Chiara - Le tre prime volte

Scritto da , il 2018-04-10, genere etero

Nella cabina riecheggia il rapido martellare delle ruote sui binari, i paesaggi si avvicendano velocemente dipingendo un inutile sfondo al di là del finestrino. Sono solo, o almeno questo dicono alla mia coscienza il mio sguardo assente e le mie orecchie mute; solo, con un sol pensiero.
Sono in viaggio ormai da diverse ore e qualcuna in meno, ancora, mi separa da te. Separa i nostri corpi che si anelano vicendevolmente, ma non le nostre menti. Lo so!, ne sono certo, che anche la tua non ti dà tregua e ti tormenta di sogni su questo nostro primo incontro; l'abbiamo pianificato già da tempo, ci siamo confessati come renderlo unico per noi, ma finché un sogno non s'assapora ha sapore d'ossessione.
Il paesaggio non aiuta, tantomeno il rumore del treno; offrono anzi la giusta rilassatezza alla mia mente, per concentrarsi sul suo solitario tarlo; e un'altra cosa non le concede distrazioni… un cazzo che dall'inizio di questo viaggio sembra voglia esplodermi nei pantaloni! Teso, duro, piegato dalla ristrettezza per lui eccessiva degli indumenti, come solo quando facciamo i nostri giochi. Guardo l'ampio schermo del mio smartphone, gongolo per i suoi 6 pollici che si fanno particolarmente apprezzare in queste occasioni; premo su foto > album > Chiara. Inizio a scorrere le numerose foto che mi hai regalato e la mia mente vola su tutti i nostri momenti, trascorsi insieme pur se distanti.

Ricordo la nostra prima conversazione in chat, nata per caso: galeotto fu un noto social network che, chissà perché, decise che io dovessi chiederti l'amicizia, e allora lo fece lui per me notificandomi direttamente quando tu l'accettasti; che scusa assurda deve esserti sembrata. Ma questo ricordo sfugge rapido, qualcuno tra le gambe era più interessato ai successivi.
Trascorsi pochi giorni tra scherzi e battutine allusive, dopo una tua foto sì in reggiseno, ma quasi innocente, mi mandasti la prima, come la definisti tu, "un tantino osé": una vista da un angolo del letto su tutto il tuo corpo, disteso, completamente nudo!; una gamba flessa con un tatuaggio di cui poi mi raccontasti la storia, anche quella dai risvolti lievemente piccanti; una lunga coscia, riempita da un po' di rumore digitale; una mano posata, maliziosa, sul tuo monte di Venere; il profilo di un seno con un capezzolo che, ahimè!, si perde in una risoluzione non troppo elevata; e un viso parzialmente in ombra, di cui si scorge poco. Dopo questa foto ne ho ricevute tante altre, tantissime, ma lei è la prima, ed è ancora una di quelle che più mi fa tirare il cazzo. Quanto vorrei potergli donare la libertà che sta agognando, tirarlo fuori e segarlo violentemente, quasi a farmi male, fino a esplodere tutto il mio piacere, e poi ripetere il tutto con la foto seguente.
Questo mi riporta a quella volta, molte seghe dopo la tua prima foto, che per un giorno intero mi dicesti di non dargli sfogo, e che per un giorno intero mi hai provocato divertita. La tensione di quel giorno ancora la ricordo, e anche il mio amichetto, ma ancor di più ricordo le dieci sborrate del giorno seguente, tutte in tuo onore! Quanto devi esserti sentita potente in quei due giorni, adoro questo di te: magari non è cosa tanto rara, ma è la prima volta che percepisco in una donna un tale piacere nel sentirsi dire "amore, ho il cazzo in mano per te". Siamo due anime gemelle, ognuna nutrimento della perversione dell'altra: io adoro segarmi, ovviamente, e ancora di più adoro farlo consapevole che tu, dall'altra parte dello smartphone, sappia cosa sto facendo in tuo onore; adoro sapere che la cosa ti fa sentire potente, un cazzo che si distrugge per te ogni giorno a oltre 500 km di distanza, e adoro che sia il mio cazzo a farti sentire così. L'idea di poterti scrivere, quando ne ho voglia, in qualsiasi momento, senza nemmeno un "ciao", senza inutili preamboli: "Amore mio, ho voglia di farmi una sega pensando a te, quindi ho già il cazzo in mano"… è qualcosa di assurdo, e nemmeno ti ho mai incontrato di persona.
Come assurdo, almeno per me, è stato il modo in cui sono nati i nostri giochi, che prima di allora si limitavano a qualche foto spinta, ma non troppo. Fantasticavo ormai già da un po' su come rendere più intima la nostra conoscenza a distanza, provai anche a farti qualche proposta che però, con mio sommo rammarico, cadde nel nulla; e mentre la mia mente pensava a come poter stimolare la tua curiosità per spingerti un po' più in là, lievemente scoraggiata dai primi tentativi falliti, fosti tu a coglierla del tutto alla sprovvista. Quella mattina, mi hai raccontato dopo, il ragazzo che frequentavi ti aveva fatto molto arrabbiare, e quindi eri andata in negozio da sola, e lì eri due ore più tardi, quando ti scrissi io in risposta al tuo quotidiano buongiorno. Dopo qualche chiacchiera mi mandasti una tua foto, a seno scoperto ma non ripreso completamente nell'inquadratura, e mi dicesti che te l'eri fatta quella stessa mattina, appena prima di toccarti, incazzata nera, chiusa in negozio. Mi hai detto che la mia risposta al tuo "buongiorno" ti era arrivata appena dopo il tuo piacere… cosa avevo mancato! E te lo dissi proprio, ti scrissi "Nuooo, cosa ho mancato…", ed è allora che tu hai messo la parola 'inizio' alla mia… alla 'nostra' dipendenza da te: mi dicesti "se ti fa piacere una volta organizziamo un qualche giochino!". E chi se l'aspettava dopo i miei primi tentativi andati male, di punto in bianco.
Il nostro primo gioco fu anche la nostra prima telefonata, dopo tanto scriversi a ogni ora del giorno ancora non conoscevamo le nostre voci; è stato incredibile ascoltare la tua, mai sentita prima, gemere dal piacere. Già!, la nostra prima telefonata è stata per donarcelo reciproco, accompagnando coi nostri gemiti tu la mia mano e io le tue dita. Ormai potevo dire di conoscere molto di te, ma era come far la tua conoscenza per una seconda prima volta; e dall'altra parte di quel piccolo oggetto ti stavi masturbando, per farmi sentire tutto il tuo piacere, sicché io potessi farti sentire il mio. Immaginate: incontrate una ragazza, non la conoscete, vi sembra familiare e sapete... siete certi di desiderarla da molto tempo; le stringete la mano e dopo due paroline dettate dall'imbarazzo vi tirate fuori il cazzo e iniziate a segarvi mentre lei comincia a penetrarsi. È come trovarsi a scartare un regalo desiderato da tanto e scoprire che supera tutte le nostre aspettative, che è più di quanto abbiamo mai osato sperare.
E tra poco ti conoscerò, di nuovo, come se fosse una terza prima volta. L'abbiamo pianificato è vero, questo sembrerebbe quasi togliere "magia", ma non credo sia così in realtà. Se non sapessi cosa mi attende forse starei sognando mille possibilità, potrei anche perdermi nel timore di qualcuna di esse nella quale mi rifiuti, di certo non riuscirei a concentrarmi su nessuna per quanto fantastica. Così invece non faccio che pensare a un solo scenario, lo anelo, lo bramiamo, lo abbiamo scelto, io e te insieme, e comunque vivo queste ore nell'incertezza se davvero sarà così, se davvero sarai tutto quello che desidero da quando ho iniziato a conoscerti, come finora lo sei sempre stata. Mille diverse possibilità non mi avrebbero mai caricato così tanto, non me lo avrebbero mai reso così duro. E non c'è nulla di più magico di vedere realizzarsi il proprio sogno più bello, non uno qualsiasi tra tanti.

Una voce interrompe la monotonia del viaggio, fuori dalla mia mente, e annuncia in tutto il treno la prossima stazione dove tu, mi auguro, mi starai attendendo. Con passo lungo e svelto, per il poco tempo e per nascondere l'erezione, mi dirigo verso il bagno, mi chiudo dentro e in un attimo ce l'ho in mano. La stazione è vicina, ma sono ore che è inebriato di te, gli basterà poco. Lo stringo e comincio una sega liberatoria, in tuo onore, come sempre; vengo in fretta, mi sciacquo rapidamente il cazzo con la mano sinistra, mentre nella destra, tra le dita, conservo il mio piacere. Il treno si sta già fermando, meglio!, eviterò gli sguardi di chi potrebbe cogliere il mio più intimo odore. Esco, mi dirigo al mio posto e quasi senza fermarmi recupero la mia piccola valigia per poi proseguire dritto verso l'uscita; sono il primo davanti alla porta, così riesco forse già a scorgerti mentre il treno percorre gli ultimi suoi metri prima di fermarsi. Scendo e mi volto subito verso la presunta te, c'è un po' di gente che ci divide, mi muovo irruente finché non ti vedo: sì! sei tu! Anche tu devi avermi intravisto prima, perché già ti sei incamminata verso di me; nell'ultimo breve tratto che ci separa ci guardiamo negli occhi, ci sorridiamo, cerchiamo forse qualche segno uno nell'altra che possa farci desistere, senza trovarlo. Quando siamo finalmente uno di fronte all'altra, senza ancora parlarci, ci avviciniamo come nel gesto di darci un bacio per salutarci, ma non è così: sento il calore delle nostre guance che si toccano, il tocco leggero delle tue dita che cospargono l'umido della tua eccitazione lungo le mie labbra, l'odore della tua figa innalzarsi da esse, e infine il tuo sapore quando concedi la punta dell'indice alla mia lingua, il sapore del tuo piacere, del quale io sono l'artefice; io forse non sono altrettanto delicato nel tocco, la mia mano poggia sull'altra tua guancia mentre il mio pollice, su cui abbondava il mio di piacere, era ormai già tutto nella tua bocca, che lo succhiava con bramosia.

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Questo è il mio primo racconto, storia vera o inventata o in parte una e l'altra cosa chissà! Tanto come fareste a saperlo qualsiasi cosa vi dica?
Spero piaccia, e nel caso andrò avanti a scrivere. E' un po' un esperimento, sia per quel che riguarda i fatti narrati che per lo stile di narrazione. Siam tutti bravi (insomma) a scrivere come entra un cazz'in culo, non è quello che mi interessa, sebbene nel caso non mi tirerò indietro prediligo ricercare altre situazioni.

Commenti con apprezzamenti sono ben accetti, e ancor più lo sono commenti con critiche che possano aiutarmi a migliorare. Apprezzo anche quelle da parte di grammar-nazi, laddove non lo ricerco mi infastidisce commettere errori grammaticali, ma possono sempre sfuggire.

Grazie a chi perderà il suo tempo a leggermi!

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