Le prime volte di Marisol – Parte 1

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genere
prime esperienze

Una raccolta di prime volte di Marisol, una giovane e disinibita ragazza di un piccolo paese del sud, che scoprirà la liberazione attraverso il sesso.

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Le prime volte di Marisol – Parte 1

‘Per favore, avvisami quando stai per venire!’ gli disse mentre la sua bocca si richiudeva sul membro durissimo e liscio.
Marisol adorava il sesso orale, sentire il cazzo sotto le sue labbra, la pelle sottile tendersi mentre la sua lingua lo percorreva e il prepuzio abbassarsi fino a scoprire il glande.
Le piaceva giocare con la punta della lingua ed esplorare tutti i punti più sensibili, mentre guardava il viso del suo partner e godere delle sue reazioni.
Non le piaceva lo sperma, quel sapore troppo forte ed salato la disturbava, ma il liquido preseminale si, per quello andava matta, lo trovava delicato ma gustoso.
Avrebbe voluto assaggiarlo sempre, ma non sempre riusciva ad averlo.
Questa volta il suo uomo la accontentò, e non appena lei vide fuoriuscire le gocce si diresse verso la cappella e succhiò tutto il suo agognato liquido trasparente.
Poi alzò la testa e gli sorrise, comunicandogli la sua soddisfazione ed esprimendo il suo stato d’animo come solo lei sapeva fare, con i suoi occhi profondi e penetranti.
Dopodiché ricominciò a masturbarlo, e in pochi secondi ricoprì il ventre con il suo seme, fino a che lui non la fermò, soddisfatto e appagato.

Come in molte altre occasioni, sapeva che era tutto finito, che anche questa volta non avrebbe goduto.
Ormai ci era abituata, il sesso con lui era sempre frettoloso, clandestino, e lui era poco attento a lei, avaro di attenzioni e sbrigativo.
Sarebbe venuta come sempre una volta a casa, nell’intimità della sua stanza tra i ‘suoi’ pensieri e voglie insoddisfatte.
Certo, ci sono stati momenti in cui il sesso non era ridotto a semplici scopate in auto, ma poteva contarli sulle dita delle mani, momenti in cui gli uomini le hanno dato esattamente quello che voleva e come voleva.
Il problema era che questi uomini erano sempre quelli sbagliati, quelli da cui avrebbe dovuto fuggire e che, chissà perché, lei non riusciva ad evitare di conoscere e frequentare.

Non sapeva mentire Marisol, e neppure le piaceva farlo, piuttosto cambiava argomento o glissava, perché sapeva che i suoi occhi, tutto il suo corpo, avrebbero facilmente rivelato agli altri che lo stava facendo.
In questo era come una bambina, ma la sua ingenuità per chi la conosceva era irresistibile.
Eppure, era una donna, una bellissima donna, anche se lei non ne era consapevole e, anzi, si considerava normale, quasi sotto la media.
Ma in quel paese, tra quelle verdi alture lucane, in mezzo a poche migliaia di anime, lei spiccava come quei sonagli a vento fatti di madreperla, luccicanti e delicati, belli da vedere e da sentire.
Era sempre stata corteggiata, in tanti si erano fatti avanti con lei, hanno tentato di carpire il suo corpo prima ancora che il suo cuore, ma invano.
La corazza di Marisol ha sempre respinto qualsiasi tentativo, l’uomo che lei voleva non si era ancora materializzato, così si accontentava di surrogati, sceglieva chi poteva darle una stabilità emotiva a breve termine, senza impegni, erano relazioni vissute a tempo determinato, legami intensi ma brevi, in attesa di quello della vita.
Ma la vita andava avanti senza fermarsi ad aspettarla, quel treno da prendere continuava a non passare e in quella stazione di provincia a farle compagnia vi erano solo anonimi viaggiatori.

Poi un giorno conobbe lui…

Lui, sposato, bello, tenebroso, virile. Lui che incarnava lo stereotipo dell’uomo che non deve chiedere mai, ma che deve sempre ricevere senza dare, se non il suo corpo.
Lo stereotipo comprendeva anche l’essere il proprietario nonché istruttore della palestra frequentata da Marisol, con tutte le conseguenze del caso.
Una di queste l’ha portata tra le sue braccia, giorno dopo giorno, mossa dopo mossa, come nel più classico dei copioni.
Nella sua testa il no iniziale ha lasciato progressivamente ma inesorabilmente spazio al più carnale dei sì, quello che prevede la scopata e via, quella per lavarsi il dente e non pensarci più.
Non aveva previsto però che il suo corpo, e di concerto la sua testa, non si sarebbe accontentato di quell’unica volta, non poteva.
In palestra, dopo la chiusura, soli, Marisol aveva sperimentato la libertà di poter urlare, godere, appagarsi con il sesso.
Aveva capito che fino a quel momento aveva solo avuto un assaggio di sesso, aveva solo leccato il cucchiaio, non sapendo o forse solo intuendo, che il vasetto era tutt’altro.
Quella volta aveva aperto il vaso di Pandora, e non aveva alcuna intenzione di richiuderlo, né voleva.
Fu un sesso rude, non sbrigativo ma forte, passionale.
Lui era instancabile, nel paese c’erano poche ragazze carine, ma Marisol era il sogno di tutti, e non poteva credere di poterla possedere.
Ci mise tutta la voglia accumulata in settimane quando si guardavano continuamente, quando lei gli mostrava il culo senza pudore, mentre lui si massaggiava il grosso pacco.
La prese lì in piedi dopo aver chiuso la porta a chiave, spingendola sulla reception, ancora sudata dopo il tapis roulant, abbassandole i leggings e il perizoma, e leccandola assaporando i suoi umori e il suo odore.
Entrare dentro di lei dopo fu facile, ma Marisol non era abituata a quelle dimensioni; tuttavia, l’urgenza prese il sopravvento e presto iniziò a godere come mai nella sua vita, mentre il glande le toccava punti dentro di lei che le provocavano scosse che le arrivavano fino al cervello, insinuandosi in profondità fino al suo utero, tendendo le pareti della sua vagina e portandola allo sconquasso di un potentissimo orgasmo.

Aveva goduto del suo membro enorme e spesso, che l’aveva fatta venire molte volte, su una panca, sulla scrivania, sotto la doccia.
Aveva leccato e succhiato, perché sapeva di essere brava a farlo, anche se le dimensioni la limitavano, ed era stata ricompensata con tanto fluido precum, quanto non ne aveva mai visto tutto insieme, così come tanto sperma da riempire un bicchiere.
Aveva sperimentato la forza e la violenza animalesca del suo partner e la reazione del suo corpo e della sua mente, scoprendo che quello che cercava era solo quello, essere dominata fisicamente e mentalmente, per poter essere finalmente libera di provare puro godimento.
Per la prima volta si sentiva pienamente donna.

Da quel giorno niente fu lo stesso, lei aveva bisogno di lui, del suo cazzo bellissimo e della sua bravura, lui aveva bisogno di lei, la bella sottomessa, sempre disponibile alle sue voglie e ai suoi comodi.
Divenne la sua amante, consapevolmente rea e intrinsecamente felice.
Ma Marisol sapeva che non ci sarebbe stato ritorno, che non ci sarebbe stato futuro.
Ha dato ascolto al suo corpo, al suo intinto e alla sua voglia, finendo per seppellire sé stessa, non ritrovandosi più.
Viveva una vita di apparenze, di sotterfugi, accontentandosi delle briciole sentimentali e del sesso segreto e pianificato.
Era diventata quello che non voleva essere, rinnegando per tanto tempo la sua condizione di donna emancipata, libera e felice di esserlo, lei che aveva ostinatamente perseguito la sua strada ora era costretta a seguire quella imposta da altri.
Un giorno si rese conto che non c’era nessun altro che la obbligava, che non c’erano gabbie e che la bastava la sua volontà.
Così volle, volle svegliarsi da quel vortice, da quel buco nero di illusioni, da quella droga dolce ma infida, dalla voluttà sterile.
Lo fece allontanandosi da lui, dalla sua palestra, vivendo pian piano la sua vita alla luce del sole, perché lei aveva bisogno della luce, del calore e del sole, Marisol portava il suo destino scritto nel suo nome.
scritto il
2025-09-26
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