La sfida copiosa (prima parte)
di
Jacopo Maria De Robilland
genere
masturbazione
La sfida copiosa.
Da subito compresi che non si trattava di una gara ma, bensì, di un semplice rifugio da un senso imprescindibile di malinconia. Il tramonto di quel vigore, che da sempre ne aveva animato le gesta, era ancora più evidente nelle sue carni affaticate nel reggere i ritmi che in gioventù l'avevano reso angelo e demone del piacere di innumerevoli donne. Nobili, volgari, fanciulle, giovani e madri che fossero. Per questo, quello di cui ora testimonio è una sfida impari che il Signore di Casanova, per orgoglio e per rigor di fama, decise di accettare. Il guanto gli era stato lanciato dalla Marchesa d'Urfé,la nobildonna nella cui dimora di Londra aveva trovato rifugio. La dama, notevolmente sensibile al fascino maschile, aveva un vezzo particolare che condivideva con altre sue amiche della buona aristocrazia. Amava passare certe fredde serate invernali riscaldandosi con gli spettacoli che alcuni giovani servitori, scelti accuratamente, offrivano sino alle pendici dell'alba. Lei e le sue sodali erano delle grandi appassionate circa le possibilità di resistenza dei membri maschili. Molte di loro, soprattutto quelle più in là con gli anni, amavano i cazzi giovani, con la loro capacità di schizzare grandi quantità di sperma e di replicare più volte nella stessa notte. Per questo nel gruppo di maschi doveva esserci sempre qualcuno di colore, sia per le dimensioni che per la resistenza quasi infinita. Le donne raccoglievano tutto quel succo prelibato in delle apposite caraffette, dimodoché potessero assaggiarlo con calma, tra uno spettacolo e l'altro, miscelandolo al sapore delle labbra ricolme del gusto delle loro fighe. Oltre che ditalinarsi, amavano leccare ed essere leccate, ma quest'ultimo era un compito consentito solo alle donne. Gli uomini dovevano segarsi e schizzare il più possibile, con l'unica concezione che, alle volte, le mani copiose di sborra potevano essere appetite dalle lingue di diverse signore. Casanova non avrebbe affrontato tutto questo ma qualcosa di più intimo e gravoso. La Marchesa d'Urfé in passato aveva già assaggiato e gradito il piacere del suo cazzo, ma stavolta gli aveva proposto una sfida diversa, senza tuttavia sottrarsi, beninteso. il piacere consueto di vederlo segarsi per lei. Anche ora che aveva appena compiuto 58 anni, con in dote la consueta voglia di sentirsi dominatrice e troia.
Da subito compresi che non si trattava di una gara ma, bensì, di un semplice rifugio da un senso imprescindibile di malinconia. Il tramonto di quel vigore, che da sempre ne aveva animato le gesta, era ancora più evidente nelle sue carni affaticate nel reggere i ritmi che in gioventù l'avevano reso angelo e demone del piacere di innumerevoli donne. Nobili, volgari, fanciulle, giovani e madri che fossero. Per questo, quello di cui ora testimonio è una sfida impari che il Signore di Casanova, per orgoglio e per rigor di fama, decise di accettare. Il guanto gli era stato lanciato dalla Marchesa d'Urfé,la nobildonna nella cui dimora di Londra aveva trovato rifugio. La dama, notevolmente sensibile al fascino maschile, aveva un vezzo particolare che condivideva con altre sue amiche della buona aristocrazia. Amava passare certe fredde serate invernali riscaldandosi con gli spettacoli che alcuni giovani servitori, scelti accuratamente, offrivano sino alle pendici dell'alba. Lei e le sue sodali erano delle grandi appassionate circa le possibilità di resistenza dei membri maschili. Molte di loro, soprattutto quelle più in là con gli anni, amavano i cazzi giovani, con la loro capacità di schizzare grandi quantità di sperma e di replicare più volte nella stessa notte. Per questo nel gruppo di maschi doveva esserci sempre qualcuno di colore, sia per le dimensioni che per la resistenza quasi infinita. Le donne raccoglievano tutto quel succo prelibato in delle apposite caraffette, dimodoché potessero assaggiarlo con calma, tra uno spettacolo e l'altro, miscelandolo al sapore delle labbra ricolme del gusto delle loro fighe. Oltre che ditalinarsi, amavano leccare ed essere leccate, ma quest'ultimo era un compito consentito solo alle donne. Gli uomini dovevano segarsi e schizzare il più possibile, con l'unica concezione che, alle volte, le mani copiose di sborra potevano essere appetite dalle lingue di diverse signore. Casanova non avrebbe affrontato tutto questo ma qualcosa di più intimo e gravoso. La Marchesa d'Urfé in passato aveva già assaggiato e gradito il piacere del suo cazzo, ma stavolta gli aveva proposto una sfida diversa, senza tuttavia sottrarsi, beninteso. il piacere consueto di vederlo segarsi per lei. Anche ora che aveva appena compiuto 58 anni, con in dote la consueta voglia di sentirsi dominatrice e troia.
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