Desiderio incompiuto di due zingare

di
genere
feticismo

Voglio raccontarvi di un'esperienza con la categoria che più di tutte suscita in me eccitazione, anche se non sono mai riuscito ad avere esperienze sessuali in questo senso, ovvero le zingare; non zingare e basta però, bensì quelle sporche, quelle che fanno sentire il loro violento ma sublime olezzo a due metri di distanza, quelle coi piedi luridi e coi capelli di quel meravOglioso lucidio dato da settimane di assenza del sapone. Ogni qualvolta mi capiti di vedere una zingara non posso evitare di fissarla, di contemplare quell'esistenza libertina, desiderando anche io poi di fare quella stessa vita, di vivere in un campo in mezzo all'immondizia, di frugare nei cassonetti, di avere nove figli in una roulotte e di non lavarmi io stesso per mesi, di avere lurida pure la punta del cazzo. Chiaramente purtroppo non ne incontro tutti i giorni, ma due esperienze mi sono rimaste particolarmente impresse, la prima in cui, aspettando il bus, una zingara di quelle che girano nel mio paesino, la più bella di tutte a mio avviso, incinta, con dei piedini sempre, purtroppo, vestiti, ma sempre evidentemente sporchi, con un fisico da paura, e con due tette che si vedevano dal vestitino, piccole ma non troppo, e emanante un odore fortissimo e soave per le mie narici, è rimasta seduta accanto a me, con una birra nelle mani annerite, per una decina di minuti buoni, nell'acre odore del sudore di agosto, aspettando anche lei il bus: purtroppo non ho avuto il coraggio di dirle "sei stupenda, ti vorrei" per dare magari il via ad una possibilità di scambio d'orgasmi, per avere la possibilità di leccare quei piedi, di toglierle con la lingua il nero dal collo; e la seconda, quella di cui racconterò più nel dettaglio, avvenuta invece in maggio, tempo prima rispetto all'esperienza antecedente, proprio invece sul pullman. Al tempo dovevo avere circa 17 anni e, tornando sfatto da scuola gli ultimi giorni, mi siedo prima dello snodo del bus sul sedile singolo che punta sul fondo; a pochi metri da me, dopo qualche fermata sale una bellissima zingarella, lei avrà avuto 15 anni, minuta, con un passeggino scassato ricolmo di spazzatura e accompagnata da una sorellina (immagino) di non più di cinque anni. Era eccezionale, era la cosa più bella e violentemente eccitante (oltre che ignobilmente sporca) che avessi mai visto: non era molto alta, era abbastanza magrina ma non troppo da non avere già qualche bella forma, aveva i capelli lunghi raccolti in un disordinato mucchio unto e calante sul capo, aveva le guance macchiate di scuro e le unghie lunghe delle mani nere, addosso, in particolare, portava solo un maglione da uomo, enorme e lunghissimo per lei, ma nient'altro: arrivava sopra le ginocchia e aveva le maniche tagliate via per farne, immagino, l'imitazione di un vestitino; era grigio e pieno di macchie, con uno strappo sul collo che faceva intravedere un po' di spalla. E sotto questo vestiario eccezionale due piedini calzati in un paio di sandali troppo grandi con la zeppa, che uscivano per un bel pezzo dalla punta, piedi sporchi, si vedeva già da sopra, con la pelle dura a quella tenera età, con le unghie consumate. Proprio mentre mi impegnavo a scrutare da una debita distanza quello sporco desiderabile che di lato risaliva leggermente il tallone si gira, permettendomi di osservarla meglio anche dietro, di guardare come fosse nera la parte dietro il ginocchio, di notare quanto fosse zozzo il simil-vestitino nel punto dove evidentemente quel culetto odoroso si poggiava per sedersi. Tutto questo stava dando spazio ai miei più proibiti pensieri, fino a quando non ho assistito alla scena dei miei sogni: ha tolto velocemente il piedino sinistro dal sudicio sandalo per grattarsi il polpaccio, e cosa ho visto!!! Una pianta del piede nera, un po' più pulita nella parte centrale, e le dita luride, schifose, nelle quali in quel momento, anche davanti a tutti, avrei voluto infilare la lingua per ripulirle, e poi cosa decide di fare? Di grattarsi la pianta del piede lurido e sporco con la sua bella manina affusolata, tirandolo ancora meglio su prima di rimetterlo a posto: Quello è stato il momento, ecco che ho sentito già il cazzo pronto ad esplodere nei pantaloni senza che facessi nulla (per fortuna avevo messo lo zaino sopra). Ma il racconto non finisce qui, perché nel lungo percorso sale anche un'altra famigliola rom: mamma zingara, con papà disinteressato e due figli. Lui nenanche tanto sporco, con un cartone di tavernello tarocco in mano, una maglietta forse verdastra sudicia e dei pantaloncini, i bambini erano invece tre: un maschio sui 9 anni, che non faceva altro che andare in giro a rompere le palle alla gente, con dei pantaloni della tuta grigi ma ormai praticamente neri, una maglietta rossa quasi pulita, e delle ciabatte tipo crocks rosse ormai ridotte allo spessore di un figlio e sfondate, una bambina sui 4/5 anni, che era il prototipo di come sarei voluto crescere io da bambino nei miei desideri: scalza, con una canottierina troppo grande, consumatissimame sporca su tutta la pancia, legata alle spalle per accorciarla e con la pelle di ogni luogo macchiata di nero, e poi un neonato, sporco da morirci di infezione, in braccio ad una madre che era un gnocca da paura, forse non per gli standard del mondo ma per i miei sì. Lei, anche pulita me la sarei scopata, ma così sarebbe stato ancora meglio: aveva, nonostante il gran caldo di quel giorno, una magliettina verde coi bottoncini, giusta per lei, con sopra una felpina marrone tutta sporca e consumata, i capelli ricci ed unti raccolti, una coperta bianca con disegni tutta sporca nella quale portava il bambino appeso al collo e, sotto un paio di leggins allargati, grigio chiaro, macchiati sulla coscia e strappati proprio appena sopra quella che doevaessere una figa dall'odore acre formidabile, due piedini calzati in infradito azzurre tutte appiattite e consumate. Le si potevano in realtà contare addosso le gocce di sudore. Un istante bellissimo è stato quando si è soffiata il naso nella mano pulendosi su quella coperta già intrisa di liquidi, bava, cibo, e ogni meraviglia che può derivare dal bidone in cui è stata trovata, ma poi il momento migliore è stato quando, distratta dai suoni del piccolo pargoletto, ha tirato fuori tutta la sua meravigliosa e formata tetta, un seno di forma invidiabile, che avrei voluto soltanto leccare e annusare, attaccandovi il fanciullo. Un capezzolo perfetto, turgido, grandino ma non troppo... Da li la mia carne è stata invasa da qualcosa che non so descrivere, il mio membro è diventato incredibilmente duro, come non lo è mai stato dopo, e da quella posizione strategica da cui potevo vedere tranquillamente ogni cosa senza troppi problemi, e da cui riuscivo persino a sentire il meraviglioso odore che faceva scappare tutti gli altri, cominciai con la mano sui pantaloni a massaggiarmi delicatamente e con forzata calma il pene, duro come non mai alla vista di quelle sublimi straccione, alla puzza di chi non si lava da settimane, un massaggio lento perché nessuno se ne accorgesse (anche se ritengo che una signora ci abbia fatto caso ma non importa), e quella obbligata lentezza mi faceva godere come non so cosa. Intanto che massaggiavo, per poco, immaginavo di prendere la prima zingarella e di sdraiarla in un campo, nella roulotte schifosa, su un materasso lurido, nero di sporco, puzzolente, e di alzarle quel lungo maglione, leccando le gambe lentamente per arrivare alla fighetta odorosa, pelosetta, e poi riscendere finalmente su quei piedi, quei piedi, quei piedi! Leccarli come se non ci fosse un domani, riempirli di saliva, strusciarci sopra il pene diventato nero come quei due sudici oggetti di piacere, per poi passare alle tettine sudate e infilarglielo da davanti. Immaginavo di prendere la seconda e di farmi fare un pompino, dopo averle toccato e leccato le tette e le ascelle. Immaginavo anche io di vivere come loro, di scoparmi quella zingarella in coperte luride, trovate in qualche cassonetto, di sborrare sul materasso e di non pulire, di farmi pisciare addosso e non cambiarmi i vestiti, di sborrarle addosso e di vederla rivestirsi senza essersi pulita. E come venni! Faticavo a camminare per i litri di sborra nelle mutande e nei pantaloni (che per fortuna erano scuri, ma comunque bagnati), e il desiderio non è calato, anzi, la memoria andava sempre lì col desiderio di rivederle entrambe. Quei piedini sporchi alzati per grattarsi la gamba, quelle dita della mano lurida che grattano la pianta del piede! Quella tetta soda tutta da ciucciare! Quei capelli! Quella puzza orrenda e meravigliosa, forte, acre, salata, splendida, infestante, che sa di vero, puro, naturale, perfetto!
Tornato a casa mi sono fatto un'altra sonora sega. Presi a quel punto una decisione: non ce la potevo fare a continuare con quel pensiero senza sperimentare qualcosa di pratico, quindi, pur lavandomi, ho accuratamente evitato di lavare i piedi per circa tre settimane, non mi cambiavo mai neppure i calzini, e ho tenuto per quel tempo sempre le stesse mutande senza permettere a una goccia d'acqua o sapone di toccarmi il pisello, e anche il cazzo mi puzzava in modo bellissimo, perché al posto di farmi la doccia mi lavavo col sapone e la spugna solo le altre parti del corpo, tanto per essere presentabile al mondo. E quasi ogni sera andavo a passeggiare col cane e mi toglievo le scarpe. Dopo più di tre settimane avevo i piedi neri, perché cercavo chiaramente i posti isolati più sporchi (una volta qualcuno mi ha visto ma tanto ero non proprio dietro casa), una sera soltanto riuscii a infilarmi in piedi in un cassonetto dell'indifferenziata quasi vuoto conservando nei piedi quella meravigia, e poi la botta di culo: proprio la sera ultima, quella in cui dovevo compiere l'atto, sono passato vicino a una piazzola dove fino a un paio di giorni prima c'erano delle roulotte, ma da cui non ero ancora passato. Il posto, decorato dal consueto casino che lasciano gli zingari e da qualche mucchietto di merda scura (ammetto che quello non mi ha fatto piacere), era fantastico e mi ha eccitato, finché non ho visto uno sporco vestitino grigio topo tipo uncinetto buttato per terra, l'ho portato al naso e mamma mia che odore sublime, che puzza incredibile, soprattutto le ascelle. L'ho quindi preso e sono andato in garage, a tarda sera, in un giorno in cui per puro culo ero solo a casa, e chiuso il portellone, denudatomi e stesomi a terra, ho cominciato a leccare i miei stessi piedi sporchi, immaginandomi quelli di quella zingarella, con l'odore soave non solo dei miei piedi ma anche di quel bellissimo vestito, che ho tenuto e usato altre volte. Mi sono leccato i piedi e immerdato la mano sporcandola con lo sporco dei piedi, il cazzo è diventato colante di nero, e anche lì una sborra indecente, resa grigia dal passaggio attraverso il prepuzio e il glande luridi e a causa delle mie mani.
Ci sono stati poi altri incontri e visioni sublimi di zingare, ma mai nessuno bello come questo.
scritto il
2025-11-27
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