La pagina dello spettacolo di ER: Toni Servillo - Tre modi per non morire (Teatro Argentina)
di
Chicken1973
genere
masturbazione
Lettere alla redazione, con preghiera di pubblicazione.
La redazione specifica che i pensieri ivi espressi non sono rappresentativi della posizione della testata.
Forse.
Una Lettrice
Quanto ti piace parlare Toni?
Quanto?
Ma davvero non ti stufi mai? Terrazze, palchi, città, traffici.
Alla fine sai cosa dici?
Nulla.
"E allora?" mi dirai.
"E allora..." tu vorresti questo pompino di gruppo da parte di tutti noi e a noi, di farti questo pompino di gruppo, proprio non va.
Anzi. Sarai tu a guardarci mentre felice mi entusiasmo per le chiacchiere da portinaia e per le gioie di una figa che lentamente vedo calare sulla mia faccia.
L'orgasmo, che tu volevi procurarci con la tua cultura e la tua dizione, è invece figlio di piaceri che tu non puoi nemmeno capire.
E mentre la tua voce si fa sempre più lontana la mia mano non riesce a stare ferma.
Volevi applausi.
Hai il mio ditale.
Il mio piacere.
I miei desideri.
Le mie fantasie.
E tu, imbambolato su un palco, reclami la fine che invece regalo a me stessa.
****
Lettera da Roma
Un'ora e mezza ad ascoltare un imbonitore declamare un testo stampato.
Originali perle come:
“la poesia è bella”
“la guerra è brutta“
“l'amore è bello”
“i Greci antichi erano più intelligenti di noi sciocchi uomini contemporanei schiavi degli smartphone”
Un’infinita e consolatoria serie di banalità.
Un’interminabile accondiscendente tirata retorica.
Nessuna messa in scena.
Colonna sonora minimale
Luci minimali
Solo lui che fa sfoggio della propria arte declamatoria.
Intervallata da battutine in napoletano per strappare facili risate.
Che noi siamo quelli che applaudono Servillo, mica vanno a teatro per un dozzinale Vincenzo Salemme.
Una sola definizione: sequestro di persona a fini autocelebrativi.
Un'autoincensatoria inguardabile cagata.
Di fronte all’evidente pretesa di un pompino di gruppo da parte del mattatore, solo una risposta sarebbe stata adatta.
Lì seduti in platea, a sopportare tanto strazio, avrei dovuto infilare le mani sotto la gonna di mia moglie e toglierle le mutante.
Slacciare i pantaloni e tirar fuori il mio umile arnese, che certo non può competere con quello di Toni.
E allora l’avrei sollevata di peso e l’avrei adagiata nel mio grembo.
Una scopata nel mezzo di quell’atto unico sarebbe stata la risposta adatta.
Ignorando le lamentele del pubblico seduto dietro di noi, per la visuale al palco ostruita dalle nostre sconcezze.
Un orgasmo, sporco e spensierato.
In mezzo ad un compito uditorio in standing ovation di fronte al vate che dice loro quello che volevano sentirsi dire.
Come quel popolo ai piedi del tizio pelato che ciarlava da un balcone tanti anni fa.
Ma di sinistra.
La redazione specifica che i pensieri ivi espressi non sono rappresentativi della posizione della testata.
Forse.
Una Lettrice
Quanto ti piace parlare Toni?
Quanto?
Ma davvero non ti stufi mai? Terrazze, palchi, città, traffici.
Alla fine sai cosa dici?
Nulla.
"E allora?" mi dirai.
"E allora..." tu vorresti questo pompino di gruppo da parte di tutti noi e a noi, di farti questo pompino di gruppo, proprio non va.
Anzi. Sarai tu a guardarci mentre felice mi entusiasmo per le chiacchiere da portinaia e per le gioie di una figa che lentamente vedo calare sulla mia faccia.
L'orgasmo, che tu volevi procurarci con la tua cultura e la tua dizione, è invece figlio di piaceri che tu non puoi nemmeno capire.
E mentre la tua voce si fa sempre più lontana la mia mano non riesce a stare ferma.
Volevi applausi.
Hai il mio ditale.
Il mio piacere.
I miei desideri.
Le mie fantasie.
E tu, imbambolato su un palco, reclami la fine che invece regalo a me stessa.
****
Lettera da Roma
Un'ora e mezza ad ascoltare un imbonitore declamare un testo stampato.
Originali perle come:
“la poesia è bella”
“la guerra è brutta“
“l'amore è bello”
“i Greci antichi erano più intelligenti di noi sciocchi uomini contemporanei schiavi degli smartphone”
Un’infinita e consolatoria serie di banalità.
Un’interminabile accondiscendente tirata retorica.
Nessuna messa in scena.
Colonna sonora minimale
Luci minimali
Solo lui che fa sfoggio della propria arte declamatoria.
Intervallata da battutine in napoletano per strappare facili risate.
Che noi siamo quelli che applaudono Servillo, mica vanno a teatro per un dozzinale Vincenzo Salemme.
Una sola definizione: sequestro di persona a fini autocelebrativi.
Un'autoincensatoria inguardabile cagata.
Di fronte all’evidente pretesa di un pompino di gruppo da parte del mattatore, solo una risposta sarebbe stata adatta.
Lì seduti in platea, a sopportare tanto strazio, avrei dovuto infilare le mani sotto la gonna di mia moglie e toglierle le mutante.
Slacciare i pantaloni e tirar fuori il mio umile arnese, che certo non può competere con quello di Toni.
E allora l’avrei sollevata di peso e l’avrei adagiata nel mio grembo.
Una scopata nel mezzo di quell’atto unico sarebbe stata la risposta adatta.
Ignorando le lamentele del pubblico seduto dietro di noi, per la visuale al palco ostruita dalle nostre sconcezze.
Un orgasmo, sporco e spensierato.
In mezzo ad un compito uditorio in standing ovation di fronte al vate che dice loro quello che volevano sentirsi dire.
Come quel popolo ai piedi del tizio pelato che ciarlava da un balcone tanti anni fa.
Ma di sinistra.
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