Tacco crudele
di
FingerWrite
genere
feticismo
Lui entra nell’ufficio, primo giorno di lavoro come assistente personale della dirigente aziendale. Non sa bene quello che sarà il suo ruolo, ha accettato perché è da troppe settimane che non ha un impiego stabile.
Entrando si trova seduto alla scrivania una donna molto attraente, seria, che lo squadra rendendolo piccolo ed insignificante. Ben vestita indossa bellissime scarpe con tacco alto almeno 12 cm, forse più, non indossa i collant, cosa che la rende ancora più attraente non avendole mai amate, ne è quasi allergico alla vista.
Si siede davanti alla scrivania, inizia e presto termina un breve colloquio dove lei semplicemente spiega che lui sarà il suo assistente, sono previsti pochi giorni di prova per valutare l’efficienza o la sua permanenza a disoccupato inutile. Lui sembra capire, non è ancora abbastanza preoccupato.
Detto ciò lei esordisce con un “bene, cominciamo allora. Inginocchiati davanti a me, assaggia la punta della mia scarpa e dimmi se ti piace il suo sapore”. Lui la guarda interdetto, non capisce se sia una metafora. “vogliamo già tornare a casa, oppure esegui?”.
Lentamente lui si alza dalla sedia, e subito si abbassa in ginocchio davanti a lei, ancora seduta alla scrivania a gambe incrociate, la sua scarpa col tacco si trovava all’altezza del suo viso. Attende che lei lo fermi, in attesa che quel comando datogli fosse una prova non davvero da eseguire, ma così non è accaduto. Si avvicina, sente già l’odore di cuoio misto a sporco raccolto dal suolo. “quindi?” dice lei, con tono decisamente seccato.
A quel punto lo deve fare, si avvicina alla punta della scarpa col tacco nera lucida, apre timidamente la bocca e se ne infila la punta dentro per pochi centimetri, quanto basta secondo lui. “cosa pensi di gustare così? Apri bene”. E così dicendo lei spinge con forza la punta della scarpa dentro la sua bocca, che di rimando gli fa spalancare gli occhi. L’odore che prima sentiva è diventato sapore che gli pervade la bocca, lo trova quasi terribile. Si allontana liberandosi la bocca, temendo una reazione brusca di lei che invece si mantiene calma. “Ti piace? Puoi essere sincero, tranquillo”. “non mi piace” dice lui “ha un sapore terribile!”.
“Molto bene” dice lei sollevata, quasi contenta. Lui rallegrato che la risposta le sia piaciuta. “Dovremo perciò lavorare molto su questo, così non va bene” aggiunge lei. Lui sprofonda in un abisso, ancora non ha capito nulla.
Si alza rapida dalla sua sedia, ora inizia il vero gioco.
“Togliti i pantaloni e maglia e sdraiati per terra, ora!”. Tuona lei.
Lui esegue, mentre la preoccpazione diventa quasi paura.
Si trova sdraiato a terra, nudo con solo i boxer indosso.
Lei gli cammina un poco attorno, per poi fermarsi in piedi di fianco al suo viso, le scarpe col tacco che poco prima aveva assaggiato le sente sfiorargli il viso. Una di queste si alza, gli pianta la suola della scarpa sul viso schiaccaindolo. “per prima cosa dobbiamo imparare a capire quali siano dei gusti buoni da farci piacere, uno di questi, assieme a tanti altri modelli, ce l’hai stampato adesso sulla faccia. Sei un lurido assistente e devi amare il gusto delle mie scarpe tutti i giorni della tua vita, hai capito?” Mentre dice questo, continua a schiacciare la faccia roteando la suola. Dopodichè la solleva e si allontana. Apre un armadio e prende un attrezzo strano, sembra un piccolo comodino con un buco nel mezzo.
Nel giro di poco si trova ora nudo, la sua capa gli ha fatto infilare il pene ed i testicoli attraverso quel buco, che ora lo cinge sui fianchi, scopre che quell’attrezzo si chiama “cock-box”, teme di immaginare a cosa serva.
Lei ritorna in piedi al suo fianco. “Apri la bocca”. Lui esegue, sempre timido ed impaurito, la apre il minimo indipensabile perché aperta si possa dire. Lei nuovamente gli infila la punta della scarpa dentro la bocca, ma stavolta è lei a decidere quanto infilarla e per quanto. Lui si trova bloccato spalle al pavimento, non potendo nemmeno dimenarsi troppo perche la cock-box gli blocca i testicoli ed il pene.
Lei infila sempre di più, ormai con il labbro superiore arriva quasi a toccarle il dorso nudo del piede. Sente la suola della scarpa sfregargli sulla lingua, il sapore che prima aveva solo saggiato ora è quasi insopportabile, vorrebbe dimenarsi ma non può fare nulla. Finalmente finisce, lei sfila la scarpa dalla bocca. “ora, sinceramente, come era il sapore? Lo hai sentito meglio?” Lui non sa cosa rispondere, dire la verità vorrebbe dire forse guai, dire una bugia forse non sarebbe credibile. “si mi piace”, dice con finta convinzione.
“Bene allora ne vuoi ancora!” di rimando lei. “no no grazie no, sono a posto”. Il viso di lei si fa dolente “uuuuh….cosa ho sentito.. quanti no che hai detto!”. Facendo no con il capo in segno di disappunto tacheggia allontanadosi dalla sua testa, si avvicina alla scatola che lo immobilizza. Con la stessa punta della scarpa inizia a calpestargli il pene, dapprima lentamente, poi con più grinta, schiacciandolo e roteando il piede provocandogli un dolore che non sapeva potesse provenire da quella parte del corpo.
Lei continuava, schiacciava con la suola della scarpa prendendo anche i testicoli, così come si calpesta un mozzicone di sigaretta. “Questo è quello che i succede se non ti comporti come si deve”. Lui vedeva il suo pene allungarsi schiacciato sotto al peso che lei metteva, il dolore era abbastanza pesante. Poi si fermò. “Ma per fortuna abbiamo anche un bel tacco qui, chissà se questo ti piacerà di più!” Iniziò quindi piantandogli il tacco tra i testicoli, alzando ed abbassando e ruotando la caviglia. Poi passò a schiacciargli il pene lentamente sotto il tacco, con un po’ di difficoltà visto che ormai il suo membro si era fatto piccolissimo e scivolava. Perciò lei comincio ad assestare tanti colpetti con il tacco cercando di colpirlo, purtroppo per lui riuscendoci più volte. Ormai era come se non sentisse più nulla tanto era forte il dolore, il suo cervello aveva forse abbandonato la sensibilità poiché era un organo ormai perduto?
Poi si allontanò, lui ormai ansimava, per la sofferenza e per la paura. Forse a questo punto era meglio rinunciare a questo lavoro.
Andò di là, in una stanza vicino. Tornò dopo un tempo per lui imprecisato. L’unica cosa di cui era certo era che si stesse avvicinando a lui a passo lento, sempre con indosso un paio di scarpe coi tacchi. Il rumore era però differente rispetto a prima.
Arrivò da dietro di lui. Non riuscì nemmeno a vederla chiaramente perché appena avvicinatasi gli piantò il tacco sulla bocca, che ora lui teneva serrata. Si era cambiata le scarpe. Ha potuto intuirlo immediatamente solo dal tacco che lo sovrastava che era più grosso, circa due dita, una colonna nera che si innalzava sopra al suo viso. Al di sopra, intravedeva uno stivale che la raggiungeva fino quasi al ginocchio. “Apri sta bocca” disse lei mantenendo il tacco poggiato sulla sua bocca. “Apri o mi incazzo per davvero!” Lui non voleva, gli faceva paura l’idea che lei potesse avere il controllo totale di quel tacco dentro la sua bocca così come poco fa era accaduto. Quel tacco era decisamente più pericoloso, alto e grosso rispetto alla punta che aveva ingoiato prima.
Stizzita ed abbastanza arrabbiata ritornò rapidamente alla scatola che lo cinceva “no ti prego!” disse lui, mentre lei ci saliva con entrambi gli stivali, e a tutto peso iniziò a schiacciagli pene e testicoli con il tacco. Lui iniziò ad urlare, forte. Purtroppo nessuno lo avrebbe sentito, a quell’ora nessuno sarebbe arrivato. Lei continuava imperterrita, ora con entrambi i tacchi. Lui urlava e piangeva. “ahahah dovresti vedere, se continuo così fra poco qui sotto non ne resta più nulla!”
D’improvviso sentì liberarsi da quel peso doloroso che ora si spostava sul suo addome e sul costato, veloce quasi fosse investito da una macchina. Senza nemmeno il tempo di rendersene conto lei infatti gli aveva camminato sopra raggiungendo la testa. Approfittando del suo pianto disperato e degli occhi accecati dalle lacrime gli aveva dapprima spinto con la suola dello stivale destro la testa a terra spingendo sulla fronte, e subito infilato il tacco nella bocca involontariamente aperta, mentre con l’altro stivale si trovava sul suo petto.
Ecco ora lui era certo che lei lo avrebbe ucciso, che dopo quello sarebbe morto. Ormai il controllo di lei era totale. “vinco sempre io, ora sono cazzi tuoi!”.
Non vedeva più nulla, sul viso gli premeva la suola dello stivale, la bocca era bloccata spalancata dal tacco infilato inclinato che premeva sul suo palato superiore. Il petto era schiacciato dal peso dell’altro stivale, il suo respiro era corto e frequente per la paura e per il senso di costrizione. Più lei premeva con il tacco, più lui sentiva il palato quasi esplodere.
Finchè lei in un solo momento aumentò in modo indicibile il peso sul suo viso, lui contrasse i muscoli del collo per evitare che la testa gli ruotasse, anche se era saldamente bloccata dal tacco ancorato nella sua bocca. Lei spostò lo stivale dal suo petto e si appoggiò a terra, di fianco alla sua testa.
“Anzi approposito di cazzi, ora vediamo quanto puoi gustare fino in fondo questo tacco.. vuoi?”. Lui non poteva parlare ma solo emettere suoni, la sua testa voleva dire “no ti prego, basta, ti scongiuro!”, ma i suoni che uscirono non ne avevano nulla a che fare. “Bene non mi pare di avere sentito ne un no, ne un si, quindi decido io”
Ruotò lo stivale di 90° facendo perno sul tacco che rimaneva fisso nella bocca, liberandogli il viso. Anche il palato ne ebbe giovamento, ma la bocca rimaneva spalancata dalla presenza del tacco che non aveva valutato bene essere così grosso. Ora poteva vederla in faccia, lo guardava dall’alto, il suo sguardo era collegato da una linea continua che scendeva giu dal collo, dal corpo snello seguendo la gamba e finendo con il tacco che lo stava possedendo e governando solo con pochi centimetri dentro di lui. Lo sguardo di lei era severo e nel frattempo divertito.. sadico.
“ ed ora… giù!”
Iniziò ad infilare il tacco più in dentro, lentamente.
Lui non poteva farci assolutamente nulla, le mani erano legate, il corpo era bloccato, la testa arpionata da quel tacco crudele. Sentiva il tacco scendere e arrivare a contatto con il fondo della sua lingua. Gli prese un conato di vomito che sentì partire dal petto e fermarsi alla gola, tutto ciò che era al di sopra era sotto il controllo non più suo. Per questo lei si fermò. “Di già? Abbiamo ancora tanta strada da fare, per fortuna tua non è uscito nulla”. Per forza, era a digiuno dall’ora di pranzo. Rimase ferma a quel livello per alcuni secondi, roteando il tacco dentro la bocca di lui e facendogli spostare la testa a destra e sinistra. Tutto ciò per ricordargli che poteva fare assolutamente ciò che voleva con la sua testa. Per quanto ne sapeva, anche assestargli il colpo finale.
Ricominciò a spingere, lui poteva vedere il tacco scendere lentamente ed avvicinarsi a lui la parte dello stivale dove si trovava il tallone. La punta del tacco stava raggiungendo la gola, ormai lo sentiva toccare. Ripresero i conati che però non producevano nulla, e anzi parevano peggiorare la situazione perché ad ogni spasmo il tacco entrava di più. Le narici iniziavano a bruciare, i succhi gastrici iniziavano a raggiungere l’unica via che ormai avevano di fuga.
“Secondo me, di tutte le cose che hai assaggiato oggi, questo è quello che stai assaporando meglio, non credi? Non senti fino in fondo il suo sapore?” disse ridendo sadicamente.
Con quel poco che ormai poteva pensare, si accorse infatti che tutto quello che provava tra gusto ed olfatto era il sapore di quel tacco, un misto tra cuoio plastica ed un sottofondo di sporco amaro. Di quei sapori che forse non ti abbandonano a lungo una volta provati.. semmai avesse poi potuto vivere altri momenti dopo a quello.
Rimase ferma, continuando a sollecitare la gola con la punta del tacco, alternando movimenti di rotazione e su e giù. I suoi occhi erano colmi di lacrime, i conati prima frequenti ora stavano riducendosi. Vedeva a malapena la parte posteriore dello stivale che si muoveva sopra di lui. Dalla sua gola uscivano rumori strani ad ogni movimento, e ciò pareva dare molta soddisfazione a lei.
“Beh dai basta, mi sono stancata!”
Non sapeva se sentirsi sollevato da quella frase. Probabilmente era finita.
Infatti lei lo finì, spinse giu il tacco fino in fondo. Lui vide e sentì la base dello stivale arrivare a premergli sulla bocca, ma soprattutto gli ultimi centimetri del tacco sprofondare nella gola e oltre fino a provocare dolore. Sentiva il sapore della suola del tacco colare direttamente nello stomaco o non sapeva dove. Poteva respirare solo dal naso, la bocca era come non esistesse più. Finchè lei non chiuse anche quell’orifizio tra le sue dita. Il che lo portò ad un lento sopore, mentre gli spasmi per la mancanza di aria erano solo virtuali essendo totalmente immobilizzato. “buona notte!” sentì dire a lei da lontano. Mentre finalmente decise di sfilare il tacco dalla bocca. Lui rimase mezzo svenuto. Almeno era ancora vivo.
Entrando si trova seduto alla scrivania una donna molto attraente, seria, che lo squadra rendendolo piccolo ed insignificante. Ben vestita indossa bellissime scarpe con tacco alto almeno 12 cm, forse più, non indossa i collant, cosa che la rende ancora più attraente non avendole mai amate, ne è quasi allergico alla vista.
Si siede davanti alla scrivania, inizia e presto termina un breve colloquio dove lei semplicemente spiega che lui sarà il suo assistente, sono previsti pochi giorni di prova per valutare l’efficienza o la sua permanenza a disoccupato inutile. Lui sembra capire, non è ancora abbastanza preoccupato.
Detto ciò lei esordisce con un “bene, cominciamo allora. Inginocchiati davanti a me, assaggia la punta della mia scarpa e dimmi se ti piace il suo sapore”. Lui la guarda interdetto, non capisce se sia una metafora. “vogliamo già tornare a casa, oppure esegui?”.
Lentamente lui si alza dalla sedia, e subito si abbassa in ginocchio davanti a lei, ancora seduta alla scrivania a gambe incrociate, la sua scarpa col tacco si trovava all’altezza del suo viso. Attende che lei lo fermi, in attesa che quel comando datogli fosse una prova non davvero da eseguire, ma così non è accaduto. Si avvicina, sente già l’odore di cuoio misto a sporco raccolto dal suolo. “quindi?” dice lei, con tono decisamente seccato.
A quel punto lo deve fare, si avvicina alla punta della scarpa col tacco nera lucida, apre timidamente la bocca e se ne infila la punta dentro per pochi centimetri, quanto basta secondo lui. “cosa pensi di gustare così? Apri bene”. E così dicendo lei spinge con forza la punta della scarpa dentro la sua bocca, che di rimando gli fa spalancare gli occhi. L’odore che prima sentiva è diventato sapore che gli pervade la bocca, lo trova quasi terribile. Si allontana liberandosi la bocca, temendo una reazione brusca di lei che invece si mantiene calma. “Ti piace? Puoi essere sincero, tranquillo”. “non mi piace” dice lui “ha un sapore terribile!”.
“Molto bene” dice lei sollevata, quasi contenta. Lui rallegrato che la risposta le sia piaciuta. “Dovremo perciò lavorare molto su questo, così non va bene” aggiunge lei. Lui sprofonda in un abisso, ancora non ha capito nulla.
Si alza rapida dalla sua sedia, ora inizia il vero gioco.
“Togliti i pantaloni e maglia e sdraiati per terra, ora!”. Tuona lei.
Lui esegue, mentre la preoccpazione diventa quasi paura.
Si trova sdraiato a terra, nudo con solo i boxer indosso.
Lei gli cammina un poco attorno, per poi fermarsi in piedi di fianco al suo viso, le scarpe col tacco che poco prima aveva assaggiato le sente sfiorargli il viso. Una di queste si alza, gli pianta la suola della scarpa sul viso schiaccaindolo. “per prima cosa dobbiamo imparare a capire quali siano dei gusti buoni da farci piacere, uno di questi, assieme a tanti altri modelli, ce l’hai stampato adesso sulla faccia. Sei un lurido assistente e devi amare il gusto delle mie scarpe tutti i giorni della tua vita, hai capito?” Mentre dice questo, continua a schiacciare la faccia roteando la suola. Dopodichè la solleva e si allontana. Apre un armadio e prende un attrezzo strano, sembra un piccolo comodino con un buco nel mezzo.
Nel giro di poco si trova ora nudo, la sua capa gli ha fatto infilare il pene ed i testicoli attraverso quel buco, che ora lo cinge sui fianchi, scopre che quell’attrezzo si chiama “cock-box”, teme di immaginare a cosa serva.
Lei ritorna in piedi al suo fianco. “Apri la bocca”. Lui esegue, sempre timido ed impaurito, la apre il minimo indipensabile perché aperta si possa dire. Lei nuovamente gli infila la punta della scarpa dentro la bocca, ma stavolta è lei a decidere quanto infilarla e per quanto. Lui si trova bloccato spalle al pavimento, non potendo nemmeno dimenarsi troppo perche la cock-box gli blocca i testicoli ed il pene.
Lei infila sempre di più, ormai con il labbro superiore arriva quasi a toccarle il dorso nudo del piede. Sente la suola della scarpa sfregargli sulla lingua, il sapore che prima aveva solo saggiato ora è quasi insopportabile, vorrebbe dimenarsi ma non può fare nulla. Finalmente finisce, lei sfila la scarpa dalla bocca. “ora, sinceramente, come era il sapore? Lo hai sentito meglio?” Lui non sa cosa rispondere, dire la verità vorrebbe dire forse guai, dire una bugia forse non sarebbe credibile. “si mi piace”, dice con finta convinzione.
“Bene allora ne vuoi ancora!” di rimando lei. “no no grazie no, sono a posto”. Il viso di lei si fa dolente “uuuuh….cosa ho sentito.. quanti no che hai detto!”. Facendo no con il capo in segno di disappunto tacheggia allontanadosi dalla sua testa, si avvicina alla scatola che lo immobilizza. Con la stessa punta della scarpa inizia a calpestargli il pene, dapprima lentamente, poi con più grinta, schiacciandolo e roteando il piede provocandogli un dolore che non sapeva potesse provenire da quella parte del corpo.
Lei continuava, schiacciava con la suola della scarpa prendendo anche i testicoli, così come si calpesta un mozzicone di sigaretta. “Questo è quello che i succede se non ti comporti come si deve”. Lui vedeva il suo pene allungarsi schiacciato sotto al peso che lei metteva, il dolore era abbastanza pesante. Poi si fermò. “Ma per fortuna abbiamo anche un bel tacco qui, chissà se questo ti piacerà di più!” Iniziò quindi piantandogli il tacco tra i testicoli, alzando ed abbassando e ruotando la caviglia. Poi passò a schiacciargli il pene lentamente sotto il tacco, con un po’ di difficoltà visto che ormai il suo membro si era fatto piccolissimo e scivolava. Perciò lei comincio ad assestare tanti colpetti con il tacco cercando di colpirlo, purtroppo per lui riuscendoci più volte. Ormai era come se non sentisse più nulla tanto era forte il dolore, il suo cervello aveva forse abbandonato la sensibilità poiché era un organo ormai perduto?
Poi si allontanò, lui ormai ansimava, per la sofferenza e per la paura. Forse a questo punto era meglio rinunciare a questo lavoro.
Andò di là, in una stanza vicino. Tornò dopo un tempo per lui imprecisato. L’unica cosa di cui era certo era che si stesse avvicinando a lui a passo lento, sempre con indosso un paio di scarpe coi tacchi. Il rumore era però differente rispetto a prima.
Arrivò da dietro di lui. Non riuscì nemmeno a vederla chiaramente perché appena avvicinatasi gli piantò il tacco sulla bocca, che ora lui teneva serrata. Si era cambiata le scarpe. Ha potuto intuirlo immediatamente solo dal tacco che lo sovrastava che era più grosso, circa due dita, una colonna nera che si innalzava sopra al suo viso. Al di sopra, intravedeva uno stivale che la raggiungeva fino quasi al ginocchio. “Apri sta bocca” disse lei mantenendo il tacco poggiato sulla sua bocca. “Apri o mi incazzo per davvero!” Lui non voleva, gli faceva paura l’idea che lei potesse avere il controllo totale di quel tacco dentro la sua bocca così come poco fa era accaduto. Quel tacco era decisamente più pericoloso, alto e grosso rispetto alla punta che aveva ingoiato prima.
Stizzita ed abbastanza arrabbiata ritornò rapidamente alla scatola che lo cinceva “no ti prego!” disse lui, mentre lei ci saliva con entrambi gli stivali, e a tutto peso iniziò a schiacciagli pene e testicoli con il tacco. Lui iniziò ad urlare, forte. Purtroppo nessuno lo avrebbe sentito, a quell’ora nessuno sarebbe arrivato. Lei continuava imperterrita, ora con entrambi i tacchi. Lui urlava e piangeva. “ahahah dovresti vedere, se continuo così fra poco qui sotto non ne resta più nulla!”
D’improvviso sentì liberarsi da quel peso doloroso che ora si spostava sul suo addome e sul costato, veloce quasi fosse investito da una macchina. Senza nemmeno il tempo di rendersene conto lei infatti gli aveva camminato sopra raggiungendo la testa. Approfittando del suo pianto disperato e degli occhi accecati dalle lacrime gli aveva dapprima spinto con la suola dello stivale destro la testa a terra spingendo sulla fronte, e subito infilato il tacco nella bocca involontariamente aperta, mentre con l’altro stivale si trovava sul suo petto.
Ecco ora lui era certo che lei lo avrebbe ucciso, che dopo quello sarebbe morto. Ormai il controllo di lei era totale. “vinco sempre io, ora sono cazzi tuoi!”.
Non vedeva più nulla, sul viso gli premeva la suola dello stivale, la bocca era bloccata spalancata dal tacco infilato inclinato che premeva sul suo palato superiore. Il petto era schiacciato dal peso dell’altro stivale, il suo respiro era corto e frequente per la paura e per il senso di costrizione. Più lei premeva con il tacco, più lui sentiva il palato quasi esplodere.
Finchè lei in un solo momento aumentò in modo indicibile il peso sul suo viso, lui contrasse i muscoli del collo per evitare che la testa gli ruotasse, anche se era saldamente bloccata dal tacco ancorato nella sua bocca. Lei spostò lo stivale dal suo petto e si appoggiò a terra, di fianco alla sua testa.
“Anzi approposito di cazzi, ora vediamo quanto puoi gustare fino in fondo questo tacco.. vuoi?”. Lui non poteva parlare ma solo emettere suoni, la sua testa voleva dire “no ti prego, basta, ti scongiuro!”, ma i suoni che uscirono non ne avevano nulla a che fare. “Bene non mi pare di avere sentito ne un no, ne un si, quindi decido io”
Ruotò lo stivale di 90° facendo perno sul tacco che rimaneva fisso nella bocca, liberandogli il viso. Anche il palato ne ebbe giovamento, ma la bocca rimaneva spalancata dalla presenza del tacco che non aveva valutato bene essere così grosso. Ora poteva vederla in faccia, lo guardava dall’alto, il suo sguardo era collegato da una linea continua che scendeva giu dal collo, dal corpo snello seguendo la gamba e finendo con il tacco che lo stava possedendo e governando solo con pochi centimetri dentro di lui. Lo sguardo di lei era severo e nel frattempo divertito.. sadico.
“ ed ora… giù!”
Iniziò ad infilare il tacco più in dentro, lentamente.
Lui non poteva farci assolutamente nulla, le mani erano legate, il corpo era bloccato, la testa arpionata da quel tacco crudele. Sentiva il tacco scendere e arrivare a contatto con il fondo della sua lingua. Gli prese un conato di vomito che sentì partire dal petto e fermarsi alla gola, tutto ciò che era al di sopra era sotto il controllo non più suo. Per questo lei si fermò. “Di già? Abbiamo ancora tanta strada da fare, per fortuna tua non è uscito nulla”. Per forza, era a digiuno dall’ora di pranzo. Rimase ferma a quel livello per alcuni secondi, roteando il tacco dentro la bocca di lui e facendogli spostare la testa a destra e sinistra. Tutto ciò per ricordargli che poteva fare assolutamente ciò che voleva con la sua testa. Per quanto ne sapeva, anche assestargli il colpo finale.
Ricominciò a spingere, lui poteva vedere il tacco scendere lentamente ed avvicinarsi a lui la parte dello stivale dove si trovava il tallone. La punta del tacco stava raggiungendo la gola, ormai lo sentiva toccare. Ripresero i conati che però non producevano nulla, e anzi parevano peggiorare la situazione perché ad ogni spasmo il tacco entrava di più. Le narici iniziavano a bruciare, i succhi gastrici iniziavano a raggiungere l’unica via che ormai avevano di fuga.
“Secondo me, di tutte le cose che hai assaggiato oggi, questo è quello che stai assaporando meglio, non credi? Non senti fino in fondo il suo sapore?” disse ridendo sadicamente.
Con quel poco che ormai poteva pensare, si accorse infatti che tutto quello che provava tra gusto ed olfatto era il sapore di quel tacco, un misto tra cuoio plastica ed un sottofondo di sporco amaro. Di quei sapori che forse non ti abbandonano a lungo una volta provati.. semmai avesse poi potuto vivere altri momenti dopo a quello.
Rimase ferma, continuando a sollecitare la gola con la punta del tacco, alternando movimenti di rotazione e su e giù. I suoi occhi erano colmi di lacrime, i conati prima frequenti ora stavano riducendosi. Vedeva a malapena la parte posteriore dello stivale che si muoveva sopra di lui. Dalla sua gola uscivano rumori strani ad ogni movimento, e ciò pareva dare molta soddisfazione a lei.
“Beh dai basta, mi sono stancata!”
Non sapeva se sentirsi sollevato da quella frase. Probabilmente era finita.
Infatti lei lo finì, spinse giu il tacco fino in fondo. Lui vide e sentì la base dello stivale arrivare a premergli sulla bocca, ma soprattutto gli ultimi centimetri del tacco sprofondare nella gola e oltre fino a provocare dolore. Sentiva il sapore della suola del tacco colare direttamente nello stomaco o non sapeva dove. Poteva respirare solo dal naso, la bocca era come non esistesse più. Finchè lei non chiuse anche quell’orifizio tra le sue dita. Il che lo portò ad un lento sopore, mentre gli spasmi per la mancanza di aria erano solo virtuali essendo totalmente immobilizzato. “buona notte!” sentì dire a lei da lontano. Mentre finalmente decise di sfilare il tacco dalla bocca. Lui rimase mezzo svenuto. Almeno era ancora vivo.
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