Società dei diritti

di
genere
fantascienza

Il movimento della sua bocca che scorreva sul mio pene era reso irregolare dalle turbolenze del treno in movimento, cosa ancora più piacevole. La ragazza, ancora seduta al posto di fronte ma piegata con il busto in avanti, tra le mie gambe, teneva una mano su di me e l’altra a reggersi le ciocche dei lunghi capelli ricci che le ricadevano sul viso, per evitare che si sporcassero di saliva. Volli esserle di aiuto, così le raccolsi la chioma dietro la nuca, prima di poggiarle una mano sulla testa per dare il ritmo, che accelerai.
Un tizio seduto di fianco a me cominciò a prepararsi per scendere e mi resi conto che la mia fermata si avvicinava. “Scendi alla prossima?”, chiesi alla ragazza e lei fece cenno di sì, non potendo parlare a causa del mio membro che le riempiva la bocca. Aumentai ancora la cadenza di quel pompino, i rumori gutturali di lei si fecero più forti e strozzati e dopo poco raggiunsi il limite, spinsi il pene a fondo e venni abbondantemente. Lei sembrò reggere bene, segno che fosse ben pratica come del resto lo sono la maggior parte di quelle più carine, poiché più scelte da tutti. Dopo qualche secondo le lasciai andare la testa e lei si ritrasse lentamente, si ricompose il vestito e i capelli, con un fazzoletto si pulì i bordi della bocca, prese le sue cose e si avviò verso una delle porte. Ovviamente non disse niente e ovviamente non la rividi mai più, anche perché quel treno è piuttosto affollato e difficilmente si ritrovano le stesse facce.

Quella mattina, appena entrato in ufficio, per prima cosa, come spesso accadeva, andai in bagno a darmi una ripulita dalla saliva e dallo sperma residui.
La mia collega Mary, che incrociai fuori dai servizi, indossava un vestito chiaro con trame floreali che le scopriva le perfette gambe affusolate e le risaltava i lunghi capelli amarantini. Era adorabile e pensai che più tardi avrei potuto far valere il mio diritto su di lei, sempre che i colleghi me ne lasciassero la possibilità.
Iniziai a lavorare alla mia scrivania con il lieve rumore del pompino che Eva, reparto marketing, stava facendo al mio vicino di postazione. Per quest’ultimo era diventata ormai un’abitudine quotidiana, probabilmente ci trovava qualcosa di speciale in quella ragazza, tanto che qualche volta capitava che trovassi lei ad attenderlo sotto la scrivania, impaziente di farlo venire al più presto per potersene tornare alle sue faccende. In quei casi ne approfittavo prima che lui arrivasse. Non so perché, ma ci trovavo gusto nel vedere la malcelata espressione di stizza dipinta sul volto di lui quando mi trovava intento ad affondare il pene nella gola di Eva.

Quel giorno il lavoro fu pesante; più pesante del solito. Divenni matto per rispettare una scadenza di consegna e corsi dietro al mio superiore che sembrava divertirsi a caricarmi ogni momento di nuova roba da fare. La fugace pausa pranzo fu l’unica interruzione di quel forsennato flusso di lavoro. Non che non sia abituato ai ritmi serrati, anche perché altrimenti non durerei una settimana in quell’azienda. O in una qualsiasi azienda.
Nonostante tutto, riuscì a terminare i miei compiti entro sera e, dopo le mie solite undici ore di lavoro, staccai. Mary se n’era già andata da un pezzo, dato che le donne hanno il benefit dell’orario ridotto dovendo già soddisfare il diritto al pompino degli uomini, così me ne andai senza essermi sfogato.

Ero stanco morto e allo stesso tempo stressato. Incrociai per strada una ragazza che indossava un abito da sera, probabilmente doveva incontrarsi con degli amici o, chissà, con il fidanzato, e feci valere il mio diritto su di lei. Non fui particolarmente gentile o delicato. Ero stanco e stressato. Le fermai la testa contro il muro e usai la sua gola senza fermarmi: veloce, in profondità, finché fiotti di sperma non le finirono direttamente nello stomaco. Un passante si fermò dietro di me, attese pazientemente che finissi e poi prese il mio posto, scopandole la bocca ancora grondante del mio seme. Quando me ne andai, un terzo si era già accodato.
Certo, le donne possono sempre rifiutarsi di soddisfare gli aventi diritto; ma non tutte hanno la possibilità di saldare le multe che arrivano in automatico se lo fanno.
Mi chiedo se poi sia riuscita a presentarsi all’appuntamento o se invece sia divenuta… impresentabile.

Rientrai nel mio appartamento, feci una doccia, cenai con una capsula alimentare, inalai una dose di neuro-ricostituenti e crollai nel letto.
di
scritto il
2025-07-24
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