Da secchiona a troia

di
genere
etero

Tentennavo. Mentre la macchina si riempiva del suo profumo, i suoi occhi mi guardavano languidi e brillavano dietro l'occhiale, e io tentennavo. Il suo collo bianco era rimasto scoperto dai capelli e mi faceva pensare ai vampiri, ma tentennavo in preda all'ansia di quel che un qualsiasi passo poteva significare per me... Per lei.
Il mio tentennamento, palpabile, non era contornato da silenzi imbarazzanti ma da parole, tante parole a cui lei rispondeva con altre parole e di certo questo non aiutava. Ma non era fraintendibile, quel momento, perché di sicuro lei sapeva e di sicuro io sapevo che non era per parlare che avremmo voluto utilizzare la bocca. Mi decisi a cambiare la mia situazione con un gesto tanto efficace quanto poco cinematografico e le chiesi se potevo baciarla. Alla sua risposta affermativa la baciai e soprattutto lei mi baciò quasi in risposta a tutti i miei dubbi e a tutte le mie confusioni. Dimenticai i dubbi e mi immersi nel contatto fisico che preferisco, mordendo quelle labbra che tanto mi facevano impazzire quando di giorno studiavamo sui libri di procedura civile, e subito dopo la mia lingua scivolava nella sua. Con gli occhi chiusi, la mente in panne e il cuore in preda alle normali tachicardie passai a baciarle il collo, sotto l'orecchio, annusando la sua essenza dai capelli mossi. Le sue mani si muovevano più velocemente e coraggiosamente delle mie, tanto che la mia camicia era già aperta quando decisi di accendere il motore e spostarmi con l'auto in un luogo leggermente più appartato e buio.
In quell'angolo buio, quella bella e dolce secchiona che conoscevo si era ormai completamente trasformata in una porca indemoniata. Mi slacciò la cintura, mi sbottonò i pantaloni e infilò la mano nelle mutande senza in un primo momento acchiappare il cazzo ormai grosso e duro tanto da pulsare a ritmo cardiaco. Si diresse verso le palle, prima accarezzandole con le dita che sfioravano tutto quello che potevano fino al perineo, poi quasi strizzandole. Al limite della sofferenza, in quel confine in cui piacere e dolore si confondono dentro all'eccitazione, io continuavo a baciarla e cercavo goffamente di toccarla senza però riuscirci a pieno a causa di una posizione piuttosto stretta nell'abitacolo della mia macchina. Tornai indietro al massimo con il sedile, facendo scendere lo schienale fino a sembrare un letto, per cercare di riprendere il controllo della situazione ma la mia fu una pura illusione. Mi salì sopra, sollevandosi la gonna tanto da farmi vedere le chiare mutande, e cominciò a strusciarsi nel mio cazzo duro che ormai esplodeva imprigionato nelle mie. Tuttavia non sembrava intenzionata a togliere quegli ostacoli che c'erano tra il mio cazzo e la sua figa, sensibilmente bagnata e gonfia di voglia. Si sfilò da sopra di me, tornando con le mani e la faccia vicino al mio pacco, “vediamo cos'hai qui” disse con una voce diversa da quella che conoscevo. Infilò la mano, prese il cazzo e lo tirò fuori dalla sua galera: sorrise sorpresa dalla sua grossezza, ma non si perse d'animo. Con una mano continuava a giocare con i miei coglioni, con l'altra teneva il cazzo senza riuscire a stringerlo completamente ma scappellandolo comunque con la maestria di una troia che non avrei creduto avesse. La mia mano intanto si era diretta in mezzo alle sue gambe, dove un lago aveva completamente impregnato le sue deliziose mutandine, alla ricerca del clitoride che non faticai a trovare. Glielo toccai in modo sfuggente, ripetuto, morboso mentre lei mi rispondeva con mugolii sinceri di piacere, impegnata a masturbarmi l'uccello sempre più grosso e sempre più voglioso di infilarsi in quella figa pelosa che finora avevano visto solo le mie dita.
Cominciai a spogliarla, levandole la maglietta prima e il reggiseno poi: le sue tette non erano grandi ma erano sode e alte... Mi piacevano parecchio e cominciai a succhiare il capezzolo destro fino a farle sentire i denti che lo mordevano delicatamente, mentre la sua mano non si staccava dal suo nuovo amico. “Credo che non ne potrò più fare a meno, sai?” mi disse con una voce sempre più arrapata e sempre più arrapante, poi mi baciò sulla bocca infilandomi la lingua fin quasi in gola, sentendo il mio cazzo reagire nella sua mano.
A quel punto rivolse la sua faccia nel mio pene e cominciò a leccarlo sui lati mentre le tiravo i capelli su un lato. Lo leccava con gusto, e mentre lo faceva mi guardava in faccia come da manuale del porno, indugiando sulla cappella. Ero in estasi, in suo totale dominio e per il momento incapace di invertire i ruoli. Ora me lo succhiava, ora me lo leccava e mentre lo leccava arrivava fino alle palle che cominciavano a farmi male per quanto erano piene. Il mio cazzo si appoggiava alla sua faccia, sbattendole in fronte mentre con la bocca me ne leccava la base. La sua figa mi bagnava la mano mentre mi apprestavo a masturbarla penetrandola con un dito e stimolando il suo gingillo con l'altro. L'odore della sua fregna inebriava l'abitacolo, non resistetti più. La bloccai, mentre era ancora intenta a giocare con la bocca sul mio bastone, e la sbattei sul sedile mantenendola a culo all'aria. Le tolsi sia le mutande fradice sia la gonna, lasciandola completamente nuda sotto di me, di spalle. Il suo culo era grosso, ma tondo e atletico, e più volte guardandolo attraverso i vestiti mi ero immaginato di chiavarmela da dietro: decisi di soddisfare il mio desiderio. “Ora ti apro in due, come è giusto fare con una troia come te” le dissi, ma le proteste per quegli insulti di scena le rimasero strozzate in gola quando il mio cazzo cominciò ad entrare piano piano nella sua strettissima figa. D'un tratto quella pantera che fino a qualche minuto sembrava aver preso il sopravvento ora miagolava spaventata dicendomi di fare piano. Ebbi pietà, giocai con la sua figa facendo entrare più volte solo la cappella in quella figa che, di colpo, risultava essersi quasi asciugata dallo spavento. Piano piano però “la troia” cominciò ad aprirsi e bagnarsi più di prima, sotto i colpi misurati ma decisi del mio cazzo, e ad ogni colpo urlava sempre un po' di più fino a venire dopo appena qualche minuto. Il mio cazzo aveva ancora fame ma lei si sfilò sfinita senza averne preso neanche metà della sua lunghezza. Mi respinse momentaneamente nel sedile del passeggero affianco, si girò ritrovando il suo auto-controllo, guardava il mio cazzo che non accennava a riposarsi. “Finiscimi” le dissi divertito, ma lei non ne aveva intenzione: mi accarezzò le palle e il perineo con delicatezza, mentre il mio cazzone si muoveva in strane convulsioni di fronte a quella piacevole tortura, e nel mentre si toccava la figa per farsi tornare la voglia di cazzo. Non ci volle molto per trovarmela di nuovo pronta, stavolta sopra di me, a prendere di nuovo quel cazzo che prima le aveva fatto perdere il controllo di sé e anche una certa dose di paura. Prese il mio cazzo e se lo infilò dentro la figa che già sembrava un'altra figa, più profonda, più larga, più esperta. Urlò come un'indemoniata mentre pian piano si sedeva sopra il mio uccello, sentendolo scorrere dentro come uno stantuffo. Ci rimbalzò sopra fino a raggiungere nuovamente l'orgasmo, stupendosi tuttavia di come io non fossi ancora venuto. Niente di strano per me, ma alle donne fa sempre un certo effetto.
Mi baciò, ci abbracciammo per un po', pensai che se avessi mai iniziato a fumare questo sarebbe stato il momento giusto per una sigaretta. Il mio cazzo cominciò a rilassarsi, e dopo esserci rivestiti l'accompagnai di fronte al portone di casa sua.
di
scritto il
2014-11-23
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