La vedova

Scritto da , il 2016-11-23, genere incesti

Salve a tutti, sono vedova da un anno, (non faccio nomi e non dico la località per evitare problemi) ma non la storia che sto per scrivere è vera e la sto vivendo tutta ora.
Vivo in un paese della nostra bella Sicilia, ho cinquantaquattro anni, ho amato marito che è deceduto, come dicevo un anno, fa all’età di cinquantaquattro anni, morto durante il sonno, la mattina non si è più svegliata, ed io mi sono svegliata al suo fianco, lui mi adorava come una regina e io lo trattavo come un re.
Ho tre figlio due maschi e una femminuccia, entrambi sposati, i maschi si sono trasferiti in Germania per lavoro con le proprie famiglie mentre la femmina e andata ad abitare nel paese del marito nell’Agrigento ai confini con la provincia Trapani, a circa due ore di macchina dal nostro paese. Posso essere felice perché i miei figli vanno tutti d’amore e d’accordo con i rispettivi partner e non hanno mai avuto problemi di sorte.
Io ho una sorella di otto anni più piccola di me che vive qui in paese e un fratello di due anni più grande, che vive a Roma con le sua famiglia.
Alla morte di mio marito mia figlia, d’accordo con mio genero, mi ha voluta a casa sua, ci sono rimasta per circa due mesi ma poi sono ritornata a casa mia. Per mia scelta, loro volevano che io rimanessi ma casa mia è, sempre casa mia e posso muovermi in libertà senza vestirmi la notte per andare in bagno.
Scrivo la mia storia e la dedico a quelle vedove della mia età e oltre che dicono di non avere bisogno di un uomo e poi si comprano cucuzze, zucchine e wurstel giganti tutti i giorni, come alcune che io conosco.
Ritorniamo a noi, non mi ritengo una bella donna, carina si ma bella non credo, sono alta un metro e cinquantasei centimetri per 50 kg di peso, di corporatura esile, per farvi capire meglio indosso taglia 42 ma non sono pelle e ossa. Porto i capelli lunghi sulla schiena di un castano molto chiaro, quasi sul biondo. Mio marito non ha voluto mai che li tagliassi, diceva che sembravo una bambolina, io non li ho mai tagliati completamente ma tenuti sempre alla stessa lunghezza ed esattamente fino all’osso sacro. Mio marito scherzando a volte diceva che la sua bambolina aveva la coda di una bella giumenta.
Con la morte di mio marito, per qualsiasi lavoretto in casa mi devo rivolgere sempre ad altre persone ed è sempre mio cognato il convivente di mia sorella da circa 15 anni a darmi soccorso. Lui sa fare tutto e se una cosa non ci riesce, riflette, pensa e trova la soluzione.
Essendo vedova, mi sono mancate le coccole, le carezze, i battibecchi che si hanno naturalmente con il proprio uomo ma, soprattutto mi sono mancati i rapporti intimi che il mio defunto marito fino all’ultima non me l’ha fatto mai mancare. Da quanto c’eravamo sposati non ha saltato mai una sera, anche se avevamo a volte il broncio. Gli unici giorni che non mi toccava erano i giorni del ciclo fin quanto non è sopraggiunta la menopausa. Da allora erano trentuno su trentuno sere mensile.
Come dicevo rimanere vedova devi rinunciare a parecchie cose. Avendo il seno molto piccolo, mi tratteneva da cercare qualche uomo che mi piacesse. Una sera per sviare il pensiero dal sesso, mettendomi a letto presi la Sacra Bibbia che possiedo in casa la aprii a casaccio e cominciai a leggere. Dopo qualche pagina lessi nella Bibbia che Dio voleva che a sposare la vedova pe non lasciarla sola fosse il fratello scapolo del marito e se non vi fosse stato lo scapolo, la vedova aveva l’obbligo di scegliere tra i suoi cognati, sia dalla famiglia del marito sia dalla propria famiglia, quale gli piacesse di più, lei lo sceglieva e lui era obbligato solo a giacere con la vedova per dagli piacere senza trascurare la propria famiglia.
Con questa lettura cominciai nuovamente ad avere i bollori. Cosi decisi di parlarne con il convivente di mia sorella che bene o male oltre ad essere servizievole aveva la statura di mio marito.
Cosi l’indomani, dopo averci pensato bene tutta la mattinata, verso le 11:00 preso il telefono e chiamai il cellulare di mio cognato. Non nego che mentre ero in attesa che lui rispondesse me tremavo come una foglia al vento.
Ai tuoi ordini, rispose lui, senza dire pronto. Dove sei chiesi io; in piazza rispose lui, poi aggiunse, che succede stai piangendo? No, dissi io. Hai la voce tremante come se piangessi, replicò lui. Io diventai sicuramente rossa, avevo il viso che mi ribolliva e chiusi il telefono per la vergogna e mi andai a lavarmi il viso con l’acqua fredda.
Dopo cinque minuti suonarono al citofono, risposi per vedere chi era. Sono io, aprimi disse, era mio cognato. Aprii il portoncino e lo sentii salire le scale di corsa, infatti, arrivo sopra con il respiro affannoso.
Ancora era sull’uscio della porta che mi chiese: che c’è? Stai male? Chiamo il medico? Ti porto in ospedale? Sei un fuoco ardente in viso che ha si può sapere?
Devo parlarti entra gli dissi. Si accomodò in cucina, gli preparai il caffè e mi sedetti anch’io al tavolo della cucina.
Rimasi in silenzio mentre lui sorseggiava il caffè e si accese una sigaretta.
Essendo io del segno dello scorpione volevo sicurezza da lui, così lo feci giurare in qualsiasi modo che non ne avrebbe fatta parola con nessuno di quello che gli dovevo dire, nemmeno a mia sorella. Lui Giurò replicando: non capisco che segreto mi devi dire.
Dopo che ebbi il suo giuramento, gli dissi tutto, spiegandogli anche i passi della Bibbia rimasi sorpresa dalla sua risposta, infatti, disse:
Sono lusingato che hai pensato a me, ne sono onorato, non me lo aspettavo proprio. Giuro che mi sei sempre piaciuta dal primo giorno che ti ho incontrata e molte volte mi sono fatti film col pensiero su di te e ora mi vieni sul piatto d’argento.
Si alzo e venne vicino a me afferrandomi per le spalle mi fece alzare. Mi abbracciò e mi baciò appassionatamente sulle labbra infilandomi anche la lingua in bocca che giocò con la mia. Le sue mani accarezzavano il mio corpo in lungo e in largo. La mia intimità era un fiume in piena. Mi strinsi a lui con tutta la mia forza spingendo il mio minuscolo corpo contro il suo.
Poi infilo una mano sotto la maglietta cominciando ad accarezzare la mia pelle, quando arrivo al seno, lo prese nel suo palmo della mano e cominciò a palparlo con molta delicatezza ma con decisione.
La sua mano cominciò a scendere infilandosi prima nell’elastico del pigiama e poi in quello delle mutandine e sentii un suo dito appoggiarsi lungo la fessura della mia intimità che era già gonfia e aperta. Mi accarezzò facendolo scivolare avanti e indietro sulla fessura, il polpastrello mi accarezzava l’interno della fessura mentre i laterali del dito mi accarezzavano i bordi delle grandi labbra. Sei fradicia mi disse. Io diventai ancora più rossa dalla vergogna e abbassai la testa in avanti.
Lui mi guardò fisso negli occhio alzandomi la testa e incollo la sua bocca alla mia ed io in quel momento lo abbracciai più forte. La sua lingua entrò nella mia bocca cercando la mia lingua che cominciarono a contorcersi insieme mentre sentivo le sue mani sul mio corpo, una era ferma sui miei glutei e me li palpava, l’altra correva lungo il corpo. Contemporaneamente io gli slacciai la cinghia e gli apri i pantaloni tirando fuori il suo arnese già in tiro e duro come il marmo, cominciando ad andare su e giù con la mano.
Poi lui mi prese in braccio, per mio cognato, io sono una piuma, mi tenne con le mani sotto le natiche ed io gli avvolsi le gambe ai fianco e le braccia al collo, con piccoli movimenti che lui mi fece fare posizionò esattamente all’ingresso della mia intimità la punta del suo arnese, poi mi abbassò pian, piano e entrò senza problemi.
Appena fu dentro di me ebbi un orgasmo fortissimo e per non gridare dal piacere incollai a ventosa la mia bocca alla sua. Comincio a farmi salire e scendere aiutandosi con le braccia ed io godevo di continuo, come mai in vita mia, forse per la novità di un uomo diverso da mio marito o forse perché ne avevo bisogno, non lo so spiegare ma era un continuo godimento.
Dopo cinque minuti in quella posizione, forse era stanco, mi appoggiò sul bordo del tavolo della cucina. Io cominciai a sentirlo meglio dentro. Cominciò a colpirmi come un martello pneumatico contro, era sublime quel piacere che provavo e quella sfregatura lungo le pareti della mia intimità mi continuavano a dare orgasmi continui.
D’un tratto si fermò e uscì, convinta che anche lui stesse raggiungendo il godimento, invece si chinò su di me facendomi inclinare all’indietro, cominciò a baciami i seni e a succhiarmi i capezzoli che nel frattempo erano diventati turgidi ed eretti. Continuò a baciarmi tutta la pancia ed in particolare l’ombelico. Poi, dopo essersi messo in ginocchio, pose la testa tra le mie gambe e la sua lingua andò a giocare con la mia intimità mi penetrò. Afferrò con le sue labbra il mio bottoncino che cominciò a giocarci come stesse facendomi un pompino. Continuò cosi per una buona mezzoretta o forse più ed io continuavo ad avere orgasmi anche con la sua lingua.
Quando si alzò prese le mie gambe e se le appoggiò contro il petto, praticamente mi trovai a 90° di schiena sul tavolo. Con un colpo secco penetro la mia intimità facendomi emettere un grido che tentai di smorzarlo mordendomi le labbra. E senza fermarsi cominciò a stantuffarmi peggio di prima facendomi, mentre io ero un fiume in piena d’orgasmi in rapida successione. Dopo 10 minuti di quel martellare lo estrasse e mi innaffiò la pancia con litri e litri della sua crema bollente.
Fu lui stesso a prendere dei tovaglioli per pulirmi, contemporaneamente alla pulitura mi baciava la pancia.
Dopo che ci ricomposimo, restammo a parlare del più e del meno.
Poi lui disse: spero di essere stato all’altezza, se sei rimasta soddisfatta di me, quando ne hai nuovamente voglia basta che mi chiami. Ci baciammo e andò via.
Solo allora, dopo che andò via mi resi conto che io non ero stata all’altezza, nono mi mossi per niente e non avevo baciato la sua intimità come lui aveva fatto con me.
Da quel giorno lo chiamato molte volte, e mi fece provare piaceri che non avevo mai conosciuti.
Se non mi giudicherete troppo male lo racconterò la prossima volta.
Vi saluto tutti e grazie di aver perso cinque minuti a leggere la mia storia.
La vedova.

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