Cambio di prospettiva
di
Mariano
genere
etero
Ho condotto, fino ai 30 anni, una vita che oserei definire normale. Un lavoro che mi soddisfaceva, una storia d'amore di quelle solide, apparentemente capaci di sfidare il tempo, con la routine che, per me, era sinonimo di serenità. Poi, a dimostrazione che le certezze più granitiche possono sgretolarsi, era arrivato quel 'non ti amo più'. Non avevo capito nulla per tutti quegli anni. Pensavo che Anna sarebbe stata la donna che avrei sposato e con la quale avrei creato una famiglia. In fondo avevo 30 anni, un'età in cui è normale costruire un progetto di vita. La normalità, che oggi mi sembra così noiosa e grigia, allora costituiva per me un rifugio, un riparo contro le incertezze del futuro. Eppure, nel giro di pochissimi giorni, mi ritrovavo improvvisamente da solo in un appartamento che era diventato troppo grande. Sensazione stranissima alla quale reagii non con la disperazione ma con la rabbia. Non me lo meritavo, così pensai. Non mi meritavo di essere trattato in quel modo dalla persona che avevo amato e che consideravo la donna della mia vita. Sparita dopo tutti quegli anni insieme.
Mi ero fatto andare bene tante cose, per lei. Inclusa la noiosa routine a letto, lei che certe cose non le faceva perché non era il caso. Niente sesso orale. Figuriamoci l'anale. Ci avevo provato a farle capire che per me era importante, in realtà, ma certe cose non vanno chieste, perché dovrebbero venire da sé e così avevo lasciato stare. E poi, a furia di non chiedere, diventa persino normale non farlo. Ci si abitua davvero a tutto, in fondo.
Solo, dunque. Ma non ero in crisi. Almeno così pensavo. Ero, piuttosto, incazzato. 'Quella troia frigida vada a farsi fottere', questa fu la mia reazione. Non l'avevo mai tradita nonostante a letto fosse davvero imbranata. Così, quasi per reazione, iniziai a riflettere a tutte le volte che avevo guardato con piacere qualche altra donna. A dire il vero il campo era ristretto all'ambito lavorativo perché non avevo una vita privata tale da permettermi di conoscere altre persone. Così la mia ossessione si riversò su Giada, una collega nell'azienda in cui lavoravo e con la quale si era instaurato, da qualche tempo, un sincero rapporto di simpatia. Ero diventato una sorta di sicuro confidente di una bella donna, col fascino della cinquantenne con un fisico invidiabile e soprattutto un seno che sembrava vincere ogni gravità possibile. Con lei sono sempre stato corretto ma mi dava piacere avere una sorta di amica matura con la quale comportarmi da galantuomo. Ho sempre avuto una passione per un bel sedere e i suoi jeans, che quasi sempre indossava, valorizzavano quel capolavoro che lei aveva modellato con ore ed ore di palestra. Separata e in enorme crisi con un uomo che la usava a suo piacimento, ero diventato per lei la persona cui confidarsi. 'Sei speciale', mi aveva detto spesso. Certo, fino a quel momento la simpatia era rimasta tale, né avevo mai prodotto affermazioni ambigue, ma ora ero io in crisi, così subito mi confidai con lei e le dissi che ero rimasto single. Cercò di consolarmi ma io avevo voglia di essere consolato in ben altro modo e non certo con frasi di circostanza. Il nostro rapporto si evolse da quel momento in poi e le confidenze aumentarono. Quando tornavo a casa mi segavo pensando a lei e alle porcate che avrei voluto realizzare, alla faccia dell'immagine da galantuomo che avevo costruito negli anni. Così, ad un certo punto, saranno passate circa due settimane da quando ero stato lasciato, presi coraggio e le chiesi se potevamo prenderci un caffè con calma. In fondo ormai eravamo amici, anche se il nostro rapporto, pur amichevole, era rimasto limitato all'ambito lavorativo. Fu così che, dopo il lavoro, uscimmo insieme e ci fermammo in un bar. Cominciammo a parlare del più e del meno ma sapevo di non avere troppo tempo a disposizione perché sua figlia la aspettava per cena. Due ore, forse tre. Così non ci pensai troppo e le dissi che mi era sempre piaciuta. Mi guardò con una certa perplessità ma credo che, in fondo, poteva aspettarselo. Tra di noi c'erano vent'anni di differenza, è vero, ma la chimica era sempre stata forte. Le simpatie nascondono spesso verità che non si vogliono ammettere, come quella che, nonostante i tanti anni di differenza, provavamo un certo interesse l'uno per l'altra. 'Puoi essere mio figlio', cercò di obiettare. 'Non bacerei mai mia madre come ho voglia di fare con te'. Sorrise. Così la baciai e lei non oppose alcuna resistenza. Lì al bar, davanti a tutti. Fu meraviglioso.
Le chiesi se aveva voglia di fare due passi. Pagai e uscimmo. Il mio appartamento era vicinissimo al bar, che avevo scelto con una certa strategia, così le chiesi se aveva voglia di salire da me. Imbarazzata, rispose di sì. In ascensore ci guardavamo ma non ci dicemmo nulla. Non sapevamo, del resto, cosa dire. Avevamo voglia di ben altro. Arrivati al secondo piano, uscimmo dall'ascensore ed aprii la porta del mio appartamento. 'E' carino qui', mi disse ma non fece in tempo a continuare che la baciai lì sulla porta. Fu un bacio meraviglioso se penso a come baciava Anna. Appassionato, travolgente, con le lingue che si contorcono e che leccano la saliva dell'altro. Così, preso da una foga senza pari, le sbottonai la camicetta e, prima che potessi continuare, si preoccupò di avvisarmi che aveva il seno rifatto. Non sapevo che dire se non che finalmente capii come mai le sue tette fossero così belle e sode. Avevo, nonostante i trent'anni, poca esperienza e non avevo sospettato un intervento al seno. 'Fammele vedere', le dissi. Mi lasciò fare. Tolsi il reggiseno. Erano meravigliose. Le presi tra le mani come a soppesarle e iniziai a succhiarle. Lei era imbarazzatissima ma la cosa mi eccitava. Le toccavo i capezzoli turgidi e li succhiavo come se stessi allattando. La voglia di fare l'amore con lei era enorme. Così le afferrai una mano e la condussi in camera da letto. La lanciai sul letto. Nuda fino alla vita, la guardai. Era bellissima. Le sbottonai i jeans e glieli tolsi. Fu la volta degli slip. Le allargai le gambe e iniziai a leccarla. Il suo 'non mi sono lavata' non sortì alcun effetto. Il sapore era meraviglioso e subito iniziò a godere. Le leccavo il clitoride e poi mi spostavo sulla vagina. Emetteva dei gemiti e gli umori vaginali tradivano il piacere. Fu così che mi fermai e iniziai a spogliarmi. Restai in piedi, davanti a lei, completamente nudo, con il cazzo duro in vista, pronto a prendermela. Stava per essere mia. Mi misi sopra di lei, le accarezzai i capelli e la baciai. Il bacio più bello avessi mai dato. Così iniziai ad entrare. Era duro e lei bagnata, tanto che entrò subito. Gettò un gridolino e iniziai a pomparla. La mia meravigliosa milf godeva sotto i miei colpi. 'Ti voglio, Giada', le gridai. E lei, in maniera per me inaspettata, mi chiese di scoparla con forza. 'Scopami', urlò. Anna non aveva mai usato quel tipo di linguaggio ma mi resi conto in quel momento di quanto ne avessi bisogno. 'Ti scopo, puttana', le risposi, sperando di non aver esagerato. 'Sei mia, aprimi le cosce e dammela'. 'E' tutta tua', mi disse. Che meraviglia. Scopavamo come due forsennati e finalmente potevo lasciarmi andare. 'Sai che dopo voglio il tuo culetto?'. 'Prendilo, è tuo'. Non potevo credere alle mie orecchie. Ci avevo messo trent'anni ma forse, per la prima volta, avrei fatto sesso anale. Preso dalla curiosità, la girai così da ammirare quel culetto meraviglioso che tante volte avevo segnato. La zoccola, me lo aveva raccontato, si concedeva a quello stronzo che la maltrattava, nella speranza di farsi amare. Gli faceva di tutto, assecondando le fantasie più perverse, sulle quali non era entrata nei dettagli, lasciando immaginassi. Per lei era normale. 'Ora è mio il tuo culo', pensai. Così presi dal cassetto un lubrificante che era lì da troppo tempo, inutilizzato, perché con Anna non ne avevo mai avuto bisogno. Gliene misi tanto sul buchetto del culo e mi lubrificai il membro. Con un dito mi devi largo facilmente e capii che sarebbe stato semplice entrare. Le allargai con entrambi le mani il culo, le poggiai il membro duro e iniziai a spingere. Entrò, come avevo previsto, senza difficoltà a testimonianza che sicuramente il buco aveva accolto di recente qualche altro ospite. La cosa, invece di impressionarmi, mi eccitò da morire. Quel culetto sarà stato di tanti ma ora era a mia completa disposizione. Dopo i primi colpi iniziò a gemere e a toccarsi il clitoride. Le piaceva. Ero in estasi, quasi non ci credevo. Mi stavo comportando bene, considerando che tra i due ero decisa meno esperto. Eppure era tutto vero: la stavo inculando. Ebbi la sensazione che la vagina fosse un posto molto più accogliente e caldo e che il sesso anale, in realtà, fosse meno piacevole, ma ad eccitarmi fu l'idea di prendere possesso di quel culo meraviglioso che avevo tante volte sognato. La combinazione di colpi duri e della masturbazione le procurava un piacere incredibile. Per un istante pensai ai vicini, con tutto il casino che stava facendo, ma non potevo farci nulla. 'Ti piace, troia?', le chiesi. 'Sto godendo col culo', mi rispose. 'Non fermarti, scopa', aggiunse. 'E chi si ferma!?', risposi. Lei inarcava sempre di più la schiena alla ricerca del massimo piacere mentre io affondavo colpi decisi, sentendo che non le procuravano alcun dolore. Ad un certo punto iniziò a gridare più forte e non so se per la masturbazione del clitoride, che continuava a solleticare con la mano, o per la penetrazione anale o per il combinato effetto, iniziò a gridare e le gambe le tremarono, finché urlò 'Sborrooooo'.
Era proprio così che mi piaceva. Senza freni, senza retorica. Puro piacere. Continuai ad affondare i colpi mentre le dicevo 'godi, piccola mia, godi'. Con la mano, esausta, cercò di staccarmi, così uscii e mi misi sopra di lei, mentre i nostri corpi, stanchi, riprendevano fiato. La abbracciai forte. Era mia e mi piaceva davvero troppo. Guardai la sveglia che indicava le 19.40. Tra poco sarebbe dovuta andare a casa da sua figlia. Io non ero venuto probabilmente a causa della tensione emotiva,ma non mi interessava. Anzi, meglio così: avevo resistito a lungo, mentre lei sembrava in estasi dal piacere. Rimanemmo lì abbracciati dopo un amplesso meraviglioso. La desideravo ma c'era qualcosa in più del semplice piacere sessuale. Avrei voluto restasse lì con me per sempre. 'Ti è piaciuto, piccola?', le chiesi. 'Da morire', rispose. Ero felice come mai lo ero stato. 'Mi piaci, Giada. Mi piaci troppo'.
Mi ero fatto andare bene tante cose, per lei. Inclusa la noiosa routine a letto, lei che certe cose non le faceva perché non era il caso. Niente sesso orale. Figuriamoci l'anale. Ci avevo provato a farle capire che per me era importante, in realtà, ma certe cose non vanno chieste, perché dovrebbero venire da sé e così avevo lasciato stare. E poi, a furia di non chiedere, diventa persino normale non farlo. Ci si abitua davvero a tutto, in fondo.
Solo, dunque. Ma non ero in crisi. Almeno così pensavo. Ero, piuttosto, incazzato. 'Quella troia frigida vada a farsi fottere', questa fu la mia reazione. Non l'avevo mai tradita nonostante a letto fosse davvero imbranata. Così, quasi per reazione, iniziai a riflettere a tutte le volte che avevo guardato con piacere qualche altra donna. A dire il vero il campo era ristretto all'ambito lavorativo perché non avevo una vita privata tale da permettermi di conoscere altre persone. Così la mia ossessione si riversò su Giada, una collega nell'azienda in cui lavoravo e con la quale si era instaurato, da qualche tempo, un sincero rapporto di simpatia. Ero diventato una sorta di sicuro confidente di una bella donna, col fascino della cinquantenne con un fisico invidiabile e soprattutto un seno che sembrava vincere ogni gravità possibile. Con lei sono sempre stato corretto ma mi dava piacere avere una sorta di amica matura con la quale comportarmi da galantuomo. Ho sempre avuto una passione per un bel sedere e i suoi jeans, che quasi sempre indossava, valorizzavano quel capolavoro che lei aveva modellato con ore ed ore di palestra. Separata e in enorme crisi con un uomo che la usava a suo piacimento, ero diventato per lei la persona cui confidarsi. 'Sei speciale', mi aveva detto spesso. Certo, fino a quel momento la simpatia era rimasta tale, né avevo mai prodotto affermazioni ambigue, ma ora ero io in crisi, così subito mi confidai con lei e le dissi che ero rimasto single. Cercò di consolarmi ma io avevo voglia di essere consolato in ben altro modo e non certo con frasi di circostanza. Il nostro rapporto si evolse da quel momento in poi e le confidenze aumentarono. Quando tornavo a casa mi segavo pensando a lei e alle porcate che avrei voluto realizzare, alla faccia dell'immagine da galantuomo che avevo costruito negli anni. Così, ad un certo punto, saranno passate circa due settimane da quando ero stato lasciato, presi coraggio e le chiesi se potevamo prenderci un caffè con calma. In fondo ormai eravamo amici, anche se il nostro rapporto, pur amichevole, era rimasto limitato all'ambito lavorativo. Fu così che, dopo il lavoro, uscimmo insieme e ci fermammo in un bar. Cominciammo a parlare del più e del meno ma sapevo di non avere troppo tempo a disposizione perché sua figlia la aspettava per cena. Due ore, forse tre. Così non ci pensai troppo e le dissi che mi era sempre piaciuta. Mi guardò con una certa perplessità ma credo che, in fondo, poteva aspettarselo. Tra di noi c'erano vent'anni di differenza, è vero, ma la chimica era sempre stata forte. Le simpatie nascondono spesso verità che non si vogliono ammettere, come quella che, nonostante i tanti anni di differenza, provavamo un certo interesse l'uno per l'altra. 'Puoi essere mio figlio', cercò di obiettare. 'Non bacerei mai mia madre come ho voglia di fare con te'. Sorrise. Così la baciai e lei non oppose alcuna resistenza. Lì al bar, davanti a tutti. Fu meraviglioso.
Le chiesi se aveva voglia di fare due passi. Pagai e uscimmo. Il mio appartamento era vicinissimo al bar, che avevo scelto con una certa strategia, così le chiesi se aveva voglia di salire da me. Imbarazzata, rispose di sì. In ascensore ci guardavamo ma non ci dicemmo nulla. Non sapevamo, del resto, cosa dire. Avevamo voglia di ben altro. Arrivati al secondo piano, uscimmo dall'ascensore ed aprii la porta del mio appartamento. 'E' carino qui', mi disse ma non fece in tempo a continuare che la baciai lì sulla porta. Fu un bacio meraviglioso se penso a come baciava Anna. Appassionato, travolgente, con le lingue che si contorcono e che leccano la saliva dell'altro. Così, preso da una foga senza pari, le sbottonai la camicetta e, prima che potessi continuare, si preoccupò di avvisarmi che aveva il seno rifatto. Non sapevo che dire se non che finalmente capii come mai le sue tette fossero così belle e sode. Avevo, nonostante i trent'anni, poca esperienza e non avevo sospettato un intervento al seno. 'Fammele vedere', le dissi. Mi lasciò fare. Tolsi il reggiseno. Erano meravigliose. Le presi tra le mani come a soppesarle e iniziai a succhiarle. Lei era imbarazzatissima ma la cosa mi eccitava. Le toccavo i capezzoli turgidi e li succhiavo come se stessi allattando. La voglia di fare l'amore con lei era enorme. Così le afferrai una mano e la condussi in camera da letto. La lanciai sul letto. Nuda fino alla vita, la guardai. Era bellissima. Le sbottonai i jeans e glieli tolsi. Fu la volta degli slip. Le allargai le gambe e iniziai a leccarla. Il suo 'non mi sono lavata' non sortì alcun effetto. Il sapore era meraviglioso e subito iniziò a godere. Le leccavo il clitoride e poi mi spostavo sulla vagina. Emetteva dei gemiti e gli umori vaginali tradivano il piacere. Fu così che mi fermai e iniziai a spogliarmi. Restai in piedi, davanti a lei, completamente nudo, con il cazzo duro in vista, pronto a prendermela. Stava per essere mia. Mi misi sopra di lei, le accarezzai i capelli e la baciai. Il bacio più bello avessi mai dato. Così iniziai ad entrare. Era duro e lei bagnata, tanto che entrò subito. Gettò un gridolino e iniziai a pomparla. La mia meravigliosa milf godeva sotto i miei colpi. 'Ti voglio, Giada', le gridai. E lei, in maniera per me inaspettata, mi chiese di scoparla con forza. 'Scopami', urlò. Anna non aveva mai usato quel tipo di linguaggio ma mi resi conto in quel momento di quanto ne avessi bisogno. 'Ti scopo, puttana', le risposi, sperando di non aver esagerato. 'Sei mia, aprimi le cosce e dammela'. 'E' tutta tua', mi disse. Che meraviglia. Scopavamo come due forsennati e finalmente potevo lasciarmi andare. 'Sai che dopo voglio il tuo culetto?'. 'Prendilo, è tuo'. Non potevo credere alle mie orecchie. Ci avevo messo trent'anni ma forse, per la prima volta, avrei fatto sesso anale. Preso dalla curiosità, la girai così da ammirare quel culetto meraviglioso che tante volte avevo segnato. La zoccola, me lo aveva raccontato, si concedeva a quello stronzo che la maltrattava, nella speranza di farsi amare. Gli faceva di tutto, assecondando le fantasie più perverse, sulle quali non era entrata nei dettagli, lasciando immaginassi. Per lei era normale. 'Ora è mio il tuo culo', pensai. Così presi dal cassetto un lubrificante che era lì da troppo tempo, inutilizzato, perché con Anna non ne avevo mai avuto bisogno. Gliene misi tanto sul buchetto del culo e mi lubrificai il membro. Con un dito mi devi largo facilmente e capii che sarebbe stato semplice entrare. Le allargai con entrambi le mani il culo, le poggiai il membro duro e iniziai a spingere. Entrò, come avevo previsto, senza difficoltà a testimonianza che sicuramente il buco aveva accolto di recente qualche altro ospite. La cosa, invece di impressionarmi, mi eccitò da morire. Quel culetto sarà stato di tanti ma ora era a mia completa disposizione. Dopo i primi colpi iniziò a gemere e a toccarsi il clitoride. Le piaceva. Ero in estasi, quasi non ci credevo. Mi stavo comportando bene, considerando che tra i due ero decisa meno esperto. Eppure era tutto vero: la stavo inculando. Ebbi la sensazione che la vagina fosse un posto molto più accogliente e caldo e che il sesso anale, in realtà, fosse meno piacevole, ma ad eccitarmi fu l'idea di prendere possesso di quel culo meraviglioso che avevo tante volte sognato. La combinazione di colpi duri e della masturbazione le procurava un piacere incredibile. Per un istante pensai ai vicini, con tutto il casino che stava facendo, ma non potevo farci nulla. 'Ti piace, troia?', le chiesi. 'Sto godendo col culo', mi rispose. 'Non fermarti, scopa', aggiunse. 'E chi si ferma!?', risposi. Lei inarcava sempre di più la schiena alla ricerca del massimo piacere mentre io affondavo colpi decisi, sentendo che non le procuravano alcun dolore. Ad un certo punto iniziò a gridare più forte e non so se per la masturbazione del clitoride, che continuava a solleticare con la mano, o per la penetrazione anale o per il combinato effetto, iniziò a gridare e le gambe le tremarono, finché urlò 'Sborrooooo'.
Era proprio così che mi piaceva. Senza freni, senza retorica. Puro piacere. Continuai ad affondare i colpi mentre le dicevo 'godi, piccola mia, godi'. Con la mano, esausta, cercò di staccarmi, così uscii e mi misi sopra di lei, mentre i nostri corpi, stanchi, riprendevano fiato. La abbracciai forte. Era mia e mi piaceva davvero troppo. Guardai la sveglia che indicava le 19.40. Tra poco sarebbe dovuta andare a casa da sua figlia. Io non ero venuto probabilmente a causa della tensione emotiva,ma non mi interessava. Anzi, meglio così: avevo resistito a lungo, mentre lei sembrava in estasi dal piacere. Rimanemmo lì abbracciati dopo un amplesso meraviglioso. La desideravo ma c'era qualcosa in più del semplice piacere sessuale. Avrei voluto restasse lì con me per sempre. 'Ti è piaciuto, piccola?', le chiesi. 'Da morire', rispose. Ero felice come mai lo ero stato. 'Mi piaci, Giada. Mi piaci troppo'.
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Commenti dei lettori al racconto erotico