Tredici anni dopo 2.0

di
genere
sentimentali

Stava riprendendo per la terza volta in mano la sua vita, quando quel messaggio vanificò tutto.
“Ehi”, diceva…dopo che l’aveva presa in giro, aveva giocato non sapeva a quale gioco con lei, l’aveva bloccata su tutti i social, compreso whatsapp, ora si rifaceva vivo dopo una settimana con un “ehi”!
La sua reazione sarebbe di non rispondergli, leggergli il messaggio, e ignorarlo beatamente.
Ma Vittoria non era fatta così. L’educazione stava sempre al primo posto, perché se fosse venuta a mancare, si sarebbe sentita in colpa.
Però questa volta la sua educazione doveva trovare un compromesso.
“Che vuoi?”, gli scrisse in risposta. Aveva risposto, sì, e questo l’educazione lo prevedeva, ma non una risposta che poteva far credere al suo interlocutore che era pronta ad essere accondiscendente.
Vittoria si trovava in quel momento nello studio dove lavorava, e aveva avuto un momento per guardare i messaggi. Non che in quel periodo ne ricevesse molti…
Manuele glielo aveva mandato mezz’ora prima, ma probabilmente stava con il cellulare in mano, perché subito aveva visualizzato e stava scrivendo una risposta.
“Possiamo parlare?”, le chiedeva. Che faccia tosta! Ma d’altronde anche l’ultima volta era andata così: un ciao da parte di lui, un ciao da parte di lei, un puoi parlare da parte di lui e un cosa c’è da parte di lei.
In quel caso lui aveva deciso di non andare avanti con il loro intento di replicare quello successo tra loro tredici anni prima. Perché lui era felicemente impegnato, e per lei, nonostante avesse ceduto dopo mille pressioni da parte sua, andava bene che si fosse tirato indietro, anche se le dispiaceva.
E aveva cercato di tornare alla normalità, senza videochiamate, foto e messaggi stuzzicanti a riempirle le giornate, altrimenti noiose. E ci stava riuscendo, quando lui era ricomparso con quel “ciao” e con la spiegazione che non voleva solo una botta e via con lei, come tredici anni prima, ma che voleva avere una relazione più duratura, anche se come amanti. Vittoria non era molto d’accordo, ma gli aveva detto che anche lei la voleva. Poi lui l’aveva bloccata su whatsapp. Mentre qualche giorno prima su Instagram. E, nel momento in cui gli aveva chiesto spiegazioni su Facebook, lui l’aveva bloccata anche là.
E Vittoria si era ritrovata nuovamente a dover combattere per superare la delusione, e l’essere stata ferita, e a tornare alla vita di tutti i giorni.
Per fortuna, il lavoro l’aiutava a non pensare. Fino a quel momento.
“Sono al lavoro, non ho tempo”, gli rispose.
“E quando, allora?”
Quando? Bella domanda. Non sapeva nemmeno se aveva voglia di rischiare di prendere un’altra delusione.
Vittoria abitava da sola, in una piccola villetta alle porte di Roma, non lontano a dove lavorava Manuele. Gli scrisse un ultimo messaggio, sapendo che se ne sarebbe pentita subito dopo.
“Passa a casa mia verso le 17, se puoi”, e aggiunse l’indirizzo.
“Ok, a dopo”, fu la sua pronta risposta.
Vittoria mise via il cellulare e cercò di concentrarsi per quella mezz’ora che le era rimasta da fare quel giorno, ma nel frattempo il suo cervello stava elaborando un piano per fargliela pagare perché, nonostante fossero passati tredici anni dall’ultima volta, conosceva benissimo i suoi punti deboli, come lui conosceva i suoi, purtroppo.

Manuele mise via il telefono e si immise nel traffico per poter tornare in magazzino a lasciare il furgone delle consegne.
Aveva riallacciato i contatti con Vittoria un paio di mesi prima, quando lei lo aveva cercato su Instagram. E lui aveva colto la palla al balzo, perché lei gli era sempre piaciuta e quell’unica volta tredici anni prima non gli era bastata affatto.
Non sapeva se fosse una buona idea andare a casa di Vittoria, ma non riusciva a fare a meno di lei. Ci aveva provato, seriamente, prima bloccandola su Instagram quando gli aveva scritto: “Ultima possibilità, sicuro domani niente?”…era una tentazione troppo grossa.
Poi però, qualche giorno dopo, aveva deciso di scriverle su whatsapp, per chiarire, anche se lei diceva che non c’era bisogno, perché capiva. E invece no, non capiva che lui, sì stava bene con la sua compagna, ma stava bene anche con lei, e la voleva con tutte le sue forze, ma non per una volta sola o due. Si ricordava ancora il suo corpo dopo tredici anni. E, quando si videro fugacemente una mattina in cui lui provò in tutti i modi a farla cedere, quello che riuscì a vedere sotto i jeans stretti e la maglietta attillata, che provò a toglierle, gli fece capire che quel corpo che tredici anni prima era bello ma un po’ acerbo, ora era diventato stupendo e più maturo.
Dopo quell’incontro, lui era riuscito a convincerla a ripetere l’esperienza passata, una mattina prima che andassero al lavoro, in un posto appartato che aveva la funzione di accogliere coppiette che cercavano intimità, ma poi si era spaventato, per le emozioni che Vittoria gli faceva provare, con il suo provare a torturarlo con foto e frasi. E ci riusciva alla grande! Quindi le aveva detto che ci aveva pensato e che non era il caso che continuassero, ma poi lui l’aveva ricontattata, lei gli aveva chiesto se l’aveva bloccata su Instagram e lui aveva mentito spudoratamente, dicendo che non sapeva nemmeno come si bloccassero le persone né su Instagram né su Facebook.
Lei gli aveva creduto e gli aveva dato una seconda possibilità, ma Manuele si era spaventato nuovamente per le emozioni che provava, e l’aveva bloccata anche su whatsapp, prima di andare a prendere sua figlia dall’ex per il weekend.
Allora lei gli aveva scritto su Facebook, dove non erano neppure più amici, dicendogli che non sapeva a che gioco stava giocando e, se martedì voleva darle spiegazioni, perché si ricordava che lunedì era il compleanno della figlia, lei era pronta ad ascoltare, se no pazienza. Lui l’aveva bloccata anche su Facebook.
Ora, dopo un paio di settimane, sentiva ancora la sua mancanza e si pentiva di averla trattata così. Ed ecco il messaggio di quel giorno.
Vittoria era stata fredda, forse perché stava lavorando, lui lo sapeva, ma probabilmente perché era arrabbiata, e a ragione!
Ma gli aveva proposto di andare a casa sua, e Manuele aveva accettato, tanta era la voglia di vederla. Ma doveva aspettare le cinque del pomeriggio!
Entrò in magazzino che erano le 16. Aveva ancora un’ora di tempo. Guardò sul navigatore quanto ci voleva dal magazzino a casa di Vittoria e, con il traffico inesistente essendo entrambi i luoghi fuori Roma, ci volevano dai 25 ai 30 minuti. Bene, aveva tutto il tempo di preparare un discorso di scuse e un piano di seduzione.

Vittoria uscì dallo studio dove lavorava alle 16 in punto. La differenza tra l’interno con l’aria condizionata e il fuori con il caldo di luglio, era impressionante. Salì in auto, accese l’aria condizionata, e in 20 minuti arrivò a casa. Mise l’auto in giardino, sotto la pergola che suo padre gli aveva montato per non far stare il mezzo sotto al sole, ed entrò in casa.
Solitamente faceva merenda appena tornata, ma quel giorno aveva lo stomaco chiuso, quindi andò in camera, si mise il costume da bagno e, con l’asciugamano e il cellulare in mano, tornò in giardino e si tuffò in piscina, per rinfrescarsi.
Nuotò con foga, sperando di scaricare la tensione che sentiva, fino a quando il suo telefono squillò e, vedendo chi era, rispose. Il suo piano aveva inizio.

“Pronto”, gli rispose Vittoria.
“Sono qui fuori. Numero 25, giusto?”
“Perfetto” disse lei. “Il cancelletto è aperto, entra pure. Gira a sinistra e poi a destra. Sono in piscina” e riattaccò, senza lasciargli il tempo di rispondere.
In piscina, perfetto! Pensò, sarcastico. E al telefono sembrava tutto fuorché contenta di sentirlo, anzi. Gli era sembrata piuttosto arrabbiata.
Seguì le istruzioni di Vittoria ed arrivò nel momento esatto in cui lei stava uscendo dall’acqua e, dandogli le spalle, si avvolgeva nell’asciugamano.
“Salve”, la salutò, non volendole comparire alle spalle all’improvviso, anche se la tentazione di abbracciarla da dietro e baciarle il collo a tradimento era troppo forte. Ma doveva giocarsi le sue carte nel modo giusto, e quello non lo sarebbe stato.
Vittoria si girò, nei suoi occhi castani lui vi lesse tutta la rabbia che covava probabilmente da settimane.
“Ciao”, gli disse, dirigendosi verso una sdraio. “Volevi parlarmi, e allora parla”.
L’inizio non era promettente, ma Manuele decise di ignorare il suo malumore.
“Non mi inviti prima a farmi un bagno in piscina?” , le domandò.
“Hai il costume?”
A un suo cenno di diniego, lei aggiunse: “Allora no.”
“Potrei farlo nudo, però” suggerì lui, ma Vittoria lo fulminò con lo sguardo.
Dio, com’era più bella arrabbiata. Certo, era una frase classica, ma corrispondeva al vero. Quel fuoco che le bruciava negli occhi la rendeva ancora più attraente.
“Ok, come non detto” cedette Manuele. “Posso sedermi vicino a te, almeno?”
Vittoria gli indicò lo spazio vicino a lei e, sempre con l’asciugamano ben stretto intorno alla vita, i lunghi capelli castani raccolti in una crocchia ancora bagnata, si mise a gambe incrociate, pronta ad ascoltarlo.
“Ti devo chiedere scusa”, esordì Manuele.
“Scusa di cosa?”, chiese Vittoria, il tono per niente dolce. “Di esserti preso gioco di me? Di avermi bloccato ovunque nonostante tu avevi dichiarato di non sapere nemmeno come si faceva? Di cosa, di preciso?”
“Di tutto”, rispose lui, guardandola negli occhi. O almeno cercando di farlo. Lei rifuggiva sempre il suo sguardo, l’aveva sempre fatto.
“Guardami, Vic”, le disse, chiamandola col nomignolo che usava anche tredici anni prima. “Per una volta, guardami. Sono serio. Ti chiedo scusa, ma ho avuto paura.”
In quel momento Vittoria alzò lo sguardo e lo guardò, scettica a sentire quelle parole.
“Paura di cosa, scusa?”, chiese. “Sei tu che ci hai provato fin dall’inizio e io, cercando di fare la brava, ti ho resistito, perché tu sei impegnato, ma avevo comunque voglia di rivederti. E, una volta che ho ceduto e ti ho detto: facciamolo, tu sei scappato, bloccandomi ovunque. E per fortuna che non eri capace a bloccare le persone su Instagram e Facebook. Se ne fossi stato capace, cosa avresti fatto? Hackerato i miei profili, cancellandoli?”
Manuele non l’aveva mai sentita parlare con quel tono duro e glielo disse.
Lei rispose: “È un tono che uso solo quando sono ferita, delusa e arrabbiata, tutto insieme. E non capita spesso, anzi!”
Ed era stato lui a provocarle tutti quei sentimenti brutti, quando le uniche sensazioni che voleva farle provare erano felicità, piacere ed eccitazione. Ma avrebbe rimediato. Eccome se l’avrebbe fatto.

Il piano di Vittoria era quello di fargli vedere ciò che si era perso, eccitarlo e poi mandarlo allegramente a fare in culo. Ma tutto ciò che le era uscito finora, era il suo rancore.
“Hai ragione, scusa” le disse Manuele, dispiaciuto. O almeno così le sembrava, ma ormai Vittoria non si fidava del suo giudizio per quanto riguardava l’essere umano. “Ho avuto paura”, ripeté lui.
“Di cosa, scusa?” gli chiese lei, non riuscendo a capire.
“Sono stato sopraffatto dalle emozioni” rispose Manuele, guardandola negli occhi. Lei trovava difficile guardare negli occhi le persone che non conosceva bene. E, nonostante il sesso fatto tredici anni prima, avevano perso i contatti e conoscere era una parola grossa per quanto riguardava loro due.
“Sono confuso per quanto ti voglio” continuò lui, sorprendendola. “Prima che tornassi nella mia vita, stavo bene con la mia compagna. Non che ora non ci stia bene, sia chiaro, ma ti voglio più di quanto io voglia lei, e questa cosa mi fa paura”.
Vittoria era stupita. E anche scettica. Che la volesse era chiaro da quel giorno in cui si sono rivisti. Nonostante non sia successo nulla tra loro, lei aveva sentito perfettamente il rigonfiamento tra le gambe di Manuele quando l’aveva abbracciata. Ma quello fa parte della natura umana. Quindi non l’aveva spaventata o sorpresa. Invece le parole di lui, sì. E, anche se era scettica, in qualche modo sentiva che era la verità.
“E quindi?”, gli chiese. “Che vuoi fare? Continuare a scappare o affrontare questo desiderio che provi?”
“Tu mi vuoi ancora?”, chiese Manuele di rimando.
Lo voleva ancora? Purtroppo sì, ma non voleva dargli questa soddisfazione.
“Non lo so”, rispose quindi.
“Posso provare a farti cambiare idea”, disse Manuele, avvicinandosi un po’ di più a lei, e non era una domanda, bensì un’affermazione. Era sempre stato così sicuro di sé, sotto questo aspetto.
Vittoria non poteva allontanarsi di più, visto che la sdraio era finita, e l’unica cosa sarebbe stata alzarsi, ma non voleva dargli la soddisfazione di vederla scappare. Quindi rimase immobile, le mani poggiate sulle gambe incrociate.

Vedendo che Vittoria non si muoveva, Manuele, arrivato a un palmo dalle sue gambe, le prese le mani tra le proprie e la attrasse a sé, per baciarle il collo, quello che sapeva essere il suo punto debole.
Vittoria si mise seduta con le gambe ai lati della sdraio e lui ne approfittò per cancellare quegli ultimi centimetri che separavano i loro corpi.

Iniziò a baciarle il collo e Vittoria chiuse gli occhi, estasiata dalle sensazione che le faceva provare, ma cercò di tornare in sé. Il suo piano le si stava rivoltando contro!
“Aspetta, Manu” gli disse. “Non possiamo”.
“Perché?”, chiese lui, continuando a baciarla.
“Perché sono ancora arrabbiata con te” rispose Vittoria, con difficoltà. Anche perché quell’arrabbiatura stava pian piano scomparendo, sostituita dall’eccitazione. “E poi non è giusto”
“Se ti fa star bene, è più che giusto” disse Manuele, dando tregua al suo collo e guardandola negli occhi. Vittoria cercò di sostenere il suo sguardo, ma lo fece con difficoltà. Anche perché lui vi avrebbe letto tutta la sua eccitazione.
“Lasciati andare, Vic” le sussurrò.
Vittoria avrebbe veramente voluto lasciarsi andare, anche perché era tanto che non lo faceva, quindi annuì.

Manuele vide quel cenno di assenso che Vittoria aveva fatto, così lieve che potrebbe pure averlo immaginato. Ma no, era sicuro che lei aveva dichiarato la resa.
“Fidati di me” le disse, facendola sdraiare, con lui che rimaneva seduto accanto a lei.
Le aprì l’asciugamano, mettendo in mostra il suo corpo coperto solo da uno striminzito costume nero, che avrebbe voluto strappare via, ma doveva andare piano e godersi ogni momento.
Le accarezzò il viso, scendendo fino al collo e sentì i brividi di piacere percorrere il corpo di Vittoria. Scese a baciarla dove fino a un attimo prima c’erano le sue dita e lei tremò. La fece sedere e mentre la baciava, le sciolse il nodino del costume dietro la nuca, poi quello dietro la schiena.
Tenendo il costume con una mano al suo posto, la fece stendere nuovamente, per poi abbassarlo con il mento, mentre le sue labbra cercavano un capezzolo. Glielo baciò, poi andò dall’altro facendo la stessa cosa.
Lanciò il pezzo sopra del bikini a terra e le guardò il seno, i capezzoli dritti, pronti per essere di nuovo baciati, leccati, morsi.
Dio, com’era bella! Il suo volto non riusciva a nascondere il desiderio e l’eccitazione che provava. Manuele la voleva ancora di più.

Manuele continuava a fissarle il seno, che quando era distesa sembrava quasi piatto, avendo una semplice seconda misura, e Vittoria si sentiva molto in imbarazzo. Quindi se lo coprì con le braccia, ma Manuele gliele tolse.
“Se ci riprovi, ti lego” la minacciò con fare suadente.
Quella frase eccitò maggiormente Vittoria e Manuele se ne accorse.
“Vedo che non ti dispiace, se lo faccio” disse, con un ghigno.
Quindi riprese il costume da terra, i suoi polsi e glieli legò assieme, per poi bloccarli su una stecca del lettino.
Vittoria sentì un liquido scenderle tra le gambe, e non era dovuto dall’acqua della piscina. Era molto eccitata e strinse le ginocchia tra loro, in modo da cercare una specie di conforto. Madonnina, era tanto che non si sentiva così.
“Perché stringi così le ginocchia, Vic?” le domandò Manuele, con un sorriso. Aveva capito, lo stronzo.
“Per non darti fastidio” rispose Vittoria, con voce rauca come se non parlasse da giorni.
“Ma non mi dai fastidio, anzi” le rispose Manuele, allargandole le gambe e mettendosi in ginocchio ai piedi del lettino.
Le toccò la vagina da sopra il costume bagnato, provocandole l’ennesimo brivido di piacere. Ma che potere avrà quell’uomo sul suo corpo?
“Interessante” disse lui.
“Cosa?” domandò Vittoria.
“Come sei reattiva, Vic”
Manuele le fece alzare il sedere e le tolse il pezzo sotto del bikini, esponendola in tutta la sua nudità. Vittoria si sentiva troppo esposta, così, nuda in giardino, soprattutto con lui totalmente vestito. Per fortuna che il suo giardino era riparato da occhi indiscreti grazie ai muri alti.
“Tu sei tutto vestito” gli fece notare quindi. Ma lui la ignorò, e invece le allargò ancora di più le gambe e con le dita le accarezzò la cuoca, allargandole le grandi labbra.
“Stupenda, più di quanto mi ricordassi” sussurrò, con il fiato che le solleticava la vagina già bagnata.
Cosa che a lui non sfuggì di certo. “Tutta bagnata” disse infatti. “E solo per me” aggiunse, sicuro di quello che stava dicendo.
Che montato!, pensò Vittoria, ma qualsiasi altro pensiero andò a farsi fottere quando lui iniziò a fotterle la vagina con la lingua.
Vittoria voleva coprirsi la bocca per non urlare, ma i suoi polsi erano legati al lettino. Quindi si morse il labbro inferiore, ma questo non le impedì di genere.

Manuele sentì il gemito di Vittoria e gongolò a quel suono.
Guardò la parte più intima di Vittoria, quella a cui tredici anni prima non aveva dedicato abbastanza attenzioni, limitandosi a scoparla. Ma ora aveva tutte le intenzioni di venerarla.
Già prima che la leccasse era bagnata, anzi fradicia, e non credeva che c’entrasse l’acqua della piscina. La vista delle grandi labbra lucide gli faceva venire voglia di penetrarla subito, ma resistette alla tentazione e si concentrò a farle provare piacere. Il suo obiettivo era farle raggiungere più di un orgasmo e ci sarebbe riuscito, cascasse il mondo!
Le passò la lingua dal clitoride fino all’ano, quella parte che per lei era off limits, ma su quello ci sarebbero tornati.
Le leccò il buchetto del sedere e sentì che lei si irrigidiva, quindi per ora lasciò perdere e le succhiò il clitoride.
“Dio” gemette Vittoria.
“Lui non c’entra, piccola” la informò, poi glielo morse e vide la sua vagina contrarsi per l’eccitazione.
Glielo leccò e le infilò due dita all’interno, e iniziò a muoverle.

Vittoria per poco non venne appena Manuele inserì due dita all’interno della sua vagina. Poi quando iniziò a girarle all’interno, le scappò un urlo.
“Shh” le sussurrò Manuele, ma sentiva che sghignazzava, il bastardo!
Manuele alzò lo sguardo per guardarla e intanto muoveva indice e medio al suo interno, mimando l’atto sessuale e sbattendo ogni volta con il pollice contro il clitoride, mandandole scariche di piacere.
“Fammi vedere quanto ti piace” le disse, aumentando il ritmo. “Vieni per me, Vic”
E lei venne. Un potente orgasmo la inondò da capo a piedi, facendole tremare tutto il corpo.
Santissima madonnina, un orgasmo così forse non l’aveva mai avuto.

Manuele la guardò venire. Ed era stupenda. Rallentò il movimento delle dita, fino a fermarsi e toglierle. Quindi le slegò i polsi e glieli massaggiò, mettendosi nuovamente seduto sul lettino vicino a lei.
Dopo qualche minuto Vittoria lo guardò e chiese: “Che è successo?”
“Davvero non lo sai?” le domandò Manuele, sorpreso.
“Sì, lo so” rispose lei. “Solo che non mi era mai successo…cioè, ho avuto orgasmi, ma mai…”
Era imbarazzata ed era stupenda.
“Mai così intensi?”, le venne in soccorso Manuele.
Vittoria annuì. Manuele la guardò: era arrivata l’ora di farle vedere veramente quanto la voleva.
Si alzò e, sotto il suo sguardo languido, si spogliò. Prima la maglia e, anche se aveva superato i quaranta e non aveva più il fisico di tredici anni prima, Vittoria lo guardava affascinata. Poi toccò alle scarpe, calzini e infine i pantaloncini, che vennero via in contemporanea con i boxer.
Il suo cazzo era sull’attenti, consapevole che era arrivato il suo momento.

Vittoria si mise seduta mentre si gustava quello spogliarello privato. Quando il suo pene fu libero dalla gabbia dei vestiti, Vittoria allungò una mano e lo prese.
“Vic?” Manuele era molto eccitato, e non era solo il suo membro a tradirlo, ma anche la voce.
Vittoria non disse nulla, lo accarezzò soltanto, dalla base alla cappella e viceversa.
Con la bocca andò ai testicoli e glieli leccò, godendosi il gemito di Manuele. Glieli succhiò e di nuovo glieli leccò, per tutta la loro lunghezza, fino alla base del pene.
Quindi fu il turno del suo cazzo di godere della sua bocca. Gli passò la lingua per tutta la lunghezza dell’asta, fino alla cappella, che mise in bocca, solo quella, succhiandola.
“Vic, smettila” le disse Manuele.
“Devo, Manu?” lo sfidò Vittoria.
“Sì, no, Gesù”
“Lascia stare Gesù” lo prese in giro lei.
“Fanculo!” esclamò allora Manuele, staccandosi da lei e spingendola sul lettino. Le si mise tra le gambe e, con un’unica spinta, la penetrò.

Si aspettava che Manuele godesse ancora un po’ della sua bocca, ma a quanto pare Vittoria si era sbagliata. Quando lui la penetrò con un’unica spinta, Vittoria si sentì come volare, ogni spinta di Manuele volava sempre più in alto, fino a quando lui non prese a succhiarle il collo.
E allora Vittoria venne, andando sempre più in alto, per poi ridiscendere piano, e ritrovarsi tra le braccia di Manuele che continuava a spingere, fino a quando, con un ringhio, uscì dal suo corpo e le venne in mezzo ai seni.
Entrambi si ritrovavano con il fiatone, nemmeno avessero corso una maratona, ma soddisfatti.
di
scritto il
2025-09-25
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