Vent'anni dopo - ep.3

di
genere
sentimentali

Implacabile, la sveglia delle 7 ci svegliò.
Protestai affinché Manu rimanesse con me sotto le coperte ma, con la sua solita risolutezza, mi ricordò di essere "quello che comanda la baracca" in caserma e di dover andare.
Scandì il suo rivestirsi dandomi diversi baci di consolazione e mi salutò con la promessa di chiamarmi dall'ufficio. Rimasi così a gustarmi la mia solitudine, nuda sotto le coperte, a pensare a Manu, a come avevamo dormito abbracciati dopo una notte di scopate epiche. Affondai la faccia tra i cuscini per respirare il suo odore e con un sorriso compiaciuto mi dissi che non avrei potuto desiderare di più.
Poco dopo uscii alla ricerca di un bar dove fare colazione e di un parrucchiere che potesse sistemare il disastro causato dalla mia performance sotto la doccia. Mi guardavo riflessa nello specchio del salone dove avevo dato principio all'operazione di restyling, avevo l'espressione soddisfatta di chi vede finalmente allinearsi tutti i pianeti.
Una notifica annunciò un messaggio di Manu. "Che fai? Mi pensi? Stacco alle 13, se passi dalla caserma, andiamo a pranzo insieme."
"Ok, a che ora?"
"Dalle 12:30 i ragazzi saranno in pausa, vieni quando preferisci. Ancora non mi hai detto se mi stai pensando"
"Non lo saprai mai"
"Sarò costretto ad estorcerti questa informazione"
"Sarò ben felice di sottoporrmi ad un duro interrogatorio 😉"
Sorrisi divertitq di quello scambio di battute quasi adolescenziale.
Girai per Verona tra monumenti e librerie, bevvi un secondo caffè per il gusto di godermi quella magnifica giornata di sole seduta al tavolo di un bar.
Mi avviai con calma verso la caserma, alle 12:40 ero davanti al cancello. Manu venne ad accogliermi all'ingresso, mi guidò tra i corridoi spogli di quello squallido edificio fino al suo ufficio. Una grande scrivania ricoperta di faldoni, calendari storici alle pareti, alcuni crest, una foto del Presidente della Repubblica alle pareti cerulee, quello era il suo regno.
"Eccoci qui. Sistemo un'ultima pratica e andiamo. Mettiti comoda" mi disse in modo molto formale. Rimasi a guardarlo mentre di sedeva alla scrivania, elegante e marziale in quella divisa grigia che mi aveva sempre fatto effetto. Era davvero lo stesso uomo che mi aveva montata in tutti i modi possibili qualche ora prima? Indugiai ad guardargli le labbra, le mani, i polsi. Le mia copiosa galleria di fantasie comprendeva anche una sezione dedicata alle sveltine in ufficio. Forse era la giornata giusta per metterle in pratica. Girai oltre la scrivania per raggiungerlo e mi sedetti sulle sue gambe, mi guardò imbarazzato e divertito. Gli sfiorai la cravatta, il colletto della camicia, i gradi sulla spalla, il mento.
"Scusami, dimenticavo che qui sei quello che comanda" e finsi con disinvoltura di volermi alzare ma lui mi trattenne per la vita.
"Non c'è nessuno, gli altri sono andati a pranzare" sussurrò baciandomi l'orecchio. Sfiorò il mio profilo accarezzando il maglione rosso vermiglio. Mi sistemai meglio sulle sue gambe e sentii che era eccitato. Continuai a giocherellare con i bottoni della sua giacca, guardandolo. Quando si eccitava, il suo sguardo diventava profondo e liquido, amavo perdermi in quell'abisso. "Ieri non mi hai più detto cosa vuoi veramente, mi hai distratto portandomi nella doccia" disse con voce calda, intanto la sua mano era arrivata al di sotto del mio maglione e stava abbassando una coppa del reggiseno per titillarmi il capezzolo. Ebbi una scossa di piacere, lui la sentì e continuò a parlarmi "Allora, ragazza impavida... hai niente da dirmi?"
Distolsi lo sguardo e feci scendere le dita sotto la sua giacca, alla ricerca della cinta. Presi coraggio e, con le guance in fiamme per la vergogna, confessai: " vorrei che mi prendesai da dietro...che mi scopassi a 90°, qui, su questa scrivania, prima con dei colpi secchi e poi senza sosta...Mi piace l'idea di perdere completamente il controllo con te, di essere in balia delle tue decisioni".
Mi baciò, sentivo la sua lingua calda farsi spazio con vigore, le sue labbra assaggiarmi con forza. Quelle parole lo avevano mandato fuori di testa. Lo sentii armeggiare con la zip dei pantaloni e tirò fuori il suo cazzo teso, duro, lucido. Prese la mia mano e la porto sui suoi testicoli, li massaggiai mentre mi baciava ancora, sempre più vorace. Ci alzammo e lo sentii mettersi dietro di me, alzare la gonna e tirare giù i miei slip con un gesto scomposto, rude. La cosa mi eccitò ancora di più. Mi spinse in avanti, poggiai gli avambracci sulla scrivania. Sentivo l'aria fresca sulla mia pelle nuda, divaricai leggermente le gambe, lui poggiò la cappella caldissima e turgida sul mio sesso. Indietreggiai un po', smaniosa di farmi penetrare ma mi fermò con un sonoro schiaffo sul sedere. Rimasi stordita dalla pacca e dall'eccitazione, un istante dopo affondò senza pietà con un colpo secco, sentivo il suo pube contro la mia vulva aperta e bagnata. Si ritrasse e attese qualche secondo, il muovevo il bacino in attesa che mi prendesse ancora, priva di ogni freno. Mi schiaffeggiò ancora prima di penetrarmi con ancora più forza, emisi un gemito soffocato, poi, serrando le dita attorno ai miei fianchi mi tennne ferma e cominciò a scoparmi con foga, a ritmo sempre più sostenuto. Ebbi una serie di orgasmi che mi offuscarono, sentii mancare la forza nelle gambe mentre respiravo l'odore pungente del sottomano in cuoio della sua scrivania. Ero talmente bagnata da sentire il suono acquoso del suo cazzo mentre entrava e usciva dalla mia vagina, uno stantuffo che concludeva ogni sua corsa in uno sciacquio, percepivo i colpi e i suoni come lontani, in uno stato di abbandono totale, simile ad un mancamento.
"Livia, stai bene?" mi chiese accarezzandomi la guancia, annuii senza avere la forza di rispondergli, continuavo a sentirmi sopraffatta dal piacere che caricava nuove onde e si infrangeva nella mia carne. Mi rialzai e lo spinsi dolcemente sulla sua sedia, sollevai la gonna a mi misi su di lui, volevo che mi prendesse totalmente, inarcai il bacino fino a sentire il calore della sua cappella contro il mio ano. Allargò con delicatezza le mie natiche per mermettermi di posizionarmi per bene, scesi lentamente sentendo che la pressione si trasformava il fastidio, dolore, piacere. Lo guardai negli occhi, era immobile, totalmente rapito da quella mia iniziativa.
Scesi ancora un po' e sentii il diametro aumentare e il mio orfizio accoglierlo con maggiore difficoltà, provavo un senso di riempimento totale, un piacere strano. Scesi ancora un po', era completamente dentro di me, lo sentivo nelle viscere e cominciai a dondolare in quel rimescolio di sensazioni contrastanti.
"Vuoi che ti scopi così?" mi chiese spostando una ciocca di capelli...
"Sì, Manu, è quello che voglio."
Intrecciò le sue mani alle mie e cominciò a sollevare ritmicamente il bacino, ad ogni saltello provavo piacere e dolore, il movimento divenne sempre più veloce fino a quando sentii un fiotto caldo riempirmi e poi colare al di fuori.
Ansimavamo bocca contro bocca, bagnati dei nostri umori, pregni dell'odore del sesso in quella stanza asettica. Oltre ai nostri respiri solo il ticchettio di un orologio alla parete che segnava le 13:05.
"È meglio ricomporci, potrebbe arrivare qualcuno" mi disse scostandosi leggermente. Mi alzai, ancora stordita e dolorante, in imbarazzo per quello che avevo appena fatto e chiesto.
"Andiamo a pranzo fuori? C'è un posto panoramico bellissimo poco fuori Verona" mi chiese dandomi un bacio a stampo. Annuii imbarazzata mentre infilavo gli slip sotto la gonna. Mi sorrise abbottonandosi la giacca.
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2025-04-05
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