Quella mattina in stazione

Scritto da , il 2016-05-31, genere tradimenti

Dalla radiosveglia proveniva la buona musica degli anni 80, quelli sì che erano pezzi. Laura, in immagini confuse tra la sua camera da letto e i ricordi di quand’era più giovane, non realizzava che non si era alzata con la prontezza di ogni mattina. Aprì gli occhi di scatto quando capì di essere in ritardo e le sarebbe costata una corsa per accompagnare Silvia a scuola.

Un roboante ‘MAAAAMMMMMMAAAAAA!!!!!!!’ la fece balzare dal letto e la convinse che era proprio il momento di darsi una mossa. Colpa della notte appena trascorsa, pensava, mentre recuperava velocemente un vestito blu e si infilava le ballerine. Suo marito Fabio era tornato a casa dopo tre settimane di lavoro all’estero e aveva deciso di dedicargli tutte le attenzioni che una brava moglie sa come giocarsi. Gli aveva fatto trovare la sua cena preferita, ma la parte più interessante l’avrebbe aspettato ovviamente a letto. Si era sistemata un po’, gli avrebbe fatto piacere passare le mani vogliose sulle sue gambe lisce e voleva stuzzicarlo con un completino trasparente che parla da sé. Tuttavia, Fabio era tornato particolarmente spossato da quest’esperienza fuori dall’Italia: una routine molto più serrata, orari di lavoro rispettati rigorosamente, vita sociale e notturna tutt’altro che entusiasmante… Aveva visitato bei posti, ma era piuttosto spento. E a niente erano valsi gli sforzi di sua moglie Laura per condividere quella passione che aveva dovuto nascondere sotto la cenere, per non dare a vedere alle figlie che aveva qualcosa che non andasse. Avrebbero potuto fare domande e si sarebbero preoccupate inutilmente. Pensava che papà avesse un’altra? Ma no che non lo pensava. Dopo 15 anni di matrimonio e tante gioie, era sicura che non avrebbe avuto modo di tradire la mamma mentre era all’estero. O almeno ci sperava.

Fatto sta che quella notte era stata più che tranquilla. Laura lo guardava come fosse la sua preda. Lo spogliò lentamente per sentirne i brividi salire sempre più frequenti. Non era esattamente il suo ideale, ma aveva deciso che voleva e doveva concedersi tutta. Prima di far esplodere i desideri di suo marito dentro di lei, lo fece sedere sul bordo del letto, gli abbassò i boxer e avvolse con la bocca la cappella pulsante del suo membro. Incredulo, si abbandonò a un piacere che sua moglie poche volte gli aveva concesso. Saliva e scendeva lungo quell’asta che le era tanto mancata in quelle notti da sola, in quel letto troppo grande. Laura gli lanciava un’occhiata fugace, poi scendeva, poi continuava a leccarlo, poi lui sentiva di nuovo il calore della sua saliva che gli faceva battere forte il cuore. Troppo forte. Laura cominciò a sentire in gola il succo dolce e amaro di suo marito. Si allontanò giusto quel tanto per farsi venire sul volto. Fabio ansimava. Sua moglie l’amava come il primo giorno.

Ma era sostanzialmente finita lì. Non ne aveva più. Lasciando Laura più incredula di quanto fosse lui prima di quel goloso pompino. Si infilarono sotto le coperte e Fabio la tenne abbracciata per mezz’ora prima di crollare in un sonno molto rumoroso. Aveva gradito. Sia la cena che il dopo.

Laura fissava il parquet mentre rifletteva a quando, qualche ora prima, si immaginava il ritorno di un marito che vuole mettere tutto il mondo da parte, chiudersi in camera da letto e scopare sua moglie in modo che non se lo dimenticasse più. In modo da renderle più difficile distaccarsene e ancora più insopportabile l’assenza per il lavoro. Ma non era stato così. E adesso doveva tornare alla vita normale.
Erano ormai le 8 e un quarto e non sarebbe mai riuscita ad accompagnare Erica a scuola. Avrebbe dovuto letteralmente volare. Prese in fretta e furia portafogli e chiavi e corse giù per le scale, accolta da un buongiorno tradotto in “Finalmente! Pensavo fossi morta!”.

Ma non c’era tempo per sgridarla o per ribadire che alla mamma non ci si rivolge con toni del genere. Si precipitarono alla macchina. Laura si sedette e avvertì una strana sensazione di fresco, lì, dove sperava che Fabio le facesse una visita approfondita. E in quel momento ebbe il secondo colpo al cuore di quella mattinata: nella fretta aveva dimenticato di infilarsi le mutandine. Il vestito era lungo, certo, nessuno se ne sarebbe accorto, ma era comunque in ansia.
La figlia la vedeva ancora bloccata a scrutare qualcosa davanti al parabrezza, che però non c’era e non capiva perché sua mamma non partisse. Servì ancora un altro urlo per riportarla alla realtà.
Essere passeggeri di una mamma in ritardo, che non ha avuto una notte come se l’aspettava e per di più nuda sotto, non è la più entusiasmante delle esperienze. Rischiarono due incidenti, per poi arrivare a scuola a un orario indecente. Ma prima di lasciarsi, la figlioletta Erica aveva un’ultima richiesta: “Mamma ricordati di prendere l’abbonamento per Anna, alla stazione”. Aveva appena miracolosamente completato una missione ed ecco che già se ne vedeva assegnata un’altra. Almeno non andava di fretta.

Arrivata in stazione, cercò lo sportello per ritirare l’abbonamento. Si avvicina e nota due occhioni azzurri al posto del volto annoiato del vecchio Gianni, un signore che era lì da quanto lei era piccola. Laura trovava che quella mattinata aveva avuto una svolta positiva, grazie a questo tipetto sulla quarantina.
“Buongiorno!”
“Buongiorno a Lei, signorina!”
“Molto gentile, ma ho la mia età!” rispose sorridendo.
“Un’età che però è cambiata solo all’anagrafe, direi…”
“Grazie” replicò arrossendo leggermente.
“In cosa posso esserle utile?”
“Dovrei comprare un abbonamento mensile per mia figlia Anna, integrato metro e autobus”
“Mi dispiace signora, ma le richieste per gli studenti terminavano ieri e quindi non posso rilasciarglielo. Solo annuali”
“Ma come!? Non ha senso! D’estate non si va a scuola!”
“Non posso farci nulla, non faccio io le regole”
“Ma il signor Gianni dov’è?”
“In ferie per due settimane. Io sono il nuovo addetto”
“No, non esiste, devo permettere a mia figlia di viaggiare per tutto il mese”
“Si compri un biglietto al giorno, non saprei che dirle”
“Sì, pagando il triplo! Lei è matto!”
“E Lei sta perdendo il suo tempo qui”
“Che sgarbato! Il vecchio Gianni mi avrebbe già risolto il problema!”
“Appunto, il ‘vecchio’ Gianni. È l’età che fa fare certe cose” concluse lapidario.

Era una frecciatina alla sua intelligenza. L’aveva offesa con molto distacco. Laura si infuriò.
“L’età? Adesso vengo lì e le faccio vedere che schiaffi che dà l’età!”
Si avviò spedita per entrare dal retro. Aprì con forza la porta dell’ufficio dove quell’insolente nuovo arrivato, che aveva osato darle della vecchia rimbambita, l’aveva già raggiunta. Lì avrebbero potuto litigare senza essere disturbati.
Come si permetteva di offenderla? No, era lei che ci vedeva qualcosa di offensivo, si difendeva, tuonando, quel ragazzone. Sbraitavano e si urlavano contro tirando in ballo le rispettive incompetenze, finché Laura commise un errore: si era fatta troppo vicina, erano ormai quasi muso a muso e non appena fece per lanciargli lo schiaffo che gli aveva promesso, Mauro, così com’era indicato sul cartellino, si difese spingendola indietro e facendola cadere. Non si era fatta male. Ma aveva capito di aver comunque perso. Era finita a gambe aperte davanti a uno sconosciuto. Nuda. Alzò lentamente la testa e notò con quanto stupore quei luminosi occhi azzurri erano come rapiti dalla visione delle sue parti più intime. Neanche suo marito la guardava così. Non la desiderava così.

Era il punto di non ritorno. L’aiutò a rialzarsi e, scambiandosi qualche cenno, la guidò verso un altro ufficio più interno. Liberò la scrivania dalle scartoffie e, mentre si baciavano e si abbracciavano, fece stendere Laura. Si alzò il vestito fino alla pancia, mentre Mauro prendeva a sbottonarsi i pantaloni. Laura tremava. Ansimava. Aveva paura. Ma tutto andò in secondo piano, al pensiero che la notte che aveva progettato era stata solo rimandata.
Mauro era ormai pronto e si avvicinò alla porta del piacere. Laura appoggiò le mani alle gambe di lui, sul lato e non fece nemmeno in tempo a pensare a cosa avrebbe fatto, se qualcuno li avesse sentiti, che si sentì penetrata con decisione. Ebbe un tuffo al cuore. Fabio aveva sempre preferito la dolcezza. Ma a volte se non è ruvido, non c’è divertimento. Mauro si calò su di lei. Laura si avvinghiò e lasciò che i loro corpi si godessero quella cavalcata. Con la foga di chi ti aspettava con ansia. Quella foga che stava scoprendo quella mattina in stazione, in un ufficio in penombra.

Non si fermava più. Mauro le stava facendo dimenticare ogni pensiero. Ogni problema. Lui continuava. I loro affanni si confondevano, si rincorrevano, si rispondevano come un’eco. Le stava regalando il sesso proprio come piaceva a lei. Apprezzava ogni centimetro di carne che le entrava nel corpo. Aveva bisogno di quel calore. Specie quando resti delusa e dopo tutto quello che faceva per il marito. Si vedeva sbattuta da quello sconosciuto come se la stesse aspettando da sempre. Avanti e indietro, sempre più forte. Si meravigliò di quanto riuscisse a rimandare il piacere.
A quel punto c’era una sola cosa da fare: si aggiustò meglio su quella scrivania, inarcando la schiena, così per farsi penetrare ancora più a fondo. E a lui piacque. Tanto che, dopo alcuni colpi ancora più violenti, non poté che liberarsi nel più esplosivo degli orgasmi. Le era venuto dentro. Laura lanciò un urlo. E rimasero lì, a riprendere fiato per due minuti. Lui con la testa sul suo seno, sfinito, mentre lei gli accarezzava la testa, come si fa con uno che ha fatto un ottimo lavoro e di cui andare fieri.

Mauro si alzò lentamente, mentre si rivestiva. Laura aveva poco da rivestirsi.

Cercarono di mettere tutto in ordine, prima di tornare l’uno al proprio lavoro e l’altra alla propria vita. Una sveltina in stazione era l’ultima cosa che immaginavano per quella giornata. Almeno era servita per fare pace.
Laura si rimise in macchina e, con molta calma, si diresse verso casa. Era stata un’ora molto lunga. Entrando, vide Fabio scendere le scale: “Tutto bene, amore? Ho sentito un po’ di trambusto prima. Hai fatto tardi e hai dovuto fare le cose di fretta?”
“Sì… Ma a volte le cose fatte di fretta vengono bene lo stesso”.

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