La Nuova Schiava - L'incontro con lo psichiatra

di
genere
dominazione

Si risvegliò in una stanza semibuia. Era accasciata in un angolo.
La prima cosa che capì è che era ancora completamente sporca di sperma. Le si era seccato dovunque. Faticava a tenere gli occhi aperti e sentiva di essere appiccicosa in tutto il corpo. Poi sentì il dolore ai capezzoli. Poi sentì i segni delle frustate, ricomponendo la realtà e sentendo ad ogni piccolo movimento i graffi lasciati dalla frusta. Aveva ancora quei sandali osceni, e tutti i piedi erano completamente bianchi per lo sperma che si era attaccato.. Non era un incubo, non si era svegliata a casa sua. All'improvviso un movimento involontario del braccio le ricordò che aveva i polsi legati dietro la schiena. Se avesse voluto mettersi in piedi avrebbe dovuto faticare. Poi si decise a fare quello che aveva paura di fare. Si guardò il seno. I capezzoli erano quasi staccati dal seno. Il segno dei morsetti le aveva lasciato la pelle letteralmente strappata via e la punta del capezzolo se l'avessero tirata con un po' di forza, sarebbe venuta via. Era una cosa orrenda. Gli venne da piangere e subito sentì gli occhi bruciare per lo sperma che si ravvivava col salino delle lacrime.
All'improvviso la porta della piccola stanza si aprì e una delle donne che l'aveva rapita comparve sulla soglia. Alzati in piedi le disse col tono secco.
Silvia tentennò un istante, con gli occhi socchiusi e irritati dallo sperma e stentò a riconoscerla.
- Aiutatemi vi prego..lasciatemi andare - implorò la ragazza
- Alzati in piedi, non te lo voglio ripetere
Silvia tentennò un istante e l'istante dopo una violenta scossa elettrica la fece dimenare contro il muro: sbattè le ginocchia sul pavimento e si fece male ad un ginocchio. Le braccia legate dietro la schiena le facevano malissimo. Tutti i segni delle frustate si erano rianimati insieme, colpiti dalla scossa. Qualche piastrina elettrica aveva colpito il capezzolo ferito e lei aveva urlato.
Quando la scossà fini, Silvia cerco solo di alzarsi subito.
Puntò per terra la punta delle scarpe ma l'altissimo plateau non le dava contatto col pavimento e non capiva come tirarsi su. Provò a puntare il tacco ma non riusciva in quel caso a piegare le ginocchia per tirare su il resto del corpo. Si scoraggiò e disse - non ce la faccio, slegatemi...-
Un'altra scossa le trapassò il corpo. Stavolta brevissima. Provo a rotolarsi per terra puntando le ginocchia e e stavoltà riusci a rovesciare il peso del corpo. Adesso riusciva a puntare i piedi, e poi le ginocchia. Appoggiando la schiena al muro, sopportando il dolore della carne arrossata e lacera che sfregava contro il muro, strisciò verso l'alto e si trovò in piedi.
- Brava zoccoletta..- disse la donna. Vedi che ce la fai - Ti piacciono quelle scarpe da zoccola vero?
- Silvia la guardò e disse - si mi piacciono queste scarpe da zoccola..-
- Bravissima, e dimmi, ti piace andare in giro con un dildo infilato nel culo?
- Si mi piace andare in giro con un dildo infilato nel culo -
Era diventata una bambola che eseguiva i comandi. Non provò neanche a chiedere di essere pulita, rimase in piedi, tenendosi il più dritta possibile in attesa dei nuovi ordini. Sentiva di non avere più una volontà sua. Avrebbe voluto abbandonare il suo corpo ma invece la sua anima rimaneva dentro il corpo di una schiava obbligata a comportarsi da troia. Le venne nuovamente da piangere ma si trattenne.
La donna le mostrò la catenella d'argento con i morsetti metallici e le disse, roteandola davanti ai suoi occhi, come una minaccia.
- Mi segui da sola o ti devo tirare?

Silvia cominciò a camminare seguendo la donna. Uscirono nel corridoio e percorsero un corridoio laterale che non aveva mai esplorato. La donna camminava piuttosto lenta e Silvia riusciva a seguirla appoggiando diligentemente tacco e punta con passo regolare. Era riuscita ad aprire gli occhi quasi completamente. Le caviglie le tremavano ma riuscì lo stesso a stare dietro alla sua carceriera.

La donna si fermò davanti ad una porta chiusa. Silvia si fermò dietro di lei, appoggiando il tacco e trovando una posizione stabile sull'unico punto della pianta che asi appoggiava. Per pochi istanti si rilassò. Quando la porta si apri vide una scrivania ed un uomo seduto dietro la scrivania. Indossava un maglione nero ed un paio di occhiali. Davanti a lui c'era una sedia. La donna si avvicinò e gli disse ‘ buongiorno dottore, ecco la nuova arrivata' e poi, consegnandogli il telecomando per la scossa, aggiunse ‘ questo nel caso in cui non si comporti bene'. Silvia notò sul lato della stanza, appoggiata verso il muro una strana serie di sbarre di ferro: due tubi orizzontali, distanti circa un metro l'una dall'altra. Su queste due sbarre ne erano montate altre due orizzontali a circa un metro di altezza.
- Grazie- disse l'altro. E poi disse, rivolta verso di lei ‘Siediti'
La donna attese che Silvia obbedisse, ma la ragazza sembrava immobilizzata, ancora in piedi, dietro la donna.
- Che signfica? Chi è quest'uomo...
-E' un dottore, ti spiegherà la situazione e ti aiuterà ad accettarla. La donna uscì sorridendo.
- Allora Silvia: io sono uno psichiatra e il mio ruolo è spiegarti la situazione. Siediti-
La ragazza rimase ferma. I piccoli piedi piegati in modo osceno la sorreggevano a stento, ma decise di rimanere eretta. Guardò l'uomo con un misto di disperazione e terrore. Sapeva di avere lo sperma rappreso tutto intorno alla bocca ma cercò di articolare bene le parole.
- Mi stanno tenendo qui contro la mia volontà - disse.
Per tutta risposta l'uomo seduto dietro la scrivania disse - lo so.
- Se ti siedi ti spiegherò la situazione - disse quietamente - se non lo fai, prima ti darò una serie di scosse elettriche e poi chiamerò la signora, che provvederà a riempirti anche la fica con uno di quei cosi che tieni nel culo adesso..-
- Non potete farmi questo - disse Silvia.
Poi però si sedette, facendo attenzione a trovare una posizione che le permettesse di non sentire troppo quel dildo nell'ano. Rimase appoggiata sulle cosce, sforzando contemporaneamente le caviglie ed i muscoli delle gambe.
- Sei qui contro la tua volontà, questo è chiaro a tutti. Ti hanno rapita e ti hanno portata qui. Adesso però è troppo tardi per pensare al passato. Devi fare un passo avanti. Le persone che hanno organizzato tutta questa attività sono molto intelligenti e tutto viene fatto per non lasciare traccia delle ragazze che sono qui. Nel mondo reale sei scomparsa. Ogni giorno nel mondo scompaiono centinaia di persone. Sei una di quelle. Verrai tenuta qui per tutto il tempo che loro avranno bisogno di te. Hanno deciso di inserirti nel loro progetto..-
L'uomo si fermò e guardo la ragazza seduta davanti a lui. Gli venne voglia di vederla strisciare mentre lui gli pisciava addosso. Avrebbe volentieri pisciato in mezzo a quei capelli ricci.
- E' un progetto ambizioso ma contano di realizzarlo. Hanno finanziamenti per vent'anni anche se questa è solo la prima edizione del programma. Ci sono migliaia di persone nel mondo che pagano per vedervi.
Fece una pausa. Silvia aveva capito il giorno prima, parlando con le altre ragazze. Erano le protagoniste di un programma televisivo via cavo, internet o qualcosa del genere.
- Che programma è?- chiese.
- Brava Silvia, questo è lo spirito giusto. Cerca di capire tutto. Allora il programma si chiama Torturate e Tormentate, viene diffuso sul web segreto, e prevede di seguire le giornate di una serie di sfortunate ragazze rapite e costrette alla schiavitù sessuale. Ci sei? Mi segui? -
L'uomo aveva detto tutto in maniera asettica, quasi che non stesse parlando di lei.
- Ti ricorda qualcuno?- disse ridendo.
- Poi ovviamente c'è il fatto che è una serie di orientamento fetish e humiliation, capisci queste parole? L'uomo vide che la ragazza stava piangendo.
Azionò il telecomando e Silvia venne scossa dai volt dell'eletttricità. Il culo le sbatteva sulla sedia, impalandola con violenza; il capezzolo aveva lanciato una fiammata di dolore - Rispondi quando faccio una domanda, altrimenti il mio lavoro diventa inutile - precisò l'uomo, sempre mantenendo il tono della voce calma, indifferente al dolore che la ragazza aveva provato.
- Sai che significa Fetish e Humiliation?- le chiese
Silvia scosse la testa.
Fetish significa che oltre al programma di tortura di cui parleremo dopo, per te è previsto - diciamo così - un supplemento feticista. Per questo indosserai quelle scarpe per tutta la durata della tua permanenza qui. E oltre alle scarpe metterai corsetti, immagino che tu sappia cosa sono no?-
- Non so cosa siano i corsetti, - disse piangendo Silvia - non posso rimanere con queste scarpe..per favore
- Oh si che puoi - rispose il dottore - ti vogliono con questo tipo di scarpe, vogliono sapere che ogni istante della tua vita tu lo passerai preoccupandoti di stare in piedi. Gli piace sapere che sei costretta in quella posizione che è assolutamente innaturale, sono d'accordo con te. Ma questo è un altro lato della situazione che dovrai accettare. Cerca di non fare storie, perché a tutti i clienti piace vederti con questi sandali, disse indicando i suoi piedi, ma gli piacerebbe ancora di più vederti su dei tacchi ancora più alti. E appena fai storie non faranno altro che metterti un paio di scarpe ancora piu alte. Credo che tu ieri abbia conosciuto la piccola Giada: ecco lei è stata già destinata ad un cliente che la vuole abituata ai tacchi da 22 centimetri. Ha pagato 4 milioni di euro per avere una dodicenne educata a vivere come la sua schiava sessuale. La vuole crescere plasmandola. Vedrai che poi ci guadagnerà sopra moltissimi soldi anche lui. Immagina quanti affari potrà concludere con degli altri personaggi come lui, presentandogli la piccola Giada. Verrà usata, abusate, affittata e venduta in tutti i modi possibili...
Fece una pausa per lasciar sedimentare quelle parole nel cervello della ragazza.
-..Ed è cosi che dovrà passare il resto della sua vita, che le piaccia o no.
- E' terribile, povera ragazza..-
- Oh lei si è già abituata l'hai vista tu stessa. Ci camminerà come una diva in due o tre anni.
- Ma io..-
- Tu starai coi tuoi tacchi da 16 se non farai storie. Hanno anche un bel plateau, che vuoi di più? Stai allegra, queste sono scarpe comode. Ti ci abituerai presto. Ti piacciono quelle scarpe da zoccola vero? - finì ridendo.
Silvia non rispose.
Altra scossa. Stava per cadere dalla sedia. Appena la scossa fu finita disse subito.
- Si mi piacciono queste scarpe da zoccola...-
- Bravissima-
Ci fu una pausa nella quale Silvia cercò di sistemarsi meglio in modo da non sentire il dolore del dildo. Qualunque posizione trovava, il sollievo durava pochi minuti. Poi la sensazione precisa e dolorosa di avere un dildo infilato nel culo tornava prepotente ad occupargli i pensieri.
- Parliamo di questa cosa dei tacchi, poi passeremo a parlare delle torture. - disse il dottore - e poi aggiunse - cosa ti disturba delle scarpe coi tacchi? -
Silvia rimase in silenzio, mentre cercava di capire se e come doveva rispondere. Immagino la scossa arrivare e poi avrebbe risposto. Ma non ce la fece. Non voleva un'altra scossa.
- Mi fanno malissimo ai piedi - disse Silvia
- Oh poverina -.disse il dottore schernendola - E' proprio questo che non devi fargli capire, sennò per loro sarà naturale farti soffrire ancora di più - Raccontami bene e cerchiamo di capire come accettare la cosa -
- Sento che mi si spezza il piede quando devo stare dritta - disse Silvia - e poi non sento il pavimento quando cammino.
- Ok - disse l'uomo davanti a lei - quella è la posizione corretta del piede. Non si spaccherà niente, non preoccuparti. Si piegherà soltanto l'osso, formando un piccolo callo. Ma non ti preoccupare, dopo un po' non ci farai più caso. Per l'equilibrio devi cavartela da sola. Sei stata una ballerina, troverai il modo di stare sulle punte. Qui tutti si raccomanderanno di tenere fuori le tette, quindi abituati al cambio di peso quando cammini.
Silvia rimase in silenzio.
- ..riguardo al fatto che non senti il pavimento, non esagerare. Alza le gambe e ti faccio vedere - L'uomo si alzo e passò dall'altra parte del tavolo. Silvia era ancora immobile, seduta sulla sedia coi polsi legati dietro la schiena. L'uomo le alzò di forza le gambe prendendole per le caviglie. Tutto il peso del corpo di Silvia premeva contro il fallo di plastica che le tormentava il culo. Sentiva le ferite intorno al dildo, che sfregava e spingeva ad ogni minimo movimento del corpo. Poi l'uomo prese il piede di Silvia, ancora infilato nel sandalo e premette contro un punto sulla pianta appena vicino all'attaccatura delle dita.
- Ecco qui - disse l'uomo premendo e contemporaneamente piegando con forza il piede della fanciulla - questo è il punto che devi usare per sentire il contatto col pavimento..-
Silvia emise un grido di dolore. Il dildo le aveva perforato qualcosa di molto sensibile. Il dolore del piede piegato fu improvviso e lancinante. Cominciò a piangere finchè l'uomo non lasciò la presa e le gambe della ragazza ricaddero per terra. Il sollievo la spinse a dire grazie.
Il medico rise - Prego, signorina, non c'è di che, adesso alzati però -
Silvia si alzò in piedi. Istintivamente le venne da puntarsi sul punto che l'uomo le aveva indicato. Riusciva a capire dov'era il pavimento e questo l'aiutò a trovare un equilibrio meno instabile di quanto aveva fatto prima. Doveva camminare perpetuamente sulla punta dei piedi, facendo sempre attenzione a rimanere eretta. Dove le aveva premuto l'uomo, sentiva il livido che ad ogni cambio di peso del corpo le ricordava la sua situazione. Non ci si può dimenticare di stare su 16 centimetri di tacco, mai. Altrimenti la caduta è garantita. Devi considerare ogni istante della tua vita che sei in piedi ma il tuo corpo si appoggia su un tacco a spilloe tu senti il pavimento solo in un preciso punto del piede.
- Va meglio? - chiese l'uomo che aveva notato il cambiamento
- Si - disse Silvia
- Vedi, portare questi sandali non è così difficile..avresti potuto evitare il tacco 16 rimanendo su quelle deliziose scarpine di ieri..-
-Siete degli stronzi - disse Silvia.
Subito dopo si dimenava scossa dall'elettricità condotta dal suo abito. I seni ballavano come se fossero stati schiaffeggiati: alla fine cadde in ginocchio.
-Ehi signorina - disse il medico - io sono qui per renderti più semplice accettare questa nuova situazione, ma se non collabori ti faccio marcire da sola..-
-Siete degli stronzi- ripetè la fanciulla.
L'uomo cominciò a ridere - Beh, te la sei cercata, adesso ci divertiamo un po'. Alzò il telefono e senza dire altro pronunciò le parole che fecero tremare Silvia - Venite a mungere questa vacca
Silvia attese in piedi mentre l'uomo si era chinato a scrivere qualche appunto su un foglio. La porta si aprì davanti a lui, alle spalle di Silvia, ed entrarono due uomini. Silvia fece appena in tempo a girarsi che i due l'avevano bloccata per le braccia dietro la schiena e la stavano trascinando fuori.
Le slegarono i polsi e le tolsero l'abito. Era completamente nuda, se eccettuava quei sandali osceni che le avevano messo ai piedi. Solo per il gusto di vederla barcollare imbarazzata. La spinsero verso quel complicato incrociarsi di tubi metallici che era montato in quella stanza.
A gambe allargate la bloccarono con dei cerchi metallici che vennero chiusi intorno alle caviglie. La costringevano a tenere le gambe aperte e larghe, attaccate ai tubi verticali. Il dildo le era caduto dal culo per un attimo, ma subito dopo glielo avevano rimesso dentro.. Le bloccarono anche il collo, ad un collare metallico attaccato ad una delle sbarre orizzontali. Le incastrarono la testa tra due tubi. Quando fu completamente bloccata le tirarono le tette in modo che rimanessero incastrate e schiacciate tra due sbarre regolabili. Le abbassarono finche Silvia non vide la carne diventare viola. La ragazza cercò di tirarle fuori ma la morsa dei tubi era troppo stretta. A quel punto Silvia li vide armeggiare con l'aggeggio che era sotto di lei, dal quale uscivano due tubi che terminavano con una capsula di plastica. Era una mungitrice.
Tenendo in mano un tubo per uno i due uomini si avvicinarono a Silvia e le infilarono le tette dentro a quelle capsule di plastica. Avevano liberato le tette dalle sbarre, ed erano rigonfie e doloranti. A Silvia sembrò di sentirle esplodere quando gliele riuscirono a infilare dentro alle capsule.
Non riusciva a respirare. Poi vide uno dei due uomini premere un pulsante sul macchinario. Un dolore indicibile partì dai capezzoli. Quelle pompe creavano il vuoto e strizzavano il latte dai capezzoli martoriati della giovane. A intervalli regolari la stavano mungendo. Intorno a lei i due uomini la guardavano ansimare dal dolore.
- Sai che ti stanno bene quelle scarpe da zoccola signorina?-
Silvia non reggeva più e cominciò a piangere. Voleva morire. Voleva solo non esistere più. La stavano mungendo, non ci riusciva a credere. Le stavano tirando il latte dai capezzoli. Tra le sue stesse urla di dolore, Silvia non riusciva più a restare lucida e sentì che stava impazzendo. Munta come una mucca, tenuta prigioniera, frustata e costretta alla schiavitù. Non poteva essere vero.
- Sappiamo cosa stai pensando, troietta....- disse uno degli uomini.
- Stai pensando che non può essere vero..-
Silvia non sapeva se piangere o gridare ma il dolore la atterriva; sentiva i capezzoli essere risucchiati in un movimento ritmico. Guardava il contenitore riempirsi di latte, un liquido biancastro che sembrava molto liquido, ma gli occhi volevano chiudersi. Voleva dormire. Si sentiva stanca, svuotata di ogni energia.
La mungitura andò avanti per più di venti minuti ed alla fine il seno di Silvia era un palloncino sgonfio. La ragazza gemeva in uno stato di semi incoscienza, Quando le tolsero le capsule di aspirazione che tenevano il seno sotto vuoto, la ragazza ebbe un sussulto ma poi ricadde nel torpore.
Poi sentì dei violenti schiaffi sul viso e si risvegliò. Il dottore era ancora seduto alla sua scrivania e la fissava. Aveva di nuovo l'abito a rete con le piastrine elettrificate e l'avevano rimessa seduta sulla sedia e quando riprese i sensi il primo dolore che sentì fu ancora quello del dildo che le sventrava il culo.
- Adesso che ci siamo chiariti - disse il medico nel suo maglione nero - ricominciamo e parliamo di umiliazione. Ti è piaciuto essere munta?-
Nel dire quelle parole l'uomo scoppiò a ridere.
Silvia invece prese a singhiozzare. Il seno le faceva malissimo ed era lì, penzolante sotto la sua testa, come una coppia di palloncini svuotati.
- Non piangere, non ti conviene - aggiunse il medico che manteneva un ghigno nell'espressione- Essere munta sarà la normalità se non ti comporti bene..-
Silvia continuò a piangere, le lacrime le scendevano sulle guance mischiandosi allo sperma ancora rappreso sul suo viso.
-L'umiliazione continua è parte del programma: questo devi capirlo e accettarlo il prima possibile: la tua psiche si comporta ancora come se tu fossi ancora un'essere umano. Ma non sei più un essere umano, troietta. Sei una vacca da monta. Prima accetti questa situazione e meglio sarà per te..-
- Perché mi fate questo...? - disse implorando la ragazza.
- Il perché te l'ho già spiegato: sei diventata una delle protagoniste di Torturate e Tormentate, cosa ti aspetti? Le capisci queste parole? Torturate e Tormentate, non sono due concetti difficili da capire...-
- Non voglio - disse la ragazza.
- Quello che vuoi non ha importanza, signorina..- disse l'uomo lasciando in sospeso il resto della frase.
Silvia ricominciò a singhiozzare. Tutto il corpo le faceva male. Vide l'uomo alzarsi in piedi e dirigersi verso di lei. Si mise alle sue spalle e cominciò ad accarezzarle le spalle. Silvia voleva ritrarsi ma non fece in tempo a muovere un muscolo prima che l'uomo afferrasse i suoi capezzoli e li strizzasse con tutta la forza che aveva. Silvia urlò cercando di divincolarsi dalla presa.
- Non sarà facile per te se continui così..- disse l'uomo con un tono che stavolta appariva consolatorio. Ma intanto continuava a stringere i capezzoli. Le ferite si riaprirono ed il sangue raggrumato lasciava il posto ad alcune gocce di sangue fresco che cominciarono a scorrerle lungo il ventre.
- Adesso alzati - le disse l'uomo - non meriti di stare seduta..-
Silvia rimase immobile
Ancora una scossa elettrica la convinse ad alzarsi. Era in piedi, cercando ancora l'equilibrio sui tacchi.
- Ora è meglio se vai a mangiare qualcosa..- disse l'uomo - continueremo domani..- e mentre diceva queste parole, aprì la porta da cui entrarono due uomini, diversi da quelli che aveva visto precedentemente. Silvia venne trascinata via, presa dalle braccia e costretta a trascinarsi seguendo i due uomini nel corridoio. Entrarono insieme in una stanza dove c'erano le altre tre ragazze con cui Silvia aveva parlato prima della seduta di moral suasion.
Le altre tre ragazze erano sedute per terra intorno a delle ciotole di legno piene di quella che sembrava un pappone di riso. Vicino a ciascuna di loro c'erano dei cucchiai di legno e degli imbuti.
Ecco la cena, mi raccomando non parlate troppo e mangiate tutto. Ah ah..- disse ridendo uno dei due uomini, mentre uscivano -Dopo potrete rilassarvi un po' con qualche spezzone di film.
L’avevano trascinata nella stanza per mangiare con le altre ragazze coi polsi liberi: silvia ne approfittava per massaggiarsi i capezzoli
- Mangia – le dissero le altre
Silvia non parlava mentre le lacrime continuavano a scendergli sulle guance. Dove erano scese le lacrime, lo sperma si era sciolto ed il suo viso sembrava segnato da righe più chiare, come se le si fosse sciolto il trucco. Seduta in terra come le altre, sentiva almeno il sollievo dei piedi non più costretti a sostenerla. L’arco cui erano costretti era fastidioso, ma almeno non doveva preoccuparsi di cercare un equilibrio che ancora gli pareva impossibile.
- Mangia, per favore – gli disse Giada – non li fare arrabbiare..-
Silvia rimase ancora immobile, gli occhi fissi sui capezzoli. Le altre ragazze in silenzio mangiavano la pappa di riso e sperma, chi direttamente dalla ciotola, chi aiutandosi col cucchiaio di legno. Erano tutte silenziose anche se fra di loro si scambiavano occhiate di intesa. A un certo punto fu sempre la più piccola a parlare
- Dobbiamo dirglielo..-
Tonya, la più grande del gruppetto, la zittì con un’occhiata. Silvia era rimasta in silenzio, come assente
- Noi non dobbiamo fare niente..-
- Tonya ha ragione – disse Simona – io ho perso per due settimane di fila quando sono arrivata perché nessuno mi aveva detto niente, è giusto che tocchi a lei – e mentre diceva queste parole si rivolse a Silvia.
- Domani è il giorno del gioco..- disse lasciando la frase in sospeso come se questo per Silvia significasse qualcosa e lei si attendesse una risposta.
Silvia la interruppe rimestando tra le labbra socchiuse
- Non mi interessa…lo capite che non mi interessa…- e mentre diceva questo piagnucolava ancora.
- Intanto mangia per favore..- disse ancora la piccola Giada: in quel momento entrarono ancora i due uomini, che subito si diressero verso di lei.
- La nostra troietta non ha fame..- disse uno dei due rivolto all’altro che intanto si era abbassato per raccogliere l’imbuto in terra
- Vorrà dire che dovremo dargli una mano..- disse ridendo – e che farà una dieta liquida per oggi..-
Presero Silvia di peso e la tirarono in piedi; mentre il primo uomo la teneva ferma, il secondo le infilò a forza l’imbuto nella bocca. Silvia riusciva a emettere qualche grido strozzato ma alla fine si rassegnò, sotto gli occhi curiosi delle altre ragazze.
Una volta legati di nuovo i polsi dietro la schiena, Silvia si ritrovò con un ginocchio dell’uomo piantato dietro la schiena che la costringeva a tenere la testa riversa all’indietro.
- Bravissima – disse Tonia con un sorriso - …adesso capirai perché ti consigliavamo di mangiare da sola..-
Il secondo uomo prese la caraffa piena di sperma e cominciò a versarla nell’imbuto. Silvia deglutiva tossendo mentre il liquido le scendeva nello stomaco.
Quando tutta la caraffa fu svuotata gli uomini lasciarono la ragazza che si raggomitolò per terra, le gambe piegate in posizione fetale. Gli venne assestato un calcio nella pancia che la costrinse a chiudersi ancora di più. Poi i due uomini, in piedi intorno a lei, cominciarono a sbottonarsi i pantaloni e tirarono fuori i loro membri non del tutto eretti. Silvia alzò gli occhi, con la bocca ancora coperta dello sperma che era riuscita a non deglutire e con gli occhi spalancati capì quello che stava per succedere. I due uomini cominciarono a pisciargli addosso. Silvia cominciò ad urlare e i due uomini approfittando della bocca aperta diressero il fiotto di urina in modo che gli entrasse nella bocca. Silvia a quel punto prese a dimenarsi come in preda ad uno spasmo isterico mentre i capelli si riempivano di piscia maleodorante. Quando i due uomini ebbero finito con un cenno della mano chiamarono la piccola Giada che si avvicino carponi verso di loro.
- Asciuga bene, signorina – le dissero inserendo a turno il loro cazzo nella piccola bocca della ragazzina – cosi impari a parlare con le altre ragazze. Dovete stare in silenzio tra voi -
In terra, ancora raggomitolata in posizione fetale, Silvia piangeva col corpo bagnato di urina.
- Siete qui per imparare a far rizzare cazzi con la vostra sola presenza, questo vi è chiaro?- disse uno dei due uomini mentre l’altro era sulla porta.
- Sissignore - dissero in coro le ragazze a parte Silvia che ancora piangeva riversa sul pavimento.
Quando i due uomini furono usciti, Silvia cerco di tirarsi seduta sul pavimento. I capelli erano bagnati di urina e in bocca aveva un sapore schifoso di sperma mischiato a urina. Si sentiva malissimo.
- Non ce la faccio, è troppo umiliante..- disse cercando di riprendersi.
-Si – disse Tonia – ma il segreto è non pensarci. L’alternativa è finire ammazzate, è questo che vuoi? –
- Si – disse Silvia – penso che sarebbe meglio..-
- Non devi fare altro che comportarti come stai facendo e prima o poi si stancheranno delle tue proteste e ti manderanno a fare qualche snuff movie – le disse con tono di supponenza Tonia. I biondi capelli ricci della ragazza stonavano con la crudeltà della sue parole.
- Lo sai cosa sono gli snuff? – le chiese ridendo.
- No, non lo so – rispose Silvia cercando un tono che fosse di risposta al suo.
A quel punto intervenne Simona, la ragazza rumena – gli snuff sono film di tortura in cui alla fine la protagonista muore davvero, c’è un giro di affari enorme in giro per il mondo
- In che senso si muore? – chiese Silvia con gli occhi sbarrati per lo spavento
- Nel senso che verrai sottoposta a torture molto pesanti, tipo impalature o cose del genere – disse Tonia – non voglio neanche pensarci, per questo cerchiamo di comportarci come ci chiedono..-
- Che significa impalatura? – chiese Silvia ancora spaventata, mentre un filo di sborra gli scendeva da un angolo della bocca
- Significa che ti infilano un palo nel culo e aspettano che ti sventri- rispose secca Tonia – e se devono infilarne uno nel culo, quel culo spero che sia il tuo..-
Silvia rimase in silenzio. Dopo qualche minuto le ragazze si alzarono e si avvicinarono alla porta. Giada provò ad aprirla ma la porta era chiusa dall’esterno. Non si comportò in modo scomposto e si rimise a sedere. Silvia si toccò i capezzoli, umiliati dalla mungitura, che erano gonfi e doloranti. Provò ad alzarsi ma ogni volta doveva rendersi conto che su quei tacchi era doloroso anche solo cercare di stare in piedi. Si rimise giù e continuò a piangere.
Si risvegliò scossa dalla corrente elettrica che le scuoteva il corpo. Intorno a lei non c’era più nessuno. Si guardò intorno e cominciò a piangere. Altre scosse la colpirono mentre piangeva. La stanza era al buio, se non fosse stato per alcuni faretti che erano sistemati sopra le telecamere agli angoli della stanza. Le piastrine del vestito si elettrificarono ancora. Si ricordò cos’era successo. Si ricordò il dottore, si ricordò che era stata munta. Si ricordo lo sperma versato nella gola.
Il dolore nel culo era terribile. Quando la scossa l’aveva svegliata doveva aver sbattuto sul pavimento ed ora le pareva che quel coso nel suo culo fosse entrato fino allo stomaco. Cerco di rialzarsi, ma le scarpe erano una tortura. Il piede piegato forzatamente le ricordava la sua condizione. Si accasciò nuovamente, ma una scossa molto piu forte delle altre la costrinse a tirarsi in ginocchio.
- Alzati – disse una voce proveniente da un qualche microfono nella stanza
- Alzati troia- la voce insisteva ridendo
Silvia si alzò, i piedi piegati con un arco innaturale, mentre il dildo nel culo si riassestava provocandole un dolore cui non riusciva ad abituarsi
- Toglietemi questo coso dal culo per pietà..- disse ancora con le lacrime agli occhi.
- Alzati e comincia a saltellare sul posto, troia – disse la voce.
Silvia rimase ferma. Una scossa più forte delle precedenti la fece piegare. Poi cominciò a saltellare. Il plateau delle scarpe non le dava il minimo contatto col pavimento ma appoggiarsi sul tacco a spillo era ancora peggio. Il dolore le si incuneava per tutto il corpo e la parte che soffriva di più era il culo, dove ogni volta il dildo trovava un po’ di spazio in più per salire a tormentarla. Appena accennava a smettere di saltare una piccola scossa la faceva riprendere.
- Toglietemi questo coso dal culo, vi prego..- disse Silvia implorando - …farò tutto quello che volete ma toglietemelo..mi sta spaccando tutta..-
- Farai tutto quello che vogliamo? – disse la voce dal microfono.
- Si si..- disse Silvia
- Ma tu farai comunque tutto quello che vogliamo, quindi il tuo culo sta bene così..- disse fermamente la voce dal microfono.
Silvia riprese a piangere. E continuò a saltellare. Le sembrava impossibile, ma lo faceva. Appoggiava la punta di quelle scarpe, senza sentire minimamente il contatto col pavimento e poi alzava le ginocchia. Su e giù, finchè i muscoli dei polpacci non si indurirono e cominciarono i crampi. Allora si fermò, ma una scossa elettrica la rianimò e continuò a saltellare. Sentiva le dita dei piedi distrutte, costrette a portare il peso del suo corpo ad ogni saltello
- Toglietemi queste scarpe vi prego – disse ancora piangendo.
- ci piace vedere come ti lamenti, ma se insisti te le cambieremo..- disse la voce – ma intanto continua a saltellare o sarà peggio per te.
Silvia continuava a saltellare, rendendosi conto dell’immagine che dava di sé. Una ragazza umiliata che si muoveva sotto la minaccia di una scossa elettrica, col solo scopo di soddisfare dei pervertiti.
Dalla porta entrarono due donne.
- E’ il giorno del gioco tesoro, sei pronta?- le disse una delle donne, una di quelle che aveva incontrato al negozio di scarpe prima che l’incubo cominciasse. Quanto era passato? Tre giorni? Quattro? Silvia cominciava a perdere il senso del tempo che passava.
- Che gioco? – chiese lei che aveva smesso di saltellare.
- Oh un gioco molto divertente..per chi lo guarderà..-
- Volevi cambiare scarpe, vero? – disse la seconda donna.
- Non voglio cambiare scarpe, voglio togliermi queste..- disse alzando una gamba, rimanendo per un attimo in equilibrio su un solo tacco.
- Oh tesoro, questo non è possibile..sei una troia e le troie indossano sempre scarpe da troia…-
Silvia piangeva. Gli sembrava di non aver mai smesso di piangere da moltissimo tempo. Si stupiva di avere ancora lacrime, ma le aveva. Continuava a piangere.

di
scritto il
2019-08-06
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