Al forziere

Scritto da , il 2014-12-11, genere etero

Una piccola porticina, graziosa e finemente decorata in legno massiccio impreziosita da borchie in oro talmente brillanti, da risaltare anche in una notte buia come questa. Una piccola targa alla sinistra dell’angusto accesso riporta il nome del locale: ‘Al forziere’. Nessun altro nome avrebbe potuto essere più azzeccato. Sembra proprio di accedere all’interno di un luogo protetto, volutamente nascosto agli sguardi superficiali dei passanti. Nessuna luce aggressiva all’entrata, ma solo una piccola fiammella protetta all’interno di un vetro cilindrico perfettamente annerito. Due grosse piante in vaso, non fiorite, poste ai lati della porta stessa sembrano creare un passaggio naturale per giungere al piccolo campanello dorato collocato sotto la targa.

Mi accingo a sfiorare il piccolo bottone d’oro senza udire alcun suono provenire dall’interno. Mi guardo intorno incrociando lo sguardo rassicurante di Alessandra che, in piedi dietro di me sembra quasi scomparire nel buio assoluto della notte. Mi rivolge un caldo sorriso amichevole, inclinando impercettibilmente la testa verso destra ed inumidendosi con incredibile sensualità le sottili ma perfette labbra rosse. Mi consiglia di aspettare ancora qualche istante prima di tentare di nuovo con il campanello, presto ci apriranno. Sono impaziente, mentre Alessandra sembra eccessivamente calma. Ancora una volta le nostre diversità prorompono evidenziando quanto siamo apparentemente distanti. Dietro di me la si scorge appena: piccola, esile e minuta; un viso dolcissimo illuminato da grandi occhi azzurri ed incorniciato da capelli lisci sempre perfettamente ordinati. Veste sportiva, ma perfetta anche per questa nostra serata. A differenza di me sembra sempre a proprio agio in ogni occasione, celando magnificamente tensione, attesa, desiderio o qualsiasi altro sentimento. Se non la conoscessi come una sorella potrei quasi temere che non provi alcun interesse per la serata che siamo, finalmente, riuscite a ritagliare per noi, per noi due sole. Invece la sua eccessiva calma è, almeno per me, chiaro sinonimo di uno stato d’ansia e di eccitazione perfettamente mascherato. Ancora davanti a quella porta chiusa sembro molto più alta di quanto effettivamente non sia. L’abbigliamento scelto per la serata prevede una gonna attillatissima nera lunga fino a coprire parte degli stivali a tacco alto ed una punta tale da non poter passare inosservata; un piccolo golfino in tinta copre, a malapena, la maglietta bianca in cotone elasticizzato che fascia i seni disegnandone perfettamente i morbidi contorni e le curve sinuose. Allo scopo di coprire appena una scollatura talmente audace da risultare perfino imbarazzante ho scelto un foulard di seta di Gucci, dai colori vivaci, ma perfettamente combinati. Non uso trucco e nemmeno rossetto; i capelli sono appena acconciati in modo da sembrare naturalmente disordinati; alle orecchie ho applicato due delicati bottoncini in oro bianco allo scopo da illuminare i miei occhi verdi ed il sorriso contagioso che sfodero sempre al momento giusto. Nonostante abbia scelto accuratamente ogni particolare del mio abbigliamento sembro vestita senza particolare ricercatezza, ma piuttosto naturale e tremendamente intrigante.

Comincio a mostrare segni d’impazienza per dover aspettare interminabili minuti prima che la porta del famoso ristorante si apra davanti a noi. Mi giro verso Alessandra nella speranza di trovare conforto, proprio nel momento in cui dall’interno sentiamo i rumori di un catenaccio che scorre lungo un binario non oliato stridendo ed annunciando l’imminente apertura del forziere. Quasi mi devo chinare per accedere all’interno, seguita da Alessandra: siamo accolti da un oste in perfetta divisa da cuoco che con un sorriso bonario ci guida verso l’interno. D’incanto passiamo dal buio della strada ad un locale elegantemente arredato ed illuminato da un efficace gioco di luci: gli ospiti sembrano essere al buio, quasi al riparo dai nuovi arrivati che, al contrario, si trovano protagonisti di un improvvisato palcoscenico alla mercé degli sguardi dei presenti, nel breve tragitto fino al proprio tavolo. Una passerella interessante che imbarazza Alessandra esattamente tanto quanto, invece, eccita e stimola me. Passeggio con apparente tranquillità attraverso i tavoli occupati, quasi fiera ed orgogliosa di sentire gli sguardi scivolare lungo la mia persona, dagli occhi alle labbra rosee e carnose fino ai seni gonfi e scarsamente nascosti dietro il foulard. E ancora avverto gli stessi sguardi seguirmi poggiandosi delicatamente sui glutei tondi e fasciati dalla gonna volutamente attillata. Mi sento scaldare dal coro di occhiate interessate, critiche, invidiose, curiose di cui sono oggetto, a differenza di Alessandra che sembra passarne attraverso quasi indifferente, nonostante il suo evidente imbarazzo. Anche in questo siamo lontane: io amo stare sotto i riflettori, lei sempre nell’ombra. Io la trascino fuori dal guscio, lei rallenta la mia corsa verso la luce. Io la spingo verso il calore della vita, lei impedisce che mi bruci ogni volta che mi avvicino al fuoco.

Siamo amiche per questo, anche per questo.



Ci accomodiamo al tavolo, desiderose di cominciare a raccontarci, a rivelarci, a scoprire altri aspetti, altri lati della nostra personalità. Abbiamo finalmente organizzato questa serata, solo nostra, per parlare, promettendoci che lo avremmo fatto solo degli uomini futuri e mai, nemmeno per un istante, di quelli che non ci sono più. E’ una serata solo di gioia: dolori, delusioni, sofferenza e tristezza non hanno accesso al forziere. Abbiamo scelto questo locale proprio per questo: libere di farci accompagnare solo dai sentimenti che meritiamo e lasciando fuori anche la sola idea, il solo ricordo di coloro che non ci amano più o non ci hanno mai capite.

Alessandra sceglie il vino, mentre io ordino qualche antipasto ed un delicato risotto ai porcini, specialità del locale. Prima di immergermi nella chiacchierata rivolgo un’occhiata ai tavoli attraverso i quali siamo passate per giungere al nostro. Ho desiderio di vedere se la passerella é stata apprezzata e se qualcuno merita attenzione. Sovrappongo le mani creando una base naturale sul quale poggio il mento volgendo lo sguardo ai presenti. La mia attenzione viene immediatamente catturata da un tavolo al quale siedono tre uomini di bell’aspetto e ben vestiti. Due di questi sono immersi in una fitta conversazione: non riesco a capire se si tratti di una cena di lavoro oppure di un incontro tra amici di vecchia data. Il terzo dei tre, invece, sembra distante con la mente. I nostri sguardi si incrociano: avverto lo stesso calore che ho sento solo pochi istanti prima quando attraversavo il locale. Mi rendo conto di essergli passata vicino e che il suo sguardo mi ha seguito dal mio ingresso fino ad ora, senza avermi abbandonata nemmeno per un attimo: ancora adesso non accenna minimamente a dirigersi altrove. Apparentemente indifferente alle sue attenzioni continuo la mia ispezione verso tutti i presenti, imponendomi di non tornare al quel tavolo, ma inutilmente. Sento che mi guarda e non posso fare a meno di ricambiare il suo interesse. Qualche spruzzata di grigio movimenta i capelli appena mossi: la pelle del viso sembra abbronzata. Perfettamente sbarbato, mi rivolge un sorriso candido ed affatto innocente, spiazzandomi del tutto. Non mi aspettavo un approccio così immediato! Sono con un’amica, lui con altri due, eppure sembra non interessarlo affatto il contorno. Continua a sorridermi e a fissarmi, quasi divertito del mio imbarazzo crescente. Sono confusa: non so se ricambiare il sorriso o mostrare indifferenza.

Mi toglie dall’imbarazzo il cameriere che finalmente è arrivato a servirci vino ed antipasti.

Con difficoltà torno a concentrarmi su Alessandra, ascoltando con interesse il suo bisogno di raccontarmi dei suoi desideri verso un collega appena arrivato in ufficio, mentre la mia mente desidera disperatamente potersi rivolgere altrove, il mio sguardo vorrebbe correre verso quel tavolo, i miei sensi si agitano alla ricerca di quello sguardo ancora caldo e penetrante che sento puntarmi addosso senza fine. Il tempo passa, trascorre velocemente: ogni volta che riesco a voltare la testa alla mia destra incontro i suoi occhi scuri e dolcissimi. Sento che mi cerca, mi guarda, mi aspetta. Guardo impaziente l’orologio timorosa che la serata possa volgere al termine senza averlo guardato ancora una volta. Cerco di capire a quale pietanza sono arrivati, controllo lo stato della conversazione dei suoi due amici, ma se appena volto la testa il suo sguardo mi attende e mi coglie, mi scalda, mi fulmina in un lampo. Avverto un senso di calore crescente, un’agitazione incontrollabile ed un’irrequietezza che non posso mascherare. Inconsciamente sciolgo il nodo del foulard rivelando la scollatura generosa sulla quale sento posarsi i suoi occhi; come se mi chiamasse mi giro verso di lui godendo del suo sorriso e del brindisi che mi dedica sollevando appena il flûte di champagne ghiacciato.

Sento in lontananza la voce di Alessandra che continua a parlare del suo nuovo amore: riesco a percepire solo spezzoni di frase, di domande alle quali si risponde sola, mentre il mio pensiero è volto a quell’uomo che spudoratamente mi osserva da più di un’ora, in attesa, probabilmente, di un qualsiasi segnale da parte mia. Mi sento in trappola. La serata con la mia migliore amica si sta trasformando in un disastro: sono assente, altrove, presa da una forza, da un desiderio crescente al quale non posso resistere.

Lo squillo del cellulare mi salva, improvvisamente. Alessandra si scusa, allontanandosi per rispondere al fidanzato. Rimasta sola avverto subito un senso di liberazione: sono finalmente padrona di voltarmi verso di lui, di guardarlo come lui ha fatto con me, di gustarmi la sua eleganza ed il suo desiderio espresso senza parole. Ci osserviamo, ci sorridiamo. Vedo i suoi occhi addolcirsi, le pupille dilatarsi; comincio a rilassarmi, poggiandomi allo schienale della sedia e permettendomi di accavallare le gambe, socchiudendo persino gli occhi per scrutarlo ancora più a fondo. Mi inumidisco le labbra, lasciando che la punta della mia lingua si affacci delicatamente offrendola alla sua vista. Sorride ancora di più, ripetendo ogni mio gesto.

Ci guardiamo per minuti che sembrano interminabili, incuranti della gente che ci circonda: dei suoi amici, di Alessandra che conversa al telefono vicino alla porta di ingresso, degli altri ospiti, di chiunque.

La situazione è diventata ormai pesante da sostenere. Non voglio che la serata, che questo senso di inquietudine svaniscano così senza un finale, senza potergli attribuire un significato certo. Decido di alzarmi, avviandomi verso la toilette. Gli passo accanto, sfiorandolo appena con il foulard di seta che ho visto ammirare con interesse. Solo qualche passo e mi giro indietro verso il suo tavolo, appena in tempo per vederlo alzarsi, chinarsi verso gli amici scusandosi probabilmente per qualche istante di assenza, per seguire poi la strada da me appena percorsa.

Spingo la porta dell’antibagno, trovandomi finalmente sola, in attesa che la stessa porta si apra nuovamente per vederlo entrare.

E così é.

Si avvicina a me, ancora sorridendo, senza parlare. Arretro confusa ed eccitata, quasi intimorita. Avverto il muro dietro di me che mi impedisce di indietreggiare ancora. I miei occhi nei suoi, sento il suo respiro profumato, la fragranza del dopobarba penetra dolcemente nella mia mente. Afferra i lembi del foulard che mi cinge il collo, attirandomi a lui. I suoi occhi diventano sempre più profondi, sempre più grandi, sempre più vicini, fino a scomparire del tutto. Chiudo dolcemente i miei lasciando che la mente memorizzi l’ultima cosa che ho visto, il suo viso, prima di avvertire l’incredibile dolcezza delle sue labbra sulle mie, il calore della sua bocca, il dolcissimo sapore della sua lingua che cerca la mia. Mi cinge con le braccia, stringendomi a lui, incollando il suo corpo al mio, senza che tra noi si sia ancora avvertito il bisogno di parlare, di comunicare diversamente da quanto abbiamo fatto fino ad ora: con lo sguardo, con i sensi, con un turbinio di emozioni che ci hanno avvolti con dolcissima e tenera violenza.

Lascio che le sue mani scivolino lungo il mio corpo, cercando i miei seni duri ed eccitati al pensiero delle sue mani calde su di me. Lascio che stuzzichi il mio desiderio correndo lungo il collo nudo, scendendo verso l’incavo dei seni, cercando disperatamente i morbidi e teneri capezzoli, succhiandone l’essenza, il sapore, il profumo mentre li sente inturgidirsi sotto il tocco delicato della sua bocca. Impazzisco di desiderio mentre lo vedo cercare il piacere sul mio corpo, mentre preme con la sua eccitazione su di me, mentre attende di ricevere ciò che amo senza limiti. Abbandono la sua bocca alla ricerca di un piacere più intenso. In un attimo mi ritrovo in ginocchio davanti a lui, sfiorando e strusciando il mio viso contro il membro duro e turgido di desiderio. Vorrei giocare, vorrei prolungare la sua dolce sofferenza di desiderare la mia bocca calda, la mia lingua morbida che accarezza la sua passione, mentre io stessa non resisto alla voglia di farlo mio. Poso le labbra sulla cappella liscia e tesa, assaporando con la sola punta della lingua tutto il desiderio che è cresciuto, senza limite. Corro lungo tutto il desiderio ormai mio, succhio ogni stilla di passione, godendo dei gemiti che sento mentre le sue mani spingono la testa su di lui, mentre la corsa del piacere aumenta costantemente il ritmo. Lo sento vibrare sempre di più. Poso le mani sulle gambe, attirandolo a me. I muscoli in tensione, sono irrigiditi dal piacere ormai prossimo alla sua esplosione. La lingua gioca, corre, scivola, lecca, risale e scende sempre più velocemente, spingendo il suo piacere fino in fondo, in gola, nel calore più profondo fino a lasciarsi meravigliosamente andare in un’esplosione di dolcissimo oblio.

Siamo ancora soli. Sollevo lo sguardo incrociando il suo. Le mani ancora sulla mia testa scivolano verso il mio viso, accarezzandolo con infinita dolcezza. Si china su di me e mi bacia. Bacia le labbra, una ad una; beve il nuovo sapore, il gusto della nostra passione esplosa così d’improvviso.

Sfila il foulard dal mio collo. Lo annusa, lo ripiega e mi chiede di tenerlo con sé. Te lo restituirò la prossima volta, è una promessa.

Sono certa che sarà così.

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