasci piangere in pace e pentirmi delle mie imbecillità; lei intanto guarda in faccia suo marito, mentre subisce dentro di sé la tua violenza: e in questo modo gli fa capire quanto è costretta a farsi umiliare perché lui è stato un porco. Alla fine, io ho il tuo amore, lei il tuo sesso, tu il mio amore e la tua vendetta, loro risparmiano le mazzate che vuoi dargli. Vuoi cercare un po’ di pace per tutti noi o preferisci mantenere viva una guerra che non fa bene a nessuno?”
Mi rivolsi ai coniugi.
“Per me, la proposta di Rosalinda è valida; voi che decidete?”
“In altre parole, cosa ti aspetti da me?”
Daria era stupida da fare rabbia
“Senti, bella, quando si pose il problema, tu già facesti questi discorsi. A queste condizioni, avevi accettato di venire a teatro con me, perché tu ci tenevi allo chalet, ed avevi promesso che dopo avremmo fatto l’amore. Ti sei tirata indietro; ora sei tornata ad elemosinare la mia pietà. Cosa offri in cambio? … se ti azzardi ancora ad offrire la tua falsa amicizia, giuro che da domani finisci sul lastrico.”
“Rosalinda propone quindi che mi faccio sbattere da te come un tappetino e che di questo devo incolpare Mario, anche se la mia dignità la offendi tu; allo stesso modo, se rifiuto, ci mandi sul lastrico ma affermi che la colpa è sempre di Mario: sei bravo a scaricare barili!”
Intervenne suo marito.
“Daria, guarda che le colpe sono tutte mie: io ho fatto sesso con sua moglie, io gli ho venduto le ipoteche; cosa pretendi da un estraneo?”
“Non pretendo niente! Tu hai sbagliato; tu paghi. Io non pago per te!”
“Adesso ve ne andate da casa mia e non vi azzardate mai più a disturbarmi perché perdo le staffe e sono capace di tutto ……. F U O R I D A C A S A M I A!!!! Avete capito?”
Quando furono usciti, chiesi a Rosalinda di dormire con me.
Mi addormentai dopo che mia moglie, con grande perizia e con grande amore, era riuscita a procurarmi con la bocca un orgasmo da enciclopedia ; passammo a letto tutta la domenica e ci ricoprimmo di baci.
Il lunedì mattina, in banca, chiesi di parlare col direttore; mentre aspettavo, entrarono Noemi ed Elvira e ci intrattenemmo a parlare del più e del meno: Elvira, in particolare, era rimasta molto colpita dal nostro incontro e mi chiese se e quando ci saremmo rivisti; dissi apertamente che stavo cercando di recuperare il rapporto con mia moglie, che avevo molte difficoltà e che, per il momento, non volevo turbarla più del necessario; ma ricordavo con grande amore la cena e sicuramente, in qualche modo, ci saremmo trovati insieme; arrivò Mario e mi consegnò l’atto di proprietà dello chalet; Noemi intuì e chiese.
“Che ha combinato Daria?”
“Non vuole tenere i patti.”
“Ma se in tutta la città non si parla che della vostra sceneggiata a teatro!”
“L’intelligenza di quella donna è tale che nega l’evidenza!”
“Quindi, passa per puttana che cornifica il marito e ti dà punti di vantaggio; non fa l’amore con te e perde lo chalet, altri punti di vantaggio. Devo aspettarmi altro?”
“Per ora Rosalinda mi trattiene dall’infierire perché trova che già hanno pagato abbastanza; ma quella signora merita una lezione, per lo meno perché gioca sulle parole per promettere e negare come la peggiore delle cortigiane storiche.”
Mi squillò il telefono e mi allontanai per rispondere; era Daria, l’ultima persona al mondo che mi aspettavo.
“Ce l’hai ancora con me?”
“Diciamo che non ti annovero tra gli amici.”
“E tra le amanti?”
“Ancora rompi le scatole? Ma se mi hai respinto, a teatro, e poi ti sei negata davanti a Mario!”
“Appunto. Vuoi essere il mio amante, senza usarmi come merce di scambio con mio marito o con tua moglie? Te la senti di amarmi per me, senza se e senza ma? Io ti ho sempre detto che ti amavo, ma mi sentivo legata dal matrimonio; ora quel legame non regge. Mi vuoi amare per me stessa?”
“Quando e dove vuoi che ci vediamo?”
“Passa adesso da casa mia e portami dove si porta un’amante clandestina!”
Richiamai Mario, gli restituii l’atto di proprietà e gli dissi che ci avevo ripensato, che avrei rivisto il mio atteggiamento e che non volevo fare del male a nessuno; mi ringraziò e ci salutammo; andai direttamente a casa di Daria e la trovai già pronta; montò in macchina e, quando le chiesi dove le sarebbe piaciuto andare, mi chiese di scegliere tra i nostri due chalet gemelli e vicini; le dissi che non mi andava e puntai diritto alla montagna verso un paesetto semisconosciuto che avevo visitato una volta per avere sbagliato strada: c’era una locanda con alloggio che faceva al caso nostro.
Arrivammo che erano le undici; lei avvertì il marito che avrebbe potuto rientrare assai tardi a sera o addirittura passare la notte fuori con amiche che le avevano fatto una sorpresa: io non avrei dovuto avvertire nessuno; ma mi feci lo scrupolo di comunicare a Rosalinda che sarei stato fuori forse qualche giorno; mi avvertì che Carlo le aveva fissato l’intervento per la ricostruzione e che l’indomani sarebbe entrata in ospedale: le feci gli auguri e le assicurai che sarei stato al più presto in ospedale; prenotai per il pranzo, fissai una camera, prendemmo un caffè e ci avviammo al sentiero verso la montagna: il paesaggio era da mozzafiato e ci abbracciammo quasi istintivamente; cominciai a sentire il calore che il suo corpo mi comunicava e mi fermai a baciarla, temendo quasi di essere respinto; mi avvolse in una stretta ancora più calorosa e la sua bocca prese possesso della mia, la lingua forzò le labbra e percorse tutta la cavità; le feci sentire sul pube la durezza del sesso in preda ad un’erezione spaventosa; avrei avuto voglia di stenderla sul prato e fare l’amore lì dove eravamo; ma la coscienza che eravamo all’aperto e che potevamo fruire di una camera mi frenò per un attimo; fu Daria a farmi uno sgambetto, mi rotolò a terra e mi montò sopra, prima baciandomi con furore sulla bocca, poi accostandomi un seno alle labbra; la guardai meravigliato e lei aprì la camicetta per consentire alle mie labbra di arrivare al capezzolo.
“Non vuoi che andiamo in camera? E’ già prenotata!”
“No, voglio fare l’amore, lo voglio fare qui, come una ragazzina che ha bigiato la scuola, va in camporella col suo amore e gli dà la sua verginità in nome di quell’amore.”
“Sull’erba ci sporchiamo i vestiti!”
“Me ne frego! Io ti voglio, io voglio te, anzi voglio il tuo sesso, ecco l’ho detto: voglio il tuo sesso e voglio sentire che mi sfonda l’utero; non voglio che mi spogli, devi solo spostare un poco lo slip ed infilarti dentro di me fino a farmi urlare al cielo, al sole, agli alberi; e non sognarti di abbassarti i pantaloni: tiralo fuori adesso, come puoi, e sfondami la vagina; l’ano lo prenderai quando saremo a letto: ora voglio sentirti amarmi con tutto il tuo essere, maledetto amore mio desiderato, disprezzato, odiato, adorato; fammi l’amore, fammi fare l’amore, possiedimi, sbattimi, violentami, fammi fare sesso: amami, amami come se fosse l’ultimo momento delle mia vita, della tua vita. E’ questo che voglio: amore, amore, amore e basta, senza ricatti, senza accordi, senza compromessi!!!!”
Per la seconda volta nel giro di pochi giorni, fui costretto ad ammettere che il mio pensiero unidirezionato mi aveva portato a vedere come unica verità la mia: anche Daria, come Rosalinda, mi stava chiedendo con forza sesso, oltre all’amore: con Rosalinda, capivo solo ora, molto tardi, che ero stato io in pratica a spingerla a combattere contro di me anche sanguinosamente benché sapesse che era soccombente e che rischiava di perdere molto!
Con Daria, fui costretto a riconoscere a me stesso che avevo voluto impostare la battaglia sulla razionalità, sulla vendetta, sull’orgoglio maschile; e lei voleva invece tutto quell’amore che a chiacchiere promettevo e nei fatti negavo a favore di una resa dei conti
Daria quasi mi obbligò a possederla lì, sull’erba, come due impacciati ragazzini; e facemmo l’amore con una gioia che forse non avevamo mai provato.
Ci alzammo dalla radura con gli abiti in disordine, ma non macchiati, come temevo, e Daria dovette arrangiarsi con delle salviette umidificate; in qualche modo riuscimmo a raggiungere la locanda e la camera: avevamo stampato nel volto, tutti e due, il sorriso ebete di chi ha intravisto la felicità e, per un attimo, l’ha anche assaggiata; per fortuna il bagno era ben fornito ed efficiente: rinunciando a qualunque intimo - calze, reggiseno e slip - Daria riuscì a ricomporsi e a scendere a pranzo con gonna e camicetta, un poco più casual di com’era all’arrivo.
Il pranzo passò veloce, come deve essere tra due studenti che hanno marinato la scuola per amarsi; e come ragazzini ci scambiammo il cibo e il vino, ci baciamo ad ogni boccone, facemmo diventare un gioco d’amore anche mangiare; dopo pranzo, uscimmo all’aperto e passeggiammo tra gli alberi, giocando a nascondino per baciarci ogni volta che ci trovavamo dietro a un tronco più grosso: le mani correvano sui corpi ad esplorare, conoscere, palpare, stimolare, amare; la costrinsi a rintanarci in camera perché volevo ancora possederla, interamente.
Appena entrati in camera, vidi che Daria estraeva dalla borsa un flacone e lo depositava su un comodino al lato del letto: dall’etichetta riconobbi un noto lubrificante adatto soprattutto a penetrazioni anali.
“Sei venuta ben attrezzata!”
Commentai scherzoso.
“Non faccio le cose a caso, come tu pensi di me. Ho deciso che voglio il tuo amore, che lo voglio intero, che lo voglio dappertutto; e sono pronta a prendermelo, a qualunque costo. Se non te ne fossi convinto, ti amo, da moltissimi anni,con tutta ma stessa e soprattutto con tutto il mio corpo; aspettavo solo questo momento per realizzare il mio sogno d’amore; non permetto a nessuno, neppure a te, di modificarlo in qualche punto. Non lascerò mio marito, se è questo che ti preoccupa, ma voglio essere tua totalmente, almeno fino a quando lo potremo. Se non lo hai intuito, questa è per me una nuova luna di miele che sto vivendo con te ma soprattutto per me e per l’amore che provo. Mi spiace per tua moglie, ma non potevo accettare la metà dell’amore che deve essere solo mio: non prendo il sesso per lasciare a lei l’amore. Come diceva qualche antico pensatore, le cose raggiungono la perfezione quando sono un misto di materia e spirito: il mio amore per te è anche desiderio fisico, intenso, continuo, enorme. Ti amo con tutto, anche col corpo, e voglio il tuo amore intero, anche quello fisico. Chiaro?”
“Chiaro. E ti assicuro che, si, sono sorpreso, per un verso; ma non puoi immaginare la mia felicità, per altro verso. Hai detto quello che anche io avrei voluto e potuto dire, ma non ho saputo farlo. Neanche io lascerò mia moglie, specialmente se mi darà un figlio, nonostante tutto quello che mi ha fatto; ma ti amavo, ti amo e ti amerò, con tutta l’anima fino ad ora, anche con tutto il corpo, da queste nozze in poi.”
La stavo spogliando e non ci volle molto, visto come aveva ridotto il suo abbigliamento; anche lei mi stava spogliando con amore; alla fine, si sdraiò supina sul letto e mi invitò.
“Sverginami, adesso, e cerca di farmi meno male possibile.”
La preparai al meglio e mi accostai per prenderla da dietro; ma Daria mi fermò perentoria.
“Che fai? Noemi mi ha detto che l’hai penetrata guardandola in viso e che ancora ricorda, insieme alla sensazione del corpo che si apriva per te, il tuo viso. Io voglio quel fotogramma: è te che voglio guardare, sentire, ricordare per sempre. Mi stai sverginando, ricordalo: è la nostra prima notte!”
Chiesi scusa, la feci girare supina e facemmo in modo che la penetrazione avvenisse il più dolcemente possibile, anche se non poteva essere indolore; si concluse inaspettatamente, con l’esplosione violenta di un orgasmo nuovo, mai provato né da lei né da me; caddi a corpo morto, lei mi spinse al suo fianco, mi abbracciò e si accucciò contro di me.
“Lo so che è stupidamente retorico; ma posso dirti che sono felice di sentirmi completamente tua?”
“Quando si arriva a questi picchi di amore, si è autorizzati a tutto il romanticismo del mondo, anche il più becero; io ho visto e toccato il paradiso, sia quello di allah che l’eden dei cristiani; e tu mi ci hai portato con l’esplosione del tuo amore. Sono felice di averti con me, ti amo più di quanto mi sarei aspettato e non ti ringrazierò mai abbastanza della felicità di questo momento, che non può finire qui né oggi.”
Il pomeriggio e la notte andarono avanti così: esclusa una breve interruzione per la cena, non facemmo che fare l’amore in tutti i modi possibili: scoprii così che Daria era molto brava a letto, che amava il sesso in maniera quasi patologica, che era legatissima a me e che avrebbe accettato, con me, di fare le cose più pazze della terra; consumammo in un giorno e mezzo tutto l’amore possibile tra due che ventiquattro ore prima si odiavano; quando dovetti riaccompagnarla a casa, soffrii come un ragazzino che prende coscienza di perdere il grande amore della sua vita; glielo dissi, ma lei, come al solito, mi rassicurò che non avrei perso niente, perché mi amava e non avrebbe rinunciato a me, neanche quando avessi recuperato il rapporto con Rosalinda e fossi tornato ad essere il suo affettuoso marito; la guardai senza capire.
“Non credere di avere ucciso il tuo amore solo perché tua moglie è stata un po’ troppo libertina; l’amore è ben altra cosa da qualunque amplesso. E’ chiaro che quella donna vive in adorazione di te ed ha reagito male a certi atteggiamenti tuoi: lo avrei fatto anch’io; ma ti ama alla follia e non vuole perderti, a costo di stare a preparare le tue amanti per te. Non ti libererai di lei; ma non ti libererai neanche di me: ora che ti ho assaggiato fisicamente, non rinuncio a pascermi del tuo amore, fisico e mentale. Dovrai ancora accompagnarmi a teatro e farmi sentire una dea come l’altra sera; voglio anche io cenare ‘chez maxim’ per far morire d’invidia e poi sparlare per settimane tutta la città, voglio ancora fare l’amore sui prati, con l’abito da sera, e cenare alla locanda scambiandoci i bocconi. Ti consiglio di avvisare Rosalinda che dovrà lasciarmi almeno una parte del tuo tempo per amarci: so che non ce lo negherà e, forse, quando avrò superato certe mie riserve, verrà un tempo in cui ci amerai insieme, nello stesso letto, dello stesso amore. Ma adesso devo smettere di sognare e tornare al quotidiano, che si chiama Mario e rottura di scatole, perdona l’eleganza verbale.”
Non smettevo di sorprendermi di fronte ad una persona che avevo, frettolosamente, giudicato superficiale e lenta; la sua lucidità mi impressionava, la sua capacità di analisi era tagliente e determinante; la sua sicurezza me la rendeva cara e ammirevole; dovevo scappare ma soffrivo all’idea di dover rinunciare a parlare con lei di tutto: ancora una volta, mi prevenne.
“Adesso corri in ospedale e assicurati che lei sia di nuovo disponibile ad essere sverginata da te; il vostro amore ricomincerà quando il bambino che nascerà riporterà ordine nell’apparato sessuale, quando Rosalinda avrà di nuovo il corpo meraviglioso che ha sempre avuto. A quel punto, sarai tu a sverginarla di nuovo, davanti e dietro; vedrai che ti amerà più di quanto tu possa sperare e di quanto meriti: quindi, vai e stalle vicino; io posso anche aspettare di trovare un momento di libertà per ripetere l’amore con te.”
Mi baciò con la stessa passione che per tutto il tempo ci aveva sostenuto e andò via svolazzando: sembrava felice; io mi diressi all’ospedale e mi auguravo di avere presto buone nuove per me, per Rosalinda, per il nostro stupido pazzo amore.

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