La doppia brama
di
DrSpecter
genere
prime esperienze
Marco e Valentina. Ventotto anni, sette di fidanzamento cuciti addosso, credevamo di sapere tutto l'uno dell'altra. Poi arrivò Tenerife, e con essa, la rottura di ogni schema.
La vacanza era iniziata con la confortante routine, fino a quando una sera non trovammo la nostra stanza brulicante di scarafaggi. Un piccolo disastro che l'hotel compensò con un upgrade inaspettato: una stanza meravigliosa con un piccolo giardinetto privato.
Il vero indizio che quella vacanza stava per prendere una piega inattesa fu sul tavolo: un cesto di frutta e, in cima a tutto, un cetriolo enorme. Non era solo lungo; era spesso, turgido, il doppio di una banana.
Ci guardammo. Non c'era bisogno di parole. Quell'ortaggio, così eccessivo e fallico, aveva rotto la diga.
«Anvedi che roba…» le dissi, sollevando il cetriolo come un trofeo.
Lei lo prese. Il suo peso, la superficie ruvida, la lunghezza inequivocabile... era un simbolo. Per un paio di giorni l'argomento rimase sospeso, limitato a qualche battuta maliziosa. Ma la miccia era accesa.
Una sera uscimmo a cena sul lungomare. Valentina era bellissima, i capelli biondi raccolti in una coda, io in camicia. Saranno stati i bicchieri di vino, o l'eco di quel cetriolo, ma ero più eccitato del solito.
Rientrati in camera, la tensione era elettrica. Ci sdraiammo sul divanetto. I baci erano profondi, la fretta carica di novità. Valentina sentì subito la mia eccitazione. Quando mi sbottonai i pantaloni, lei tirò fuori il mio cazzo già eretto da diversi minuti. Si inginocchiò, e i suoi occhi luccicarono nell'ombra. «Mmm, lo voglio tutto amore» sussurrò. Non ci fu esitazione.
La sua testa si abbassò e la bocca di Valentina mi accolse con calore e immediatezza. Non era solo un gesto d'amore, ma una dimostrazione della brama accesa dalla sera e dalla trasgressione nell'aria.
Iniziò con una lentezza sapiente, accarezzando la punta con la lingua, poi avvolgendo le labbra morbide e umide attorno all’asta. Usava le mani con dolcezza, massaggiandomi alla base per amplificare la sensazione. Mi muovevo appena, lasciandomi travolgere.
Il suono bagnato e ritmico era l'unica cosa che rompeva il silenzio della stanza. Guardavo la sua testa che si muoveva, i suoi occhi che si alzavano talvolta per incontrare i miei, un gesto che comunicava: sto godendo anche io a darti questo piacere.
Il pompino si fece più profondo, più intenso, con movimenti che mi spingevano sempre più vicino al limite. Stavo godendo come non mai; era un piacere fisico totale, arricchito dall'adrenalina dell'ignoto che stavamo per affrontare. Ogni suo movimento era un assaggio di quel confine che presto sarebbe crollato.
«Amore ti sento tanto eccitato,» disse lei, guardandomi mentre leccava la punta.
«Oh sì, amore. Mi sento più porco del solito» risposi, afferrandole dolcemente i capelli.
«Ah, sì?» rispose, maliziosa.
Non risposi alla domanda aperta. «Penso che potremmo usare anche quel cetriolo...» dissi senza esitazione. Lei rimase stupita. Lo afferrai e lo tenni vicino al mio cazzo. Lei riprese il pompino, ma la presenza parallela creava una tensione insopportabile.
Lei mi guardò. Con la lingua roteava sulla punta, poi afferrò il cetriolo.
«Così?» disse sorridendo, tenendolo ben saldo con la destra mentre la sinistra mi segava.
«Così, amore...»
La sua bocca mi riprese. Io le afferrai lentamente il polso, guidando la sua mano sempre più vicina alla sua bocca. «Vuoi anche lui in bocca?» chiesi.
Lei si fermò, estrasse entrambi, e mi guardò con gli occhi che bruciavano.
«È troppo grosso, amore... e mi piace che tu mi stia guardando così» sussurrò, le parole sporche che mi fecero tremare.
Iniziò ad alternare con precisione: un attimo il mio membro in bocca, un attimo dopo il cetriolo. L’alternanza era una tortura deliziosa.
«Senti la differenza, amore?» le chiesi.
Valentina mi rispose senza parlare. Mi prese per un momento, poi mi lasciò, riempiendosi la bocca con il cetriolo, il suo modo di dirmi che, in quel momento, la dimensione vinceva su tutto.
Quell'atto mi tolse ogni controllo. «Sì, sì, così!» dissi gemendo mentre lei cercava di accogliere il più possibile in bocca il cetriolo.
La spinta finale arrivò improvvisa. Mi spinsi in avanti, il mio seme che si riversò abbondante nella sua bocca. Valentina non si mosse. Ingoiò tutto e si asciugò le labbra con un sorriso trionfante.
«E se fosse uno vero la prossima volta?» le dissi, la voce ridotta a un graffio.
Valentina si bloccò per un attimo. «Amore, ma sei serio?»
«Mi sembra ti sia piaciuto così grande,» le dissi, il tono carico di malizia.
Quella battuta ruppe l'ultima resistenza. Valentina si chinò e mi baciò con un'intensità che non ammetteva dubbi. «Mi eccita l'idea» sussurrò contro le mie labbra.
Si lasciò cadere sul mio petto. Un ultimo commento, il sigillo sulla sera.
«Sei un porco.»
Ma il suo tono era quello di una donna che aveva appena scoperto di amare la trasgressione quanto me. Il cetriolo giaceva accanto a noi, l'oggetto innocente che aveva fatto esplodere la nostra relazione oltre ogni confine, lasciando dietro di sé il seme per un desiderio reale.
Tenerife fu la scoperta di un piacere che presto sarebbe diventato realtà.
La vacanza era iniziata con la confortante routine, fino a quando una sera non trovammo la nostra stanza brulicante di scarafaggi. Un piccolo disastro che l'hotel compensò con un upgrade inaspettato: una stanza meravigliosa con un piccolo giardinetto privato.
Il vero indizio che quella vacanza stava per prendere una piega inattesa fu sul tavolo: un cesto di frutta e, in cima a tutto, un cetriolo enorme. Non era solo lungo; era spesso, turgido, il doppio di una banana.
Ci guardammo. Non c'era bisogno di parole. Quell'ortaggio, così eccessivo e fallico, aveva rotto la diga.
«Anvedi che roba…» le dissi, sollevando il cetriolo come un trofeo.
Lei lo prese. Il suo peso, la superficie ruvida, la lunghezza inequivocabile... era un simbolo. Per un paio di giorni l'argomento rimase sospeso, limitato a qualche battuta maliziosa. Ma la miccia era accesa.
Una sera uscimmo a cena sul lungomare. Valentina era bellissima, i capelli biondi raccolti in una coda, io in camicia. Saranno stati i bicchieri di vino, o l'eco di quel cetriolo, ma ero più eccitato del solito.
Rientrati in camera, la tensione era elettrica. Ci sdraiammo sul divanetto. I baci erano profondi, la fretta carica di novità. Valentina sentì subito la mia eccitazione. Quando mi sbottonai i pantaloni, lei tirò fuori il mio cazzo già eretto da diversi minuti. Si inginocchiò, e i suoi occhi luccicarono nell'ombra. «Mmm, lo voglio tutto amore» sussurrò. Non ci fu esitazione.
La sua testa si abbassò e la bocca di Valentina mi accolse con calore e immediatezza. Non era solo un gesto d'amore, ma una dimostrazione della brama accesa dalla sera e dalla trasgressione nell'aria.
Iniziò con una lentezza sapiente, accarezzando la punta con la lingua, poi avvolgendo le labbra morbide e umide attorno all’asta. Usava le mani con dolcezza, massaggiandomi alla base per amplificare la sensazione. Mi muovevo appena, lasciandomi travolgere.
Il suono bagnato e ritmico era l'unica cosa che rompeva il silenzio della stanza. Guardavo la sua testa che si muoveva, i suoi occhi che si alzavano talvolta per incontrare i miei, un gesto che comunicava: sto godendo anche io a darti questo piacere.
Il pompino si fece più profondo, più intenso, con movimenti che mi spingevano sempre più vicino al limite. Stavo godendo come non mai; era un piacere fisico totale, arricchito dall'adrenalina dell'ignoto che stavamo per affrontare. Ogni suo movimento era un assaggio di quel confine che presto sarebbe crollato.
«Amore ti sento tanto eccitato,» disse lei, guardandomi mentre leccava la punta.
«Oh sì, amore. Mi sento più porco del solito» risposi, afferrandole dolcemente i capelli.
«Ah, sì?» rispose, maliziosa.
Non risposi alla domanda aperta. «Penso che potremmo usare anche quel cetriolo...» dissi senza esitazione. Lei rimase stupita. Lo afferrai e lo tenni vicino al mio cazzo. Lei riprese il pompino, ma la presenza parallela creava una tensione insopportabile.
Lei mi guardò. Con la lingua roteava sulla punta, poi afferrò il cetriolo.
«Così?» disse sorridendo, tenendolo ben saldo con la destra mentre la sinistra mi segava.
«Così, amore...»
La sua bocca mi riprese. Io le afferrai lentamente il polso, guidando la sua mano sempre più vicina alla sua bocca. «Vuoi anche lui in bocca?» chiesi.
Lei si fermò, estrasse entrambi, e mi guardò con gli occhi che bruciavano.
«È troppo grosso, amore... e mi piace che tu mi stia guardando così» sussurrò, le parole sporche che mi fecero tremare.
Iniziò ad alternare con precisione: un attimo il mio membro in bocca, un attimo dopo il cetriolo. L’alternanza era una tortura deliziosa.
«Senti la differenza, amore?» le chiesi.
Valentina mi rispose senza parlare. Mi prese per un momento, poi mi lasciò, riempiendosi la bocca con il cetriolo, il suo modo di dirmi che, in quel momento, la dimensione vinceva su tutto.
Quell'atto mi tolse ogni controllo. «Sì, sì, così!» dissi gemendo mentre lei cercava di accogliere il più possibile in bocca il cetriolo.
La spinta finale arrivò improvvisa. Mi spinsi in avanti, il mio seme che si riversò abbondante nella sua bocca. Valentina non si mosse. Ingoiò tutto e si asciugò le labbra con un sorriso trionfante.
«E se fosse uno vero la prossima volta?» le dissi, la voce ridotta a un graffio.
Valentina si bloccò per un attimo. «Amore, ma sei serio?»
«Mi sembra ti sia piaciuto così grande,» le dissi, il tono carico di malizia.
Quella battuta ruppe l'ultima resistenza. Valentina si chinò e mi baciò con un'intensità che non ammetteva dubbi. «Mi eccita l'idea» sussurrò contro le mie labbra.
Si lasciò cadere sul mio petto. Un ultimo commento, il sigillo sulla sera.
«Sei un porco.»
Ma il suo tono era quello di una donna che aveva appena scoperto di amare la trasgressione quanto me. Il cetriolo giaceva accanto a noi, l'oggetto innocente che aveva fatto esplodere la nostra relazione oltre ogni confine, lasciando dietro di sé il seme per un desiderio reale.
Tenerife fu la scoperta di un piacere che presto sarebbe diventato realtà.
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