Ingenuitá computerizzata 1°

di
genere
etero

Ero stata contattata da vari nik in chat, che si dichiaravano uomini, ed anche qualche donna, di tutte le età, ma mai avevo concesso altro che brevi scambi epistolari. La mia foto, inserita su face book, rivelava molto chiaramente la mia età e le mie reali fattezze di giovane donna, alta un metro e settanta, con terza di seno, occhi verdi, striati di giallo, longilinea: appena quarantadue di taglia ma con un sedere simile a quello della Sandy Lopez, la parte del mio corpo indicata come la preferita dai fischiatori occasionali che mi incrociano in strada. Una sera, mentre vagavo tra una chat e l’altra, notai un nick strano, “ Doroteo ”, e ne fui attratta subito: un nome che non poteva essere inventato, anche perché, il suo possessore, scriveva semplicemente e pure in modo molto scorrevole, esprimendo solitudine e tanta malinconia. Il suo primo saluto, ogni volta che ci mettevamo in contatto, era: “ Ciao, bella gatta ! ”, riferito ai miei occhi. “ Ciao, Doroteo ”, ricambiavo io, senza aggiungere altro, per non impelagarmi in aggettivi impropri e magari offensivi, nei suoi confronti. “ I tuoi diciotto anni, sono quelli reali …? ”, mi aveva subito chiesto. “ Certo, perché, non si vede …? ”, avevo risposto io. “ Assolutamente no. In questa foto ne dimostri meno: quindici, sedici al massimo ”, affermò lui. “ Invece no. Quella fotografia, mi è stata fatta non più di due mesi addietro ”, lo rassicurai, in modo conciso. Evito di raccontare tutti i preliminari riguardanti i primi passi e la trafila per acquisire la fiducia uno dell’altra e passo a descrivere il nostro primo contatto epidermico, avvenuto dentro un cinema a luci rosse, dove lui si era presentato – come da accordi presi tramite il computer - con la barba e baffi lunghi e occhiali da sole; semi camuffato, insomma. Prima che lui giungesse e venisse a sedersi accanto a me, vestita tutta in colore rosso, come lui aveva stabilito per riconoscermi, intorno a me erano venuti a sedersi uno stormo di uomini, evidentemente, speranzosi, nel vedere una ragazza sola seduta in una sala di un cinema dove proiettavano film porno, di ottenere qualche favore sessuale. Quando Doroteo arrivò, vedendo che intorno a me non si sarebbe potuto sedere, andò ad occupare la prima poltrona della fila davanti a quella in cui ero e poi attese che fossi io ad andare a sedermi accanto a lui, seguita dai diversi uomini, che però ebbero il buon gusto di sistemarsi nella fila dietro alla nostra. “ Vedo che non hai perso tempo, a farti rimorchiare, troia …! ”, fu la sua prima frase, detta sussurrando, ma non così piano da non essere ascoltato anche dagli uomini che mi avevano seguita. Lì per lì, rimasi di sasso, ma poi, venni subito assalita da un languore sessuale che evitò di farmi fuggire immediatamente da quel posto di affamati, e da un uomo che, semi mascherato, mi insultava trattandomi da puttana ancor prima che io gli dessi prova di esserlo veramente. “ Dimmi la verità: quanti di questi che si sono seduti dietro di noi ti faresti in una volta sola? Non tergiversare. Voglio che mi dici solo un numero, e nulla più ”, continuò, con l’arroganza del padrone. Non avendo contato quanti loro fossero, per essere remissiva, condizione che in quel momento mi eccitava da morire, affermai: “ Tutti …! ”, ma poi mi corressi. “ Tutti insieme, ovviamente! ”, dissi, apprezzando io stessa l’onestà della mia risposta. “ Allora, scegline uno, fallo venire davanti, accanto a te, e poi voglio vedere cosa sei capace di fare, solo con le mani, trafficando dentro i suoi pantaloni ”, disse lui, continuando a guardare il filmino porno che si svolgeva sullo schermo del cinema. Come se fossi priva di volontà, mi voltai e indicai il primo che incrociai con lo sguardo, di venire a sedere nella poltrona libera alla mia destra, cosa che lui non si fece ripetere. “ Cos’aspetti? ”, mi domandò, vedendo che ero rimasta bloccata. “ Datti da fare, su …! ”, mi sollecitò. Il tipo che avevo scelto, dannazione, aveva la cerniera della patta difettosa, perciò, dopo alcuni tentativi, fui costretta a slacciargli la cintura dei pantaloni e a infilare le mani da quell’apertura che era tutt’altro che pratica. Per fortuna, il suo attrezzo, era di buona misura, tanto da consentirmi di sollevarlo tanto da fargli uscire dalla stoffa, in vita, il voluminoso glande, che poi accarezzai con molta lena, fino a sentire che eruttava una caldissima lava sulle mie mani, chiuse a cerchio sul suo pene. “ Ora, scegline un altro, ma che sia più vecchio di quel ragazzo che hai scelto prima ”, mi ordinò, sempre senza mai guardarmi. La scelta fu più ardua poiché dovetti girarmi meglio e attendere che trasmettessero un’immagine più luminosa per riuscire a stabilire fra tutti loro, il più anziano. Scelta che cadde su un ometto, piccolo e calvo, e con l’addome molto pronunciato, il quale non si fece pregare affatto. Mentre stavo ripetendo la stessa operazione eseguita col ragazzo di prima, ma con più facilità, colui che ormai consideravo il mio padrone, mi toccò una spalla e mi passò un preservativo dicendo: “ Mettiglielo e poi succhiaglielo con molta calma. Voglio che questo sia l’ultimo pompino che riceve, prima della dipartita, e il più esaltante che abbia mai gustato in vita sua. Sicuramente lo sarà, pensai io, orgogliosa di procurargli un attimo indimenticabile. L’applicazione della mia bocca sul glande semiduro, dell’attempato guardone, durò un tempo lunghissimo tanto che quando raggiunse il piacere, avevo le mandibole doloranti. “ Adesso mettiti in ginocchio davanti a me e succhiamelo fino a quando non ti riempirò la bocca di sperma”, mi ordinò ancora. Ubbidii alla sua ennesima richiesta con una solerzia che non immaginavo nemmeno io di avere. Non ebbi nemmeno bisogno di tirarglielo fuori, visto che già svettava in tutta la sua mirabolante lena e lunghezza, molto simile ad una vivace anaconda con una testa enorme. Non nego che in prima analisi fui persino un po’ spaventata, ma poi, abboccando quel favoloso virgulto, ma soprattutto dopo avere gustato il suo gradevole sapore, ogni mio timore evase dalla mia mente lasciandomi sola con lui, disposta a pomparlo fino al soffocamento; cosa che presto avvenne, quando un’improvvisa eruzione mi scivolò sulla lingua e poi m’intasò la gola troncandomi il respiro per almeno un minuto. “ Non sciupare nemmeno una goccia, bimba, se vuoi che ti offra un’altra occasione di ciucciarmelo ”, mi avvisò, prima di alzarsi e andarsene, lasciandomi lì ancora in ginocchio fra le poltroncine del cinema. Prima di riuscire ad andarmene dal locale e disperdere i tre o quattro guardoni che mi inseguirono anche fuori dal cinema, fui costretta salire su un taxi che passava proprio in quel momento, il quale aveva appena finito di fare una corsa regolare. Per alcuni giorni, Doroteo non si fece trovare in chat, ma quando avevo perso le speranze, rispuntò per darmi un appuntamento in un bar del centro, molto conosciuto. “ Indossa una tuta in pelle, se ce l’hai, oppure una tuta da ginnastica e un giubbotto in pelle o in stoffa. E non mettere i tacchi. Scarpe basse o da ginnastica. Ci vediamo domani alle quattro del pomeriggio ”, scrisse, chiudendo subito dopo il collegamento. Quando giunsi davanti al bar dell’ appuntamento, lui mi aspettava in sella ad una grossa moto Ducati, con tanto di casco già infilato in testa e un altro in mano che, mi passò ordinando di indossarlo subito e poi di salire dietro di lui. “ Tieniti forte ai miei fianchi, si raccomandò ”, mentre metteva in moto il bolide rosso fuoco della casa italiana. “ Dove mi porti? ”, domandai curiosa. “ Lo vedrai strada facendo ”, rispose, senza aggiungere altro. Ad andatura lenta, eravamo usciti dalla città e preso una strada statale poco trafficata. “ Vuoi provare il brivido della velocità vera? ”, mi chiese, smanettando a tratti con la manopola dell’acceleratore obbligandomi a stringermi molto di più ai suoi fianchi con l’abbraccio già tenace che avevo mantenuto fino ad allora. “ No, ti scongiuro …! La velocità m’impaurisce …! ”, lo supplicai. “ Be’, allora, per evitare che la corsa diventi noiosa, perché non mi trastulli un pochino il pisello? ”. “ Sei matto? Siamo in pieno giorno e su una strada trafficata. Ci potrebbero vedere ”, obiettai io. “ Proprio per questo motivo ti chiedo di farlo. Se qualcuno ci vedesse, non potrà fare altro che invidiarci ”, mi sollecitò, avvicinando con una sua mano, le mie, sul suo sesso. E visto che esitavo: “ Dai, baldracca, tiramelo fuori e sbattilo con entrambe le mani ”, mi ingiunse, con rudezza. L’ insulto, ebbe il pregio di sciogliere ogni mio debole rifiuto. Glielo tirai fuori senza complimenti e iniziai a sbatterglielo su e giù, scappellandolo e poi seppellendolo dentro la sua stessa pelle, a volte con sensibilità e altre con estrema violenza, stupendomi che, nonostante tutta l’energia adoperata nel menarglielo, lui non fosse stato capace di godere. Se l’avesse fatto, avrei raccolto certamente tutto lo sperma rilasciato dal suo robusto membro e di sicuro l’avrei gustato, fino all’ultima molecola. Proprio in quel momento, sfrecciò accanto a noi una moto con due passeggeri a bordo, la quale, dopo appena pochi metri, rallentò improvvisamente per proseguire a passo d’uomo, fino a lasciarsi raggiungere da noi. Di colpo abbandonai il pene di Doroteo pensando che lui lo nascondesse poi dentro i pantaloni. Cosa che non avvenne, anzi, lui riprese le mie mani le adagiò sul suo pene, ancora più turgido di quando l’avevo abbandonato, e per di più, ora c’erano anche i due motociclisti a guardare mentre glielo menavo con forza. “ Mi hai dato una bella idea, cara. Ora glielo meno anch’io al mio uomo, come stai facendo tu ”, dichiarò forte una voce di donna, seduta dietro l’altro motociclista, mentre si toglieva il casco: una bella ragazza bionda più o meno della mia età, che l’aveva tirato fuori al suo uomo e lo stava segando con indubbia esperienza. Ogni tanto, qualcuno che transitava accanto a noi, strombettava a più non posso, senza però impensierirci più di tanto. Incredibilmente, sia Doroteo che il maschio della moto di fianco a noi, vennero quasi contemporaneamente nelle nostre mani, unite a conca sotto il loro virgulto, per raccogliere il seme e poi succhiarcelo con avidità entrambe, nemmeno ci fossimo passata parola. Dopo le presentazioni, sempre viaggiando ognuno sulla propria moto, ed esserci scambiati il numero di telefono io e Rosaria, moglie dell’altro motociclista, noi siamo tornati in città mentre loro hanno proseguito per il paese più vicino. Come al solito, per alcuni giorni Doroteo non si fece sentire, poi una sera ricomparve in chat, mi chiese di accettarlo nel mio privato e: “ Non mi hai ancora detto quali sono le tue preferenze sessuali e in che condizioni è la tua vagina ed il tuo culetto …! ”, mi chiese, così, di punto in bianco, lasciandomi basita. “ Pensavo proprio che tu l’avessi già intuito, visto che è evidente che non sono una verginella ”, risposi io, delusa per la mancanza di perspicacia che invece io pensavo avesse, pienamente. “ Che tu fossi già stata largamente svasata davanti e dietro, credimi, non ne avevo dubbi. Io però voglio sapere se sei in grado di sopportare maratone sessuali impegnative ”, continuò lui senza specificare il tipo di maratona che pretendeva farmi correre. “ Soltanto dopo aver sperimentato il tipo di zibaldone che ti gira per il cervello, forse sarò in grado di dire se sono stata all’altezza ”, gli risposi, ricordandogli anche che per il mio padrone, ovvero lui, poiché tale lo ritenevo ormai, avrei sopportato ogni angheria sessuale, escludendo però le sevizie fisiche. “ Okay! Allora, presto ti metterò alla prova. E mentre aspetti questo, ti consiglio di adattare al meglio i buchi inserendo in essi della crema emolliente e di tenerli bene aperti con palliativi di grosso calibro, in modo che possano essere riempiti come meritano ”, mi suggerì con varietà di indicazioni. Ovviamente non feci assolutamente nulla di quello che lui mi aveva appena proposto. Soltanto un’accurata pulizia vagino anale, con perette e clisteri, soprattutto perché, quando lo prendo nel didietro, non desidero assolutamente avere contrattempi di natura fisica. L’ora fatidica, giunse quattro giorni dopo, quando Doroteo mi fece sapere che mi aspettava, davanti alla stazione dei treni, alle ventiquattro in punto. Quando arrivai, lui mi attendeva accanto ad un taxi fermo nel parcheggio di servizio, auto che poi ci portò in un club privato molto rinomato in città, dove l’entrata delle donne era gratuita; soltanto l’uomo pagava la tessera come socio, poiché per legge funzionava così. All’interno del club, le luci erano soffuse, comunque, si vedevano distintamente le coppie che ballavano su una specie di pista, alcune ancora vestite, e altre già seminude. Al fondo del vasto salone, ampi divani dove diverse coppie bevevano, dialogavano e si toccavano con lascivia, con estremo desiderio pur se non si fossero ancora buttati veramente nella mischia. Io, avevo indossato una semplice T-shirt bianca sotto un leggero giubbotto semi estivo, e una vertiginosa mini a tubo, senza alcuna biancheria intima, come mi aveva obbligata fare, Doroteo. Mentre ci guardavamo intorno per trovare un posto libero dove sederci, notai una mano che mi faceva cenno di avvicinarmi, all’angolo sinistro del locale, accanto al bancone del bar. “ Qui c’è posto, accomodatevi ”, ci disse, un’affascinante signora sui quaranta, curiosamente sola, non attorniata dalla marea di maschi, come invece erano tutte le altre donne presenti quella sera. “ E’ la prima volta che vieni in questo locale, ragazza? ”, mi chiese, disinteressandosi completamente del mio accompagnatore. “ Io sì. Lui non lo so proprio! ”, dissi, senza nemmeno pensare a cosa rispondevo. “ Perché, non siete insieme, voi due …? ”, mi chiese lei interdetta, dato che ci aveva visto arrivare in coppia. “ Certo che siamo insieme. Lei è la mia schiava. Decido io cosa lei deve o non deve fare; e se tu vuoi fartela, prima devi chiedere il permesso a me … ”, rispose lui, in modo assolutamente arrogante. “ Davvero sei la sua schiava, tesoro …? ”, mi chiese la donna con un certo stupore negli occhi. “ Si … ”, le risposi io, in automatico, senza pensare a cosa stavo dichiarando. “ Mi permetti di carezzarla un pochino, padrone …? ”, chiese subito dopo la donna. “ Si, puoi farlo, ma soltanto fino a quando non eleggeranno la reginetta di questo locale, stasera ”, le concesse lui, magnanimo. “ Grazie, padrone! ”, rispose lei curando corposamente il sostantivo in segno di sottomissione anche da parte sua. Non avevo mai ricevuto carezze così sapienti da un’altra donna, benché avessi già avuto alcune esperienze lesbiche. La sua bocca mi fece letteralmente impazzire, tanto era esperta nel titillarmi il clitoride e a innestare la lingua dentro la vagina ormai un fuoco, invogliandomi ad espellere i vari umori prodotti dall’eccitazione, seguiti da altrettanti portentosi orgasmi. Ero ormai oltre il paradiso più soddisfacente quando gli altoparlanti del locale, che fino ad allora avevano diffuso soltanto musica da night, cessarono la loro deliziosa armonia per lasciare il posto a una voce che annunciava di lasciare libera la pista da ballo alle donne che avrebbero gareggiato per il titolo di miss “ scambista della serata ”, ricordando loro che il premio per la vincitrice, era di duemila euro, offerto dalla direzione del Club; e che i presenti alla gara, a parte le donne, avrebbero potuto scommettere con l’addetto alla cassa, sulla loro preferita, puntando una cifra massima non superiore ai duemila euro. Nel breve lasso di pochi secondi, sulla pista, c’erano già una decina di donne, alcune giovani ed altre meno, ma tutte molto belle e ben fornite fisicamente. “ Tu non partecipi, signorina?”, mi domandò la bionda che mi aveva leccato fino a poco prima. “ Non ci penso proprio mia cara. Sfigurerei. Sono tutte bellissime, anche quelle che hanno più anni di me ”. “ Non è vero che loro sono più belle di te: sono soltanto più sfacciate e con meno moralità. Tu puoi senz’altro competere e batterle se soltanto avrai il coraggio di sfidarle, metterti in gioco ”, continuò, facendo di tutto solo convincermi. “ Certo che partecipa. Ho scommesso duemila euro su di lei, e non voglio assolutamente perderli … ”, sentenziò Doroteo, prendendomi una mano, per poi trascinarmi fino al centro della pista da ballo, e poi ritornare accanto alla bionda. “ Bene, la gara ha inizio! ”, comunicò sempre la solita voce tramite gli altoparlanti. “ Le concorrenti verranno chiamate soltanto con il nome di battesimo, da noi preso dalla tessera d’iscrizione, alle quali, assegneremo un numero, lo stesso che poi sarà votato dagli scommettitori presenti. La concorrente che sarà chiamata, deve obbligatoriamente portarsi al centro della sala e fare lo spogliarello integrale, pena la squalifica se non seguirà la regola, poiché tutti i presenti possano ammirare le qualità dei loro corpi ”, comunicò la voce. Subito dopo: “ Il numero uno è Linda ”, annunciò, lasciando poi il posto alla melodia che fece da sottofondo allo spogliarello della ragazza citata; un bellissima bruna, formosa, ma in modo educato, non molesto alla vista, che si tolse gli abiti come se dovesse farsi una doccia frettolosa. Mentre le altre donne si esibivano, ognuna con la propria fantasia, a me tremavano le gambe, nell’attesa che venisse il mio momento. L’unico spogliarello che avevo fatto in vita mia, era avvenuto nella mia cameretta quando avevo appena dodici anni, e mi ero messa in testa d’imitare un’attrice vista in un film alla televisione; scena che si era conclusa appena lei si era tolta il reggiseno girata di spalle. “ L’ultima ad esibirsi, cari soci del nostro club, sarà Tara, la numero undici ”, dichiarò lo speaker, tacitando le voci che s’erano alzate dopo l’ esibizione della numero dieci. “ Dai bella fai vedere la passera!” , urlò un ragazzo, alto e con un fisico da lottatore di 1° categoria. Proprio in quel momento venni presa dal panico. Ricordando che i miei indumenti si riducevano a una gonna ed una t-shirt, avrei certamente deluso gli spettatori, oltre a far perdere i soldi della scommessa a Doroteo. Quando la musica ebbe iniziò, abbassai appena lievemente la spallina destra lasciando intravvedere la linea rosa superiore della corona mammaria destra, di cui ero stata dotata dalla natura abbondantemente, ma senza continuare ad abbassarla oltre. Poi feci l’identica cosa con l’altra spallina sinistra, questa volta però scoprendo mezzo capezzolo e ricoprendolo subito dopo come se fossi un’educanda. Quando poi cominciai a sollevarla dall’ombelico fino all’attaccatura inferiore delle mammelle, un mormorio di compiacimento si innalzò nella sala, un brusio che scaturì in me la voglia d’eccitare tutto il pubblico, anche quello che non aveva piacere che vincessi io. Sorprendendo tutti, mi girai di spalle, rispetto alla maggioranza del pubblico, tolsi di colpo la t-shirt e mostrai il mio seno libero. “ Bello! Brava! ”, commentò ad alta voce il solito lottatore di prima. “ Ora mostraci quello che nascondi fra le cosce …! ”, azzardò un altro dell’ultima fila. Invece d’essere io a eccitare loro, mi stavo eccitando da sola, infatti, dopo avere abbassato le mani fino al bordo inferiore della gonna, iniziai ad arrotolarla lentamente scoprendo millimetro dopo millimetro, dapprima le cosce, poi sempre più lentamente i primi peli della mia vagina ed i glutei corrispondenti, giungendo fino a scoprire l’ombelico, quando l’arrotolamento massimo ridusse la mia gonna poco più di una cintura in stoffa. Lo scrosciare delle mani, confermò la mia seguente vittoria, e la consegna, brevi mano, della cifra stabilita per la vincitrice del concorso: i duemila euro, che io consegnai a Doroteo, visto che ero tornata fra lui e la bionda, senza più coprirmi. In fondo poi, non avevo la benché minima tasca dove poter mettere il denaro che avevo vinto. Dopo che anche lui ebbe riscosso la sua vincita, Teodoro tornò da me con una bottiglia di Dom Perignon appena aperta e tre grandi calici adatti ad assaporare quel nettare meraviglioso, il tipo di champagne che io preferivo, e che forse, in uno dei nostri contatti epistolari in chat, l’avevo anche detto, al mio ora padrone, proclamatosi lui stesso. Nell’attesa che lui ritornasse dalla riscossione, a restare lì ferma, mi aveva preso un tantino di freddo, pertanto recuperai la maglia e tentai di abbassare la gonna; cosa che lui m’impedì in maniera energica. “ Devi restare nuda. Per te ho dei progetti molto interessanti. Ora, bevi dello champagne, che ti riscaldi, mentre io prendo accordi ”, mi impose, mentre si allontanava verso l’ufficio del gestore del club. Un momento dopo, la solita voce agli altoparlanti, ritornò a gracchiare. “ Cari amici soci, un nostro amico e socio, nonché marito della reginetta odierna del club, mette all’asta i tre antri della sua signora, al maggior offerente, partendo da una offerta minima di duecento euro in su. Il beato che se la aggiudicherà sarà però obbligato a prenderla di fronte a tutti, sul materasso gonfiabile che metteremo in mezzo alla pista. Ogni attività amorosa, verrà commentata dal marito della stessa, il quale indicherà alla moglie cosa fare durante l’atto sessuale. E’ aperta l’asta. Vi basterà dire ad alta voce il numero della vostra tessera e la cifra da voi offerta, per aggiudicarvi la bellissima figliola che ha stuzzicato già la fantasia erotica di tanti di voi ”, finì con le spiegazioni, la voce sconosciuta. La pretesa che Doroteo vantava sul mio corpo, per un breve momento mi disturbò, ma subito dopo eccitò la mia fantasia e l’intima voglia che mi faceva sentire schiava nell’animo. La prima offerta, partì con trecento euro, subito battuta dalla seconda, di cinquecento, la quale, al due del battitore venne esclusa dall’offerta maggiore di settecento. “ Io offro mille euro …! ”, rilanciò il lottatore, guardandosi intorno con boria, quasi prevedesse che nessuno potesse offrire più di lui. “ Duemila euro, dal numero di tessera xxxxxxxxxxxxxxxx ”, propose una voce che arrivava dal fondo della sala. Offerta che rimase tale al tre chiamato dal battitore. Quando il vincitore dell’asta si presentò a riscuotere l’acquisto della merce battuta, rimasi piuttosto male. Il tipo che aveva sborsato quella cifra soltanto per scopare una volta con me, era un nano di altezza media, non troppo piccolo e anche abbastanza simpatico. Non potevo fare altro che adattarmi e soggiacere fra le mani piccole ma robuste del mini uomo. Così mi sdraiai sul bel materasso gonfiato e attesi che il nano si spogliasse; cosa che lui fece subito mostrando fra le gambe un nerboruto pene, spaventosamente grosso e lungo, già duro da intimorire una vacca da monta. Credo che da molle, libero dai pantaloni, il suo membro, sarebbe sembrato una terza gamba. In preda a questi pensieri, avevo dimenticato che a dirigere l’attività sessuale sarebbe stato Doroteo, che infatti, intervenne e mi ordinò di prendere in bocca quel mostro e di succhiarlo fino a farlo quasi venire.“ Quando sta per godere ti fermi e attendi altri ordini, è chiaro? ”, mi disse, con fare prepotente, mentre l’ometto già mi aveva invaso la bocca col suo ciuccio di carne viva. Col senno di poi, devo ammettere che il suo membro aveva un buon gusto, non come certi che invece mi avevano lasciato in bocca un senso di rancido. “Fermati Tara, altrimenti vengo …!” mi supplicò il gustoso omino. Cosa che feci immediatamente, mordicchiandoglielo, non in modo doloroso, proprio per evitargli quell’evento. “ Adesso, voglio che lo prendi dietro …! Mettiti in ginocchio alla pecorina e allargati le natiche ”, pretese Doroteo, senza concedermi una sola replica. Ubbidii e lasciai il mio ano sventolare al vento, alla vista di tutti, mentre il piccolo uomo, con un grande uccello, si preparava con calma a macerarmi il tenero fiorellino che avevo adoperato, ma non in modo così invasivo, già da almeno un paio di anni. Per fortuna, prima di sfondarmi, il nanerottolo mi umettò lungamente il foro con tantissima saliva così da rendermi meno traumatico il primissimo inserimento della sua trivella, nel mio quasi vergineo fiore. Io, non avendo avuto ancora dei bambini, non posso sapere quali dolori devi soffrire per metterli al mondo, ma se fosse doloroso come ho avvertito io nel ricevere quel disumano essere dentro la mia pancia, lo giurò: non ne farò mai! Non ricordo se urlai per il dolore, ma dagli sguardi sadicamente avidi di coloro che avevano osservato la scena, intuii che alcuni di loro il sadismo ce l’avevano nel sangue, o addirittura dentro alle ossa. Fu meno tragico quando il mio bel maschione nano, ottemperando alle direttive di Doroteo, mi prese naturalmente, per via ordinaria dove, indiavolato come un toro da monta, mi cavalcò fino a spegnere la sua foga dentro di me riversandomi all’interno della vagina ettolitri di sperma rovente. Il mio ritorno a casa, fu ugualmente travagliato, visto che non riuscivo a stare seduta in modo normale all’interno del taxi, tanto mi doleva lì sotto, sia dietro che davanti. Seconda nota dolente: il denaro che pensavo di avere guadagnato con sudore delle mie parti basse, e che per il momento era rimasto nelle tasche di Doroteo.
N.B. Per Geronimo.
Io mischio la fantasia alla realtà per dare risalto alla fantasia e meno credibilità alla realtà … Comunque, la realtà prevale molto sulla mia fantasia. Tara.

di
scritto il
2017-04-15
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