Vendetta

Scritto da , il 2018-12-28, genere sentimentali

Carico le valigie in macchina e parto. Ho qualche ora di viaggio davanti a me, tempo che userò per pensare bene a cosa fare. Con te. Di te.
Perchè questa volta non ci sarà dolcezza e nemmeno mia sottomissione.
Mi hai fatto arrabbiare, ma proprio tanto. Così tanto che non ricordo nemmeno il motivo: ricordo solo la rabbia, l’incazzatura: e richiede vendetta. Fredda, lucida.
Oh lo so che sei felice di vedermi! Che non vedevi l’ora. Pure io. Amo i tuoi occhi. Amo te. Il che non significa che non mi vendicherò.
A questo penso scivolando sull’asfalto.
La stanza, le corde con le quali ti lego con attenzione, la gabbietta che imprigiona il tuo sesso. Il mio provocarti, sapendo che nulla puoi fare.
Mi bagno. Mi eccita farti ciò che mi piacerebbe subire.
Avvicino la mia bocca al tuo orecchio “ora inizia lo spettacolo” ti soffio addosso.
Mi spoglio con studiata lentezza, così vicina a te, così irraggiungibile.
Ti guardo costantemente negli occhi, spiando ogni tuo benchè minimo movimento, cercando la tua eccitazione, stimolandola di continuo.
Mi masturbo, l’odore del mio sesso riempie velocemente l’aria. Tu ti muovi, cerchi di liberarti, cerchi un modo per accorciare la distanza tra il piacere del cervello e quello fisico, che non può esprimersi.
Mi alzo, mi struscio sulla tua gamba, inumidendola. Arrivo al ginocchio e lo uso per godere. “sono la tua cagna, ricordi?” ti dico mordendoti il collo, tra uno spasmo e l’altro, per poi leccarti ogni centimetro di pelle, e scendere scendere con la bocca fino al tuo sesso imprigionato.
Ti guardo ancora, tu mugugni, non credi che lo farò. Oh si che lo farò.
Mi eccita sentire il tuo respiro spezzato quando insinuo la lingua tra le fessure della gabbietta, raggiungendo la tua pelle. E poi più giù verso l’ano e improvvisamente prendo in bocca tutta la gabbietta, nella simulazione di un pompino che ti torturerà. Trattieni il respiro e il momento successivo la mia gola riceve il tuo seme. Sempre la mia lingua a pulirti senza liberarti. Mi lecco le labbra, i miei occhi quasi febbricitanti di desiderio ti preannunciano l’unione delle nostre bocche.

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