Tutta colpa di Linda e della sua maledetta gita in barca.

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Tutta colpa di Linda e della sua maledetta gita in barca.
Mi chiamo Sandra, ho trentasei anni, sono alta, bionda, e da qualche mese il mio corpo è cambiato. La gravidanza mi ha regalato due taglie di seno in più, e il culo si è arrotondato quel tanto che basta per attirare occhi indiscreti. Me ne accorgo quando cammino per strada, quando mi chino al supermercato, quando un collega trattiene lo sguardo un attimo di troppo.

Mio marito lavora in un’azienda informatica, insieme a me. I titolari sono due fratelli americani. Linda, che pure ci lavora, si è sposata con uno dei due e adesso fa la signora. Spesso si vanta con me: dice che il marito è ben dotato e che non le fa mai mancare la “razione giornaliera”. Ride sempre quando lo dice, e io fingo di non pensarci, ma quelle parole mi restano addosso.

Io, invece, due mesi fa ho partorito una bambina. Allatto ancora, il latte non manca, anzi: a volte devo estrarlo per non ritrovarmi macchiata di colostro all’improvviso. Un fastidio e un piacere insieme, perché mi ricorda che il mio corpo è vivo, pulsante.

Quando Linda e suo marito ci invitano a una gita in barca, accetto senza esitare. Trovo una babysitter, mi depilo con cura, sogno già il sole sulla pelle. Solo che il mio vecchio bikini mi va stretto, stringe il petto, lascia scoperte le natiche. Glielo confesso, e lei ride: «Non preoccuparti, te ne presto uno dei miei».

Il giorno stabilito, però, le cose si complicano. Mio marito riceve un incarico improvviso fuori città e non può venire. Io non ho intenzione di rinunciare: sono settimane che aspetto un po’ di mare. Così mi presento al porto.

Linda, però, non c’è. È rimasta a casa malata. Sulla banchina mi aspettano soltanto suo marito, Marco, e il fratello, Luca. Per un attimo penso di tornare indietro, ma i loro sorrisi sono rassicuranti. Mi convinco: in fondo, cosa mai potrà accadere?

Salgo a bordo. Marco mi indica la cabina per cambiarmi. È lì che mi ricordo: Linda doveva prestarmi il bikini. Troppo tardi ormai. Indosso il mio vecchio costume, quello che mi tira ovunque. Lo specchio della cabina non perdona: metà seno straborda, il tessuto segna i fianchi, il culo sembra spinto fuori di proposito. Mi mordo il labbro. Forse non è un male.

Quando risalgo, loro sono già in costume. E allora capisco che Linda non ha esagerato: il pacco di Marco è una promessa evidente, e Luca non è da meno. Le stoffe tese parlano chiaro. Il mio corpo, stretto in quel bikini, diventa calamita.

Partiamo, ci allontaniamo dalla costa. Il vento mi scompiglia i capelli, lo champagne che Marco mi porge mi scioglie le resistenze. Luca è al timone; io e Marco ci sdraiamo sul ponte.

«Attenta a non scottarti» dice.
Ha le mani grandi, calde, forti. Mi stende la crema lungo le spalle, giù fino alla schiena, oltre i fianchi. Ogni passaggio è più lento del precedente, e io chiudo gli occhi, fingendo di rilassarmi. In realtà, sento crescere un brivido che non ha nulla a che vedere col sole.

Mi sdraio a pancia in giù sul telo steso sul ponte. Il sole brucia già la pelle, lo champagne mi scalda dentro, e la voce di Marco mi arriva profonda, roca:
«Ti spalmo ancora un po’ di crema, altrimenti ti scotti».

Annuisco, anche se so che la crema è solo una scusa. Lo sento dal modo in cui le sue mani mi scivolano addosso. Non è un tocco distratto, non è il gesto gentile di un amico. È un’esplorazione. Le sue dita premono, stringono, risalgono la schiena e poi riscendono lente, insistenti, fino ai glutei.

Mi irrigidisco un istante, ma non dico nulla. Il bikini è ridicolo, troppo stretto: la stoffa non copre quasi niente, e so benissimo che gli sto servendo il culo su un piatto d’argento.

Le sue mani si fermano lì, sulle natiche.
Le divarica piano, come se avesse tutto il diritto di farlo. L’aria fresca mi sfiora tra le gambe e già questo mi fa arrossire.
«Sei tesa» mormora.
Vorrei dirgli di smettere, che non può, che c’è Linda. Ma la voce non esce.

Un dito affonda oltre il bordo della stoffa. Sento la pressione, poi quel tocco caldo e deciso che si insinua nella fessura. Mi si blocca il respiro. Mi sta accarezzando il buco del culo, così, senza esitazione.
«Marco…» sussurro, più per me che per lui.

Le sue dita non si fermano. Scivolano più giù, trovano la figa già umida sotto il tessuto. Non me ne ero nemmeno accorta di quanto fossi bagnata. Appena mi sfiora mi attraversa una scossa, un piacere sporco che mi spinge a serrare le cosce invece di divaricarle. Ma lui non si lascia fermare: con due dita mi preme contro la fessura del costume, strofinando la fica che pulsa, gonfia, traditrice.

«Non vuoi ma ti piace» dice piano, quasi ridendo.

Vorrei reagire, voltarmi, spingerlo via. Invece alzo appena il bacino, senza volerlo. Gli offro più spazio. Le sue dita entrano sotto la stoffa, finalmente sulla pelle. Mi apre le labbra, mi scivola sul clitoride. È diretto, volgare, senza dolcezze.

Un gemito mi sfugge.
Porca puttana. Non doveva succedere.

Chiudo gli occhi e mi mordo il braccio per non gemere ancora, ma lui lo capisce. Muove le dita più forte, più sporco, facendo un giro completo sulla figa come se volesse mappare ogni millimetro. Ogni colpo è un insulto al mio matrimonio, a Linda, a me stessa. Eppure, godo.

Il cazzo di Marco si fa sentire contro il mio culo. Non è un contatto casuale: me lo struscia addosso, duro, pesante, vivo. La stoffa del suo costume non nasconde nulla. Lo sento spingere, scivolare su e giù tra le chiappe mentre le sue dita mi lavorano la figa.

«Guarda come ti stai aprendo» sussurra.

Mi fa male sentire quelle parole, ma mi eccitano di più.
Sento il latte gonfiarmi il seno, quasi uscire. Le punte dei capezzoli premono contro il tessuto, durissime. Se mi sfiorasse lì, spruzzerei.

«Non dovremmo…» riesco a dire a fatica.
«Ma ti piace» ribatte, e ha ragione.

Perché il mio corpo lo vuole. Trema, pulsa, chiede. Ogni volta che lui muove un dito dentro la figa, io mi alzo di più col bacino, come una cagna in calore. Ogni volta che il suo cazzo mi scivola sul culo, io spingo indietro, cercando ancora quel contatto.

Luca, il fratello, è al timone. Non so se ci sta guardando. Forse sì. Forse finge di guidare ma in realtà vede tutto: il mio culo nudo, le dita del fratello dentro la mia figa, il cazzo che mi struscia addosso. L’idea mi fa arrossire e bagnare ancora di più.

Marco affonda un dito dentro, vero e proprio. Mi penetra.
Un grido mi scappa, strozzato.
«Sei già tutta pronta» dice, sporco, volgare. «Non vedevi l’ora».

E io lo so che ha ragione, anche se non voglio ammetterlo.

Il cazzo mi spinge contro, tra le chiappe. Lo sente, lo muove, lo fa scivolare come se stesse già scopandomi il culo. La punta si ferma proprio sull’ano, preme piano, e io rabbrividisco. Non entra, ma è lì, e basta questo per farmi bagnare ancora di più.

Le sue dita dentro la figa pompano forte, veloci, decise. Il rumore è osceno: schiocchi bagnati, succhi che colano. Mi sto arrendendo. Sto godendo senza più pudore.

«Lo vuoi, puttana?» mi ringhia vicino all’orecchio.
«No…» ansimo, ma il mio culo si alza da solo, cercando il cazzo.
«Bugia» ribatte, e ha ragione.

Il piacere è troppo. Non resisto. Le gambe tremano, il ventre si contrae, un orgasmo mi travolge all’improvviso. Spruzzo, letteralmente. Sento il latte uscire dal seno e la figa stringersi attorno alle sue dita. Gemo forte, senza riuscire a fermarmi.

Marco ride piano, sporco.
«Guarda come vieni. Neanche due mesi dal parto e sei già una troia da barca».

Quelle parole mi colpiscono, mi umiliano, ma invece di fermarmi mi fanno gemere ancora più forte.

Il suo cazzo continua a strusciarmi sul culo, più duro che mai, e so che questo è solo l’inizio.

Mi rigiro sul telo, ancora scossa dall’orgasmo. Ho il fiato corto, il cuore che martella. Dovrei coprirmi, chiudere le gambe, smettere di farmi toccare. Invece resto lì, a pancia in giù, con il culo alto. Il cazzo di Marco non si stacca dalla mia pelle: scivola, preme, si fa strada.

Sento l’umidità dei miei succhi che gli sporcano il costume. È la mia fica che cola, traditrice, a unire i nostri corpi.

«Così mi piaci» mormora. La voce è roca, eccitata. «Ti stai offrendo da sola».

Un colpo più deciso. La sua cappella si piazza contro l’ano e preme, come per entrare. Mi scappa un grido soffocato, un misto di paura e brama. Non entra, non ancora, ma il solo sentirlo lì mi fa tremare le cosce.

«Fermo…» balbetto.
«Zitta» ribatte, spingendo ancora. «Il tuo culo sa già che mi vuole».

E io non riesco a negarlo. Ogni volta che prova a forzare, il mio bacino si alza, come a chiedere di più. Sento il battito del suo cazzo vivo, duro, che pulsa sulle mie chiappe.

Allungo lo sguardo verso la prua. Luca non finge più. È girato di lato, ci guarda apertamente. Ha una mano infilata nel costume, la muove piano. Il fratello lo ignora, anzi sembra compiaciuto.

«Ti piace essere guardata?» sussurra Marco al mio orecchio, le labbra umide sulla pelle.
«No…» gemito, ma i miei fianchi tradiscono la verità.
«Sì, che ti piace. Sei una troia esibizionista. Guardalo: ti sta già segando pensando alla tua figa».

Chiudo gli occhi, ma l’immagine mi resta dentro. E invece di vergognarmi, mi eccito ancora di più.

Marco mi afferra i fianchi con forza. Mi solleva un po’, mi mette in ginocchio sul telo, culo in alto, tette che pendono. Il latte punge i capezzoli, due gocce escono e scivolano giù. Se ne accorge.
«Cristo… guarda che latte…» e mi stringe le tette da dietro, spremendole. Il liquido spruzza sul telo, sulle sue mani. Ride sporco, infilandosi le dita bagnate in bocca. «Sa di troia fertile».

Il suo cazzo si struscia ancora più deciso, lungo la fessura del culo, scivola tra le natiche fino a lambire la figa. Lo muove su e giù, mi sega con la sua carne. Io ansimo, già pronta a riceverlo.

«Vuoi che ti sfondi?» mi ringhia.
«Non…» comincio, ma la voce si spezza in un gemito.

La cappella spinge contro la mia fica gonfia, divaricando appena le labbra. Non entra, gioca, mi provoca. Le mie cosce tremano. Mi sto inginocchiando da sola, allargando le gambe come una puttana in offerta.

Luca si è avvicinato. Non tocca ancora, ma è lì, a due passi. Lo sento respirare. Sento il suo sguardo bruciarmi addosso.

«Vuoi che venga anche lui?» mi sibila Marco, stringendomi i capelli e tirandomi indietro la testa.
«No!» esplodo, più spaventata dall’idea di ammettere quanto lo voglio.
«Troia bugiarda. Il tuo culo già lo chiama».

Spinge più forte. La cappella mi apre la figa di colpo, metà dentro in un solo affondo. Urlo, un misto di dolore e godimento. Le unghie graffiano il telo, il sole mi acceca.

«Eccola la mia vacca» ringhia Marco, piantandomi il cazzo dentro. «Guarda come inghiotti».

Il rumore è osceno: la mia fica che succhia, i colpi che schioccano, il suo respiro pesante.
Io gemiti non li controllo più. Ogni spinta mi fa urlare. Il latte cola dai seni, bagna il telo, sporca la mia pelle.

Apro gli occhi. Luca è davanti a me, costume abbassato, cazzo fuori. Grosso, duro, le vene gonfie. Se lo segava guardandomi, ora me lo piazza davanti alla faccia.
«Apri» dice, senza esitazione.

Per un istante mi blocco. Poi Marco mi spinge più forte dentro, e la sua voce mi graffia l’orecchio:
«Sì che apri. Mostragli quanto sei brava».

E la bocca mi si spalanca da sola. Luca mi afferra i capelli, mi infila la cappella dentro. È calda, salata, sporca. Mi allarga la gola. Io gorgoglio, succhio, sbavo.

Il cazzo di Marco mi spacca la figa da dietro, quello di Luca mi occupa la bocca. Sono in mezzo a loro, usata, presa da entrambi. E non c’è parte di me che non goda.

Il ritmo diventa selvaggio. Marco sbatte forte, ogni colpo mi fa spruzzare succhi, la fica schiocca come un’apertura oscena. Luca mi scopa la gola con spinte secche, il cazzo che mi soffoca e mi fa lacrimare.

Godo come una troia. Il corpo vibra, i seni colano, il culo si apre a ogni affondo. Non c’è più spazio per pensare a Linda, a mio marito, a mia figlia. C’è solo la carne, il cazzo, il piacere.

«Ecco la tua brava mammina» ride Marco. «Così, succhia il cazzo di mio fratello mentre ti spacco la figa».
Luca geme, stringendomi la testa.
«Sì, cazzo, succhia tutto… che bocca…»

E io obbedisco. Succhio, ingoio, godo. Sono la loro troia sulla barca, e non voglio che finisca.

Il cazzo di Marco mi sbatte dentro senza pietà, mentre quello di Luca mi riempie la gola. Non so più chi sono: madre, moglie, collega… tutto sparito. Sono solo carne in mezzo a due uomini che mi usano. E io godo come non ho mai goduto in vita mia.

La barca ondeggia lenta, il sole picchia forte, ma io tremo come se stessi congelando. Ogni colpo mi attraversa, mi scompone. Marco mi tiene stretta per i fianchi, mi trascina contro di sé a ogni affondo, la sua cappella che batte fino in fondo, sbattendo sul mio utero. La figa mi brucia, le pareti strette si allargano a forza, grondano.

Luca invece non mi lascia respirare: mi spinge in bocca sempre più forte, la cappella che mi colpisce la gola, il cazzo che mi riempie di saliva e lacrime. Mi fa tossire, mi fa sbavare, ma non smetto di succhiare. Lo ingoio, lo accolgo, lo adoro.

«Guarda come se lo prende» ringhia Marco.
«Una vacca da monta» risponde Luca, ansimando.

Mi sento chiamare in tutti i modi più sporchi e mi bagno di più. Sono la loro vacca, la loro troia, la loro schiava di un giorno.

Marco cambia ritmo. Mi sfila il cazzo dalla figa di colpo e mi lascia vuota, pulsante. Mi prende per i capelli e mi tira indietro, così che Luca esce dalla mia bocca con un rumore bagnato. Sono tutta bavosa, il viso lucido di saliva.

«In ginocchio, culo in aria» ordina Marco.

Eseguo senza pensarci. Sono a quattro zampe sul telo, con il culo spalancato verso di lui e la bocca che cerca ancora un cazzo. Luca non mi fa aspettare: me lo sbatte di nuovo tra le labbra e io lo accolgo con gratitudine.

Marco invece non perde tempo. Mi apre le chiappe con entrambe le mani e ci piazza il cazzo al centro. Non la figa stavolta: il buco del culo.
«No…» mugugno strozzata dal cazzo in bocca.
«Sì» ribatte secco. E spinge.

Il dolore è immediato, feroce, il mio culo stretto che si apre a forza. Urlo contro il cazzo di Luca, che mi soffoca il grido. Marco entra piano ma deciso, centimetro dopo centimetro, fino a che il mio buco non lo inghiotte tutto.

Lacrime mi scendono dagli occhi. Mi sento squarciata, devastata. Eppure, il piacere è ancora più forte. Ogni nervo del mio corpo esplode.

«Cristo, che buco stretto» ringhia Marco, e inizia a scoparmi il culo con spinte profonde, possenti.

Io gorgoglio, succhio, mi piego sotto di loro. La figa cola a fiumi anche se è vuota, sbatto il bacino contro Marco senza nemmeno accorgermene. Luca geme e mi infila sempre più giù in gola, il cazzo che mi riempie fino a farmi quasi soffocare.

Sono presa davanti e dietro. Una troia in doppia penetrazione. Non sono mai stata così sporca, così usata, così viva.

«Senti come stringe» urla Marco, ansimando.
«La stai sfondando» ride Luca, spingendomi ancora più giù sulla sua asta.

E io vengo. Vengo come una puttana. Il culo che stringe il cazzo di Marco, la bocca piena di Luca, il latte che spruzza dai miei seni. Sento il liquido scorrermi sul ventre, bagnare il telo. È un orgasmo animalesco, feroce, senza controllo.

Marco non si ferma. Mi scopa il culo come se fosse la mia fica, spingendo forte, colpi secchi che fanno schioccare le chiappe. Mi afferra i fianchi, mi usa come una bambola. Luca, davanti, geme più forte, le vene del cazzo dure sotto la lingua.

«Sto per venire» grida.
Marco ringhia: «Dentro la gola. Riempila tutta».

Luca affonda di colpo e mi sborra in bocca. È un getto caldo, violento, che mi riempie la gola. Tossisco, mi cola dagli angoli delle labbra, ma continuo a succhiare. Ingoio, bevo, non ne perdo una goccia. Sono tutta sbavata, sporca, felice.

Marco intanto aumenta il ritmo. Il suo cazzo martella il mio culo, più forte, più profondo. Sento le palle sbattermi contro le chiappe, il suo respiro furioso.
«Troia, adesso ti riempio anch’io» mi ringhia addosso.

E quando esplode lo sento ovunque. Uno, due, tre getti caldi che mi riempiono il culo, che mi inondano dentro. Urla il suo piacere, mi tiene ferma, affondato fino in fondo. Io gemo, godendo ancora mentre il mio corpo si arrende al suo seme.

Cado in avanti, esausta, la bocca ancora sporca di sperma, il culo che pulsa, la figa che cola. Il telo è zuppo di latte, saliva, sborra e sudore.

Luca si butta di lato, ancora ansimante. Marco resta dietro di me, il cazzo che lentamente mi scivola fuori dal culo con un rumore osceno. Mi sento vuota, ma colma allo stesso tempo.

Resto lì, nuda, sfatta, usata. Non provo vergogna. Solo un piacere animale, sporco, che mi fa sorridere.

Marco mi dà una pacca sul culo.
«Brava. Adesso sei dei nostri».
Luca ride, accarezzandosi il cazzo ancora umido.
«Linda non saprà mai che regalo ci hai fatto».

Io chiudo gli occhi. Forse dovrei sentirmi in colpa. Ma invece penso solo che voglio rifarlo.

Scendo in cabina con le gambe che ancora mi tremano. Ogni passo è un ricordo: la gola brucia dello sperma inghiottito, il culo pulsa per come Marco me l’ha aperto, i seni grondano latte come se non bastasse la mia bambina a prosciugarmi. Apro il box doccia, l’acqua cade forte, scivola sulla pelle, porta via il sudore, la saliva, lo sperma che mi cola dalle cosce. Chiudo gli occhi e mi strofino a lungo, ma più cerco di pulirmi più mi sento sporca dentro. Sporca e affamata.

Quando esco, con l’asciugamano addosso, li trovo già lì. Nudi, sdraiati sul letto della cabina, ancora bagnati di doccia, il corpo lucido, i cazzi già duri che puntano verso il soffitto. La vista mi mozza il fiato. Due fratelli, due cazzi grossi, tesi, pronti solo per me.

L’asciugamano scivola giù senza che ci pensi. Resto nuda, con la pelle ancora umida, i capezzoli gonfi che gocciolano latte. Mi infilo in mezzo a loro, come se fosse il posto più naturale al mondo.

Mi volto verso Luca per primo. Gli afferro il viso con entrambe le mani e lo bacio, un bacio sporco, famelico, la lingua che cerca la sua, il respiro caldo. Il cazzo di Marco, intanto, mi scivola sulle natiche, duro, vivo, che chiede spazio.

Gemo nel bacio, sentendo quella carne premermi addosso. Poi mi giro, prendo il volto di Marco e gli do lo stesso bacio, ancora più profondo, ancora più irruento. Luca approfitta del movimento: il suo cazzo mi struscia la fica da dietro, mi bagna con la sua cappella, che scivola tra le labbra gonfie e bagnate.

«Troia» sussurra Marco contro la mia bocca, stringendomi la vita.

Non ho il tempo di rispondere. Marco mi solleva di colpo, mi mette a cavalcioni su di lui. Il suo cazzo mi entra nella fica con un affondo secco, possente. Urlo, la figa mi si spalanca, accoglie tutto fino al fondo. Mi piego in avanti, aggrappata al suo petto, mentre lui ride e mi sbatte dentro come se fossi sua da sempre.

Luca non aspetta. Mi prende per i fianchi, mi allarga il culo, punta la cappella all’ano già provato. Spinge senza esitazione. Il dolore è immediato, la pelle che si tende, il buco che si apre a forza. Geme anche lui, come se stesse entrando in un tempio proibito.

E all’improvviso sono piena da entrambi i lati. Il cazzo di Marco che mi devasta la figa, quello di Luca che mi sfonda il culo. Due fratelli dentro di me, nello stesso momento. Grido, piango, godo. Non so più distinguere il dolore dal piacere.

«Cristo, che puttana…» ringhia Marco, sbattendomi forte.
«Senti come stringe» ansima Luca, affondando nel culo.

Ogni spinta mi lacera e mi ricompone. I loro corpi mi stringono, mi possiedono. Io urlo senza controllo, i seni mi spruzzano latte addosso a Marco, che se lo spalma sul petto ridendo.

Le loro spinte si alternano, si incrociano, mi scopano come una bambola di carne. Io cavalco Marco, ma in realtà è lui che mi solleva e mi cala sul suo cazzo, mentre Luca mi tiene ferma dietro e affonda a sua volta. Ogni volta che uno spinge, l’altro mi sbatte ancora più in fondo.

Il rumore è osceno: schiocchi bagnati, carne che sbatte, succhi che colano. La cabina profuma di sperma, sudore e mare.

«Siete due bestie» riesco a gemere, la voce spezzata.
«E tu sei la nostra vacca» mi ribatte Marco, mordendomi un capezzolo e succhiando il latte che sgorga. Beve come se fossi sua.

Luca intanto geme forte. «Non resisto… questo culo mi sta strappando via l’anima».

Io non mi tengo più. Sento l’orgasmo montare di nuovo, feroce, incontrollabile. Il ventre si contrae, la figa stringe il cazzo di Marco, il culo quello di Luca. Vengo, urlo, il latte spruzza ancora più forte, i miei succhi schizzano bagnando Marco fino al ventre.

E subito dopo li sento esplodere entrambi. Marco mi affonda dentro e sborra nella figa, riempiendomi fino a traboccare. Luca lo segue, urlando, il suo seme caldo che mi invade il culo, riempiendomi di nuovo da dietro. Sono piena, colma, sporca, devastata.

Crollo sopra di loro, sudata, tremante, la pelle che brucia. Loro ridono, ansimano, ma non mi lasciano andare. Le mani ancora sui miei fianchi, le bocche che mi baciano, le lingue che mi leccano il collo e i seni.

Sono la loro troia. Non c’è altro da dire.

Mi sveglio di colpo, la testa pesante, il corpo ancora madido di sudore e sperma. Il telo è umido sotto di me. Sento un respiro vicino. Apro gli occhi: Luca è sdraiato accanto, mi guarda in silenzio. Il suo cazzo riposa, molle, ma anche così fa impressione. Grosso pure a riposo.

E lì mi torna in mente tutto: mio marito, mia figlia. Dovrei sentirmi in colpa, e invece penso solo a Marco che mi è venuto dentro, proprio nel mio periodo fertile. L’idea che potrei restare incinta mi manda un brivido tra le cosce. Non di paura, ma di eccitazione.

«Cazzo…» mormoro, fissando Luca. Non resisto: mi chino, gli prendo il cazzo in mano, lo accarezzo. In pochi secondi torna a gonfiarsi, duro, vivo. Lo porto in bocca, lo succhio con foga, gli passo la lingua sotto il glande, fino a quando non è di nuovo un’asta tesa pronta a spaccarmi.

Mi sollevo e senza esitazioni mi calo sopra di lui. La cappella spinge, apre, entra. Un gemito mi strappa la gola: «Dio… sì…».
Mi impalo tutta, fino in fondo, sentendo il cazzo di Luca riempirmi, scavarmi dentro.

«Scopami!» urlo, piegandomi su di lui, le mani sulle sue spalle.

Luca non ha la fretta di Marco. Mi prende piano, colpo dopo colpo, ma ogni affondo è preciso, profondo, va a toccare punti che mio marito non ha mai nemmeno sfiorato. La sua attenzione mi manda fuori di testa. Le sue mani mi stringono i fianchi, poi salgono sui seni. Mi succhia i capezzoli, beve il latte che cola, mi morde piano.

Io vengo a ondate, senza respiro. Ogni volta che rallenta, il mio corpo esplode in un altro orgasmo. Gemo, grido, mi aggrappo a lui, mentre lui continua a muoversi senza stancarsi.

Lo guardo negli occhi e vedo che non pensa a sé: pensa a farmi godere. A darmi piacere, orgasmo dopo orgasmo. Diverso da mio marito, che dopo due colpi si scarica senza darmi nulla.

«Ancora…» ansimo. «Non fermarti…»

Luca accelera, le spinte diventano più dure, più veloci. Lo sento tremare sotto di me, lo sento pronto. Allora mi chino all’orecchio e sussurro, sudata, delirante:
«Vienimi dentro… fammi tua… mettimi incinta».

Lui ringhia, mi afferra forte e mi sbatte senza pietà. Poi esplode. Lo sperma caldo mi inonda, riempie la figa fino a colare fuori. Gemo, vengo ancora, stringendolo con le cosce, senza lasciarlo andare.

Resto lì, con il suo cazzo che pulsa dentro di me, il seme che mi scivola giù per le cosce, il respiro che non si calma. Penso solo a una cosa: non voglio che finisca.

**

La chiave gira nella serratura e finalmente entro a casa. Ho ancora addosso l’odore del mare, il sapore dello sperma, il corpo che pulsa. Appoggio la borsa e il cellulare squilla subito. Sul display compare il nome di Linda.

«Ciao bella!» esclama con voce squillante, allegra come sempre.
«Linda…» mormoro, sorpresa.
«Com’è andata la gita? Ti è piaciuta la sorpresa?»

Mi irrigidisco. Quella risata frizzante mi gela il sangue e allo stesso tempo mi eccita. La malattia era una scusa. Tutto calcolato. Anche l’assenza del mio uomo non è stata un caso.

«Già… sorpresa» balbetto, mordendomi il labbro.
«Oh, tesoro, non fare la finta tonta. Lo so che ti sei divertita. E non è finita: domenica facciamo una grigliata a casa mia. Ci saremo tutti. Tu non puoi mancare».

«Mio marito…» tento di protestare.
«Ah già! Quello. Dimenticavo di dirti: è stato promosso. Dovrà stare per un po’ nella filiale di Dublino. Non ti preoccupare, ti terremo compagnia noi.»

Scoppia a ridere, e poi chiude la chiamata. Resto con il telefono in mano, le gambe molli. Linda ha orchestrato tutto. La sua voce, il suo tono di sfida, il suo invito: già immagino la domenica, il giardino, il barbecue, gli uomini con le birre e io in mezzo, pronta a farmi usare. Solo a pensarci mi bagno.

La porta di casa si apre di nuovo. Mio marito rientra. Ha lo sguardo stanco, la valigia in mano. Non gli do il tempo di salutarmi. Gli vado incontro, lo spingo contro il muro.
«Spogliati» gli ordino con voce roca.
«Adesso?» fa lui, sorpreso.
«Adesso.»

Gli slaccio la cintura, gli calo i pantaloni. Il cazzo è molle, spento. Mi inginocchio e me lo prendo in bocca. Lo succhio con rabbia, lo tiro fuori dalla gola, lo stringo con le labbra finché non lo sento crescere, duro a forza.

«Così…» mormoro, alzandomi e piegandomi sul divano. «Scopami.»

Lui non chiede altro. Mi entra dentro, mi riempie la fica. Io spingo, lo incito, lo incastro tutto dentro. Voglio sentirlo esplodere. Dopo pochi minuti, viene, come sempre, senza darmi nulla. Ma questa volta non importa. Questa volta mi basta sentire il seme dentro. Ora il rischio di gravidanza è coperto, almeno in apparenza.

Mi stacco da lui, lo lascio ansimante sul divano.
«Doccia» dico, senza aggiungere altro.

L’acqua scivola sulla mia pelle, bollente. Mi strofino, ma non lavo via i ricordi. Marco che mi apre la figa, Luca che mi riempie il culo, la cabina satura di sperma e latte. Chiudo gli occhi e ci ripenso, la mano scivola tra le cosce.

Le dita trovano subito il clitoride gonfio. Strofinano, veloci, senza sosta. Mi appoggio al muro, ansimo, mi piego. Vedo ancora i loro volti, sento le loro voci.
«Troia.»
«Vacca da monta.»

Il corpo esplode. Vengo forte, troppo forte. Un getto caldo mi schizza fuori, un’ondata che mi bagna le gambe, il box doccia, tutto. Grido, urlo, mi piego, il corpo in convulsioni.

Cado in ginocchio sotto l’acqua, tremante, gocciolante, devastata. Sorrido. Non sono più solo madre e moglie. Sono una femmina che ha trovato la sua verità.

E domenica, alla grigliata di Linda, tutto ricomincerà.

scritto il
2025-09-30
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