La virtù del venditore

Scritto da , il 2015-12-09, genere etero

Avevo lasciato la macchina dietro l'angolo, come facevo sempre. Aspettai che mi arrivasse l'sms e mi avviai verso la villetta. Non potevo entrare dal cancello principale ovviamente: feci il giro e passai per il giardino posto dietro. Ad un occhio attento, la mia presenza non sarebbe passata inosservata; non che la cosa a me preoccupasse più di quel tanto: forse era più chi mi aspettava dentro che aveva da perderci. E poi quando fai queste cose pensare troppo ed essere indecisi è peggio di qualsiasi cosa: mai titubare. Entrai e mi avviai verso la cucina, conoscendo ormai bene ormai la bella casa, posta poco fuori città. La padrona mi aspettava davanti ai fornelli dandomi le spalle, indossando uno dei suoi bellissimi accappatoi. Aveva appena mandato fuori di casa, al lavoro e a scuola, il marito e il figlio. Non finivo mai di trovarla attraente, sexy, bella. La conoscevo da qualche tempo e l'avevo vista vestita in ogni modo, da sera e sportiva. Alta e formosa, poteva permettersi di indossare praticamente ogni abito e in ogni modo. Era nel pieno della sua femminile maturità, e la natura era stata particolarmente magnanima nei suoi confronti. Mi piacque dal primo istante e poi parlandoci mi piacque ancora di più. Intelligente e raffinata, era pervasa da una malinconica dolcezza, che trovavo deliziosa. Aveva un volto fiero ma sofferente. Cercai subito di capire quale fosse l'origine del suo velato dolore. Scoprii che ce n'era più di uno. Al solito, c'era un marito idiota. Noto professionista, molto ricco, politicamente impegnato, la trascurava e non pago, la trattava pure male, facendola passare per non all'altezza del suo status, di essere annoiata e per questo impegnata in attività che lui riteneva delle perdite di tempo. Il figlio, il classico bravo ragazzo, studente universitario, avevo la sensazione non rispondesse al prototipo di uomo che lei aveva in mente, probabilmente trovandolo simile al padre, soprattutto fisicamente. Era un po' troppo piccolo, gracile; il padre compensava la cosa con una mente forte e determinata, astuta, mercantile. Il ragazzo invece era il prodotto di una vita diversa, non avendo dovuto combattere, come il padre, per farsi largo. Non aveva la grinta necessaria per compensare la sua scarsa prestanza. Lei, che era una donna alta e giunonica, ne soffriva per lui. Vedeva anche quanto il ragazzo soffrisse l'atteggiamento del padre. Io riuscii ad intercettare questi pensieri con buona approssimazione. Il fatto poi, che risultasse evidente che fossi per lei un esempio anche fisico di uomo e di maschio, certo non gioco a mio sfavore. Era evidente che le piacevo. La cosa a quel punto poteva diventare o una bella amicizia, condita con quella reciproca e sottintesa attrazione, quella che si crea tra un uomo e una donna, come spesso accade, per tacita intesa, per poi finire in niente, perché eravamo entrambi sposati. Oppure ne poteva nascere una relazione clandestina. Competeva a me quest'onere, ed è inutile dire cosa scelsi. Restava da stabilire come riuscire nell'impresa. La faccenda non era semplice: c'era da vincere la resistenza etica che ad un certo punto, ne ero certo, sarebbe arrivata e l'avrebbe resa titubante. Quindi, o me la giocavo sulla sua voglia di sesso repressa, oppure usare una tattica diversa. Sebbene la prima opzione non mi avesse mai deluso, stavolta scelsi la seconda. A tornare alla prima poi, ci sarebbe stato sempre tempo.
Una delle cose che mi hanno sempre appassionato, arrivando in alcuni casi a rasentare l'ossessione lo ammetto, è capire il potenziale erotico delle donne con le quali entro in contatto. Può succedere ovunque: sul lavoro o in vacanza, al supermercato o durante una fila in attesa in un autogrill. Gli spunti posso essere infiniti. Una delle cose più avvincenti è parlare di una donna con un'altra donna, spesso una sua amica (non ascolto
pettegolezzi, ben inteso, e non ascolto neanche altri uomini: dicono un sacco di stronzate, mentono, millantano, offendono e sostanzialmente non capiscono un cazzo, quindi non ne vale la pena). In questa circostanza si possono ottenere informazioni preziose sia sul soggetto in questione che dell'amica che ne sta parlando. Parlando si manifestano anche involontariamente sentimenti e opinioni, gusti e desideri, mascherati da giudizi, positivi o negativi su una certa questione o su una persona. La domanda o una serie di domande, dicono molto sullo stato d'animo, su cosa ci si attende, su cosa non si conosce (che equivale a dichiarare cosa invece si conosce), su chi le sta facendo. Un osservatore/ascoltatore attento e intelligente, saprà trarre molte indicazioni preziose da questo e, se lo vorrà, potrà trasformare colei con la quale sta dialogando, facendo considerazioni su un'altra donna, nel vero obbiettivo, nel reale bersaglio delle proprie intenzioni senza che questa se ne renda praticamente conto. In sostanza, si tratta di chiedere cosa farebbe lei al mio posto, come farebbe lei a "vendere" all'altra, cosa le serve, quale strategia usare. E e poi, quasi senza che lei se ne accorga, portarla a "firmare l'ordine", magari in qualche bel motel o a casa sua. E' una tattica un po' subdola, capisco. Sono convinto però, che in cuor suo lei sappia già dall'inizio, se alla fine finirà per comprare. Verificare la validità di questo sistema di manipolazione mentale è già di per sé molto piacevole, e se lo si fa senza
subdole intenzioni non determina grandi sconvolgimenti nella psiche di chi si usa: aiuta, forma il carattere e la consapevolezza di se stessi. Si può anche usare l'innato spirito materno e, se si vuole, pure quello "infermieristico". Il sistema funziona benissimo anche con gli uomini: sono soggetti decisamente più facili. Ovvio che, chi compra, parta sempre guardingo e diffidi istintivamente di chi vende. E' un gioco che prevede il fatto che ci sia un attaccante e un difensore. L'arte, sta nel trasformare e invertire i ruoli. Chiedere "aiuto" alla propria "cliente", è una tecnica di seduzione (e di vendita) molto efficace. Attenzione però: non si tratta di chiedere la carità: non confondiamo. Non funzionerebbe, se non, al limite, per una volta. Va inoltre considerato lo spirito competitivo di alcune donne, il classico: "Vai con quella, quando se vuoi puoi venire con me???". E' capitato anche che scaltri corteggiatori di giovani donne, chiedendo aiuto alla madre della ragazza desiderata, finiscano poi a letto anche, se non solo, con la loro bella madre.
Decisi di inventarmi una amica, con la quale c'era stato più di qualche gioco di guardi, come era stato così tra noi. Le confessai la mia titubanza e la mia voglia, descrivendola con grande dovizia di particolari. Fu in quel contesto che scoprii la forza della parola scritta, come un racconto tocchi corde più profonde, intime. Penso che questa forza derivi dalla somma di due fantasie, di due pensieri, così come un terreno accetta e fa germogliare un seme: uno senza l'altro è inutile. Intuii che dovevo ricreare nella sua mente un'immagine di donna speculare alla sua, ma sfuocata, come se lei stesse guardando attraverso il vetro di una finestra. Avrebbe osservato, a metà tra l'infastidito e il curioso. Poi, quando lo avesse deciso, avrebbe pulito la condensa che lo appannava, e ciò che le sarebbe apparso sarebbe stata solo l'immagine di
se stessa, nuda e pronta. Doveva diventare lei "l'amica", non fosse altro per salvarmi da quell'altra, divenire lei l'eroina, godendosi nel contempo i frutti del suo "sacrificio".
Ci misi un mese. Telefonate e sms, letture e racconti, passate esperienze, desideri repressi e mai confessati... In questo periodo la vidi pochissimo. Usai molto la sua fantasia, che è sempre il modo migliore di portare dove si vuole una persona. Alla fine la tensione erotica divenne tale per cui il non soddisfarla causa fin dolore fisico, oltre che psichico. Io non avevo problemi nel contenerla, dato che potevo farlo come e quando volevo, ma per lei doveva essere effettivamente tremendo. Durante una telefonata, in cui io le spiegavo del sesso che volevo da lei, di come me lo immaginavo, ad un
certo punto mi confessò, vinto l'imbarazzo, di essere venuta, toccandosi, durante la mia spiegazione. A quel punto reputai maturo il tempo di mandarle una bella foto in primo piano del mio uccello duro, con tanto di bel gocciolone di liquido seminale che usciva dalla punta della cappella. Poi un'altra, appena prima di entrare in doccia, sempre con il cazzo dritto o quasi. Fu troppo per lei: dopo una lunga pausa tra i nostri messaggi, nella quale pensai anche di aver esagerato, seguì il suo "Come facciamo a vederci domani? Io ho la mattina completamente libera". Finalmente.
Non c'erano alternative: o ci si vedeva in un motel o a casa sua. Optammo per quest'ultima con le dovute cautele. La trovai infilata in una leggerissima sottoveste di seta beige, calzata in comodi zatteroni di corda e tela. Mi aprì la porta e appena richiusa alle mie spalle iniziammo subito a fare sesso, baciandoci e toccandoci ovunque, famelici. Lei era nuda sotto e tremava come una foglia. Era terrorizzata, ma aveva troppa voglia repressa. La feci sedere su bel divano e mi posi davanti a lei facendole
capire che volevo mi slacciasse i canzoni. Quando mi caddero sulle caviglie si trovò di fronte ai miei slip neri, che contenevano il mio cazzo duro, tutto piegato alla mia sinistra che mi arrivava quasi al fianco. Lei prese l'elastico e lo tirò in basso, liberando di colpo l'uccello tesissimo. La guardai, e fu come guardare una devota di qualche santo, la cui fervente preghiera veniva esaudita. "Oddio, o Madonna..." non la
finiva più di rimirarselo, diventando fin strabica per guardarlo così da vicino. "Dai, prendilo in mano, menalo... fammi una sega". Lei parve scioccata dalle mie parole dirette e volgari. Tenendola per la nuca glielo appoggiai sulla bocca. Aveva iniziato a menarlo timidamente "Prendilo in bocca, apri... Brava, così, ecco, prendilo bene... Usa la lingua, fammela sentire... Così. Sei bravissima". Non era vero. Mi aveva già fatto sentire i denti un paio di volte ed era a dir poco impacciata, ma era davvero bella, e ci stava mettendo tutta se stessa. Le palpai le tette, con i capezzoli che subito puntarono verso l'alto, lunghissimi e duri. Vederla vibrare dal piacere, dalla paura e
dall'impaccio, mi piaceva moltissimo. Le accarezzai i capelli e la fermai, iniziando io a scoparle la bocca, sempre più a fondo, fino a scoprire fino a dove potevo arrivare. Quando strabuzzò gli occhi, iniziando a tossire e a lacrimare per l'apnea alla quale la stavo forzando, mi fermai. "Scusa, non sono abituata". Non dissi niente e la bacia di lingua, profondamente, prendendola per i capelli dietro la nuca, lei seduta e io in piedi davanti a lei. La feci stendere sul divano, le allargai le gambe e la scopai, passandole prima l'uccello tra le grandi labbra, facendole un ditalino col cazzo, trovandole il clitoride. Aveva una figa enorme, carnosa. La sgrillettai così per un po', fino a che non iniziò a muoversi con il bacino, cercando la penetrazione. Lasciai che diventasse idrofoba dalla voglia.
La accontentai di colpo, violentemente, infilzandola. Venne subito, urlando di piacere represso. Aprì oscenamente le gambe. Le presi una mano e gliela portai sul grilletto. Lei da subito non capì cosa fare e si trattenne, ma la forzai, e dopo un'iniziale titubanza, presa dal gusto e dalla libidine, iniziò a strusciarsi oscenamente le dita sul grilletto, mentre io me la scopavo più a fondo che potevo, prendendola per le tette, facendole uscire in fuori i capezzoli enormi. Fu presa da spasmi e ansimi: stava godendo in maniera oscena, di continuo, sconvolta dalla sua stessa lussuria. Non potei resistere e venni anch'io. Non sapendo se usasse metodi contraccettivi, venni
fuori e la spruzzai di sperma. Il primo fiotto le arrivò tra le tette, ma il secondo, gonfio di sperma com'ero, le finì in pieno viso, colpendola con forza, di sorpresa. Gli altri 2, 3, tra pancia e figa. Lei restò immobile come una statua. Non si aspettava tutto quel seme. Rimase lì ferma, con il mio schizzo di sborra che lentamente le colava da una guancia. Presi lo sperma cadente con una mano e glielo portai sulle labbra. Lei subito le chiuse ma, vista la mia insistenza, le schiuse e mi leccò le dita. "Abituati: ne berrai tanto". La vidi deglutire con un certo disgusto. Si sarebbe dovuta abituare. Nemmeno si accorse che avevo preso un po' di sborra che le avevo fiottato sulla pancia, per cominciare a umettarle il buco del culo. Scappò via da me spaventata.
- Cosa fai??? No! Non voglio - Non era il caso di insistere, almeno non adesso. Mi rivestii, diventando silenzioso, lasciandola adesso coi suoi pensieri, coi suoi dubbi.
Uscii dalla casa così come ero entrato e andai a lavorare. La sensazione di aver appena posseduto una nuova donna è sempre gratificante per un maschio. Poi, al solito, altre considerazioni arrivano nella mia mente: il marito, uno dei tanti, che per causa tua adesso non ha più il possesso di quella che pensava essere la "sua" donna. Tua moglie, che per l’ennesima volta hai tradito, quando invece ti eri ripromesso di smetterla.
Ma non c’è verso: si ha a che fare con una delle forze primordiali della natura, e alla fine se tu sei così, come me, non le resisti, e continui ad accampare scuse.
Il giorno passò tra suoi sms e qualche telefonata di troppo per il mio carattere. Era ovvio che per lei non c'era solo il sesso. Questo pricolo c’era sempre, e bisognava vedere se il rischio valeva la candela. Troppo presto ancora, comunque, per fare considerazioni di questo tipo, perché lei aveva ancora parecchio da darmi. Il giorno dopo la scena si ripeté uguale, ma le mie intenzioni prevedevano altro per quel giorno. Mi ero preso una pillola da 20 di un noto farmaco per l'erezione, in modo da darle tutto il cazzo che lei si sarebbe potuta prendere quella mattina. Mi ero tenuto libero per lei. Dopo il solito pompino preliminare me la portai a letto, nel "loro" letto. Era un po’ turbata da questa violazione della sua intimità, non solo sua. Mi appoggiai alla testiera e la feci venire sopra. Lei si infilzò con il cazzo più duro che avesse mai provato, senza immaginare che non era proprio tutto merito mio. Ne restò estasiata. Aveva gli occhi lucidi dal piacere e ansimava. Aumentò il ritmo. “Come lo sento bene… Dio com’è duro... è un palo” “Ti piace tesoro? Devi dimostrarmelo… Devi venire, subito” “Oddio… Oddio… Sto venendo, sto venendo!”. Le passai dietro con la mano e con le dita raccolsi il suo umore che colava dalla sua bella sorca grossa. Stava venendo ancora e ne approfittai, infilandole il dito medio nel culo. Urlò di sorpresa e di sgomento.
“Ma cosa fai???” La presi per le belle chiappe sode e continuai a farla muovere sul mio uccello.
“Continua a scopare, godi ancora”
“Ma cosa vuoi fare???”
“Voglio scoparti anche nel culo. Ti piacerà vedrai”
“No! Non l’ho mai fatto, neanche con mio marito, mai!”
“Appunto. Scopa, continua a montarmi, adesso”. Era sconvolta e spaventata, ma continuava a muoversi istintivamente. La spostai un poco indietro, le presi la mano e gliela portai sul grilletto: volevo che godesse anche fuori, che gli orgasmi le squassassero le viscere, le prendessero la testa. Mi accontentò presto.
“Lo senti dentro? Immagina che sia un altro cazzo… Un altro maschio che ti scopa da dietro, e tu schiava fai godere me e lui, e godi anche tu. Non hai mai pensato di farti scopare, violentare da due uomini, insieme…?” “Noo!!! Cosa dici??? Sto venendo ancora! Oddio”.
“Visto troia? Visto che ti piace? Sei una bellissima troia, lo sei sempre stata. Lo hai sempre saputo”. Sentii chiaramente il suo ano che si dilatava e ne approfittai per metterle dentro anche l’indice. Non se ne accorse neanche, tanto era infoiata e presa a pensare a cosa le avevo appena detto. Potevo immaginare il suo sconcerto, ma avrebbe fatto bene a accettare l’evidenza dei fatti. Non le lasciai il tempo di reagire: la stesi di schiena e le alzai le gambe portandogliele indietro, le puntai il cazzo di pietra nel suo culo già pronto e spinsi. Nonostante la preparazione sentii chiaramente il suo ano che si lacerava. Urlò per il dolore e per quello che, ritenni, reputava un sacrilegio del suo corpo. Provò a divincolarsi, ma senza particolare convinzione. Mi mise le mani sulle spalle, provandomi a spingermi via, senza guardarmi in faccia.
“Mi fa male da morire!”
“Lo so. Tra qualche istante ti passerà. Fidati”. Le presi i polsi con una mano e le portai le braccia sopra la testa, bloccandola. Era di una bellezza sconvolgente. Terrorizzata, insultata, stuprata nel culo, e stava godendo, si capiva chiaramente. Stavo immobile dentro di lei, tutto dentro di lei, aspettando che si abituasse a quella parte di me nel suo intestino. Scesi a baciarle il viso, il collo, le ascelle, leccandola. Poi passai alle sue meravigliose tette, e ai suoi capezzoli enormi, succhiandoli con forza e gusto. Urlò ancora più forte.
“Sei un porco…”. Era seria, non stava mentendo o giocando, pensava veramente ciò che diceva, e aveva ragione. Non me ne importava niente. Dovevo dimostrarle che sì, era vero, ero un maiale, ma che lei era una grandissima troia, che era quella la sua vera natura, e che io lo sapevo. Era caduta, anni fa, nelle mani di un uomo sciocco, arrogante e presuntuoso, purtroppo per lei di successo. Nelle sue mani incapaci lei non aveva potuto scoprire se stessa. Avrei posto rimedio io a quella che ritenevo una vera ingiustizia. Le estrassi il cazzo dal culo e glielo rimisi in figa.
La sorpresi. Il grido di piacere che le si strozzò in gola, probabilmente perché non voleva farmi capire il piacere che stava provando, mi convinse di avere ragione. Presi a scoparla dolcemente, scendendo a baciarla con passione. Lei rispose al mio bacio. La montai con paziente forza, entrandole dentro per tutta la mia lunghezza, colpo su colpo. Il piacere la riconquistò subito e capii che stava per venire di nuovo. “Guardami… Ho detto guardami”. Lei si mise in bocca un dito e mi guardò. Vidi degli occhi di un verde incredibile, languidi. E venne. Poi parlò.
“Mi hai fatto male…”
“Lo so. E’ così, e non ci posso fare niente. Volevo qualcosa di tuo, che fosse solo mio, e me lo sono preso. Adesso vorrei che tu me lo offrissi di tua volontà”. Le uscii dalla figa e aspettai la sua decisione. Lei rimase a guardarmi per un lunghissimo istante. Poi, si prese le gambe all'altezza delle ginocchia e le alzò. Voltò la testa di lato, distogliendo lo sguardo da me e mi offrì il suo culo, già aperto.
“No, girati" Lei sembrò sbalordita. “Girati e mettiti a pecorina”. La mise nella posizione perfetta per farsi sodomizzare.
“Adesso allargati bene. Prenditi il culo con una mano”. Mise giù la testa e si allargò lo spacco delle natiche con una mano. Scesi a leccarle l’ano, umettandolo come meglio potevo. Le puntai l’uccello nel buco e spinsi, di nuovo. Emise un urletto soffocato dal cuscino. “Che male…” Batte i pugni sul materasso.
“Lo so”. Fece sì con la testa: accettando la pena. Le scopai il culo a lungo. Mi reso felice se avesse provato piacere anche lei, ma non credo che, almeno per questa volta, sarebbe accaduto. Ma in fondo non mi importava. Era il mio gesto quello che volevo le rimasse impresso, come un marchio. Le davo un po' di tregua, uscendole e entrandole da culo e figa.
Ero esausto e non venivo: la pillola mi rendeva durissimo, ma quasi insensibile. La stavo devastando. Non godeva lei e nemmeno io. Smisi. Inoltre lei stava iniziando a sentire lo stimolo di defecare, me ne accorsi. La presi e andammo a lavarci in bagno. Io lavai lei e lei me. Ero infiammato e dolorante, e volevo venire, ne sentivo il bisogno. Tornammo a letto, mi sdraiai e le offri il cazzo da menare e leccare.
“Fammi una sega”. Prese a menarmelo velocemente, guardandomi l’uccello. Me lo segava davanti alla faccia. Sentii arrivare la goduta. Fu una cosa di una violenza assoluta. Urlai anch’io di dolore e di piacere. Lo spruzzo la investii in pieno volto facendola sussultare.
“Apri”. Finii di venire nella sua bocca. Ero stravolto, ma il cazzo non accennava ad ammosciarsi. Lei ne rimase meravigliosamente spaventata.
“Sta tranquilla, ti do e mi do tregua”.
Ci rivestimmo. Era arrivato il momento delle parole, davanti ad una tazza di caffè. Non si rese neanche conto che avevo smesso sì di scoparle culo, bocca e figa, e che avevo appena cominciato a fotterle il cervello.
"Non sono una troia”. Seduta con le gambe accavallate e vestita nel suo elegante accappatoio, con il buco del culo che ancora le pulsava, sfondato dal mio uccello, esordì con questa affermazione quanto meno opinabile, almeno per me.
“Secondo me lo sei. Ovvio, devi contestualizzare la mia affermazione”
“No, non lo sono e basta. Non puoi paragonarmi a una donnaccia, magari una di quelle che hai frequentato tu”. Era un attacco chiaro alla mia moralità e al mio modo di essere, ma voleva essere soprattutto una presa di distanza tra lei e quelle che sapeva essere, o riteneva essere, le “altre donne”. Qualsiasi cosa avessi detto per provare a spiegarle il mio punto di vista non avrebbe fatto altro che farla chiudere in se stessa ancora di più. Era logico fosse così, passata in pochi giorni da una relativa castità al sesso anale e alla fellatio più spinta. Certo, aveva fatto sesso con suo marito, ma era chiaro che lui non le aveva insegnato quasi nulla, non avevano esplorato insieme i confini dell’erotismo.
La definivo una troia, e mi divertendomi provocandola. Intendevo dire che potenzialmente lei era in possesso delle virtù di una donna eroticamente disposta a provare il sesso nelle sue forme più spinte.
“Dimmi cosa hai provato quando ti ho detto se ti immaginavi di fare sesso con due uomini insieme… Non ci hai mai pensato?”. Iniziò a scuotere la testa, abbassando lo sguardo. “No… Almeno, non mi ricordo. Forse da ragazza”. Continuai.
“Magari in sogno… E dimmi: di essere violentata? Sodomizzata? Mai immaginato?”
“Non mi ricordo… Può darsi: i sogni sono sogni”
“I sogni sono il nostro subconscio che emerge. Sono le pene, le passioni, i desideri nascosti, che tutti abbiamo, che immaginiamo”
“Sì, ma questo non vuol dire essere una troia“
"Potenzialmente ho detto”
“Insomma, non puoi paragonarmi a una sgualdrina!”. La lascia argomentare, senza interrompere. Avevo appreso che, per esperienza, durante un ragionamento, una discussione o un discorso abbastanza lungo, è molto probabile che chi parla tenda a contraddirsi da solo, e a darsi torto di conseguenza. Bastava alimentare un poco l’ego dell’interlocutore con qualche domanda retorica e, invariabilmente, lo si portava a trovare da sé plausibili cause di dubbio in ciò che lui stesso stava dicendo. Bastava ascoltare.
Non ci volle molto neanche con lei, e quando questo avvenne calai il mio asso.
“Hai un PC connesso ad internet?”
“Sì, in camera di mio figlio”
“Vieni con me”. La feci sedere alla console e entrare in un motore di ricerca.
“Vai su VIDEO… Adesso digita MILF”. Non servì neanche disattivare i filtri di sicurezza. Apparve una schermata con una dozzina di video porno, di varia lunghezza. Ne scelsi uno con una donna che le somigliava, come lei bella e formosa.
“Cosa mi stai facendo fare? Non capisco…”
“Hai mai visto un film porno?”
“Ma sei matto??? Oddio…”
“Aspetta…”. Il video partì con una presentazione in inglese dei protagonisti. Poi cominciarono a fare sesso. Era sconvolta, ma non smetteva di guardare lo schermo.
“E’ la prima volta davvero che vedi un porno?”
“Sì… Così esplicito, sì”. Restai in silenzio per un po’, poi saltai alle scene che mi interessavano. Lei era interessatissima. Osservava con la bocca aperta e gli occhi sgranati, credo soprattutto il giovane uomo particolarmente dotato. Il tipo aveva preso a incularsi la bella signora, alla grande, che guaiva di piacere. Il video si concluse con un pompino, così come era iniziato, con l’aggiunta di una sborrata in viso alla donna, che sembrò gustare parecchio la cosa. Fu tutto.
Lei era sì sconvolta, ma notai pure parecchio eccitata e mi sembrò quasi di sentirle battere il cuore.
“Adesso, sinceramente, mi dici che differenza c’è tra questa donna e te?” Indicai lo schermo dal quale una sorridente bagascia di mezza età ci guardava ammiccante con la faccia piena di sperma, e un grosso cazzo in mano.
“Ma io… insomma io non sono come lei. Non posso”
“Non offenderti, ma mezzora fa mi è sembrato proprio di sì. L’unica differenza tra voi è che probabilmente a lei l’hanno pagata”. Scosse varie volte la testa ma non rispose. “Cerca di capire cosa intendo, quando dico che anche tu sei una troia. Capisci bene che non c’è nulla di offensivo in questo, anzi
“Anzi cosa scusa?”
“Sei una bellissima e dolcissima donna”. Mi avvicinai a lei e ci baciammo appassionatamente. Le slacciai l’accappatoio per trovarle le belle tette. Eravamo di nuovo pronti per scopare, eccitati dal filmato e dal fatto di averle fatto capire e accettare qual era la sua natura. Ma io non avevo più tempo.
“Stai buona che devo andare”. Lei si riprese rabbrividendo, in imbarazzo.
“Voglio farti un regalo”
“Cosa?” Si illuminò tutta.
“Lo scoprirai presto, non essere curiosa”. Mi venne un’idea.
“Senti, cancella la cronologia: non vorrai che tuo figlio scopra che la madre guarda porno sul suo PC"
“Perché si può vedere?”. Sembrò preoccupata.
“Se non la cancelli sì. Il problema è che tu devi cancellare solo i tuoi siti, altrimenti lui capisce che hai guardato qualcosa”
“Oddio”. Andai sulla cronologia e diedi un’occhiata. Come prevedibile, il figlio era un frequentatore parecchio assiduo di siti porno di vario genere.
“Ascolta, c’è qualcosa… Insomma hai capito”
“No, cosa?”
“Qui di siti porno ce n'era già un bel po’".
“Oh Madonna… Davvero???”
“Eh, sì…”
“Hai capito… Fammene vedere uno, per favore”
“Ascolta, non mi pare giusto…”
“Ma dai, mica gli dico niente… Sono solo curiosa”. Ne scelsi apposta uno che faceva riferimento a qualcosa di parecchio osceno. Dopo il click apparve un grosso cane che giocava con una ragazza, nuda. Capii subito di cosa si trattava. Fui tentato di cancellare, ma mi fermai. Lei subito parve non capire, ma quando la ragazza si mise a pecorina e il cane le andò dietro montandole sopra, strabuzzò gli occhi e urlò di spavento. Bloccai la riproduzione.
“Oddio che schifo! E lui guarda queste cose???” Era sconvolta. Scappò verso il bagno e la sentii tossire tra un conato di vomito e l’altro. Avevo provveduto a cancellare la nostra cronologia.
“Scusami, mi spiace…”
“Tu non c’entri. Ma mio figlio… come può essere?”
“Non è così grave… Stai vedendo la cosa in maniera parziale, come prima. Sospendi il giudizio, ti suggerisco”
“Ma come si fa a non giudicare?”
“Per curiosità ne ho guardato anch'io qualcuno. Probabile che tuo figlio abbia fatto altrettanto. Cerca di non giudicare subito, aspetta. Ricordati di prima…”
“C’è una bella differenza!”. Era inutile adesso provare a convincerla. La sua mente si era chiusa, per un istinto di difesa. Parlarle ora era solo una perdita di tempo. Le gettai un’ulteriore esca.
“Non aprire ancora la sua cronologia, lascia perdere, se vuoi un consiglio…”. E me ne andai. La pensai, quando stasera si sarebbe ritrovata davanti quel figlio che, adesso sapeva, conosceva così poco. Ero certo che si sarebbe precipitata a riaprire la sua cronologia, iniziando a esplorare anche questo lato della sua sessualità, con la scusa di spiare il figlio. Sapevo che la voglia l’avrebbe devastata, e che con ogni probabilità avrebbe chiesto a suo marito di scoparla stanotte, giusto per cercare di spegnere l’incendio che adesso le divampava dentro. Pensai al marito perplesso, e mi augurai che riuscisse a saziarla almeno un po’. Ne dubitavo. L’indomani l’avrei scoperto. Il cazzo mi faceva male, ma di sicuro stanotte mia moglie si sarebbe alquanto divertita con me. Durante la giornata lei provò a chiamarmi ma io non risposi.
Mi scrisse: “Non ce l’ho fatta a resistere. Ho visto altri video. Non ci posso credere che si possa fare sesso anche così. Non so cosa pensare, sono scioccata”.
“Adesso lo sai. Quindi tesoro, cosa è cambiato tra ieri e oggi? Niente, se ci pensi bene. O meglio: tutto. Sei cambiata tu. Metti ordine nei tuoi pensieri. Se vuoi ne parliamo”.
“Sei l’unica persona al mondo con la quale lo farei. Domattina?”. Far desiderare il prodotto, renderlo essenziale per il cliente, è la vera virtù del venditore.

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