Mia, capitolo primo
di
Milippo
genere
dominazione
Mi specchio dopo la doccia. Il phon spara aria calda sui miei capelli bagnati e il riflesso mi mostra il mio corpo, ancora coperto da gocce d’acqua che evaporano. Quarantadue anni, eppure mi chiedo se sono ancora desiderabile. Mi chiedo se sono mai stata veramente eccitante. Con il mio compagno le cose funzionano, ma è sempre la stessa zuppa riscaldata, giorno dopo giorno. Altri uomini mi vorrebbero?
Guardo i vestiti preparati sul letto: una camicetta bianca e pantaloni a sigaretta. L'outfit di una donna insoddisfatta, invisibile. Chi potrebbe notarla? Un contabile?
La mia vita è un 740 precompilato dall’agenzia delle entrate. Ma sono sempre stata così? Puntuale, preparata, prevedibile. Il modello perfetto per prendere ispirazione e creare la donna base, il modello standard.
Vaffanculo. Voglio una zuppa piccante. Voglio l’ingrediente a sorpresa. Voglio berne a litri e ruttare in pubblico.
Oggi comincia la vita da Spice Girl. Quanto sono anni ‘90.
Lascio perdere il reggiseno e allaccio, poco, troppo poco, la camicia. Mi specchio di nuovo. Il tessuto sottile non nasconde più i capezzoli, irrigiditi dal freddo. Un movimento leggermente più veloce e le curve del mio seno si intravedono. Cosa succede con un bottone in meno? La scollatura mi arriva quasi all’ombelico. Ora basta spostarsi un po’ troppo velocemente e mezzo capezzolo fa capolino. Penso: «Iniziamo la giornata! Vediamo chi sarà il primo a notarmi».
Scendo a fare colazione. I proprietari del B&B, una giovane coppia carina, hanno creato nel tempo un'amicizia con me, basata su affinità e punti di vista comuni. Voglio essere naturale con loro, ma lui sarà il mio primo "test" maschile di oggi.
«Buongiorno!» dico mentre apro la porta.
«Ciao, buongiorno!» risponde la padrona, Sofia, ancora nascosta dietro l'anta del frigo, da cui spuntano solamente le gambe. Sono nude, e sovrastate da una gonna corta e leggera. È in punta di piedi, i muscoli tesi le donano una forma molto provocante. Mi piacciono le gambe delle donne? Registro mentalmente l'esempio che mi dà: anche io devo scoprirle al più presto.
Mi siedo al tavolo. Purtroppo il marito non è presente questa mattina. Mi controllo la camicia. Lo sbalzo di temperatura ha irrigidito ulteriormente i miei capezzoli, sento il tessuto tirare contro la pelle. Non si nascondono più, la loro forma è palese. Non si torna indietro. Sofia sarà la prima cavia del mio test.
Sento chiedere: «Cappuccino?». «Certo!» rispondo.
Arriva al tavolo la mia colazione. Seguo lo sguardo di Sofia. Dopo un attimo, la vedo notare la libertà con cui mi sono presentata quella mattina. Faccio un movimento brusco per spostare la borsetta, apposta. sento che altra pelle è scoperta ora. Mi guarda, mi fissa, mentre appoggia la tazza.
«Grazie!» dico, accarezzandole leggermente la mano.
Da dove mi è uscito questo gesto? Sono sicura di averlo fatto? Lei non si ritrae. Mi sorride.
«Oggi ci sei solo tu! È davvero bassa stagione...» mi dice sedendosi al tavolo affianco. «Che programmi hai oggi?». Sempre carina e interessata.
«Oggi giornata di esami,» rispondo. «Questa mattina sono impegnata, ma pomeriggio sono libera».
«Che fortuna, senza pensieri in giro da sola. Ma scusa come mai rimani qui un'altra notte?».
«Domani ho un incontro di chiusura del semestre. Una noia... ma devo rimanere!».
Un momento di silenzio. Mi chino a fingere di sistemare l'orlo dei pantaloni. Ho provato questa mossa allo specchio. So che esce buona parte del mio seno. Lo sento premere contro le mie gambe mentre mi spingo un po' oltre. Mi rialzo, sapendo di aver scoperto il capezzolo sinistro. Nel riflesso di un quadro vedo me stessa. Mi sento un po' scema, un po' troia, e soprattutto sento che adesso vorrei essere scopata. Cazzo sì, ho voglia.
Mi guarda. «Fai attenzione!» mi dice, mentre con il capo accenna al mio capezzolo destro, ora completamente nudo.
Chiudo gli occhi e prendo fiato. «Scusa...» dico. «Non so che mi sta prendendo…> dico sentendo un’emozione che mi prende la gola. Mi strizza il seno, mi stringe il capezzolo. < Rimani così… Lascia che quei ragazzi vengano bocciati perché distratti da queste tettone!».
Ridiamo insieme. Per davvero.
All'università, mentre consegno i fogli alla classe, giro tra i banchi con il petto in avanti. Oggi sono "la prof troia". Mi piace tantissimo come suona. Dal momento in cui sono uscita dal B&B ho sentito mille occhi sulle mie tette. Donne, uomini, ragazzi. Tutti a sbavare dietro un paio di capezzoli. E io li guardo, li guardo negli occhi. E a chi alzava lo sguardo per guardarmi in faccia, facevo un sorriso. Un sorriso sincero, un invito a godere di questo corpo.
Massimo, il collega del terzo piano, per la prima volta mi ha rivolto la parola e offerto il caffè; gli ho regalato un movimento di troppo. Praticamente ho bevuto il caffè con una tetta di fuori e, per salutarlo, mi sono strusciata sul suo braccio. La collega troia… Chissà se è corso in ufficio a masturbarsi pensando a me.
«Il compito va consegnato tra novanta minuti,» dico alla classe. Mi siedo alla cattedra. Il cellulare attira la mia attenzione. Un messaggio da Sofia.
«A che ora finisci?».
«Verso le 11,» rispondo.
«Vuoi venire in centro con me? Facciamo shopping!».
La proposta mi spiazza ma mi rende veramente felice. «Certo, a dopo!».
Mi attende all'ingresso dell'università. Mi saluta agitando il braccio. Il suo seno è libero e ondeggia vistosamente sotto la maglietta bianca. È un segno di fratellanza. Mi prende sottobraccio. «Andiamo!» dice. Mi porta correndo alla fermata dell'autobus. Mi ha fatto correre apposta? Con tutto quel movimento le mie tette, ormai più fuori che dentro la camicia, attirano subito l'attenzione. Quanti sguardi vogliosi. Mi piace questo gioco.
«Ci sono tre negozi dove ti devo portare,» dice Sofia entusiasta. «Facciamo un piccolo guardaroba da città, che ne dici?».
Sorrido, è tutto perfetto. Mi sento trascinata, mi piace. Ne voglio di più. Si avvicina a me. I miei capezzoli sentono le sue forme morbide. Anche lei dispone di belle tette. In questo momento vorrei restituirle la carezza di stamattina.
Mi sussurra in un orecchio: «Ti piace il sapore dello sperma?». I suoi sospiri nell'orecchio mi fanno venire i brividi, la parola "sperma" mi fa aprire la bocca e arrossire. «Non l'ho mai assaggiato!» rispondo con innocenza. Mi guarda ridendo, ha un piano in testa e lentamente lo sta mettendo in atto. Le porte si aprono e, con la stessa furia con cui mi aveva trascinato a bordo, mi catapulta fuori dal bus.
Il primo negozio sfoggia intimo da urlo in vetrina. Solo 24 ore fa avrei provato imbarazzo per quei manichini. Ora voglio sentire quel tessuto sottile sopra la figa, quelle stringhe di pizzo sfregarmi l'ano.
"Ti piace?" mi chiede Sofia.
Sorrido e senza rispondere entro per prima nel negozio affollato. Sofia prende per me diversi modelli, me li appoggia ai pantaloni, davanti e dietro, riempiendomi di complimenti.
"Questo mette bene in mostra queste belle chiappe!" e mette un perizoma di pizzo nel cestello. "Guarda qui! Perfetto per momenti sportivi!" Una mutanda brasiliana finisce nel mucchio. Perdo il conto di quanti modelli raccoglie. Mi sento travolta dai pensieri del mio corpo coperto da così poca stoffa.
Mi prende una mano. "Vado a pagare." In un attimo la perdo di vista. La mia attenzione cade su reggiseni seducenti appesi alle grucce. Passo delicatamente la mano sul pizzo di una coppa imbottita, la sua voce mi sorprende alle spalle. Ancora un bisbiglio nel mio orecchio: "Lasciali stare. In questa città dovrai farne a meno."
Il brivido del bisbiglio mi scuote di nuovo. I capezzoli, tirati in causa, diventano spilli che tentano invano di bucare la camicia.
"Andiamo, abbiamo un altro giro importante da fare!" dice ad alta voce mentre mi trascina fuori dal negozio.
Obbedisco, mi piace come i suoi ordini stanno creando la nuova me. Entro in un camerino e sovrappensiero inizio a sfilarmi i pantaloni. Rivedo le mie mutande bianche, comprate al mercato. Dozzinali e senza sapore. Solo vederle mi infastidisce ora.
Le sfilo e nello specchio vedo la mia figa. Anche io ho la figa. È una figa di legno? Mi domando. Mi volto, per guardarmi il culo. È flaccido? La domanda non fa in tempo a trovare risposta. La tenda si spalanca di colpo, Sofia è arrivata con un mucchio di capi rovesciati sul braccio. Guarda il mio culo nudo a occhi spalancati. Il negozio intero lo può vedere, ma lascio che sia lei a rendersi conto della situazione.
Io voglio essere vista.
Qualche secondo dopo si riprende. Salta dentro e chiude la tenda con un movimento deciso. Si gira, mi guarda negli occhi prima di scoppiare in una risata, io con lei. Arriviamo alle lacrime, e ci mettiamo qualche istante a riprenderci. A bassa voce, guardandomi negli occhi attraverso lo specchio mi chiede: «Controllavi che ci fosse tutto?». Sorrido con un finto broncio: «Guardavo che forse è troppo!». Mi sculaccia dolcemente: «Questo materiale va benissimo, adesso troviamo il modo di metterlo in mostra, troietta!».
Quel nomignolo mi penetra. Da tutto il giorno quella parola, troia, mi ronza in testa. Voglio fare la troia? Cosa fa una troia? Cos’è davvero una troia? Forse io sono una troia, lo sono sempre stata senza saperlo, senza praticare il mestiere. È la mia vera natura? Forse una vocazione?
«Inizi a provare qualcosa o hai deciso di andare in giro con le chiappe al vento?». Sofia mi sblocca dal loop dei pensieri. Inizio a provare la sua selezione. Camicette sottili, tutte molto chiare. Gonne corte, lunghe, calzoncini cortissimi. Vestiti aderenti, lunghi e corti. Mi spoglio e mi rivesto davanti a lei, senza pudore. Mi guarda con sguardo intenso, mi fa tremare. Sto sfilando un vestito leggero quando sento che si alza dallo sgabello. Le mie braccia sono bloccate sopra la testa dal tessuto. Da dietro mi afferra un seno, mentre con l'altra mano, in un attimo, mi afferra la figa. Le sue dita in un attimo si fanno strada tra le mie labbra. Sono bagnata, sono bloccata in quella posizione. Un nuovo sussurro al mio orecchio: «Sei bella. Sei calda. Ogni volta che verrai in questa città sarai la mia troia». Le parole mi fanno tremare. Le mie gambe si divaricano leggermente, per lasciare che le sue dita si infilino dentro di me. Non sono più padrona del mio corpo. Mi piace. Mi piace lasciarle il controllo.
Mi lascia andare di colpo. «Dai, rivestiti! Abbiamo davvero un bel malloppo. Manca il tocco finale».
«Ecco il nostro terzo negozio» annuncia Sofia. Pareti di infiniti scaffali di scarpe da donna. Si ferma davanti a una parete interamente dedicata a tacchi vertiginosi. Mi blocco. «I tacchi alti non li so portare,» le faccio notare. «Non li devi "portare" da nessuna parte,» mi risponde con un sorriso enigmatico. «Prendiamo queste!». Un tacco generoso, un plateau di diversi centimetri, un’apertura davanti, una sottile striscia sul tallone, tutto in vernice nera. «Queste sono perfette per i nostri sopi!» afferma sicura. Mi domando se mi porterà a battere i marciapiedi in qualche viale la sera. «Qualche centimetro in meno per l'università,» continua, indicando un altro paio. Scegliamo il nero elegante anche per la versione più bassa, un tacco a spillo che mi fa male solo a guardarlo, ma ormai prendevo le sue parole erano per me ordini. Non vedevo l'ora che questi ordini diventassero intimi, sconci, pornografici.
«Andiamo!» mi dice.
Cariche di borse torniamo alla fermata dell'autobus. Sudata e frastornata, non vedo l'ora di un po' di riposo.
«Sofia,» le chiedo, «dici di pranzare?».
Sofia mi guarda sorridendo. «Ho preparato a casa, non preoccuparti».
Arriviamo al B&B. Lei sale le scale verso la mia camera. Mi ritrovo a guardale il culo, di nuovo. «Fatti una doccia, ti lascio i vestiti da indossare sul letto.» Mi bacia e mi spinge verso il bagno. «Fai in fretta, ho una sorpresa!» Eseguo gli ordini senza fiatare ma inizio a sentire la fatica di questo cambiamento, per un istante desidero un po' di normalità. Sotto la doccia lascio che l'acqua lavi via ogni dubbio.
Sul letto trovo solo il vestito che nel camerino mi aveva bloccata. Quella trappola, che Sofia aveva usato per dettare le sue regole. Corto, chiaro, dai motivi floreali. Lo indosso. Non c'è intimo, le scarpe sono ancora nelle scatole. Mi vuole così, semplice e accessibile. Così mi presento.
Quando apro la porta, rimango sorpresa. Filippo è seduto al tavolo. Sofia, china su di lui, gli sta facendo un pompino. Solleva leggermente la testa per prendere fiato, mi nota.
«Eccoti! Vieni! Fily, ti presento la nuova Anna».
Lui ha un cazzo magnifico, enorme. Si può avere un cazzo tanto grosso? Si possono avere erezioni così vigorose? Alzo lo sguardo, in volto ha uno sguardo confuso.
«Sofy… mi avevi detto che eravamo soli… Anna, mi dispiace…».
«Smettila, porco! Se fossi veramente dispiaciuto avresti provato a coprirti. Ti piace che Anna ti guardi il cazzo!». Sofia conosce i desideri di entrambi. «Anna» mi dice in modo perentorio «porta a termine quello che ho cominciato».
Mi prende per mano, mi fa inginocchiare. Apro la bocca di fronte al cazzo di Filippo. Lui non indugia e me lo porge. La sola cappella mi costringe a spalancare le labbra. Sofia mi sussurra: «Soffocati con quel bastone di carne. Devi succhiarlo finché lo sperma non ti schizza in gola».
Avevo leccato il cazzo di mio marito più volte ma questo era un esemplare diverso. Non mi entrava. Era duro, ma soprattutto non finiva più. Mi spingo verso di lui. Mi riempie la bocca, mi arriva in gola, mi soffoca. Devo prendere fiato, lo sfilo un po’. La mia bava cola fino alle sue palle. Ne approfitta per darmi dei colpi, mi fa capire quanto io sia una bambola da scopare, un buco da riempire. Proseguo a succhiare, a sbattermi quel cazzo in fondo alla gola. Ad ogni affondo sento la mia gola dilatarsi, sempre più capace di accogliere la grossa cappella.
Mentre mi accanisco alla ricerca dello schizzo, da dietro Sofia mi solleva il vestito. Sento le sue mani aprirmi le natiche. Sputa sul mio ano. La sua lingua lo tocca, lo lecca. Le sue dita si infilano nella mia figa. Mi sta leccando il culo. Dio che sensazione. Mi fermo un attimo per assaporare il momento, con la gola piena della carne di Filippo e la lingua di Sofia che entra e esce dal mio culo in fermento. Filippo, non riuscendo più a contenersi, inizia a pompare, a scoparmi violentemente la faccia. «Dai Fily, riempila di sborra» ordina Sofia a suo marito.
Il fiotto arriva caldo, mozzandomi il fiato. Il cazzo continua a pompare in quel buco dolorante. Finalmente diversi fiotti di sperma si riversano nella mia gola. Sento il liquido caldo riempirmi la bocca, colare dalle mie labbra.
Il cazzo di Filippo torna lentamente a dimensioni normali dentro la mia bocca. Scopro il piacere di assaporare quella carne, quel liquido, e continuo a leccarlo mentre le dita di Sofia si fanno strada nei miei orifizi. È questo farsi usare? Sono una troia ora? Voglio farmi aprire ogni buco. Sento il piacere che mi stanno dando, il resto del mio corpo ora non conta.
Filippo, con un filo di voce: «Cazzo che gola profonda, Anna. Sei brava a fare pompini».
Sofia si ferma, le sue dita dentro di me. «Tu con lei non ci parli!» intima con tono perentorio. «Tu devi solo scoparla quando te lo dico io!».
Mi piace, cazzo se mi piace. Mi sta facendo diventare un oggetto. Un suo oggetto. Questa sottomissione mi fa fremere. Posso desiderare altro? Posso desiderare, chiedere, avere una volontà in questo gioco?
«Ma sei seria?» chiede Filippo.
«Assolutamente seria. Vuoi partecipare? Stai alle mie regole. Alle nostre regole».
Sofia mi sta concedendo uno spiraglio. Lo voglio? In questo momento voglio solo che il gioco continui. Appoggio la faccia al pavimento, per aprire ancora di più il mio culo. Con una mano la invito a continuare l’esplorazione sapiente che le sue dita stanno conducendo dentro di me.
«Calmati,» mi dice. «Andiamoci piano!». Mi bacia la mano, sfila dolcemente le dita. «Alzati». Obbedii. Con le dita toglie una goccia di sborra rimasta sul mio mento. Me le avvicina alla bocca. Hanno il sapore dello sperma, della mia figa. Lecco avida. «Ti ho lasciato il pranzo in frigo» Mi dice, da padrona premurosa. «Ti raggiungo più tardi, ora pensa a riposarti» Poi, rivolgendosi a Filippo «Muoviti, lasciala stare ora se ne vuoi ancora». Lui, seduto con il cazzo floscio penzolante tra le gambe, mi sta guardando negli occhi. Percepisco la voglia che ha di cavalcarmi e desidero tantissimo che lo faccia al più presto. Senza distogliere lo sguardo si alza e senza proferire parola esce dalla stanza, seguito da Sofia.
Rimango sola con la mia eccitazione, in mezzo a questa stanza. Porto una mano alla figa, cerco il piacere con le dita, ma non è la stessa cosa. Ripenso allo sperma che ho appena bevuto, ai colpi di Filippo. Al suo complimento. Sono brava a fare i pompini, me ne ricorderò.
Bussano alla porta della mia camera. «Posso entrare?» Chiede Sofia introducendosi autonomamente. È la mia padrona, può tutto.
Mi porge una peretta. «Facciamoci un lavaggio anale». Reggo l’oggetto fissandola stupita. È una cosa da ospedale, che mi sta facendo fare? «saremo più libere e sicure, fidati» Mi rassicura.
Si spoglia in un attimo. Per la prima volta la vedo nuda. La figa è completamente depilata. Bella, dalle labbra carnose. Si sdraia su un lato e allargando le natiche, chiare e sode, svelando il suo piccolo buco. «Spruzzamela dentro».
Eseguo. Poi, facendomi guidare, mi faccio praticare lo stesso trattamento. Lo avevo già fatto, in ospedale, anni prima. La sensazione del liquido che ti riempie e poi l'attesa. Mi sembra di instaurare una complicità come ai tempi del liceo. Non avrei mai immaginato di siglare la nostra amicizia con un'esperienza simile.
«Ti sta piacendo? La dominazione, Filippo, intendo… » mi chiede mentre siamo sdraiate sul letto. «Era questo che volevi?».
«Sì, molto. E… non lo so. Non so cosa volessi stamattina, ma mi sta piacendo. Sento di volerne ancora».
Scatta di corsa verso il bagno e mentre produce i peggiori rumori, scoppiamo a ridere.
«Ti aspetto da noi verso le 8. Vestiti come vuoi, con il nuovo guardaroba puoi anche pescare a caso per essere perfettamente troia!» mi dice mentre esce sorridendo dalla camera. E così mi lascia sola, ora con in mente il cazzo di suo marito. Ormai era palese, tra poco me lo avrebbe messo nel culo. Era davvero normale un cazzo così grosso? Una volta avevo provato a farmi penetrare il culo da mio marito. Non era riuscito ad entrare. Mi ero sempre domandata se ero troppo stretta, rigida, incapace di farlo accedere. O forse il mio culo non lo eccitava. Filippo sarebbe entrato senza problemi? Sarei stata in grado di accoglierlo senza che qualcosa si rompesse. Forse qualcosa dovrà rompersi per farmi raggiungere ciò che desidero. Devo decidere come vestirmi da sola. Devo essere troia. Prendo rapidamente una decisione.
Busso. Mi apre Filippo. Camicia, pantaloni e pantofole. Un uomo a casa sua.
Io ho raccolto i capelli in uno chignon disordinato, ho messo le scarpe "per il tempo libero" e mi sono rasata la figa. Nient'altro. Il mio corpo è nudo, completamente esposto. L'aria fresca della stanza mi provoca una pelle d'oca sottile, i capezzoli tesi sono due punti duri che sfidano lo spazio davanti a me. Sento il peso pieno dei miei seni, liberi di oscillare. Il mio ventre, non più nascosto, è morbido sotto la luce. La pelle liscia dove prima c'erano i peli mi dà una sensazione di vulnerabilità e allo stesso tempo di purezza, come una statua pronta per essere scolpita. Sono una troia a domicilio. Una supplica viscerale fatta di carne.
«Entra pure!» mi dice Filippo, la sua voce leggermente incrinata mentre i suoi occhi mi divorano, seguendo la linea incerta che traccio sui tacchi. La pelle si brucia dove il suo sguardo la tocca. Sento le gambe tremare, un misto di paura e potere. Affonda una mano tra le natiche diretto senza paura al mio buco del culo. Una presa ferma, possessiva. «Sei proprio una troia… » mi sussurra all'orecchio, quasi di nascosto, per non farsi sentire da Sofia.
Dalla camera affianco sopraggiunge lei, con in mano uno straccio. Indossa il grembiule da cucina sopra un vestito attillato. Si ferma di colpo, gli occhi si spalancano e si morde il labbro, incapace di nascondere lo shock. Il suo sguardo percorre ogni centimetro della mia pelle nuda.
«Tu! Giù le mani!» intima a Filippo, la sua voce un tentativo di riprendere il controllo che la mia audacia le ha fatto perdere. Si rivolge a me «Vieni ad aiutarmi in cucina» Poi a lui «Apparecchia! Fai un lavoro all'altezza di Anna!».
La raggiungo in cucina. «Non ho bisogno, è tutto pronto,» mi dice a bassa voce, «Dio, mi hai tolto il fiato.» continuò accarezzando il mio seno turgido. Sembra contenta, ma dallo sguardo risulta spiazzata. «Volevo essere sexy ma tu hai davvero un’indole da troietta… Come posso giocare in modo più provocante adesso?». La sua voce trema. Vedo una scintilla di ammirazione nei suoi occhi.
«Sei eccitata?» chiedo.
«Sì, faccio fatica a ragionare».
La abbraccio, la mia pelle nuda stretta contro il grembiule. Le sussurro in un orecchio: «Sii normale, come se tutto questo fosse una routine». La mia mano si infila sotto al vestito, facendosi rapidamente strada fino all'ano, morbido e pulito. Mi cinge con una gamba, sospirando. Affondo le mie dita nella sua figa bagnata. «Servo io la cena, tu comportati come sempre».
Le prendo il grembiule, lo indosso e sfilo le scarpe. «Devo stare un po' comoda per lavorare!». La mando in sala, da Filippo.
Sento la voce di lui chiedere: «E Anna?».
«Non fare domande, scemo, e siediti». Sofia ha ripreso il comando.
Spilucco una carota, un pezzo di pane. Il giusto per farli crogiolare nell'attesa. Entro in sala portando i piatti. Un irreale silenzio ci avvolge. «Buon appetito!» dico, prima di tornare in cucina sculettando. Li sento bisbigliare, ridere.
«Anna!». Sento chiamare. «Filippo vorrebbe del formaggio, puoi portarlo?».
Torno da loro, con la forma di grana e la grattugia. Senza esitazione inizio a grattare con forza. La mia carne, coperta solo dal grembiule sottile, dondola davanti ai loro occhi attenti. Filippo infila una mano sotto il grembiule per strizzarmi un capezzolo. Mi desidera.
«Ancora?» chiedo.
«Perfetto così, grazie».
Sofia fa scivolare a terra il coltello. «Ops! Puoi aiutarmi, Anna?».
Senza battere ciglio mi metto carponi, alla ricerca dell'utensile sul pavimento. Sotto il tavolo, il cazzo di Filippo svetta fuori dai pantaloni, come speravo. Rivedo quella consistenza bramata da ore e senza indugio inizio a leccarglielo. Metto in bocca le palle, lo masturbo. Con la lingua passo quel membro infinito dalla base alla cappella. Non so cosa stiano facendo al piano di sopra, probabilmente continuano a mangiare. Anch'io decido di mangiare, a quel punto, affamata come non mai. Di nuovo quel membro potente affonda nella mia bocca. Succhio, me lo spingo ripetutamente sul fondo della gola. La mia testa sbatte sul tavolo. Sento ridere.
«Pensi che Anna abbia un bel culo?» chiede Sofia.
«Ha due natiche che invitano, questo è certo!» risponde Filippo.
«Pensi che il suo culo sia meglio del mio?».
E dicendo questo Sofia si alza dalla sedia, la vedo alzarsi il vestito e le sue ginocchia appoggiarsi alla sedia. Anche lei desidera quel cazzo. È eccitata quanto me. Filippo infila una mano sotto il tavolo per afferrarmi la testa e spingermi più a fondo. Sento Sofia gemere. Che le sta facendo? Non posso vedere. Desidero sapere come gode la mia padrona.
«Scopami!» dice Sofia ad un certo punto.
Filippo mi sposta dolcemente per alzarsi. Mi sfilo da sotto il tavolo. La sta già penetrando, a pecorina, sulla sedia. I piatti sono abbandonati a metà sul tavolo. Mi sposto verso di loro. Mi inginocchio affianco ai loro corpi, con la bocca aperta all'altezza di quel coito. Filippo intuisce la situazione, sfila il pene dalla figa di Sofia per buttarmelo in bocca. Succhio avidamente il sapore di lei da quel bastone di carne. Torna da lei con colpi più vigorosi. Torna da me con altro sapore di figa. Torna da lei e io, curiosa, porto la mia lingua all'ano di Sofia. Ci sputo sopra e lo lecco, mentre il corpo di Filippo, intento a scoparla, mi colpisce il volto.
Si sfila nuovamente per far scorrere l'asta sul culo bagnato di Sofia, fino ad entrare nella mia bocca. Sofia si alza, bacia Filippo e si dirige verso un'altra stanza.
Filippo mi prende la testa e affonda i suoi colpi nella mia gola. Mi piace e lui gode per come, vogliosa, accolgo quella pratica brutale. Sofia ricompare. «Fermati» gli dice. Lo sfila dalla mia bocca e da una boccetta gli fa colare del liquido sul prepuzio. Inginocchiata guardo come con una mano inizia a massaggiargli il cazzo unto di lubrificante. «Scopale il culo» dice infine.
Non aspettavo altro. Mi butto a terra, carponi, la faccia spalmata sul pavimento, il culo aperto esposto all'aria. Sento un liquido tiepido gocciolarmi sull'ano, sento delle dita stimolare quel buco che non riesco più a tenere fermo. Fremo, arsa dal desiderio. Filippo appoggia la cappella, la spinge dentro. È grossa, cazzo se è grossa. Senza accorgermene mi sto irrigidendo. Prendo fiato, mi rilasso per un istante, lui se ne accorge e ne approfitta per scivolare dentro di me. Mi toglie di nuovo il fiato. Quando avrebbe iniziato a pompare? Riprendo fiato e come prima ne approfitta per scivolare ancora più in fondo. Oddio, quanto è lungo? È normale sentire qualcosa dentro di sé così in profondità? Lo ritrae di qualche centimetro, affonda di nuovo. Ritrae, affonda. Ancora, con calma. Sento il culo pieno, sento l'ano aperto. I suoi colpi prendono finalmente un ritmo più deciso, per usare il mio buco del culo fino in fondo. Sento Sofia salire sopra di me. Sta esponendo anche il suo culo a Filippo.
I colpi rallentano e il cazzo esce dal mio corpo. La sensazione di vuoto mi pervade, lo volevo, lo desideravo ancora. Ma sopra di me un altro culo sta ricevendo lo stesso trattamento. Sofia, sdraiata sopra di me, sta accogliendo Filippo a sua volta. Sento i colpi con cui affonda nel suo corpo. Di nuovo un rallentamento, poi di colpo il cazzo di Filippo mi riempie di nuovo. Questa volta senza preamboli, senza preparazione. Che volgare troia buttata sul pavimento, penso. Voglio la sborra, penso. Vieni, penso.
Un'inaspettata onda di piacere mi pervade. I suoi colpi, netti, precisi, mantengono un'intensità virtuosa. Le mie cosce tremano, la mia voce, forte, decide di uscire con un gemito, un urlo, un verso animalesco. Sto venendo? Sto venendo con il culo?
Sofia si è alzata e non me ne ero nemmeno accorta. È davanti a me, con la faccia a un centimetro dalla mia mi sussurra: «Godi, senti come ti apre.».
Filippo sfila il cazzo dal mio culo, prende Sofia per un braccio e la fa sdraiare sul tavolo. Gambe aperte, culo aperto. Mi prende, mi mette la testa sotto il suo scroto e, mentre gli lecco i testicoli, riprende a inculare sua moglie.
«Sofia,» dice Filippo. «Dove devo sborrare?».
Comanda lei, lui lo sa.
«Nel mio culo» dice lei con voce strozzata.
Lui prende a pompare più forte. Le sue palle mi sbattono in faccia. Cerco di leccare il culo di Sofia, il suo cazzo che pompa, le sue palle. Dove posso, metto la mia lingua. Di colpo di ferma, spinto in fondo al culo di Sofia. La sta riempiendo di sperma. Sento le palle ritrarsi dallo sforzo. Una, due, tre volte. Si sfila con il cazzo ancora turgido e senza indugio me lo infila in bocca.
Succhio avidamente quel membro esausto sporco di sperma. Sofia, gambe alzate, ha l'ano dilatato che boccheggia. Mentre con una mano continuo ad accarezzare Filippo, mi volto per assaporare quel culo aperto. Non è più lo stretto buco in cui avevo infilato la peretta, ma uno sfintere sfondato, farcito e tremante. Mentre la mia lingua cerca di dargli sollievo, la sborra inizia a colare. Lecco avidamente. Bevo da quell'orifizio il liquido di cui non posso più fare a meno.
Torno in camera mia frastornata. Sono ancora io? Mi sdraio nuda sopra le lenzuola, esausta. Ho goduto di decisioni libere, del piacere che il mio corpo può provare.
La luce del sole mi sveglia presto. Non ho chiuso le imposte, non ci ho nemmeno pensato ieri notte. Lavo sotto la doccia il mio corpo. Davanti allo specchio, i capelli bagnati mi guardo. Le mie tette svettano, la figa rasata mostra ora delle labbra carnose. Il buco del culo, ancora un po’ indolenzito, si è rivelato una fonte di piacere che avevo sottovalutato. Lo massaggio un po’ con della crema fresca per dargli sollievo. È un attimo. Appoggio un piede al bidet e con le natiche aperte inizio a masturbare quel buco con rinnovato desiderio.
Forse non sono troia. Forse sono ninfomane. Chissà, forse mi faccio solo troppe domande.
Corro di sotto per la colazione. Sono in ritardo per la riunione. Sofia mi accoglie «Cappuccino?». «Fammi solo un rapido caffè, sono in ritardo!»
Mi serve la colazione. Rapidamente avvicino la tazzina alla bocca chiudendo gli occhi per un istante. Quando li riapro il suo volto è di fronte al mio. «D’ora in poi, in questa città tu non sei più Anna, sei Mia.» Una pausa, i suoi occhi cercano una conferma. Sorrido. «Ti aspetto settimana prossima. Fammi sapere a che ora arrivi.» Mi baciò profondamente. Le nostre lingue si fusero per un breve istante. Le nostre vite si erano indissolubilmente legate.
Guardo i vestiti preparati sul letto: una camicetta bianca e pantaloni a sigaretta. L'outfit di una donna insoddisfatta, invisibile. Chi potrebbe notarla? Un contabile?
La mia vita è un 740 precompilato dall’agenzia delle entrate. Ma sono sempre stata così? Puntuale, preparata, prevedibile. Il modello perfetto per prendere ispirazione e creare la donna base, il modello standard.
Vaffanculo. Voglio una zuppa piccante. Voglio l’ingrediente a sorpresa. Voglio berne a litri e ruttare in pubblico.
Oggi comincia la vita da Spice Girl. Quanto sono anni ‘90.
Lascio perdere il reggiseno e allaccio, poco, troppo poco, la camicia. Mi specchio di nuovo. Il tessuto sottile non nasconde più i capezzoli, irrigiditi dal freddo. Un movimento leggermente più veloce e le curve del mio seno si intravedono. Cosa succede con un bottone in meno? La scollatura mi arriva quasi all’ombelico. Ora basta spostarsi un po’ troppo velocemente e mezzo capezzolo fa capolino. Penso: «Iniziamo la giornata! Vediamo chi sarà il primo a notarmi».
Scendo a fare colazione. I proprietari del B&B, una giovane coppia carina, hanno creato nel tempo un'amicizia con me, basata su affinità e punti di vista comuni. Voglio essere naturale con loro, ma lui sarà il mio primo "test" maschile di oggi.
«Buongiorno!» dico mentre apro la porta.
«Ciao, buongiorno!» risponde la padrona, Sofia, ancora nascosta dietro l'anta del frigo, da cui spuntano solamente le gambe. Sono nude, e sovrastate da una gonna corta e leggera. È in punta di piedi, i muscoli tesi le donano una forma molto provocante. Mi piacciono le gambe delle donne? Registro mentalmente l'esempio che mi dà: anche io devo scoprirle al più presto.
Mi siedo al tavolo. Purtroppo il marito non è presente questa mattina. Mi controllo la camicia. Lo sbalzo di temperatura ha irrigidito ulteriormente i miei capezzoli, sento il tessuto tirare contro la pelle. Non si nascondono più, la loro forma è palese. Non si torna indietro. Sofia sarà la prima cavia del mio test.
Sento chiedere: «Cappuccino?». «Certo!» rispondo.
Arriva al tavolo la mia colazione. Seguo lo sguardo di Sofia. Dopo un attimo, la vedo notare la libertà con cui mi sono presentata quella mattina. Faccio un movimento brusco per spostare la borsetta, apposta. sento che altra pelle è scoperta ora. Mi guarda, mi fissa, mentre appoggia la tazza.
«Grazie!» dico, accarezzandole leggermente la mano.
Da dove mi è uscito questo gesto? Sono sicura di averlo fatto? Lei non si ritrae. Mi sorride.
«Oggi ci sei solo tu! È davvero bassa stagione...» mi dice sedendosi al tavolo affianco. «Che programmi hai oggi?». Sempre carina e interessata.
«Oggi giornata di esami,» rispondo. «Questa mattina sono impegnata, ma pomeriggio sono libera».
«Che fortuna, senza pensieri in giro da sola. Ma scusa come mai rimani qui un'altra notte?».
«Domani ho un incontro di chiusura del semestre. Una noia... ma devo rimanere!».
Un momento di silenzio. Mi chino a fingere di sistemare l'orlo dei pantaloni. Ho provato questa mossa allo specchio. So che esce buona parte del mio seno. Lo sento premere contro le mie gambe mentre mi spingo un po' oltre. Mi rialzo, sapendo di aver scoperto il capezzolo sinistro. Nel riflesso di un quadro vedo me stessa. Mi sento un po' scema, un po' troia, e soprattutto sento che adesso vorrei essere scopata. Cazzo sì, ho voglia.
Mi guarda. «Fai attenzione!» mi dice, mentre con il capo accenna al mio capezzolo destro, ora completamente nudo.
Chiudo gli occhi e prendo fiato. «Scusa...» dico. «Non so che mi sta prendendo…> dico sentendo un’emozione che mi prende la gola. Mi strizza il seno, mi stringe il capezzolo. < Rimani così… Lascia che quei ragazzi vengano bocciati perché distratti da queste tettone!».
Ridiamo insieme. Per davvero.
All'università, mentre consegno i fogli alla classe, giro tra i banchi con il petto in avanti. Oggi sono "la prof troia". Mi piace tantissimo come suona. Dal momento in cui sono uscita dal B&B ho sentito mille occhi sulle mie tette. Donne, uomini, ragazzi. Tutti a sbavare dietro un paio di capezzoli. E io li guardo, li guardo negli occhi. E a chi alzava lo sguardo per guardarmi in faccia, facevo un sorriso. Un sorriso sincero, un invito a godere di questo corpo.
Massimo, il collega del terzo piano, per la prima volta mi ha rivolto la parola e offerto il caffè; gli ho regalato un movimento di troppo. Praticamente ho bevuto il caffè con una tetta di fuori e, per salutarlo, mi sono strusciata sul suo braccio. La collega troia… Chissà se è corso in ufficio a masturbarsi pensando a me.
«Il compito va consegnato tra novanta minuti,» dico alla classe. Mi siedo alla cattedra. Il cellulare attira la mia attenzione. Un messaggio da Sofia.
«A che ora finisci?».
«Verso le 11,» rispondo.
«Vuoi venire in centro con me? Facciamo shopping!».
La proposta mi spiazza ma mi rende veramente felice. «Certo, a dopo!».
Mi attende all'ingresso dell'università. Mi saluta agitando il braccio. Il suo seno è libero e ondeggia vistosamente sotto la maglietta bianca. È un segno di fratellanza. Mi prende sottobraccio. «Andiamo!» dice. Mi porta correndo alla fermata dell'autobus. Mi ha fatto correre apposta? Con tutto quel movimento le mie tette, ormai più fuori che dentro la camicia, attirano subito l'attenzione. Quanti sguardi vogliosi. Mi piace questo gioco.
«Ci sono tre negozi dove ti devo portare,» dice Sofia entusiasta. «Facciamo un piccolo guardaroba da città, che ne dici?».
Sorrido, è tutto perfetto. Mi sento trascinata, mi piace. Ne voglio di più. Si avvicina a me. I miei capezzoli sentono le sue forme morbide. Anche lei dispone di belle tette. In questo momento vorrei restituirle la carezza di stamattina.
Mi sussurra in un orecchio: «Ti piace il sapore dello sperma?». I suoi sospiri nell'orecchio mi fanno venire i brividi, la parola "sperma" mi fa aprire la bocca e arrossire. «Non l'ho mai assaggiato!» rispondo con innocenza. Mi guarda ridendo, ha un piano in testa e lentamente lo sta mettendo in atto. Le porte si aprono e, con la stessa furia con cui mi aveva trascinato a bordo, mi catapulta fuori dal bus.
Il primo negozio sfoggia intimo da urlo in vetrina. Solo 24 ore fa avrei provato imbarazzo per quei manichini. Ora voglio sentire quel tessuto sottile sopra la figa, quelle stringhe di pizzo sfregarmi l'ano.
"Ti piace?" mi chiede Sofia.
Sorrido e senza rispondere entro per prima nel negozio affollato. Sofia prende per me diversi modelli, me li appoggia ai pantaloni, davanti e dietro, riempiendomi di complimenti.
"Questo mette bene in mostra queste belle chiappe!" e mette un perizoma di pizzo nel cestello. "Guarda qui! Perfetto per momenti sportivi!" Una mutanda brasiliana finisce nel mucchio. Perdo il conto di quanti modelli raccoglie. Mi sento travolta dai pensieri del mio corpo coperto da così poca stoffa.
Mi prende una mano. "Vado a pagare." In un attimo la perdo di vista. La mia attenzione cade su reggiseni seducenti appesi alle grucce. Passo delicatamente la mano sul pizzo di una coppa imbottita, la sua voce mi sorprende alle spalle. Ancora un bisbiglio nel mio orecchio: "Lasciali stare. In questa città dovrai farne a meno."
Il brivido del bisbiglio mi scuote di nuovo. I capezzoli, tirati in causa, diventano spilli che tentano invano di bucare la camicia.
"Andiamo, abbiamo un altro giro importante da fare!" dice ad alta voce mentre mi trascina fuori dal negozio.
Obbedisco, mi piace come i suoi ordini stanno creando la nuova me. Entro in un camerino e sovrappensiero inizio a sfilarmi i pantaloni. Rivedo le mie mutande bianche, comprate al mercato. Dozzinali e senza sapore. Solo vederle mi infastidisce ora.
Le sfilo e nello specchio vedo la mia figa. Anche io ho la figa. È una figa di legno? Mi domando. Mi volto, per guardarmi il culo. È flaccido? La domanda non fa in tempo a trovare risposta. La tenda si spalanca di colpo, Sofia è arrivata con un mucchio di capi rovesciati sul braccio. Guarda il mio culo nudo a occhi spalancati. Il negozio intero lo può vedere, ma lascio che sia lei a rendersi conto della situazione.
Io voglio essere vista.
Qualche secondo dopo si riprende. Salta dentro e chiude la tenda con un movimento deciso. Si gira, mi guarda negli occhi prima di scoppiare in una risata, io con lei. Arriviamo alle lacrime, e ci mettiamo qualche istante a riprenderci. A bassa voce, guardandomi negli occhi attraverso lo specchio mi chiede: «Controllavi che ci fosse tutto?». Sorrido con un finto broncio: «Guardavo che forse è troppo!». Mi sculaccia dolcemente: «Questo materiale va benissimo, adesso troviamo il modo di metterlo in mostra, troietta!».
Quel nomignolo mi penetra. Da tutto il giorno quella parola, troia, mi ronza in testa. Voglio fare la troia? Cosa fa una troia? Cos’è davvero una troia? Forse io sono una troia, lo sono sempre stata senza saperlo, senza praticare il mestiere. È la mia vera natura? Forse una vocazione?
«Inizi a provare qualcosa o hai deciso di andare in giro con le chiappe al vento?». Sofia mi sblocca dal loop dei pensieri. Inizio a provare la sua selezione. Camicette sottili, tutte molto chiare. Gonne corte, lunghe, calzoncini cortissimi. Vestiti aderenti, lunghi e corti. Mi spoglio e mi rivesto davanti a lei, senza pudore. Mi guarda con sguardo intenso, mi fa tremare. Sto sfilando un vestito leggero quando sento che si alza dallo sgabello. Le mie braccia sono bloccate sopra la testa dal tessuto. Da dietro mi afferra un seno, mentre con l'altra mano, in un attimo, mi afferra la figa. Le sue dita in un attimo si fanno strada tra le mie labbra. Sono bagnata, sono bloccata in quella posizione. Un nuovo sussurro al mio orecchio: «Sei bella. Sei calda. Ogni volta che verrai in questa città sarai la mia troia». Le parole mi fanno tremare. Le mie gambe si divaricano leggermente, per lasciare che le sue dita si infilino dentro di me. Non sono più padrona del mio corpo. Mi piace. Mi piace lasciarle il controllo.
Mi lascia andare di colpo. «Dai, rivestiti! Abbiamo davvero un bel malloppo. Manca il tocco finale».
«Ecco il nostro terzo negozio» annuncia Sofia. Pareti di infiniti scaffali di scarpe da donna. Si ferma davanti a una parete interamente dedicata a tacchi vertiginosi. Mi blocco. «I tacchi alti non li so portare,» le faccio notare. «Non li devi "portare" da nessuna parte,» mi risponde con un sorriso enigmatico. «Prendiamo queste!». Un tacco generoso, un plateau di diversi centimetri, un’apertura davanti, una sottile striscia sul tallone, tutto in vernice nera. «Queste sono perfette per i nostri sopi!» afferma sicura. Mi domando se mi porterà a battere i marciapiedi in qualche viale la sera. «Qualche centimetro in meno per l'università,» continua, indicando un altro paio. Scegliamo il nero elegante anche per la versione più bassa, un tacco a spillo che mi fa male solo a guardarlo, ma ormai prendevo le sue parole erano per me ordini. Non vedevo l'ora che questi ordini diventassero intimi, sconci, pornografici.
«Andiamo!» mi dice.
Cariche di borse torniamo alla fermata dell'autobus. Sudata e frastornata, non vedo l'ora di un po' di riposo.
«Sofia,» le chiedo, «dici di pranzare?».
Sofia mi guarda sorridendo. «Ho preparato a casa, non preoccuparti».
Arriviamo al B&B. Lei sale le scale verso la mia camera. Mi ritrovo a guardale il culo, di nuovo. «Fatti una doccia, ti lascio i vestiti da indossare sul letto.» Mi bacia e mi spinge verso il bagno. «Fai in fretta, ho una sorpresa!» Eseguo gli ordini senza fiatare ma inizio a sentire la fatica di questo cambiamento, per un istante desidero un po' di normalità. Sotto la doccia lascio che l'acqua lavi via ogni dubbio.
Sul letto trovo solo il vestito che nel camerino mi aveva bloccata. Quella trappola, che Sofia aveva usato per dettare le sue regole. Corto, chiaro, dai motivi floreali. Lo indosso. Non c'è intimo, le scarpe sono ancora nelle scatole. Mi vuole così, semplice e accessibile. Così mi presento.
Quando apro la porta, rimango sorpresa. Filippo è seduto al tavolo. Sofia, china su di lui, gli sta facendo un pompino. Solleva leggermente la testa per prendere fiato, mi nota.
«Eccoti! Vieni! Fily, ti presento la nuova Anna».
Lui ha un cazzo magnifico, enorme. Si può avere un cazzo tanto grosso? Si possono avere erezioni così vigorose? Alzo lo sguardo, in volto ha uno sguardo confuso.
«Sofy… mi avevi detto che eravamo soli… Anna, mi dispiace…».
«Smettila, porco! Se fossi veramente dispiaciuto avresti provato a coprirti. Ti piace che Anna ti guardi il cazzo!». Sofia conosce i desideri di entrambi. «Anna» mi dice in modo perentorio «porta a termine quello che ho cominciato».
Mi prende per mano, mi fa inginocchiare. Apro la bocca di fronte al cazzo di Filippo. Lui non indugia e me lo porge. La sola cappella mi costringe a spalancare le labbra. Sofia mi sussurra: «Soffocati con quel bastone di carne. Devi succhiarlo finché lo sperma non ti schizza in gola».
Avevo leccato il cazzo di mio marito più volte ma questo era un esemplare diverso. Non mi entrava. Era duro, ma soprattutto non finiva più. Mi spingo verso di lui. Mi riempie la bocca, mi arriva in gola, mi soffoca. Devo prendere fiato, lo sfilo un po’. La mia bava cola fino alle sue palle. Ne approfitta per darmi dei colpi, mi fa capire quanto io sia una bambola da scopare, un buco da riempire. Proseguo a succhiare, a sbattermi quel cazzo in fondo alla gola. Ad ogni affondo sento la mia gola dilatarsi, sempre più capace di accogliere la grossa cappella.
Mentre mi accanisco alla ricerca dello schizzo, da dietro Sofia mi solleva il vestito. Sento le sue mani aprirmi le natiche. Sputa sul mio ano. La sua lingua lo tocca, lo lecca. Le sue dita si infilano nella mia figa. Mi sta leccando il culo. Dio che sensazione. Mi fermo un attimo per assaporare il momento, con la gola piena della carne di Filippo e la lingua di Sofia che entra e esce dal mio culo in fermento. Filippo, non riuscendo più a contenersi, inizia a pompare, a scoparmi violentemente la faccia. «Dai Fily, riempila di sborra» ordina Sofia a suo marito.
Il fiotto arriva caldo, mozzandomi il fiato. Il cazzo continua a pompare in quel buco dolorante. Finalmente diversi fiotti di sperma si riversano nella mia gola. Sento il liquido caldo riempirmi la bocca, colare dalle mie labbra.
Il cazzo di Filippo torna lentamente a dimensioni normali dentro la mia bocca. Scopro il piacere di assaporare quella carne, quel liquido, e continuo a leccarlo mentre le dita di Sofia si fanno strada nei miei orifizi. È questo farsi usare? Sono una troia ora? Voglio farmi aprire ogni buco. Sento il piacere che mi stanno dando, il resto del mio corpo ora non conta.
Filippo, con un filo di voce: «Cazzo che gola profonda, Anna. Sei brava a fare pompini».
Sofia si ferma, le sue dita dentro di me. «Tu con lei non ci parli!» intima con tono perentorio. «Tu devi solo scoparla quando te lo dico io!».
Mi piace, cazzo se mi piace. Mi sta facendo diventare un oggetto. Un suo oggetto. Questa sottomissione mi fa fremere. Posso desiderare altro? Posso desiderare, chiedere, avere una volontà in questo gioco?
«Ma sei seria?» chiede Filippo.
«Assolutamente seria. Vuoi partecipare? Stai alle mie regole. Alle nostre regole».
Sofia mi sta concedendo uno spiraglio. Lo voglio? In questo momento voglio solo che il gioco continui. Appoggio la faccia al pavimento, per aprire ancora di più il mio culo. Con una mano la invito a continuare l’esplorazione sapiente che le sue dita stanno conducendo dentro di me.
«Calmati,» mi dice. «Andiamoci piano!». Mi bacia la mano, sfila dolcemente le dita. «Alzati». Obbedii. Con le dita toglie una goccia di sborra rimasta sul mio mento. Me le avvicina alla bocca. Hanno il sapore dello sperma, della mia figa. Lecco avida. «Ti ho lasciato il pranzo in frigo» Mi dice, da padrona premurosa. «Ti raggiungo più tardi, ora pensa a riposarti» Poi, rivolgendosi a Filippo «Muoviti, lasciala stare ora se ne vuoi ancora». Lui, seduto con il cazzo floscio penzolante tra le gambe, mi sta guardando negli occhi. Percepisco la voglia che ha di cavalcarmi e desidero tantissimo che lo faccia al più presto. Senza distogliere lo sguardo si alza e senza proferire parola esce dalla stanza, seguito da Sofia.
Rimango sola con la mia eccitazione, in mezzo a questa stanza. Porto una mano alla figa, cerco il piacere con le dita, ma non è la stessa cosa. Ripenso allo sperma che ho appena bevuto, ai colpi di Filippo. Al suo complimento. Sono brava a fare i pompini, me ne ricorderò.
Bussano alla porta della mia camera. «Posso entrare?» Chiede Sofia introducendosi autonomamente. È la mia padrona, può tutto.
Mi porge una peretta. «Facciamoci un lavaggio anale». Reggo l’oggetto fissandola stupita. È una cosa da ospedale, che mi sta facendo fare? «saremo più libere e sicure, fidati» Mi rassicura.
Si spoglia in un attimo. Per la prima volta la vedo nuda. La figa è completamente depilata. Bella, dalle labbra carnose. Si sdraia su un lato e allargando le natiche, chiare e sode, svelando il suo piccolo buco. «Spruzzamela dentro».
Eseguo. Poi, facendomi guidare, mi faccio praticare lo stesso trattamento. Lo avevo già fatto, in ospedale, anni prima. La sensazione del liquido che ti riempie e poi l'attesa. Mi sembra di instaurare una complicità come ai tempi del liceo. Non avrei mai immaginato di siglare la nostra amicizia con un'esperienza simile.
«Ti sta piacendo? La dominazione, Filippo, intendo… » mi chiede mentre siamo sdraiate sul letto. «Era questo che volevi?».
«Sì, molto. E… non lo so. Non so cosa volessi stamattina, ma mi sta piacendo. Sento di volerne ancora».
Scatta di corsa verso il bagno e mentre produce i peggiori rumori, scoppiamo a ridere.
«Ti aspetto da noi verso le 8. Vestiti come vuoi, con il nuovo guardaroba puoi anche pescare a caso per essere perfettamente troia!» mi dice mentre esce sorridendo dalla camera. E così mi lascia sola, ora con in mente il cazzo di suo marito. Ormai era palese, tra poco me lo avrebbe messo nel culo. Era davvero normale un cazzo così grosso? Una volta avevo provato a farmi penetrare il culo da mio marito. Non era riuscito ad entrare. Mi ero sempre domandata se ero troppo stretta, rigida, incapace di farlo accedere. O forse il mio culo non lo eccitava. Filippo sarebbe entrato senza problemi? Sarei stata in grado di accoglierlo senza che qualcosa si rompesse. Forse qualcosa dovrà rompersi per farmi raggiungere ciò che desidero. Devo decidere come vestirmi da sola. Devo essere troia. Prendo rapidamente una decisione.
Busso. Mi apre Filippo. Camicia, pantaloni e pantofole. Un uomo a casa sua.
Io ho raccolto i capelli in uno chignon disordinato, ho messo le scarpe "per il tempo libero" e mi sono rasata la figa. Nient'altro. Il mio corpo è nudo, completamente esposto. L'aria fresca della stanza mi provoca una pelle d'oca sottile, i capezzoli tesi sono due punti duri che sfidano lo spazio davanti a me. Sento il peso pieno dei miei seni, liberi di oscillare. Il mio ventre, non più nascosto, è morbido sotto la luce. La pelle liscia dove prima c'erano i peli mi dà una sensazione di vulnerabilità e allo stesso tempo di purezza, come una statua pronta per essere scolpita. Sono una troia a domicilio. Una supplica viscerale fatta di carne.
«Entra pure!» mi dice Filippo, la sua voce leggermente incrinata mentre i suoi occhi mi divorano, seguendo la linea incerta che traccio sui tacchi. La pelle si brucia dove il suo sguardo la tocca. Sento le gambe tremare, un misto di paura e potere. Affonda una mano tra le natiche diretto senza paura al mio buco del culo. Una presa ferma, possessiva. «Sei proprio una troia… » mi sussurra all'orecchio, quasi di nascosto, per non farsi sentire da Sofia.
Dalla camera affianco sopraggiunge lei, con in mano uno straccio. Indossa il grembiule da cucina sopra un vestito attillato. Si ferma di colpo, gli occhi si spalancano e si morde il labbro, incapace di nascondere lo shock. Il suo sguardo percorre ogni centimetro della mia pelle nuda.
«Tu! Giù le mani!» intima a Filippo, la sua voce un tentativo di riprendere il controllo che la mia audacia le ha fatto perdere. Si rivolge a me «Vieni ad aiutarmi in cucina» Poi a lui «Apparecchia! Fai un lavoro all'altezza di Anna!».
La raggiungo in cucina. «Non ho bisogno, è tutto pronto,» mi dice a bassa voce, «Dio, mi hai tolto il fiato.» continuò accarezzando il mio seno turgido. Sembra contenta, ma dallo sguardo risulta spiazzata. «Volevo essere sexy ma tu hai davvero un’indole da troietta… Come posso giocare in modo più provocante adesso?». La sua voce trema. Vedo una scintilla di ammirazione nei suoi occhi.
«Sei eccitata?» chiedo.
«Sì, faccio fatica a ragionare».
La abbraccio, la mia pelle nuda stretta contro il grembiule. Le sussurro in un orecchio: «Sii normale, come se tutto questo fosse una routine». La mia mano si infila sotto al vestito, facendosi rapidamente strada fino all'ano, morbido e pulito. Mi cinge con una gamba, sospirando. Affondo le mie dita nella sua figa bagnata. «Servo io la cena, tu comportati come sempre».
Le prendo il grembiule, lo indosso e sfilo le scarpe. «Devo stare un po' comoda per lavorare!». La mando in sala, da Filippo.
Sento la voce di lui chiedere: «E Anna?».
«Non fare domande, scemo, e siediti». Sofia ha ripreso il comando.
Spilucco una carota, un pezzo di pane. Il giusto per farli crogiolare nell'attesa. Entro in sala portando i piatti. Un irreale silenzio ci avvolge. «Buon appetito!» dico, prima di tornare in cucina sculettando. Li sento bisbigliare, ridere.
«Anna!». Sento chiamare. «Filippo vorrebbe del formaggio, puoi portarlo?».
Torno da loro, con la forma di grana e la grattugia. Senza esitazione inizio a grattare con forza. La mia carne, coperta solo dal grembiule sottile, dondola davanti ai loro occhi attenti. Filippo infila una mano sotto il grembiule per strizzarmi un capezzolo. Mi desidera.
«Ancora?» chiedo.
«Perfetto così, grazie».
Sofia fa scivolare a terra il coltello. «Ops! Puoi aiutarmi, Anna?».
Senza battere ciglio mi metto carponi, alla ricerca dell'utensile sul pavimento. Sotto il tavolo, il cazzo di Filippo svetta fuori dai pantaloni, come speravo. Rivedo quella consistenza bramata da ore e senza indugio inizio a leccarglielo. Metto in bocca le palle, lo masturbo. Con la lingua passo quel membro infinito dalla base alla cappella. Non so cosa stiano facendo al piano di sopra, probabilmente continuano a mangiare. Anch'io decido di mangiare, a quel punto, affamata come non mai. Di nuovo quel membro potente affonda nella mia bocca. Succhio, me lo spingo ripetutamente sul fondo della gola. La mia testa sbatte sul tavolo. Sento ridere.
«Pensi che Anna abbia un bel culo?» chiede Sofia.
«Ha due natiche che invitano, questo è certo!» risponde Filippo.
«Pensi che il suo culo sia meglio del mio?».
E dicendo questo Sofia si alza dalla sedia, la vedo alzarsi il vestito e le sue ginocchia appoggiarsi alla sedia. Anche lei desidera quel cazzo. È eccitata quanto me. Filippo infila una mano sotto il tavolo per afferrarmi la testa e spingermi più a fondo. Sento Sofia gemere. Che le sta facendo? Non posso vedere. Desidero sapere come gode la mia padrona.
«Scopami!» dice Sofia ad un certo punto.
Filippo mi sposta dolcemente per alzarsi. Mi sfilo da sotto il tavolo. La sta già penetrando, a pecorina, sulla sedia. I piatti sono abbandonati a metà sul tavolo. Mi sposto verso di loro. Mi inginocchio affianco ai loro corpi, con la bocca aperta all'altezza di quel coito. Filippo intuisce la situazione, sfila il pene dalla figa di Sofia per buttarmelo in bocca. Succhio avidamente il sapore di lei da quel bastone di carne. Torna da lei con colpi più vigorosi. Torna da me con altro sapore di figa. Torna da lei e io, curiosa, porto la mia lingua all'ano di Sofia. Ci sputo sopra e lo lecco, mentre il corpo di Filippo, intento a scoparla, mi colpisce il volto.
Si sfila nuovamente per far scorrere l'asta sul culo bagnato di Sofia, fino ad entrare nella mia bocca. Sofia si alza, bacia Filippo e si dirige verso un'altra stanza.
Filippo mi prende la testa e affonda i suoi colpi nella mia gola. Mi piace e lui gode per come, vogliosa, accolgo quella pratica brutale. Sofia ricompare. «Fermati» gli dice. Lo sfila dalla mia bocca e da una boccetta gli fa colare del liquido sul prepuzio. Inginocchiata guardo come con una mano inizia a massaggiargli il cazzo unto di lubrificante. «Scopale il culo» dice infine.
Non aspettavo altro. Mi butto a terra, carponi, la faccia spalmata sul pavimento, il culo aperto esposto all'aria. Sento un liquido tiepido gocciolarmi sull'ano, sento delle dita stimolare quel buco che non riesco più a tenere fermo. Fremo, arsa dal desiderio. Filippo appoggia la cappella, la spinge dentro. È grossa, cazzo se è grossa. Senza accorgermene mi sto irrigidendo. Prendo fiato, mi rilasso per un istante, lui se ne accorge e ne approfitta per scivolare dentro di me. Mi toglie di nuovo il fiato. Quando avrebbe iniziato a pompare? Riprendo fiato e come prima ne approfitta per scivolare ancora più in fondo. Oddio, quanto è lungo? È normale sentire qualcosa dentro di sé così in profondità? Lo ritrae di qualche centimetro, affonda di nuovo. Ritrae, affonda. Ancora, con calma. Sento il culo pieno, sento l'ano aperto. I suoi colpi prendono finalmente un ritmo più deciso, per usare il mio buco del culo fino in fondo. Sento Sofia salire sopra di me. Sta esponendo anche il suo culo a Filippo.
I colpi rallentano e il cazzo esce dal mio corpo. La sensazione di vuoto mi pervade, lo volevo, lo desideravo ancora. Ma sopra di me un altro culo sta ricevendo lo stesso trattamento. Sofia, sdraiata sopra di me, sta accogliendo Filippo a sua volta. Sento i colpi con cui affonda nel suo corpo. Di nuovo un rallentamento, poi di colpo il cazzo di Filippo mi riempie di nuovo. Questa volta senza preamboli, senza preparazione. Che volgare troia buttata sul pavimento, penso. Voglio la sborra, penso. Vieni, penso.
Un'inaspettata onda di piacere mi pervade. I suoi colpi, netti, precisi, mantengono un'intensità virtuosa. Le mie cosce tremano, la mia voce, forte, decide di uscire con un gemito, un urlo, un verso animalesco. Sto venendo? Sto venendo con il culo?
Sofia si è alzata e non me ne ero nemmeno accorta. È davanti a me, con la faccia a un centimetro dalla mia mi sussurra: «Godi, senti come ti apre.».
Filippo sfila il cazzo dal mio culo, prende Sofia per un braccio e la fa sdraiare sul tavolo. Gambe aperte, culo aperto. Mi prende, mi mette la testa sotto il suo scroto e, mentre gli lecco i testicoli, riprende a inculare sua moglie.
«Sofia,» dice Filippo. «Dove devo sborrare?».
Comanda lei, lui lo sa.
«Nel mio culo» dice lei con voce strozzata.
Lui prende a pompare più forte. Le sue palle mi sbattono in faccia. Cerco di leccare il culo di Sofia, il suo cazzo che pompa, le sue palle. Dove posso, metto la mia lingua. Di colpo di ferma, spinto in fondo al culo di Sofia. La sta riempiendo di sperma. Sento le palle ritrarsi dallo sforzo. Una, due, tre volte. Si sfila con il cazzo ancora turgido e senza indugio me lo infila in bocca.
Succhio avidamente quel membro esausto sporco di sperma. Sofia, gambe alzate, ha l'ano dilatato che boccheggia. Mentre con una mano continuo ad accarezzare Filippo, mi volto per assaporare quel culo aperto. Non è più lo stretto buco in cui avevo infilato la peretta, ma uno sfintere sfondato, farcito e tremante. Mentre la mia lingua cerca di dargli sollievo, la sborra inizia a colare. Lecco avidamente. Bevo da quell'orifizio il liquido di cui non posso più fare a meno.
Torno in camera mia frastornata. Sono ancora io? Mi sdraio nuda sopra le lenzuola, esausta. Ho goduto di decisioni libere, del piacere che il mio corpo può provare.
La luce del sole mi sveglia presto. Non ho chiuso le imposte, non ci ho nemmeno pensato ieri notte. Lavo sotto la doccia il mio corpo. Davanti allo specchio, i capelli bagnati mi guardo. Le mie tette svettano, la figa rasata mostra ora delle labbra carnose. Il buco del culo, ancora un po’ indolenzito, si è rivelato una fonte di piacere che avevo sottovalutato. Lo massaggio un po’ con della crema fresca per dargli sollievo. È un attimo. Appoggio un piede al bidet e con le natiche aperte inizio a masturbare quel buco con rinnovato desiderio.
Forse non sono troia. Forse sono ninfomane. Chissà, forse mi faccio solo troppe domande.
Corro di sotto per la colazione. Sono in ritardo per la riunione. Sofia mi accoglie «Cappuccino?». «Fammi solo un rapido caffè, sono in ritardo!»
Mi serve la colazione. Rapidamente avvicino la tazzina alla bocca chiudendo gli occhi per un istante. Quando li riapro il suo volto è di fronte al mio. «D’ora in poi, in questa città tu non sei più Anna, sei Mia.» Una pausa, i suoi occhi cercano una conferma. Sorrido. «Ti aspetto settimana prossima. Fammi sapere a che ora arrivi.» Mi baciò profondamente. Le nostre lingue si fusero per un breve istante. Le nostre vite si erano indissolubilmente legate.
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