La donna di casa - parte 3

Scritto da , il 2018-07-26, genere trio

Mi svegliai sola nel lettone della mia stanza; i miei due uomini erano scesi, come tutti i giorni, per lavorare, ed io che avevo abbandonato anche il lavoretto part-time e mi ero ritirata a fare la casalinga, mi trattenni tempo ancora nel letto.
La camera era inondata di luce calda, e dopo essermi trastullata tra i cuscini e le coperte, scesi a fare la spesa: dovevo sbrigare velocemente, dato che avevo anche molte altri impegni, tra pulizie lavatrici ecc...
Questa vita, era una vita sicuramente stancante, ma ammetto che mi si confaceva davvero tanto.
Sono sempre stata una tipa insicura, che ha bisogno di essere guidata e spronata, che ha bisogno di qualcuno che si prenda cura di lei. Si, sono sempre stata così.
I rapporti tra me e Lorenzo si erano fatti più intimi, capitava sempre più spesso che facessimo l'amore da soli, alle spalle di Giuliano.
In casa, almeno, mi chiese di star vestita da donna, per poi cambiarmi solo per uscire. Così iniziai a portare le gonne e le mutandine strette, sottili; certi reggiseni come quelli che mettono le bambine, che non hanno seno; però rifiutai sempre di truccarmi.
Chi m'avesse visto, m'avrebbe scambiata per una vera e propria donna. Avevo i capelli lunghi e lisci, che mi cadevano sulle spalle e, senza falsa modestia, ero davvero una bella cavalla da montare. Avrei potuto far eccitare anche un maschio eterosessuale.
Una volta, mentre cucinavo sentii la mano grossa di Lorenzo accarezzarmi le gambe e salire fino al culo, sotto la gonna.
Mi infilò un dito bello dentro, poi un altro, fino a farci entrare gran parte della mano.
Poi mi sollevò la gonna lasciandomi con le natiche al vento - come si suol dire, anche se tra le pareti della cucina di vento non ce n'era - e si inginocchiò, cominciando a slinguazzarmi il buchetto con colpi rapidi di linghetta - tatatata.
Alzatosi, mi girò verso il tavolo, tenendomi la testa giù sul legno, e me lo infilò dentro, con scioltezza. Era forse agitato, o scosso da qualcosa, perché mi scopò con forse troppa violenza.
Quando mi venne mi venne dentro, e poi schiaffeggiò il culo arrossato, rosso per le botte che mi aveva assestato durante la penetrazione.
Ma a me non dispiaceva, mi piaceva essere trattata così; i suoi schiaffi e le sue botte, per me erano come baci e carezze.

Una mattina arrivò a casa turbato, davvero molto turbato, e mi afferrò il polso con forza, stringendomi a sé, dicendomi:
- Ce ne andiamo, non voglio più dividerti con nessuno.

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