Dopo il servizio
di
CRISALIDI
genere
dominazione
Guarda come mi guardi.
Non c’è più nessuno in cucina… le luci basse, il rumore lontano della lavastoviglie… e io ancora addosso l’odore del servizio. Ma tu… tu mi stai spogliando con gli occhi da dieci minuti.
Lo sai che mi eccita da morire.
Hai le mani sporche di farina e desiderio. Le voglio addosso.
Sulla pelle calda, sotto la giacca da cuoca aperta di proposito. Niente reggiseno. Solo pelle, sudore e voglia di te.
Vieni più vicino.
Fammi sentire quell’urgenza che tieni stretta nei pantaloni.
Sfiorami qui, sotto il grembiule. Più giù.
Senti com’è bagnata? È tutta per te. È da quando sei entrato che la mia mente ti immagina prendermi contro quel banco d’acciaio.
Spostami la gamba, aprimi come si apre un frutto maturo.
Mordimi. Fammi sentire che sei vivo.
Dammi ordini, ma fallo con la voce rotta dal bisogno.
Infilami le dita dentro senza chiedere, fallo come se avessi ogni diritto sul mio corpo.
E poi tirami a te, fammi sentire quanto mi vuoi.
Che cazzo aspetti a scoparmi?
Non mi serve il letto. Mi bastano le tue mani forti, il tuo respiro incollato al mio collo e quel cazzo duro contro la mia coscia.
Fammi venire addosso al forno spento.
Spingimi. Tienimi.
Scopami come se non ci fosse un domani, ma fallo con la fame di chi ha aspettato troppo.
Perché stanotte, in questa cucina satura di aromi,
l’unica ricetta che voglio…
sei tu dentro di me.
Il tuo corpo vibra sotto il mio, la pelle calda che scivola contro l’acciaio, i tuoi gemiti che si rompono nel silenzio della cucina.
Io ti stringo ai fianchi, ti spingo dentro fino in fondo, e sento che non ho più freni.
Ogni tuo movimento mi manda fuori di testa: le cosce che mi serrano, le unghie che graffiano la mia nuca, la tua bocca che cerca aria mentre io ti sfondo senza pietà.
Ti sento contrarti intorno a me, un’onda che mi trascina, un invito a perdermi.
“Così… così… vieni per me,” ti sibilo con la voce spezzata, e il tuo corpo obbedisce.
Ti spezzi in un grido, tremi, mi inzuppi le dita e il cazzo insieme.
È il colpo finale.
Sento la tensione che mi sale dalla pancia, un fuoco che non so più contenere.
Ti afferro più forte, ti pianto contro il forno spento e mi lascio andare.
Un urlo strozzato, un gemito animalesco mi sfugge mentre ti riempio dentro, spinta dopo spinta, scaricando in te tutta la fame accumulata.
Il mondo si annebbia. Solo calore, solo spasmo, solo il tuo corpo che mi tiene intrappolato mentre vengo.
Resto lì, incollato a te, ansimante, il cuore che batte all’impazzata.
Sudo, tremo, ma non mollo la presa.
E nell’eco del nostro respiro mescolato, l’unica cosa che riesco a pensare è:
questa notte non finisce qui.
Non c’è più nessuno in cucina… le luci basse, il rumore lontano della lavastoviglie… e io ancora addosso l’odore del servizio. Ma tu… tu mi stai spogliando con gli occhi da dieci minuti.
Lo sai che mi eccita da morire.
Hai le mani sporche di farina e desiderio. Le voglio addosso.
Sulla pelle calda, sotto la giacca da cuoca aperta di proposito. Niente reggiseno. Solo pelle, sudore e voglia di te.
Vieni più vicino.
Fammi sentire quell’urgenza che tieni stretta nei pantaloni.
Sfiorami qui, sotto il grembiule. Più giù.
Senti com’è bagnata? È tutta per te. È da quando sei entrato che la mia mente ti immagina prendermi contro quel banco d’acciaio.
Spostami la gamba, aprimi come si apre un frutto maturo.
Mordimi. Fammi sentire che sei vivo.
Dammi ordini, ma fallo con la voce rotta dal bisogno.
Infilami le dita dentro senza chiedere, fallo come se avessi ogni diritto sul mio corpo.
E poi tirami a te, fammi sentire quanto mi vuoi.
Che cazzo aspetti a scoparmi?
Non mi serve il letto. Mi bastano le tue mani forti, il tuo respiro incollato al mio collo e quel cazzo duro contro la mia coscia.
Fammi venire addosso al forno spento.
Spingimi. Tienimi.
Scopami come se non ci fosse un domani, ma fallo con la fame di chi ha aspettato troppo.
Perché stanotte, in questa cucina satura di aromi,
l’unica ricetta che voglio…
sei tu dentro di me.
Il tuo corpo vibra sotto il mio, la pelle calda che scivola contro l’acciaio, i tuoi gemiti che si rompono nel silenzio della cucina.
Io ti stringo ai fianchi, ti spingo dentro fino in fondo, e sento che non ho più freni.
Ogni tuo movimento mi manda fuori di testa: le cosce che mi serrano, le unghie che graffiano la mia nuca, la tua bocca che cerca aria mentre io ti sfondo senza pietà.
Ti sento contrarti intorno a me, un’onda che mi trascina, un invito a perdermi.
“Così… così… vieni per me,” ti sibilo con la voce spezzata, e il tuo corpo obbedisce.
Ti spezzi in un grido, tremi, mi inzuppi le dita e il cazzo insieme.
È il colpo finale.
Sento la tensione che mi sale dalla pancia, un fuoco che non so più contenere.
Ti afferro più forte, ti pianto contro il forno spento e mi lascio andare.
Un urlo strozzato, un gemito animalesco mi sfugge mentre ti riempio dentro, spinta dopo spinta, scaricando in te tutta la fame accumulata.
Il mondo si annebbia. Solo calore, solo spasmo, solo il tuo corpo che mi tiene intrappolato mentre vengo.
Resto lì, incollato a te, ansimante, il cuore che batte all’impazzata.
Sudo, tremo, ma non mollo la presa.
E nell’eco del nostro respiro mescolato, l’unica cosa che riesco a pensare è:
questa notte non finisce qui.
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