Omaggio a Zio Renato.

Scritto da , il 2019-06-01, genere gay

Parte I

Non ricordo esattamente quando lo incontrai la prima volta. Probabilmente era maggio, e nell'aria del crepuscolo vagava il profumo del fieno appena tagliato e di rose odorose. Lui abitava in una fantastica casa. Secolare abitazione ristrutturata con estremo gusto dei particolari. Si. Infatti Renato di gusto e di classe ne aveva da vendere. Era una di quelle persone, non più giovani, con una fantastica capacità di attirare l'interesse degli altri qualunque argomento affrontasse. Colto, intelligente; ma con una strana espressione negli occhi. Non sempre, ma ogni tanto la vedevo. Era come un lampo. Un lampo che distinguevo nella profondità della sua anima. Un'anima perversa.
Lo conobbi casualmente. Era lo zio di un mio compagno di classe. All'epoca frequentavamo l'ultimo anno di ragioneria, passando parecchio tempo libero assieme. Una sera mi chiese se lo accompagnavo dallo zio, appena separato, che si era trasferito nella nuova casa di campagna. Accettai. Non sapevo ancora in che situazione mi sarei cacciato.
Se tornassi indietro però, lo rifarei. La considero l'esperienza più emozionante e coinvolgente della mia esistenza.
Abbastanza in carne, molto alto, ventre prominente da buon bevitore, ci accolse con entusiasmo.
Mangiammo da lui. Eccelleva anche in cucina. Rimasi stupito da quanto beveva, senza però mai perdere minimamente il controllo di sé. Anche noi bevemmo un po' troppo.
La serata fu piacevole. Parlammo di tante cose. Di donne, della vita, di tutto. Era un appassionato lettore. Un grande parlatore. Ricordo che ad un certo punto della serata se neuscì con la frase: "Così continuiamo a remare, barche controcorrente, risospinti senza posa nel passato...". Io dissi: "Francis Scott Fitzgerald! Il grande Gatbsy!" Lui rimase colpito. Disse : "Bravo! Se ti ricordi il finale del libro vuol dire che anche tu sei una barca controcorrente". Arrossii. Lui se ne accorse e disse: "Guarda che era un complimento...!"
Già la prima volta lo vidi. Vidi il lampo. Forse per un decimo di secondo, ma lo vidi. Ne ero sicuro. Era come un demone che entrava dentro di me, fino al mio cervello, fino al mio cuore. Quel demone sapeva tutto di me. Vidi persino, in lui un sorrisetto malvagio mascherato. Mi girava la testa. Avevo bevuto troppo. Chiesi dov'era il bagno.
Allo specchio mi guardai. Ero un bel ragazzo. Di una bellezza particolare. Introverso, davo agli altri l'impressione di nascondere qualcosa nel profondo.
Mi bagnai il viso. Provavo qualcosa di strano. Qualcosa che mi faceva arrabbiare.
Lo vidi una seconda volta dopo circa un mese.
Quando mi vide, i suoi occhi brillavano... fece anche uno strano schiocco con la lingua, come se stesse assaporando una succulenta pietanza. La pietanza ero io.
Ci disse che gestiva un negozio di materiale elettrico non molto lontano da dove abitavo. Le settimane seguenti presi l'abitudine di andarlo a trovare verso la fine della giornata. Un aperitivo e simpatiche conversazioni. Non capivo cosa mi attraeva in lui. Si. Ero attratto da lui e avevo paura. Non avevo mai considerato che potessi provare interesse per un uomo.
Avevo avuto un'educazione religiosa molto dura. Ma il mio rapporto con gli Dei era problematico.
Mi sentivo perso. Mi sentivo peccatore. Mi sentivo deviato.
E non era successo ancora nulla.
Finchè, una sera, uscimmo insieme.
Andammo in qualche bar alla moda, bevemmo, parlammo.
Il lampo era sempre più frequente.
Era chiaro.
Lui mi voleva. Dal primo momento che mi aveva visto, lui mi voleva.
Lo riportai a casa verso le due del mattino. Scendemmo dall'auto un po' barcollanti per il troppo bere.
La notte era calda e umida.
Odore di stallatico nell'aria. Cielo stellato meraviglioso.
Ci mettemmo a pisciare contro un muretto a secco.
Avevo il cuore che batteva all'impazzata. Forse l'aveva fatto apposta.
Si era girato un po' verso di me e mi ero reso conto delle dimensioni della sua verga.
Era leggermente in erezione. Mi stupì soprattutto il diametro di quell'affare. Non pensavo esistessero cazzi di quelle dimensioni.
Lo schiocco che produsse con la lingua mi riportò alla realtà.
Mi guardava intensamente.
Con un che di perverso.
Di cattivo.
E mi piaceva.
Presi coraggio e lo dissi... con un filo di voce: ""Renato... mi stai guardando come se fossi una donna..."
Parlavo a malapena. Pensavo di svenire per l'emozione.
Lui, senza smettere di fissarmi, disse: "Bravo. Hai capito. E... ti piace"
Corsi verso la macchina senza salutarlo e tornai a casa. Non riuscii a chiudere occhio.
Il mio pensiero andava sempre a lui. A Renato.
Arrivai persino a pensare di essere stato posseduto da un Diavolo.
Forse era vero. E il Diavolo era lui. Sempre lui.
Renato.
Non riuscivo più a concentrarmi. Lo studio ne faceva le spese. Mia madre era visibilmente preoccupata, ma non mi chiese mai nulla. All'epoca non si usava...
Dovevo risolvere la cosa.
Non potevo restare in quel mondo di mezzo.
Bastava che pensassi a lui e mi eccitavo.
Ma mi eccitavo come si eccita una donna.
Lo sentivo dominante.
Stava arrivando a dominare la mia mente.
E il mio corpo.
Ormai non lo vedevo da un mese.
Mi mancava.
Presi coraggio. Passai dal negozio. Fu sinceramente contento nel vedermi.
Al bar bevemmo tre aperitivi. Avevamo tutti e due bisogno di bere.
Ad un certo punto disse:"Domani è sabato. Potresti passare da me nel pomeriggio e, se lo desideri, puoi dormire da me se magari facciamo un po' tardi e non te la senti di guidare...."
"Vuoi?"
La voce mi tremava.
Dissi che ci avrei pensato.
"A tua madre puoi dire che vai.. che so... a pescare!"
Dissi che gli avrei dato una risposta il giorno dopo. A mezzogiorno.
Altra notte insonne.
Lo volevo.
Volevo quel maschio.
Con tutto me stesso.
Il giorno dopo, a mezzogiorno, lo chiamai in negozio.
Dissi che sarei andato da lui verso le 17.00.
Come consigliato, dissi a mia madre che andavo a pescare in notturna. Non ci credette. Forse pensava che sarei andato da qualche ragazza.
Alle 17.00 in punto ero da lui.
Mi offrì da bere. "Va bene un whisky doppio '" disse.
Andava molto bene.
Il cuore mi batteva a mille.
Lui era vestito in modo sobrio ma elegante. Camicia di lino e pantalone di flanella.
Non potei fare a meno di vedere l'enorme rigonfiamento sul suo basso ventre.
Dopo tre Whisky doppi eravamo alticci. Ma io ero meno agitato. Potere dell'alcool.
Improvvisamente disse: "Lo sai perché se qui, vero?"
Il tono basso e suadente (ma deciso) della sua voce esigeva una risposta.
Io balbettai un : N-no... Sono qui per... qualcosa?"
"Vieni con me" disse.
Era un ordine.
Salimmo al piano superiore.
Entrammo in una stanza di cui ignoravo l'esistenza. La porta era stata genialmente mimetizzata dietro una grossa libreria che ruotava su se stessa.
Mi riprese l'ansia.
Ma volevo andare avanti.
Sarei impazzito se non fossi andato avanti.
Ormai ero totalmente suo.
Uno schiavo.
Entrammo nella stanza.
Era fantastica.
D'Annunzio non avrebbe saputo fare di meglio.
Al centro troneggiava una vasca da bagno in stile Liberty con rubinetteria dorata.
Armadi e mobili porta biancheria erano ovunque.
Una enorme scarpiera faceva intravedere al suo interno decine di calzature femminili con tacchi esageratamente alti.
Ero eccitato.
Cominciavo a capire cosa voleva da me.
Disse: "Qui hai tutto l'occorrente. Lingerie femminile di ogni genere. Le scarpe più sexi. Calze, reggicalze, guepiere, corsetti, gonne, minigonne, seno in lattice, reggiseni, i migliori trucchi per il viso e le creme più costose. Parrucche corte, medie, lunghe. Cerette, lamette, creme depilatorie. Gioielli. Veri. Dimenticavo: i migliori profumi."
Continuò con un tono che esigeva obbedienza. "Sono le 17.45 circa"
Ti voglio giù a cena per le 21.00. Pronta. Scegli tu. Mi fido delle tue intuizioni. Esigo la massima puntualità! Non voglio che tu arrivi in ritardo."
Io balbettai un :"d'accordo Renato... sarò puntuale... tranquillo".
Dissi anche: "posso avere un altro whisky doppio?"
Rispose serio: "No. Non bere più. Ti voglio presente e lucida tesoro"
Per lui ero già femmina.
Mentre usciva sentii lo schiocco della sua lingua contro il palato.

Parte II
Fu eccitantissimo.
Iniziai con un bagno lunghissimo. Feci un uso esagerato di essenze e sali da bagno.
Ci misi più di un'ora poi a depilarmi perfettamente in ogni parte del corpo. Poi un altro bagno. E poi creme in abbondanza ovunque. Ovunque.
Non lesinai nei profumi. Scelsi una parrucca nera a caschetto tipo "Valentina".
Optai per il nero. Calze velate nere di squisita fattura, reggicalze, minuscolo tanga.
Dopo essermi truccato in maniera maniacale, aver indossato i gioielli, e un abitino aderente nero e cortissimo, mi guardai allo specchio.
Il risultato era strabiliante. Davanti a me c'era una donna. Una splendida donna. Il mio metro e ottanta veniva ulteriormente evidenziato dal tacco 8 (Non avevo voluto esagerare in altezza).
Guardai la pendola.
Le 20.54!
Ero pronta.
Ero eccitata.
Volevo quell'uomo. Volevo che mi facesse sua.
Ero una donna.
Aprii la porta.
Scesi le scale.
Lui era di sotto.
Aveva imbandito la tavola in maniera perfetta.
Cibi ricercati.
Vini pregiati.
Sollevò lo sguardo.
Sorrise.
Un sorriso feroce.
Mi venne incontro.
Mi guardò.
Mi fece girare su me stessa.
"Perfetta" disse.
Poi: "Sei un gran pezzo di fica!"
Era eccitatissimo.
Aveva bevuto ancora.
Mi baciò.
Prima dolcemente sulla bocca.
Poi, mi ritrovai la sua lingua turgida che saettava sulla mia.
Ricambiai gemendo.
Guardandomi con desiderio disse: "Vedrai cosa ti aspetta tesoro...."
Ebbi paura.
Ma avevo bisogno di un maschio così.
Era lui che doveva dettare le regole.
Io avrei fatto qualunque cosa per lui.
Mangiammo.
Non molto a dire il vero.
Bevemmo dell'ottimo vino. Parecchio.
Poi disse: "Andiamo"
Erano le 22.
Ci alzammo da tavola e andammo nella sua camera da letto.
Un'alcova enorme di tre metri per tre era sul lato destro della stanza.
Specchi ovunque, compreso il soffitto.
Mi sdraiai.
Lui mi venne accanto.
Mi tolse l'abito.
La sua lingua schioccò ripetutamente.
Era estasiato.
Gli sbottonai la patta.
Il suo membro saettò subito fuori.
Era enorme.
Dissi "Mio Dio Renato!"
"E' troppo grosso!"
Lui sorrise e rispose: " Ti piacerà... vedrai puttana!"
Facevo fatica a respirare per l'emozione. Mi prese la testa da dietro e mi avvicinò a quell'enorme nerchia.
In un modo stranamente naturale glielo presi in bocca. La cappella era gigantesca. Ora era ancora più grosso. Godevo nell'assaporare quel membro che odorava di muschio e di umori fantastici.
Non avrei più smesso.
Sarei andato avanti per ore.
Improvvisamente mi disse di fermarmi.
A malincuore ubbidii.
Mi fece mettere a pecorina.
Mi tolse gli slip.
Lasciò calze reggicalze e scarpe.
Sentii la punta della sua lingua titillarmi il buco del culo.
Poi entrò letteralmente con la lingua.
Aveva una lingua durissima.
Ansimava.
Io gemevo di piacere.
Il mio cazzo era durissimo, e, con mia grande sorpresa, lo prese in bocca.
Non per molto ma lo prese in bocca.
Poi si voltò e prese da un cassetto una sostanza densa e unta.
Se la mise su due dita che infilò nel mio buco stretto.
"Non lo hai mai fatto?" disse
"Mai" risposi.
"Si vede" disse lui.
Le due dita in culo, inizialmente facevano un po' male. Poi tutto si trasformò in piacere.
Ero pronta ad accoglierlo e glielo dissi: "Renato!" urlai "Prendimi! Inculami ti prego" Voglio il tuo cazzo! Ora!"
Vidi il suo ghigno.
Ne sono sicuro.
Dentro di lui c'era un demone.
Un demone cattivo.
Non se lo fece ripetere.
Abbassò il mio bacino.
E, sempre a pecorina, sentii la sua cappella appoggiata esattamente con precisione millimetrica al mio buchetto.
Urlai.
Per fortuna la casa era totalmente isolata e nessuno mi poteva sentire.
Il dolore era profondo.
Si era appoggiato ed era entrato in un sol colpo.
Fino in fondo.
Poi si era fermato.
Si tirò indietro lasciando dentro solo l'enorme cappella.
Poi, fece esattamente come prima.
Un colpo di reni e mi ritrovai 23 cm di cazzo tutto in culo.
Urlai ancora di più.
Lui era fuori di se.
Mi stava violentando.
Lo pregai di farlo più lentamente.
Non sentiva.
Non ascoltava.
Poi cominciarono le danze vere e proprie.
Con un'abilità straordinaria, cominciò a pompare.
Il movimento, lento e profondo, mi fece venire due volte.
Non avevo mai provato un piacere così intenso.
Piangendo gli dissi che non avrebbe mai dovuto fermarsi.
Che se lo avesse fatto lo avrei ucciso.
Poi, dopo circa un'ora, la frequenza dell'inculata aumentò.
Il parossismo era alle stelle. Per tutti e due.
Ero una femmina.
Ero la sua donna.
La sua puttana.
Improvvisamente lanciò un urlo demoniaco.
Disse:" Eccomi! Ti riempio!"
Quando mi venne in culo, fu per me, l'esperienza più formidabile mai provata.
Sentii l'enorme fiotto di sperma bollente riempirmi.
Urlai di piacere e venni nuovamente.
Lui mi crollò addosso.
E sempre con il suo fantastico cazzo dentro di me, si fermò ansante.
Uscì dal mio corpo.
Una enorme macchia di sangue dipingeva lenzuola e materasso.
Ora mi faceva nuovamente male.
Mi aveva letteralmente sfondato.
Schioccò la lingua e si addormentò.
Andai a prendere da bere.
Camminavo a malapena.
Quando tornai, lui era sveglio.
Urlò.
"Dove cazzo eri finita puttana?!!!"
E mi assestò un potente ceffone.
"A prendere da bere" dissi piagnucolando.
"Devi sempre chiedere il permesso! Hai capito troia?"
"Si padrone" risposi.
Mi prese la bottiglia dalle mani e cominciò a bere a canna.
Non pensavo fosse così violento.
Ma mi piaceva.
"Anzi" disse... "Ti meriti una bella sculacciata"
E senza che avessi il tempo di reagire, si sedette sul bordo del letto, mi fece mettere di pancia sulle ginocchia e....
mi sculacciò.
Ma forte.
Le mie natiche rimasero rosse per 10 giorni.
Provavo piacere in questo.
Più mi faceva male, più la sua enrme mano calava con violenza sulle mie chiappe, più mi piaceva.
E glielo dicevo.
E lui rideva.
Come un demonio.
Dopo aver fatto una lunga doccia assieme e dopo essermi rivestita e truccata da troia (lui lo esigeva), potevamo ricominciare.
Lo pregai di non fottermi nuovamente, perchè avevo male.
Rispose: "Ti dico io cosa fare! Capito?"
Alla fine acconsentì ad un pompino che eseguii con una maestria inaspettata.
Rimasi sorpresa pure io.
Il momento più bello fu quando mi esplose in bocca.
Avevo fame.
Fame del suo sperma.
Non ne feci cadere una goccia.
E ne volevo ancora.
La notte trascorse tra sonnellini e rapporti violenti.
Pensavo che non avrei più potuto fare a meno di quel maschio.
Ci frequentammo per circa 6 mesi.
I sei mesi più fantastici e viziosi delle nostre vite.
Seppi da suo nipote, il mio amico, che era morto nel sonno una nebbiosa e fredda mattina di gennaio.
Crisi cardiaca dissero.
Non mi sembra ancora vero.
E sono passati tanti anni.
Però, ne sono sicuro, ogni tanto, soprattutto di notte, sento distintamente lo schiocco della sua lingua.
Ciao Renato.
Grazie.



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