Cinque palle in buca
di
Ladiabla
genere
confessioni
CINQUE PALLE IN BUCA
Diversi lettori mi chiedono perchè uso nomi diversi per scrivere i miei racconti.
In realtà io sono l'unica che usa il suo vero nome: Annamaria, che trovate scritto sempre in tutti i miei racconti: perchè io non mi vergogno di me stessa e non ho bisogno di nascondermi, a differenza di altri.
Poi i nomignoli che utilizzo hanno tutti una loro storia particolare, che magari racconterò.
Come spesso accade, gli incontri interessanti avvengono per caso.
Vi confesso che a me piace il biliardo, e sono anche bravina: l'importante, come in tutte le cose, è non darlo a vedere.
Sapete, a volte si verificano situazioni apparentemente insignificanti ma che possono rivelarsi interessanti: l'importante è riuscire a essere pronti a cogliere l'attimo.
E io ci sono abituata, soprattutto per via della mia professione, che mi impone sempre di essere attenta a tutte le opportunità.
In effetti il mio settore vive un periodo di crisi latente, le fluttuazioni del mercato immobiliare sono continue e pericolose, il futuro incerto: ogni occasione va sfruttata al meglio.
Fatto è che una mattina, mentre a Riomaggiore risalivo la scalinata che conduceva verso il mio hotel, incontrai questo tizio.
Lui scendeva e mi guardava, ipnotizzato.
Io non passo inosservata, lo so.
Sono alta, un fisico asciutto ma formoso.
Tette sode che sfidano la forza di gravità, capelli lunghi e ondulati, neri come la mia anima e i miei occhi.
Indosso sempre abiti che lasciano intravedere molto, provocanti ma eleganti.
Salivo con passo sicuro, i miei capelli ondeggiavano al vento che si incanalava piacevole nei vicoli del paesino.
Il mio è uno di quegli sguardi che non si dimenticano facilmente: duro e sferzante, occhi che ricordano quelli della dea Atena, scintillanti e profondi, come ebbe a dirmi un ammiratore appassionato di mitologia.
Le mie labbra sono delicate e tendenzialmente tese al sorriso, mentre i miei denti bianchi e perfetti risplendono alla luce del sole.
Il tizio mi fermò con una di quelle scuse ridicole che solo i ricchi scemi sono in grado di partorire e cercò di rimorchiarmi.
Ah, non è la prima volta che mi incontra?...non mi ero accorta, davvero...
Ah, lei è un costruttore, interessante...
Ha costruito lei la sua villa...davvero notevole...
Si, casualmente lavoro nel campo immobiliare...
Va bene...domani...intorno alle 10:00
La villa del tizio era in una zona esclusiva, a picco sul mare e con un panorama mozzafiato.
In effetti quella villa mi aveva sempre incuriosita: una dimora lussuosa, esclusiva, arroccata nella parte alta del borgo e inavvicinabile, e l'idea di visitarla mi attirava non poco.
E così il giorno seguente giunsi, con il dovuto ritardo, alle porte della villa col mio abito rosso: sapete, è quello che preferisco, perchè mi fascia in modo elegante e seducente, riuscendo nel contempo a coprirmi e a esaltare le mie tette e il mio culo.
Ed è un vantaggio non da poco.
Arrivai a piedi: mi ero fatta accompagnare fino a un certo punto da mio marito che doveva andare a Genova per un congresso universitario.
Ma no caro, non ti preoccupare...si, è solo un incontro di lavoro, sai un importante costruttore...se riuscissi a prendere l'incarico...
Rassicuravo mio marito, che manifestava segni di evidente gelosia.
Cosa avrei dovuto dirgli?
Occorre sempre dire ai mariti ciò che vogliono sentirsi dire.
"Si, ci vediamo domani", gli dissi scendendo dalla macchina.
"Ma non ti sembra di essere vestita in modo un pò provocante per un incontro di lavoro?", mi chiese mentre mi guardava il culo.
"Non rompere", gli dissi richiudendo la portiera della macchina e avviandomi verso la villa.
Il tizio mi attendeva impaziente davanti al grande cancello, e quando mi vide il suo sguardo si illuminò.
"Temevo ci avesse ripensato!"
Io? E perché mai? I casi interessanti li so valutare a distanza.
Mi fece strada, e dal grande e panoramico viale alberato entrammo all'interno di un ampio soggiorno, luminoso ed elegante, da cui si godeva di una straordinaria vista sul golfo.
Quel poveruomo ci provava, si avvicinava, mi faceva davvero sorridere.
A un certo punto, osservando il mio interesse per il biliardo, che campeggiava maestoso in un angolo riccamente arredato, si offrì di insegnarmi a giocare.
Finsi una grande gioia, naturalmente, e una ancor più grande ignoranza.
Ci avvicinammo al biliardo.
"Si, un pò so giocare, diciamo che so tenere a malapena in mano la stecca...", dissi in tono volutamente provocante.
Poverino, si metteva dietro di me per strusciarsi e farmi sentire il suo attrezzo gonfio.
"Guarda, se riesci a mettere tre palle in buca ti regalo questo braccialetto", mi disse mostrandomi un monile non male.
Mi si accese una lampadina.
Ci provai, ma naturalmente non ci riuscii: potevo mica accontentarmi di quel misero braccialetto?
Riprovammo.
Ero concentrata sulla palla da mandare in buca quando udii la voce di due ragazzi che salutavano.
"Mio figlio e il suo amico: sfaccendati", disse l'uomo in tono stizzito.
Sfaccendati si, ma cazzo che bei ragazzi, pensai guardandoli con attenzione.
I loro sguardi si attizzarono appena mi videro.
Bene, adesso avevo tre maestri che volevano insegnarmi a giocare, e io stetti volentieri al gioco.
Stemmo un'oretta a provare, a tirare, finchè io cominciai a mandare in buca qualche palla non sapendo nemmeno io come...
Il figlio, che era il più intraprendente, cominciò ad essere audace: "Facciamo uno strip...ti va? Se tu perdi ti spogli, se riesci a mettere in buca almeno 3 palle ci sono 100 euro per te"
Accettai, fingendo titubanza ed esitazione.
Naturalmente, dopo un pò che provavo, non riuscii a metterne nemmeno una in buca, e così fui costretta a sfilarmi l'abito rosso, restando in reggiseno e slip.
Accettai di fare un'altra scommessa, rilanciando: "500 se ne mando 3 in buca di seguito, e tolgo questo se perdo", dissi toccando il mio reggiseno di pizzo.
Naturalmente persi.
Mi girai verso il tizio e gli feci sganciare il reggiseno.
Lo tolsi lentamente e lo poggiai su un divano, mentre con una mano cercavo di coprire i miei seni altezzosi.
"Ho perso - dissi alzando le mani - non ho più nulla da togliere"
"Ci sarebbero quelli", mi disse il figlio indicando i miei slip.
"Mi sembra un pò troppo audace - dissi fingendo titubanza - Non esageriamo..."
"Mille se ne metti 5 di seguito, altrimenti..."
Ci pensai un attimo: "Va bene", dissi impugnando l'asta.
Ne misi 4.
Non so, forse ero emozionata, o forse mi stavo facendo due conti, stà di fatto che la quinta palla non entrò...
Con lo sguardo cercai di fingere disperazione.
Li guardai, abbassai lo sguardo e lentamente tolsi anche gli slip che, senza far rumore, caddero per terra mettendo in evidenza la mia fica ricoperta in modo elegante da una peluria soffusa e delicata che conquistò gli sguardi dei tre.
Con una mano cercai di coprirmi la fica, con l'altra le tette, mentre i tre, in piedi, di fronte a me, mi guardavano eccitati.
"Non ho più nulla da togliere - dissi con un filo di voce - Non posso più giocarmi nulla"
"Potresti fare qualcosa invece che toglierti qualcosa", mi disse insinuante il figlio.
"Ovvero?", chiesi incerta?
"Un pompino se perdi, raddoppiamo se vinci..."
"Un pompino? Un solo pompino se perdo?", chiesi esitante.
"A testa. - Mi rispose il figlio deciso - Un pompino a testa in cambio di 2000"
Ci pensai a lungo, mentre i tre senza staccare gli occhi da me si scambiavano sorrisetti.
Accettai, e naturalmente persi di nuovo.
In un baleno li ebbi tutti e tre attorno, con i loro cazzi in mano.
Nuda, mi inginocchiai e, uno alla volta, li presi in bocca e feci loro un breve pompino.
Dopo qualche minuto mi rialzai.
"Beh, non finisci l'opera?", mi chiese il figlio con il cazzo duro e voglioso in mano.
"Si è parlato di pompino, non di...", e feci un gesto eloquente con la mano
"Non ho più nulla da offrire, mi dispiace", dissi sconsolata mentre prendevo i miei slip per rimetterli.
"Aspetta, aspetta - mi disse il figlio bloccandomi il braccio - E se rilanciassi?"
"Cioè?', chiesi di rimando
"Tremila per te se vinci. Se perdi una scopata di gruppo"
"E' tosta... - dissi fingendo una grossa preoccupazione - Una scopata completa con tre...almeno 5000..."
"Va bene", mi disse sicuro il figlio
E riprendemmo a giocare.
Ero ancora nuda, con la stecca in mano.
Non so come, non so proprio come (o forse si...) ma riuscii a mettere quelle 5 palle di fila nelle buche, lasciando i tre di sasso.
A quel punto ripresi in mano i miei slip con l'intenzione di rimetterli, ma venni bloccata subito dal figlio con un braccio: "I cinquemila che ti dobbiamo più altri 5000 se vinci la partita, se perdi fai quello che diciamo noi...", mi disse tutto eccitato.
Ci pensai un attimo, finsi esitazione, e alla fine accettai.
Nuda, ripresi in mano la stecca, passai il gesso con calma e iniziai.
Ne avevo già messe 4.
"La 5 in buca d'angolo", dissi noncurante, e la pallina, colpita con decisione, andò in buca d'angolo.
Un'aria funebre calò pesante sulla stanza.
"Allora, sarebbero 10.000...", dissi con sguardo innocente.
Il tizio si allontanò e quando tornò aveva in mano una piccola borsa di pelle con dentro un gran numero di biglietti di vario colore.
Ma, sapete com'è, penso che quando si vinca occorra saper vincere e concedere qualcosa agli sconfitti, e io mi concessi, anche perchè mi ero eccitata e sentivo la mia fica inumidirsi...
Così, dopo aver preso la borsetta e aver sbirciato al suo interno, mi allungai sul divano, aprii le gambe, presi ad accarezzarmi la fica già umida e con l'indice li feci venire da me.
Nella stanza tornò il sereno e l'eccitazione divenne palpabile.
Leccai con voluttà i loro uccelli già duri a dovere, mentre loro, uno alla volta, andavano a rendere omaggio alla mia fica leccandola con ardore e spingendo la lingua in profondità per catturarne gli umori.
Quando sentii la mia fica ardere di passione mi misi a quattro zampe sul grande divano e presi ad ancheggiare e a muovere il culo invitante.
Il figlio si infilò sotto di me e cominciò a spingere la sua verga nella mia fica, mentre il padre si pose davanti a me e mi mise in bocca il suo membro.
Intanto l'amico da dietro prese ad allargarmi il culo e a leccarlo con avidità, e poi, con alcuni colpi secchi cominciò a entrare dandomi dolore e piacere.
"Però vi voglio tutti insieme, sulla faccia, in bocca e sulle tette...dissi ansimando".
Spingevano con entusiasmo, riempiendomi in ogni buco, e io venni, contorcendomi dal piacere.
Trascorsero un paio di minuti: loro continuavano a spingere emettendo gemiti di piacere e poi uscirono.
Allora mi adagiai sull'ampio divano pronta a ricevere la scarica di sperma che arrivò di lì a qualche secondo.
Tre piccoli rivoli di liquido caldo e viscoso che si depositarono sul mio viso e sulle mie tette, mentre con la bocca aperta cercavo di ingoiare quanta più sborra potevo.
A uno a uno ripulii con la bocca le tre verghe ingoiando lo sperma che ancora fluiva lentamente.
Leccai a ungo i tre cazzi fino a quando divennero flosci: a quel punto presi a pulire le mie tette con le dita e le leccai avidamente.
Mi guardavano estasiati.
Mi feci accompagnare in bagno.
"Fà come se fosse casa tua, - mi disse il tizio mentre mi apriva la porta del bagno - Stai per tutto il tempo che vuoi"
Lo presi alla lettera.
Stetti a lungo in bagno a godermi le carezze della vasca idromassaggio.
Quando riuscii mi rivestii, mentre i tre mi guardavano persi.
Li salutai e feci per andare via.
Il padre mi corse dietro: "Hai dimenticato questa - mi disse porgendomi la borsetta - te lo sei meritato tutto... Forse un giorno potremmo..."
"Forse un giorno..." gli dissi sorridendo, mentre mi avviavo verso il lungo viale alberato, con i tre che mi scortavano e i miei lunghi capelli neri che ondeggiavano ribelli al vento che sapeva di sale.
Quando arrivammo all'alto cancello in ferro battuto il figlio si offrì di accompagnarmi sulla sua Ferrari.
Naturalmente accettai...
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Diversi lettori mi chiedono perchè uso nomi diversi per scrivere i miei racconti.
In realtà io sono l'unica che usa il suo vero nome: Annamaria, che trovate scritto sempre in tutti i miei racconti: perchè io non mi vergogno di me stessa e non ho bisogno di nascondermi, a differenza di altri.
Poi i nomignoli che utilizzo hanno tutti una loro storia particolare, che magari racconterò.
Come spesso accade, gli incontri interessanti avvengono per caso.
Vi confesso che a me piace il biliardo, e sono anche bravina: l'importante, come in tutte le cose, è non darlo a vedere.
Sapete, a volte si verificano situazioni apparentemente insignificanti ma che possono rivelarsi interessanti: l'importante è riuscire a essere pronti a cogliere l'attimo.
E io ci sono abituata, soprattutto per via della mia professione, che mi impone sempre di essere attenta a tutte le opportunità.
In effetti il mio settore vive un periodo di crisi latente, le fluttuazioni del mercato immobiliare sono continue e pericolose, il futuro incerto: ogni occasione va sfruttata al meglio.
Fatto è che una mattina, mentre a Riomaggiore risalivo la scalinata che conduceva verso il mio hotel, incontrai questo tizio.
Lui scendeva e mi guardava, ipnotizzato.
Io non passo inosservata, lo so.
Sono alta, un fisico asciutto ma formoso.
Tette sode che sfidano la forza di gravità, capelli lunghi e ondulati, neri come la mia anima e i miei occhi.
Indosso sempre abiti che lasciano intravedere molto, provocanti ma eleganti.
Salivo con passo sicuro, i miei capelli ondeggiavano al vento che si incanalava piacevole nei vicoli del paesino.
Il mio è uno di quegli sguardi che non si dimenticano facilmente: duro e sferzante, occhi che ricordano quelli della dea Atena, scintillanti e profondi, come ebbe a dirmi un ammiratore appassionato di mitologia.
Le mie labbra sono delicate e tendenzialmente tese al sorriso, mentre i miei denti bianchi e perfetti risplendono alla luce del sole.
Il tizio mi fermò con una di quelle scuse ridicole che solo i ricchi scemi sono in grado di partorire e cercò di rimorchiarmi.
Ah, non è la prima volta che mi incontra?...non mi ero accorta, davvero...
Ah, lei è un costruttore, interessante...
Ha costruito lei la sua villa...davvero notevole...
Si, casualmente lavoro nel campo immobiliare...
Va bene...domani...intorno alle 10:00
La villa del tizio era in una zona esclusiva, a picco sul mare e con un panorama mozzafiato.
In effetti quella villa mi aveva sempre incuriosita: una dimora lussuosa, esclusiva, arroccata nella parte alta del borgo e inavvicinabile, e l'idea di visitarla mi attirava non poco.
E così il giorno seguente giunsi, con il dovuto ritardo, alle porte della villa col mio abito rosso: sapete, è quello che preferisco, perchè mi fascia in modo elegante e seducente, riuscendo nel contempo a coprirmi e a esaltare le mie tette e il mio culo.
Ed è un vantaggio non da poco.
Arrivai a piedi: mi ero fatta accompagnare fino a un certo punto da mio marito che doveva andare a Genova per un congresso universitario.
Ma no caro, non ti preoccupare...si, è solo un incontro di lavoro, sai un importante costruttore...se riuscissi a prendere l'incarico...
Rassicuravo mio marito, che manifestava segni di evidente gelosia.
Cosa avrei dovuto dirgli?
Occorre sempre dire ai mariti ciò che vogliono sentirsi dire.
"Si, ci vediamo domani", gli dissi scendendo dalla macchina.
"Ma non ti sembra di essere vestita in modo un pò provocante per un incontro di lavoro?", mi chiese mentre mi guardava il culo.
"Non rompere", gli dissi richiudendo la portiera della macchina e avviandomi verso la villa.
Il tizio mi attendeva impaziente davanti al grande cancello, e quando mi vide il suo sguardo si illuminò.
"Temevo ci avesse ripensato!"
Io? E perché mai? I casi interessanti li so valutare a distanza.
Mi fece strada, e dal grande e panoramico viale alberato entrammo all'interno di un ampio soggiorno, luminoso ed elegante, da cui si godeva di una straordinaria vista sul golfo.
Quel poveruomo ci provava, si avvicinava, mi faceva davvero sorridere.
A un certo punto, osservando il mio interesse per il biliardo, che campeggiava maestoso in un angolo riccamente arredato, si offrì di insegnarmi a giocare.
Finsi una grande gioia, naturalmente, e una ancor più grande ignoranza.
Ci avvicinammo al biliardo.
"Si, un pò so giocare, diciamo che so tenere a malapena in mano la stecca...", dissi in tono volutamente provocante.
Poverino, si metteva dietro di me per strusciarsi e farmi sentire il suo attrezzo gonfio.
"Guarda, se riesci a mettere tre palle in buca ti regalo questo braccialetto", mi disse mostrandomi un monile non male.
Mi si accese una lampadina.
Ci provai, ma naturalmente non ci riuscii: potevo mica accontentarmi di quel misero braccialetto?
Riprovammo.
Ero concentrata sulla palla da mandare in buca quando udii la voce di due ragazzi che salutavano.
"Mio figlio e il suo amico: sfaccendati", disse l'uomo in tono stizzito.
Sfaccendati si, ma cazzo che bei ragazzi, pensai guardandoli con attenzione.
I loro sguardi si attizzarono appena mi videro.
Bene, adesso avevo tre maestri che volevano insegnarmi a giocare, e io stetti volentieri al gioco.
Stemmo un'oretta a provare, a tirare, finchè io cominciai a mandare in buca qualche palla non sapendo nemmeno io come...
Il figlio, che era il più intraprendente, cominciò ad essere audace: "Facciamo uno strip...ti va? Se tu perdi ti spogli, se riesci a mettere in buca almeno 3 palle ci sono 100 euro per te"
Accettai, fingendo titubanza ed esitazione.
Naturalmente, dopo un pò che provavo, non riuscii a metterne nemmeno una in buca, e così fui costretta a sfilarmi l'abito rosso, restando in reggiseno e slip.
Accettai di fare un'altra scommessa, rilanciando: "500 se ne mando 3 in buca di seguito, e tolgo questo se perdo", dissi toccando il mio reggiseno di pizzo.
Naturalmente persi.
Mi girai verso il tizio e gli feci sganciare il reggiseno.
Lo tolsi lentamente e lo poggiai su un divano, mentre con una mano cercavo di coprire i miei seni altezzosi.
"Ho perso - dissi alzando le mani - non ho più nulla da togliere"
"Ci sarebbero quelli", mi disse il figlio indicando i miei slip.
"Mi sembra un pò troppo audace - dissi fingendo titubanza - Non esageriamo..."
"Mille se ne metti 5 di seguito, altrimenti..."
Ci pensai un attimo: "Va bene", dissi impugnando l'asta.
Ne misi 4.
Non so, forse ero emozionata, o forse mi stavo facendo due conti, stà di fatto che la quinta palla non entrò...
Con lo sguardo cercai di fingere disperazione.
Li guardai, abbassai lo sguardo e lentamente tolsi anche gli slip che, senza far rumore, caddero per terra mettendo in evidenza la mia fica ricoperta in modo elegante da una peluria soffusa e delicata che conquistò gli sguardi dei tre.
Con una mano cercai di coprirmi la fica, con l'altra le tette, mentre i tre, in piedi, di fronte a me, mi guardavano eccitati.
"Non ho più nulla da togliere - dissi con un filo di voce - Non posso più giocarmi nulla"
"Potresti fare qualcosa invece che toglierti qualcosa", mi disse insinuante il figlio.
"Ovvero?", chiesi incerta?
"Un pompino se perdi, raddoppiamo se vinci..."
"Un pompino? Un solo pompino se perdo?", chiesi esitante.
"A testa. - Mi rispose il figlio deciso - Un pompino a testa in cambio di 2000"
Ci pensai a lungo, mentre i tre senza staccare gli occhi da me si scambiavano sorrisetti.
Accettai, e naturalmente persi di nuovo.
In un baleno li ebbi tutti e tre attorno, con i loro cazzi in mano.
Nuda, mi inginocchiai e, uno alla volta, li presi in bocca e feci loro un breve pompino.
Dopo qualche minuto mi rialzai.
"Beh, non finisci l'opera?", mi chiese il figlio con il cazzo duro e voglioso in mano.
"Si è parlato di pompino, non di...", e feci un gesto eloquente con la mano
"Non ho più nulla da offrire, mi dispiace", dissi sconsolata mentre prendevo i miei slip per rimetterli.
"Aspetta, aspetta - mi disse il figlio bloccandomi il braccio - E se rilanciassi?"
"Cioè?', chiesi di rimando
"Tremila per te se vinci. Se perdi una scopata di gruppo"
"E' tosta... - dissi fingendo una grossa preoccupazione - Una scopata completa con tre...almeno 5000..."
"Va bene", mi disse sicuro il figlio
E riprendemmo a giocare.
Ero ancora nuda, con la stecca in mano.
Non so come, non so proprio come (o forse si...) ma riuscii a mettere quelle 5 palle di fila nelle buche, lasciando i tre di sasso.
A quel punto ripresi in mano i miei slip con l'intenzione di rimetterli, ma venni bloccata subito dal figlio con un braccio: "I cinquemila che ti dobbiamo più altri 5000 se vinci la partita, se perdi fai quello che diciamo noi...", mi disse tutto eccitato.
Ci pensai un attimo, finsi esitazione, e alla fine accettai.
Nuda, ripresi in mano la stecca, passai il gesso con calma e iniziai.
Ne avevo già messe 4.
"La 5 in buca d'angolo", dissi noncurante, e la pallina, colpita con decisione, andò in buca d'angolo.
Un'aria funebre calò pesante sulla stanza.
"Allora, sarebbero 10.000...", dissi con sguardo innocente.
Il tizio si allontanò e quando tornò aveva in mano una piccola borsa di pelle con dentro un gran numero di biglietti di vario colore.
Ma, sapete com'è, penso che quando si vinca occorra saper vincere e concedere qualcosa agli sconfitti, e io mi concessi, anche perchè mi ero eccitata e sentivo la mia fica inumidirsi...
Così, dopo aver preso la borsetta e aver sbirciato al suo interno, mi allungai sul divano, aprii le gambe, presi ad accarezzarmi la fica già umida e con l'indice li feci venire da me.
Nella stanza tornò il sereno e l'eccitazione divenne palpabile.
Leccai con voluttà i loro uccelli già duri a dovere, mentre loro, uno alla volta, andavano a rendere omaggio alla mia fica leccandola con ardore e spingendo la lingua in profondità per catturarne gli umori.
Quando sentii la mia fica ardere di passione mi misi a quattro zampe sul grande divano e presi ad ancheggiare e a muovere il culo invitante.
Il figlio si infilò sotto di me e cominciò a spingere la sua verga nella mia fica, mentre il padre si pose davanti a me e mi mise in bocca il suo membro.
Intanto l'amico da dietro prese ad allargarmi il culo e a leccarlo con avidità, e poi, con alcuni colpi secchi cominciò a entrare dandomi dolore e piacere.
"Però vi voglio tutti insieme, sulla faccia, in bocca e sulle tette...dissi ansimando".
Spingevano con entusiasmo, riempiendomi in ogni buco, e io venni, contorcendomi dal piacere.
Trascorsero un paio di minuti: loro continuavano a spingere emettendo gemiti di piacere e poi uscirono.
Allora mi adagiai sull'ampio divano pronta a ricevere la scarica di sperma che arrivò di lì a qualche secondo.
Tre piccoli rivoli di liquido caldo e viscoso che si depositarono sul mio viso e sulle mie tette, mentre con la bocca aperta cercavo di ingoiare quanta più sborra potevo.
A uno a uno ripulii con la bocca le tre verghe ingoiando lo sperma che ancora fluiva lentamente.
Leccai a ungo i tre cazzi fino a quando divennero flosci: a quel punto presi a pulire le mie tette con le dita e le leccai avidamente.
Mi guardavano estasiati.
Mi feci accompagnare in bagno.
"Fà come se fosse casa tua, - mi disse il tizio mentre mi apriva la porta del bagno - Stai per tutto il tempo che vuoi"
Lo presi alla lettera.
Stetti a lungo in bagno a godermi le carezze della vasca idromassaggio.
Quando riuscii mi rivestii, mentre i tre mi guardavano persi.
Li salutai e feci per andare via.
Il padre mi corse dietro: "Hai dimenticato questa - mi disse porgendomi la borsetta - te lo sei meritato tutto... Forse un giorno potremmo..."
"Forse un giorno..." gli dissi sorridendo, mentre mi avviavo verso il lungo viale alberato, con i tre che mi scortavano e i miei lunghi capelli neri che ondeggiavano ribelli al vento che sapeva di sale.
Quando arrivammo all'alto cancello in ferro battuto il figlio si offrì di accompagnarmi sulla sua Ferrari.
Naturalmente accettai...
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