La puttana dei vicini

di
genere
tradimenti

Mi chiamo Marco, ho quarantadue anni. Sono sposato da dieci anni con Anna, che ha tre anni meno di me. Non abbiamo figli, non siamo mai riusciti ad averli. Da alcuni controlli la colpa, se così si può dire, è risultata essere mia. Anna non mi ha mai fatto pesare la cosa e ormai ci siamo rassegnati. Voglio raccontare qualcosa che ha cambiato per sempre la nostra vita di coppia, aprendo scenari che mai avrei potuto immaginare. Lo scorso anno ci siamo trasferiti in un appartamento nuovo, molto bello. I nostri vicini erano tre studenti universitari. Come si può immaginare, a vent'anni si dedicavano un po' allo studio ma anche molto alla bisboccia. E così qualche sera mi trovai a lamentarmi con Anna del rumore che proveniva dalla parete che confinava con il mio studio. Musica, o semplici schiamazzi. Scoprii più tardi che quella parete dava sul loro salotto, dove avevano la televisione, il divano, la playstation, e dove passavano spesso le serate a chiacchierare, fumare canne, bere. Erano tre studenti provenienti dal meridione, che si conoscevano già dall'adolescenza. Erano molto affiatati. Luca era basso e spigliato, il più strafottente dei tre. Vincenzo era corpulento e silenzioso, a volte anche un poco burbero e apparentemente aggressivo. Michele era quello atletico dei tre. Gareggiava nel nuoto e aveva un fisico e una statura invidiabile. Certamente non come me, che negli ultimi anni mi ero decisamente lasciato andare.
Una sera che i tre mi sembravano stare esagerando fui costretto ad andare a suonare alla loro porta per dirgli di smetterla con la musica a tutto volume. Fui accolto freddamente, nessuno di loro mi chiese scusa ma abbassarono un po' il volume.
Dissi ad Anna che non ero contento di quel comportamento, e che avrei avvisato l'amministratore. Lei mi disse di non esagerare, che si stavano solo divertendo. Una sera furono loro a venire a suonare al nostro companello. Andò ad aprire Anna, vestita solo di leggins e canottiera. Era Michele, il bel fusto, che ci chiedeva se avessimo da prestargli un cavatappi, che il loro si era rotto.
Per forza, con quel che bevevano. Michele ringraziò Anna con entusiasmo, non prima di averle regalato uno sguardo allupato. I tre avevano quella sera ospiti delle ragazze, e fino a notte inoltrata si sentirono risate e rumori. Per addormentarmi dovetti prendere delle gocce.
L'indomani Anna mi disse che i ragazzi le avevano riportato indietro il cavatappi.
-Chi è venuto?
-Il ragazzo di ieri, quello alto.
-Quello muscoloso.
-Dici?
-Non mi dire che non te ne sei accorta.
-Non ci ho fatto caso.
-Di certo lui ha fatto caso a te. Ieri ti guardava come un cane affamato.
-Ma smettila, per loro sono insignificante. Hanno le loro coetanee da guardare.
Scoprii più avanti che quel pomeriggio Michele approfittò della riconsegna per dare il suo numero ad Anna e ricevere il suo. La scusa era che se ci fosse stata un'emergenza avrebbero potuto avvisarsi a vicenda, da buoni vicini. Sempre settimane dopo scoprii che da quel giorno Michele cominciò una lenta danza di corteggiamento verso Anna, prima con modi gentili ed eleganti, poi sempre più esplicito. Quel giorno si limitò a dirle che era molto contento di averla come vicina. Anna, non so se ingenuamente, gli rispose “come mai?”, al che lui le disse semplicemente che non aveva mai avuto una vicina così bella. Lei gli diede del bugiardo, con un emoticon che rideva. Lui non le rispose, probabilmente certo di stare attirando verso di se la matura vicina sposata.
I contatti tra i due proseguirono, fino a che una sera tornando da lavoro non trovai Anna. Aveva lasciato il telefono a casa. Dopo mezzora rincasò, tutta sorridente.
-Ero qui di fianco dai ragazzi. Sono proprio simpatici.
-E come mai eri da loro?
-Stasera fanno una festa e mi hanno chiesto di aiutarli con la preparazione di una torta salata.
-Una festa? Io domani ho una riunione!
-Mi sono fatta promettere che dopo mezzanotte spegneranno la musica.
-Sono sicuro sarai stata convincente.
-Cosa intendi dire?
-Quelli la festa la vogliono fare a te.
-Ma smettila. Sei geloso di quei ragazzi che potrebbero essere nostri figli.
Quella sera la festa si protrasse fino a ben dopo la mezzanotte, e finii per non riuscire a dormire, tanto che mi spostai nello studio a lavorare. Mi trovai ad origliare dall'altra parte, i tre stavano dandosi da fare. Uno di loro, mi pareva quello grosso, Vincenzo, evidentemente non aveva voglia di andare in camera, visto che si stava sbattendo una tipa in sala. Sentivo i loro gemiti nemmeno troppo celati. Poi ascoltai altre voci, e capii che i suoi due coinquilini si stavano unendo. Inizialmente la ragazza sembrava titubante, ma dopo pochi minuti iniziò a godere come una troia sotto le mani dei tre porci. Dovevano essere affiatati, perché non le lasciavano scampo. Mi trovai con il cazzo duro e dovetti masturbarmi. Questo mi conciliò il sonno. Lasciai i quattro alla loro orgia e me ne tornai a letto. Prima di chiudere gli occhi ebbi un flash, immaginando Anna al posto di quella ragazza. Il cazzo mi tornò subito duro, come raramente succedeva. Mi masturbai ancora, questa volta immaginando Anna alle prese con quei tre. Venni in fretta. Ero sconvolto.
L'indomani fu una giornata faticosissima, riunioni su riunioni. Tornai a casa verso le otto di sera, sfinito. Anna non c'era, e anche questa volta vidi il suo telefono sul tavolo. Immaginai fosse di nuovo dai vicini, chissà questa volta con quale scusa. Rimasi in ascolto, e trovai il modo di ascoltare quello che si dicevano. Stavano parlando di un film, mi pareva. Anna sembrava molto a suo agio. Le avevano offerto da bere. Trovai un punto nel muro da dove le voci arrivavano distinte. Era come essere in casa loro. Si stavano adesso salutando, ma Luca, il guappo, prima di congedare Anna la invitò a una festa per quel sabato. Aggiunse che se proprio doveva poteva portare anche me, definito il maritino. Tutti risero, credo anche Anna, che aggiunse che io però non ero proprio un tipo da feste. Subito Luca ne approfittò per ribadire che se fosse venuta da sola sarebbe stato uguale, anzi meglio.
Con Anna feci finta di niente, quando rientrò. Aveva l'alito che sapeva di vino, ed era molto elettrica. Le chiesi come mai quella euforia. Mi rispose che era dovuta al fatto che quel giorno aveva potuto lavorare poco ed aveva quindi molte energie. Io invece confessai la mia spossatezza, ma lei aveva voglia di fare la gatta, si strusciava, mi strofinava la mano sul cazzo. Non ricevette reazione, e presto si staccò un po' scocciata. Le chiesi scusa, ma non ebbi risposta.
Il sabato Anna mi disse finalmente della festa dai vicini, aggiungendo che ci avevano invitati ambedue. Decisi di stare al suo gioco, e finsi un impegno con un mio amico. L'asta del fantacalcio. Lei non provò nemmeno per un secondo a convincermi, disse che era un peccato e che ci saremmo rivisti dopo a casa. Uscii prima di lei e appena giù in strada restai a guardare le luci del nostro appartamento. Non appena vidi tutto spento mi fiondai di sopra, mettendomi all'ascolto nella posizione che avevo individuato come perfetta. Di là c'era una festicciola poco numerosa. Oltre ai nostri tre vicini c'erano altri due ragazzi, una coppia, ed una ragazza. Non sembrava una festa particolarmente riuscita, ma scoprii più tardi che i tre avevano inscenato quell'evento solo per fare andare da loro Anna. Diabolici bastardi.
Così verso le undici e mezza, cosa inusuale, gli ospiti iniziarono ad andarsene, e Anna rimase sola con i tre.
-Ragazzi, allora tolgo anche io il disturbo.
-Ma cosa dici!? Tu resta. Anzi, apriamo un'altra bottiglia solo per noi. Per noi vicini.
-Ho già bevuto un sacco.
-Ma dai, tanto non devi guidare. Abiti qui di fianco.
-Va bene. Tanto Marco sarà ancora fuori.
-Ma sì, non ci pensare. Lascialo al fantacalcio. Lui e i suoi amichetti.
-Finiranno per incularsi tra di loro.
-Smettetela, su. Non esagerate.
Ma anche lei si fece scappare una risata, complice il fatto che Luca aveva accesso una canna e se la stavano passando di mano. Anna compresa, che rideva come un'oca.
-Dai, vi aiuto a mettere a posto.
-Ma no, non ti preoccupare, goditi la serata. Metteremo a posto domattina.
-Sì Anna, stasera sei la nostra regina. E noi i tuoi schiavi.
E giù risate.
-Sì, puoi ordinarci di fare quello che vuoi.
-Esprimi un desiderio, dai.
-Ma non saprei, ci devo pensare.
-Forza, quello che vuoi. Cosa ti piace?
I tre erano seduti intorno a lei sul divano. Le passavano la canna e le riempivano il bicchiere. Anna si sentiva accaldata e continuamente accavallava le gambe. Era andata da loro con un vestitino leggero, estivo. Sotto indossava intimo nero. Ai piedi dei sandali legati alla caviglia. Era estremamente arrapante.
-Se non decidi tu allora ci pensiamo noi.
-Ah sì, e sentiamo cosa avreste pensato.
Non capivo se Anna facesse la tonta o li volesse provocare. Forse non si rendeva conto di stare stuzzicando quelle belve.
-Hai vinto un massaggio!
-Un massaggio?
-Esatto. Grazie a Michele siamo diventati tutti e tre massaggiatori professionisti.
-Ma davvero?
-Sì, abbiamo anche il lettino. Dai Vincenzo, vallo a prendere.
-Ma no ragazzi, non credo sia il caso. È anche tardi.
-Ma no, che dici. Non è nemmeno mezzanotte, è sabato sera.
-Sì, è il tuo maritino si starà facendo le seghe con i suoi amici.
-Ma basta, su, con questa storia. Marco non è gay.
-Ma sei sicura? Ha preferito andare con i suoi amici e lasciare questo pezzo di figa da sola.
-Sì, sei davvero una femmina incredibile.
-Ragazzi, ma che dite. Sono una tardona per voi.
-Ti ho già dimostrato che non lo sei, anzi.
Era Michele che parlava, accennando al fatto, che avrei scoperto tempo dopo, che lui una sera, dopo averla incontrata in ascensore, le aveva mandato una sua foto seminudo, con una paurosa erezione che si intravedeva dai boxer. Anna gli aveva risposto senza arrabbiarsi, dicendo che vedeva bene quanto era eccitato. La cosa era finita lì, ma adesso tutto stava arrivando a compimento.
-Su, stenditi.
-Vado a prendere l'olio.
-Io abbasso le luci.
-Metto una musica adatta.
In pochi attimi i tre avevano attrezzato una perfetta sala massaggi. Anna era ancora in piedi, vestita.
-Devi toglierti il vestito, Anna.
Adesso gli ordini li davano loro, e lei sembrava un po' succube, in soggezione.
-Non ti vergognare.
-Siamo professionisti.
La aiutarono a sfilare il vestitino, e gà nel vederla solo in intimo i loro cazzi si indurirono assai.
-Stenditi.
Una volta stesa le tolsero i sandali, carezzandole i piedi delicatamente. Anna emise il primo sospiro.
-Ti piace?
-Molto rilassante, sì.
Ma non era certo rilassarla, il loro progetto. I tre si erano intanto spogliati, rimanendo solo in intimo anche loro. I loro corpi giovani splendevano alla luce delle candele. Al centro c'era Anna, la loro preda, il cui corpo procace e pallido era al centro della scena. Mentre due continuavano a massaggiarle i piedi, uno le faceva colare l'olio sul collo e sulla schiena. Senza chiedere le slacciò il reggiseno, lasciando la pelle libera sotto le sue mani. Anna si godeva sei mani che la percorrevano. Un po' per il vino, un po' per la marjuana, e anche per una crescente eccitazione, faticava a seguire le direzioni dei loro tocchi. Di chi erano le dita, le mani. Si stava lasciando fare. Ora le massaggiavano le braccia, ora le mani, ancora i piedi, le gambe, la schiena, i glutei. Non provava nemmeno più a fermarli.
-Distendi la schiena.
Le parlavano nell'orecchio, con voce bassa. Erano ordini suadenti.
La fecero disporre con la schiena tesa, le braccia allungate davanti a se. In questo modo aveva il culo in alto. Non fece nulla per coprirsi le mammelle, che ore pendevano gonfie e pesanti verso il lettino. Il reggiseno era rimasto sotto. Subito due dei maschi si impossessarono dei suoi seni, prima con carezze leggere, poi aggiungendo i capezzoli duri e gonfi della donna. A quel punto Anna liberò il fiato, emettendo un gemito di goduria pura e incontrollata.
-Ragazzi, che mi state facendo.
Era una ridicola opposizione, subito cancellata dalla definitiva resa. Infatti dietro di lei Luca le stava abbassando le mutandine, portandole alle ginocchia. E subito con le mani le allargava le natiche, aggiungendo con la lingua la figa fradicia di Anna. Iniziò un lento lavoro di lingua e mani. Arrivava fino al buco del culo, indugiava sull'anello di carne, poi tornava giù. La femmina era calda e bagnata. Non fingeva più ritrosia o imbarazzo. Stava diventando la loro troia.
-Ora ti scopiamo per bene.
La fecero scendere dal lettino e la misero in ginocchio. I cazzi attorno a lei. Iniziò a succhiare e segare quei tre bei pezzi di carne.
Fu Michele il primo a infilarle il cazzo in figa. Era il premio di riscuotere per aver portato lui la femmina. Funzionava così. Le troie che si condividevano avevano un diritto di prelazione da parte di chi le aveva coinvolte per primo.
Anna tornò a casa sua verso le due. Se l'erano sbattuta per bene, in ogni dove. Anche il culo le avevano fatto, quei bastardi. Ci sapevano fare, aveva goduto tanto anche con un cazzo nel culo. Aveva ingoiato tanta sborra, e tanta ne aveva addosso. Si fiondò nella doccia senza nemmeno verificare se Marco fosse tornato. E dalla doccia cadde sul letto, nuda, sfinita, soddisfatta. Marco osservò tutto nascosto nell'ombra, come il suo nuovo ruolo di cornuto gli comandava. Nuovo, poi. Chissà se Anna era così ingenua come pensava. Chissà se quella era la prima volta che lo tradiva. A giudicare dalla maniera in cui si era data ai tre stalloni, il dubbio veniva.
Marco fece passare settimane, prima di decidere cosa fare. Nel frattempo la loro vita proseguiva apparentemente uguale e placida. Anna non era più tornata dai vicini. Ogni tanto Michele le scriveva qualche porcata cui lei rispondeva facendo la finta timida. Lui le diceva di tornare di là, che la aspettavano. Lei lasciava in sospeso la risposta, combattuta tra la voglia del suo corpo e il dubbio della sua mente. Sentiva di stare scivolando in un abisso di peccato e lussuria da cui sarebbe stato difficile venire fuori. E poi suo marito? Il suo Marco? Che ne sarebbe stato di loro due?
Marco decise di reagire a suo modo. Silenziosamente, con pacatezza. Scrisse una lettera a Anna, e gliela lasciò sul tavolo della cucina. Nella lettera le diceva che sapeva tutto, e che lasciava a lei decidere cosa fare. Se continuare, smetterla, se stare ancora insieme con lui.
Lei lesse in piedi, ferma, quella lettera. Era la lettera di un uomo debole, ma che la amava. Ma quell'essere spaventato lasciava a lei scegliere per ambedue. Quando suo marito tornò non si scambiarono saluti, nemmeno parole. Lui camminò come al solito verso lo studio, poi il bagno. Cenarono in silenzio. Lui tornò nello studio. Lei comparve sulla soglia. Aveva degli short minuscoli, e una canottiera. Non indossava intimo. I capezzoli spiccavano dal tessuto. Il suo culo era perfettamente incorniciato. Andò verso Marco e gli diede un bacio sulla fronte, come si fa con i bambini.
Poi uscì di casa e si diresse all'appartamento di fianco. La aspettavano, li aveva avvisati. Marco ascoltava prima il silenzio, poi alcune parole. Infine iniziarono i respiri e i gemiti. Le urla. Anna sapeva che lui stava ascoltando. I tre se la fottevano di gusto e con furore. Le fecero di tutto per quasi due ore. Anna tornò tutta stropicciata e stravolta, lo trovò nello studio, sulla sua sedia, con il pantaloni abbassati, il cazzo ormai moscio e sfiancato dalle tre seghe fatte ascoltando sua moglie, la sua Anna, abusata e scopata da tre uomini proprio lì di fianco.

mirandomirandam@gmail.com















scritto il
2025-08-13
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