Di nuovo la cugina

di
genere
feticismo

La calda giornata di Agosto era illuminata da un bel sole, quando ho raggiunto il gruppo di amici con cui, ogni anno, per Ferragosto, organizziamo una grigliata in compagnia.

Solitamente, anche se quest’anno particolarmente, la semplice grigliata si trasforma in una giornata memorabile. Dai tuffi in piscina, alle partite a pallavolo nel giardino di M, mio caro amico, quando si varca il suo cancello in ferro battuto per aggregarsi ad una “festicciola”, annoiarsi è impossibile.

Oserei dire che questa, per noi, è una tradizione, tanto che per ogni Ferragosto, oltre alla grigliata ci inventiamo sempre giochi e, soprattutto, un dress code diverso. Quest’anno, l’eleganza regnava sovrana: tutti i ragazzi in camicia, chi con un leggero cappello inglese, chi con occhiali dalle lenti abbinate ai mocassini o ai pantaloni, sembrava di prender parte ad uno di quei romanzi di Agatha Christie in cui ci si aspetta che da un momento all’altro spunti un delitto e tutti i gentiluomini e le gentildonne comincino a guardarsi con sospetto, ciascuno con un movente per poter aver ammazzato il povero M, proprietario della sontuosa residenza in cui si trovano ospiti.

Come tutti, anche io ho optato per degli occhiali da sole, abbinati ad un paio di pantaloni bianchi, scarpe leggere blu ed una polo Ralph Lauren a strisce bianche e blu. Amo vestirmi bene, amo tutto ciò che è dandy e, soprattutto, amo le donne belle, che sanno di esserlo ed ancor più, sanno ostentarlo.

Eccola, mia cugina F, 22 anni; non molto alta, snella, con le gambe fasciate da stretti pantaloni neri, una sottile cintura con fibbia dorata ed una camicetta rossa. Sotto le lenti scure, prima di salutare tutti ed unirmi al gruppo, mi godo la vista dei suoi stupendi piedini, di cui sono follemente innamorato: muove i tacchi che indossa con una disinvoltura folgorante; un paio di sandali con tacco, neri, lucidi, con un piccolo laccio sul davanti, a cingere il sottile collo del piede; le dita, smaltate di un lieve smalto rosa, spuntano dal decoltè aperto. Che meraviglia; che piedi stupendi.

Brindiamo, la carne viene servita in grandi vassoi ed il vino rosso scorre a fiumi; mano a mano che ci sentiamo sazi, a furia di mangiare ed accaldati ogni bicchiere di più, decidiamo di cambiarci e di tuffarci in piscina; non tutti, però, sono così energici, dopo quel banchetto.

Io, mia cugina F, ed altri tre amici, decidiamo di rimanere per un caffè, seduti al tavolo, mentre tutto gli altri, fiondatisi di sopra, schiamazzano ed urlano, prima di dare il via al solito torneo di pallavolo, che finisce sempre con l’incendiare gli animi di tutti.

Io, quel pomeriggio, l’animo l’avevo già incendiato eccome. Quei dannati piedini che dondolavano sotto la panca in legno, erano davvero troppo! Verso un limoncello per me e per F, ci mettiamo a brindare e discutiamo del più e del meno. Abbiamo, sin da piccoli, un bellissimo rapporto, e ci piace trascorrere del tempo insieme. Non le ho mai confessato il mio feticismo e, men che meno, non le ho mai lasciato intendere quanto mi piacessero le sue estremità, specie se velate da calze di nylon o avvolte da bei tacchi.

Complice il caldo, e l’abbondanza di alcolici, ho raggiunto quel limite famoso un po’ a tutti per cui non ci si sente ubriachi, ma i freni cominciano a perdere la loro presa sui pensieri, e, soprattutto, sugli istinti, che cominciano a pulsare nel mio cervello al ritmo delle vene accaldate. Quanto vorrei inginocchiarmi sotto al tavolo, afferrare un piede di F e ficcare il naso dritto sotto al suo alluce. Deve essere un po’ sudato, proprio quell’arena non troppo forte, che si addice ad un piedino bello e delicato come il suo. Ho la lingua secca, ed ingollo un altro bicchierino di limoncello, mentre F continua a parlarmi degli esami in Università.

“Comunque sei vestito molto bene!” Mi dice ad un certo punto.
Colgo la palla al balzo, è quasi senza rifletterci, le rispondo: “grazie! Anche tu sei davvero molto bella! Mi piace un sacco lo smalto ai piedi, davvero carino”.
L’affermazione deve averla colpita; ha sgranato per qualche istante gli occhi, come non avesse capito bene quello che le avevo risposto.

“Cioè? Cosa ha di particolare? Voglio dire…sono stata due giorni fa dall’estetista per una pedicure, ma ci vado molto spesso e non faccio granché”.
Non lascio passare cinque secondi, ormai sono lanciato, e non ho intenzione di fare marcia indietro: “Si, intendevo che sono belli i tuoi piedi, smalto o non smalto; molto belli, mi piacciono”. Fino a quel momento, ero convinto che il mio “coming-out” da feticista sarebbe stato più imbarazzante.

Passa qualche secondo, ed F sorride, e mi chiede divertita: “ti piacciono i miei piedi? Sul serio?”.
“Si, mica scherzo. Impazzisco per i tuoi piedi, F”.
“A dire la verità, qualcosa avevo intuito” mi dice, con un sorriso abbozzato sulle labbra.
Era verissimo. Non le avevo mai detto, prima di allora, della mia passione per i suoi piedi, ma quando ho avuto occasione di metter mano su uno dei suoi calzini usati, l’ho sempre fatto; per non parlare dell’infinità di immagini che ho sul telefono e che lei ha visto, anche solo di sfuggita, quando distrattamente tenevo aperte le gallerie tra le applicazioni.

“Siediti qui” mi dice, facendomi posto al suo fianco. È poggiata al fondo della panca, e mi fa spazio al suo lato sinistro, in modo da essere un po’ isolati dagli altri tre, che nel frattempo si sono appollaiato sulla scala, per godersi lo spettacolo della pallavolo di Ferragosto.

F mi poggia un tacco sulle gambe. Sto sognando? O sto guardando seriamente il suo piedino bellissimo a pochi centimetri dal mio pene? Osservo quasi sbalordito quel nell’arco morbido disegnato sulla pelle della sua pianta del piede dalla forma del sandaletto. Lo smalto riluce sotto ai piedi occhi. Senza badare troppo ad aspettare qualche altra mossa di F, poggio una mano sul tacco, e comincio a passare i polpastrelli sul collo di quella meraviglia. Quanto è morbido! Tasto ogni pezzetto del suo piedino, soffermandomi sull’alluce, sulle dita, e scorrendo ogni unghia smaltata.

“Posso leccarli?” Le chiedo in un impeto. Ho il respiro corto, lo sento; e l’ha avvertito anche lei. Sembra divertita.
“No” ride.
“Dai, sei crudele! Mi metti questa meraviglia praticamente sul cazzo e poi non me la fai gustare?”. Il mio tono è quasi supplichevole, ma poco mi importa: se dovevo supplicare per ritrovarmi con i suoi alluci in bocca, l’avrei fatto.

“Non qui! Più tardi” mi risponde, ridendo.
Avevo sentito bene? Mi stava dicendo che avrei potuto leccarle i piedi? Decido di farle capire quanto desidero ciucciarli in ogni minimo particolare.

“Dai, F! Io vado in bagno, tu mi segui qualche minuto dopo, non se ne accorgerà nessuno, stanno giocando! Ti prego, voglio leccarti i piedi!”
“No, no! Non se ne parla, nemmeno per idea! Porta pazienza, e quando avremo occasione te li farò leccare un po’, promesso”.

Ha mosso leggermente il piede tra le mie mani, ed ha sfiorato il mio pene, che martellava come furibondo nelle mutande. I pantaloni bianchi segnavano un gonfiore evidente, ed F se ne accorse.
“Ma hai il cazzo duro!” Mi dice.
“Ti piacciono proprio allora!” Ribadisce.
“Certo, Prendimi nella maniera più seria possibile: io impazzisco per i tuoi bei piedini”.

Decidiamo di rivederci la sera, anche se, una volta riunito il gruppo e sbollita la situazione, F non mi sembrava più molto convinta di concedermi le sue estremità. Ero piuttosto sconsolato, a dirla tutta: ad un passo dal ritrovarmi con il sapore dei piedi bellissimi di mia cugina in bocca, e poi vedersi la fantasia più grande ed erotica che avessi mai avuto sfumare così.

Quando sono passato a prenderla, quella sera, dopo cena, indossava ancora gli stessi tacchi. Aveva i pantaloni neri del pranzo, ma aveva cambiato il trucco, la camicia era bianca e portava una giacca di pelle.

Poco dopo aver riavviato la macchina ed essere partiti, prorompe: “ci ho pensato. Ti faccio leccare i piedi. Però tu prima mi lecchi anche qualcos’altro. Per un bel pò”.
Accetto al volo. Ci appartiamo, ma poi decidiamo di rientrare a casa mia, dopo una lunga chiacchierata.
Parlavamo del più e del meno, dopo aver accordato il tutto, come se nulla fosse accaduto; ero al settimo cielo: avrei avuto la bocca piena del clitoride e dei piedi stupendi di F.

Ci mettiamo a casa, al piano di sotto, dove ho un divanetto. Lei si sdraia, si spoglia i pantaloni e quanto è armonioso il suono della sua zip che scende rapido: RRRRRRP.
Infilo la testa tra le sue gambe, mentre sento le sue cosce calde stringere le mie guance al suo pube. Incollo il naso all’attaccatura delle labbra carnose della sua intimità e premo la lingua, che a contatto con la sua pelle sottile, risulta ruvida. Geme. Mano a mano che continuo, avverto la sua schiena dibattersi, le gambe si aprono e chiudono al ritmo del mio andare su e giù, avanti ed indietro, fino a che l’orgasmo la cattura.

Poi, lentamente, dopo un po’ di chiacchiere, carezze ed un bicchiere di rum liscio, inizia a strofinarmi i tacchi sui pantaloni. Avverto lo stiletto che percorre rapido e duro la mia gamba, su fino quasi all’inguine, ma senza sfiorare il mio pene, che pulsa già da tempo, fin quasi a farmi male. Infila il tacco tra i bottoni della mia camicia, facendomi sdraiare e pestando il mio petto mi schiaccia sui cuscini del divano. Ho le sue dita a quindici centimetri dal mio naso. Inalo forte: avverto il cuoio lucido del sandaletto, misto al lieve sentore di sudore che emanano le sue estremità. Impazzisco. Mi divincolò leggermente, ma F preme ancor più forte il tacco, così desisto. Vuole condurre lei il gioco.

“Tu i miei piedi li lecchi quando lo dico io”. Mi guarda, ed una luce nei suoi occhi mi folgora. Piazza i piedi sul tavolino davanti al divano, poi mi dice di inginocchiarmi sul pavimento ed annusarli.
“Non azzardarti a sfiorarli con altro che non sia il naso!” Mi dice.
Ubbidisco: annuso, sempre più ingordo dell’odore dei suoi piedini. SNIFF, SNIFF, SNIFF. Fuori la testa a destra e sinistra, passando a pochi millimetri il naso dalle sue dita dei piedi.
“Baciali, fetish cousin” mi dice. Non aspettavo altro, e la mia bocca si fionda su quelle dita laccate di rosa. Bacio, bacio, bacio fino all’impossibile e fino a quando la mia lingua non preme, senza più contegno: Lecco a più non posso e succhio gli alluci, passando la lingua anche sul cuoio lucido delle scarpe.

Poi, con un movimento molto naturale, mi siedo a terra, mentre lei rimane sul divano. Non resisto, voglio venirle tra i piedi: sento che l’orgasmo sarà un fiume in piena, i testicoli mi fanno male e sono pesanti come bocce da biliardo. Slaccio la cintura, tiro fuori il pene, già eretto. La cappella rosa ballonzola verticalmente, irrorata da un’arteria che pulsa visibilmente.

Afferro i piedi di F, che è sopra di me: cingo la mia asta dei suoi piedi e lei comincia a fare un lento movimento su e giù. Su e giù, su e giù, su e giù. I suoi tacchi scivolano rapidi lungo il mio pene, ed avverto la morbida pelle dei suoi piedini. Mi sta facendo una sega! Una stupenda sega con quelle estremità da sogno, e per di più con quel sandaletti da urlo.

Ad un certo punto mi fermo, voglio venire in un altro modo. Mi inginocchio, appoggio il pene sul tavolino, dove F aveva messo i piedi poco prima, per farmeli leccare.
“Schiacciami” ansimo.
“Come?” Mi chiede lei.
“Spiaccicami il cazzo con quei piedini stupendi”.
Lei si alza in piedi e preme il suo tacco contro il mio pene. Sento un lieve dolore, che è subito surclassato da un immenso piacere: essere sotto i piedi di F.

Mi godo quella vista: la sua gamba snella, che schiaccia il mio cazzo e le sue dita dei piedi che adoro tanto.

Inizia a schiacciare sempre più forte, quando capisce che sto godendo come un pazzo: schiaccia. Schiaccia. Schiaccia.

Finché, dopo una decina di colpi, schizzo un getto di sperma caldo sul tavolino, e poi un altro ancora. Lei afferra il mio pene con una mano, poggia l’altro piede sul tavolo e mi ci lascia cadere sopra il cazzo, mentre sto ancora venendo.

Guardo lo sperma caldo colare a fiotti sul suo tacco e scivolare lungo l’alluce, inondarle le dita dei piedi e riversarsi sul tavolino.


Quanto è bello, essere feticisti.
di
scritto il
2022-02-18
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