Il medico del lavoro

Scritto da , il 2015-08-14, genere etero

Mi chiamo Silvia, ho ventisette anni e sono fidanzata da cinque con Luca, un ragazzo che amo molto e che non vorrei mai mi tradisse come io non tradirei lui. Tuttavia il mese scorso ho vissuto un’esperienza strana, che non sono riuscita a raccontare nemmeno alla mia migliore amica. Mi chiamarono per un colloquio di lavoro; andai decisamente bene, infatti venni richiamata per un secondo colloquio direttamente nel reparto dove avrei dovuto lavorare e infine un terzo incontro in cui avrei dovuto firmare il contratto. Si accorsero però che non ero registrata al Centro Medico del Lavoro, così mi dissero che prima della firma avrei dovuto farlo. Da mesi ero senza lavoro, quindi non persi tempo e chiamai subito il Centro Medico per chiedere cosa avrei dovuto fare. Mi fissarono una visita per il venerdì successivo.
Non sapevo bene cosa aspettarmi, non mi sentivo agitata, anzi, ero più che altro scocciata per il ritardo nella firma del contratto. Però la signora al telefono aveva parlato di “visita”, quindi nel dubbio mi preparai per andare dal dottore: doccia, intimo nuovo coordinato, camicetta color panna, pantaloni blu comodi, ballerine con un po’ di tacco. Sistemai lo smalto “blue purple” su mani e piedi. L’idea di una visita a me sconosciuta aumentava la mia ansia man mano che si avvicinava l’ora dell’appuntamento. Forse Luca l’aveva già fatta, ma non gli dissi nulla perché non volevo che perdesse la mattinata per accompagnarmi. Alle 9 in punto entrai in una palazzina di nuova costruzione alla periferia di Milano. Una segretaria mi disse che le visite di registrazione si svolgono al terzo piano, così ritirai un numerino e salii in ascensore. Al terzo piano c’era una grande sala d’attesa con altre cinque o sei persone anche loro dotate di numerino. Un’infermiera andava e veniva gridando –NUMERO VENTUNO, STANZA DUE, DOTTORESSA PICCIARDO- poi ancora –NUMERO VENTIDUE, STANZA SEI, DOTTOR ANSELMI-. Se visita doveva essere, speravo fosse almeno di capitare con una dottoressa. Credo sia una cosa istintiva per noi ragazze. Quando chiamò il mio numero, ventisei, capitai in stanza tre, col dottor Mencini. Con il cuore che iniziava a battere forte, cercai la stanza ed entrai. Strinsi la mano del dottore, era un signore distinto sui 45 anni, alto, notai la fede al dito, i capelli chiari ricci corti, il camice bianco che mette comunque sempre agitazione. Aveva i denti davanti leggermente separati ma lo avrei definito comunque un bell’uomo. Mi fece sedere davanti alla scrivania e cercò di mettermi a mio agio chiedendomi del lavoro ed i miei dati anagrafici. Io mi guardavo intorno: lo studio era piuttosto freddo. Pavimento in parquet, un lettino spostato verso il muro, bilancia, strumenti vari disposti sui carrellini, un paio di schedari, un armadietto, una finestra con vetri satinati che dava verso il cortile interno. Giungevano voci dagli studi adiacenti ma non ne comprendevo il significato. Il dottore mi spiegò che questa visita era necessaria per entrare nel database. Dovetti compilare un foglio con la mia storia clinica, malattie infettive, eventuali gravidanze, eccetera. Quando terminai, il dottore prese il foglio e aggiunse –bene, adesso spogliati pure. Lascia tutto sulla sedia e togli anche orologio, anelli. Resta pure in mutandine.- Resta PURE in mutande? Cioè come se mi facesse un piacere!! Dissi va bene e iniziai a spogliarmi ma in realtà pensavo quanto fosse imbarazzante ciò che mi aveva chiesto! Tolsi le scarpe, la camicia. Avrei voluto chiedere perché? Che visita deve fare? Il reggiseno lo devo togliere sul serio?? Ma non volevo sembrare una bambina stupida, così restai in intimo. Poi tolsi gli anelli e l’orologio. Mi sentivo vulnerabile. Avevo un bracciale di plastica, tolsi anche quello. Infine presi un bel respiro e slacciai il reggiseno. –Ecco-, dissi, restando impalata in mutandine davanti al dottore che si stava alzando, dopo aver assistito allo strip. Mi sforzavo di pensare che il dottore ne vede decine così tutti i giorni, che l’unico aspetto che gli interessa è quello medico. In realtà l’unica cosa che vedevo era il mio corpo nudo davanti ad uno sconosciuto vestito. Per lavorare avrei fatto di tutto, inoltre non ho mai avuto paranoie nel mostrare il mio corpo. Ero anche dimagrita come volevo, quindi non feci drammi e seguii il dottore sulla bilancia. A parte un po’ di freddo, sentivo che mi stavo rilassando. Pensavo anzi con un po’ d’orgoglio che probabilmente oggi sarei stata la miglior visione per questo medico. Mi fece sedere sul lettino per misurare la pressione e per l’auscultazione. Mentre visitava, il dottore mi chiedeva se fossi fidanzata, che cosa faccio il sabato sera e altre cose. Mi ci volle qualche minuto per sciogliermi, ma poi risposi a tutto come per “stare al gioco”. Addirittura mi scappò anche un – lei è sposato dottore?- del tutto involontario. Sembrava che ci provassi, che vergogna! Il contatto con il freddo stetoscopio mi fece venire i brividi ed indurire i capezzoli. Non si può dire che fossi a mio agio, ma mi sentivo curata dal medico, piena di attenzioni. Quando mi provò i riflessi col martelletto scherzammo perché scattavo come una molla. Mi fece spingere coi piedi contro le sue mani, poi uguale ma con le mie mani contro le sue. Dio che sensazione! Aveva queste mani grandi! A volte mi sussurrava un “brava”, e mi dava un buffetto sul viso. Piuttosto in confusione pensavo - magari Luca fosse così dolce!-. Per non parlare delle cose che ti fanno i dottori: sempre da seduta, mi fece andare in avanti col busto mentre con una mano premeva sulla mia pancia. Non so perché ma provai un brivido di piacere, riprovai perfino a rifarmelo da sola a casa, ma non riuscii mai. Passò alla palpazione del seno. Mi fece mettere un braccio alla volta dietro la testa e palpava da sotto le ascelle alle areole. Movimenti circolari, intanto mi chiedeva da che ginecologo andassi ed altre domande sul ciclo. Rispondevo a tutto, volevo essere ”sua” completamente.
Mi fece sdraiare. Sempre sorridendomi e parlandomi iniziò a tastare la pancia. A volte mi procurava solletico o fastidio, ma mi lasciai tastare. Mi chiedeva quale fosse il mio colore preferito, la mia canzone preferita, oppure mi faceva respirare o trattenere. Recentemente ho pensato che quel dottore fa così con tutte, ma credetemi, in quel momento ti fa sentire al centro dell’universo! Alternava frasi del tipo –ti fa mai male il pancino?”- che mi facevano sentire una ragazzina nelle sua mani ad altre come – vediamo i peli pubici – tirando giù lo slip fino a scoprirli – consiglio di non raderli, se ci sono vuol dire che hanno una funzione! -. Annuii, anche se per poco non dissi “tutto quello che vuole lei, dottore”. La palpazione proseguiva alternata a piccole percussioni. Disponeva dei miei seni, spostandoli a seconda di dove volesse picchiettare o palpare. Mi appoggiava una mano sul petto e con l’altra premeva dolcemente sullo stomaco, sull’intestino e sulle ovaie. Poi mi prese per i piedi, allargando le gambe, alzandole, portandomi le ginocchia al petto e poggiandomi le piante dei piedi sul lettino. Le mutandine erano rimaste abbassate e con questi movimenti sentii l’aria fredda anche lì sotto. Il medico mi aiutò ad alzarmi dal lettino, mi allungò una mano a cui mi aggrappai. Non avrei mai tradito Luca, ma stavo provando delle sensazioni indescrivibili. Il dottore sapeva come e dove toccarti. Durante la palpazione ad esempio se chiedeva che lavoro fa il mio ragazzo, mentre stavo rispondendo lui batteva sul seno oppure infilava le dita sotto lo slip.
Adesso mi ritrovavo in piedi davanti a lui. Lo guardavo eccitata e con le mutandine tirate parzialmente giù. Mi fece piegare a novanta gradi per vedere la schiena. Quando fu dietro di me, tirò giù lo slip fino alle ginocchia. Poi passò il dito lungo la schiena fino ad arrivare nel sederino. Mi fece rimettere dritta e passò il dito anche davanti, dal collo alla zona pubica. A questo punto non doveva nemmeno chiederlo: bastò un cenno e sfilai del tutto le mutande. Non volevo tradire Luca, ma qui era diverso! Ero da un medico e poi ero solo io ad essere nuda! Al tempo stesso però ero in balia di me stessa, quando avrei mai riprovato queste sensazioni?? Non feci a tempo a togliere lo slip che sentii di nuovo le mani del dottore addosso. Mi guardava appoggiandomi le mani sui fianchi. Una volta avevo visto un video erotico di un tizio che faceva i provini alle ragazze facendole spogliare davanti a lui, mi sentii come le protagoniste di quel video. Mi guardava tutta, mi tastava in continuazione; penso che nemmeno in un anno Luca mi abbia guardata e toccata così tanto. Il medico si avvicinò al lettino e tenendomi per mano mi fece risalire, disse di posizionarmi sul fianco destro, in posizione fetale. –Hai rapporti anali? – chiese. Diamine, in pratica gli stavo dicendo tutto di me! Non so a quante domande avevo già risposto! Sapeva del mio ragazzo, del lavoro, di cosa mi piacesse, dove andassi il sabato, quante volte al giorno andavo in bagno, come si chiamano i miei genitori e mio fratello, a quanti anni ho dato il primo bacio. E adesso anche se ho rapporti anali!! Mentre mi mettevo sul fianco risposi: a volte. Il dottore voleva verificare lo stato dello sfintere, così mi disse di non aver paura e mi prese la mano sinistra. Con l’altra inserì rettalmente una specie di speculum. Lo sentii salire, freddo, e gli strinsi la mano. Mentre lo allargava continuavo a tenerla e chiusi gli occhi. Lo tolse e si mise i guanti in lattice. Stavolta inserì due dita. Non chiedetemi come, ma sapevo che erano due. Avevo paura di emettere gemiti, paura di perdere il controllo, volevo essere la migliore possibile per lui. Credo che mi premette anche sulla pancia, ma a quel punto stavo già gemendo. Quando tolse le dita, mi fece mettere a pancia in su, piedi ai bordi del lettino. Allargai le gambe quasi inconsciamente. Ero bagnata e aperta. Il dottore infilò in vagina due dita, poi tre. Le muoveva dentro, sentii risalire l’onda dell’eccitazione. Le tolse un attimo prima che potessi iniziare a gemere nuovamente. Sentivo di dipendere da lui, poteva gestire tutto di me, anche l’orgasmo. Mi fece altre domande nel mentre prendeva qualcosa dall’armadietto. Chiese l’età dell’uomo più grande con cui l’ho fatto (risposi 44, quando io ne avevo 19), chiese la frequenza con cui mi masturbassi (una volta a settimana più o meno) e la fantasia erotica del mio ragazzo (dissi toccarmi i piedi, anche perché Luca non è proprio fantasioso a letto). Poteva chiedermi i dettagli del mio conto in banca che avrei risposto a tutto. Volevo che tornasse subito qui da me! Senza quasi farci caso stavo toccandomi. Il dottore tornò con un tubo metallico lungo una ventina di centimetri, attaccato ad un filo. Non capivo che strumento medico fosse ma avevo intuito come lo avrebbe usato. Lo aiutai ad inserirlo. Il dottore lo fece partire tenendomi ferme le gambe, io sentii una sensazione di calore. Dopo qualche secondo iniziò a vibrare, sempre più forte. Gridai “aaahhh” poi mi ricordai che i muri sono sottili, ma non ce la facevo!! Aaaahhhh!! Ancora un urlo. Poi un altro. Il tubo non si fermava, io ero sicura di aver già raggiunto l’orgasmo. Strinsi forte i bordi del lettino, il dottore andò avanti ad osservarmi mentre mi contorcevo di piacere per altri minuti, abbassando ed alzando la vibrazione. Quando lo spense, tornò il silenzio. La carta sul lettino era bagnata fradicia tra sudore, umori e gocce di pipì. Non riuscivo ad alzarmi. Il dottore mi accarezzava il viso, dicendomi “brava” e appoggiando il pacco sulla mia mano. Sbottonai istintivamente i pantaloni del dottore. Toccai quella che mi sembrava un’erezione, poi mi risuonò in testa NON DEVI TRADIRE LUCA. Nella mia mente non avevo ancora varcato il limite, era stata “solo” una visita medica.
Il dottore non fece problemi e scappò in bagno, mentre io mi ripulivo con la carta da lettino. Mi rivestii lentamente ripensando a ciò che avevo appena vissuto, felice e spaventata al tempo stesso. “Non accadrà più” mi ripetevo. Quando il medico rientrò, il suo atteggiamento era cambiato: disse che ogni cosa accaduta quel giorno era strettamente medica, che le visite e gli strumenti utilizzati sono previsti dal protocollo, bla bla bla. Temeva una denuncia o che lo dicessi al mio ragazzo. Allungai la mano e con il mio miglior sorriso gli risposi – lo so dottore. Grazie di tutto dottore. – Ritirai il certificato e tornai a casa. Ammetto che ci volle qualche giorno perché mi si sistemassero gli ormoni. I sensi di colpa durano di più, ma ancora oggi mi sforzo di dire “non ho tradito Luca, ho solo fatto una visita medica davvero completa”.

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