Inferno di Piacere

di
genere
trans

Milano bruciava quella notte, un caos di luci al neon e asfalto umido che rifletteva il fermento di Porta Venezia. Ma il vero incendio divampava in un angolo affollato di un bar alla moda, dove Luca e Sofia si erano trovati. Luca, 32 anni, consulente finanziario con un sorriso disarmante e una curiosità che lo spingeva sempre oltre i limiti, era seduto al bancone con un gin tonic ormai caldo. Sofia, 28 anni, artista e performer trans, era un’esplosione di energia: capelli neri che cadevano in onde morbide fino alle spalle, un vestito rosso aderente che scolpiva ogni curva del suo corpo, e occhi verdi che sembravano leggerti l’anima. La sua risata era un richiamo, il suo sguardo una sfida.



Si erano incrociati per caso, o forse no. Luca l’aveva notata subito, catturato dal modo in cui si muoveva tra la folla, come se il mondo fosse il suo palcoscenico. Avevano iniziato a chiacchierare, prima con battute leggere, poi con sguardi che si facevano sempre più affilati. Sofia era un vortice: parlava di arte, di desiderio, di libertà, e ogni parola sembrava accendere qualcosa in Luca. Lui, abituato a controllare ogni aspetto della sua vita, si sentiva trascinato in un territorio sconosciuto, eccitante. Dopo ore di flirt—risate che si mescolavano al tintinnio dei bicchieri e a tocchi fugaci sul braccio—Sofia si era sporta verso di lui, un sorrisetto provocante sulle labbra. “Sai, sono trans,” aveva detto, la voce bassa, quasi un test. Non c’era vergogna nei suoi occhi, solo una sfida: E tu, cosa fai ora?



Luca aveva sentito il cuore accelerare, ma non per paura. Era desiderio, puro, viscerale, come se quella rivelazione avesse tolto ogni filtro tra loro. “E quindi?” aveva risposto, con un ghigno che nascondeva il fuoco che gli divampava dentro. “Mi stai solo rendendo più curioso.” Sofia aveva riso, un suono che era seta e coltelli, e si era avvicinata ancora. “Andiamo da me,” aveva sussurrato, il suo respiro caldo contro l’orecchio di Luca, un invito che non ammetteva rifiuti.



Ora erano nel suo appartamento, un monolocale caotico e vivido come lei, con pareti coperte di tele incompiute, candele mezze sciolte e un letto sfatto illuminato da una lampadina tremolante. L’aria era densa: profumo di lavanda, sudore, e una tensione che sembrava sul punto di esplodere. Sofia aveva chiuso la porta con un calcio, e ogni suo passo verso Luca era una promessa di caos. Lui, ancora in piedi, la guardava, il cuore che martellava. Non era nervoso per lei—era l’ignoto, il desiderio che lo consumava. Non aveva mai vissuto niente di simile, ma Sofia era un magnete, e lui non voleva resistere.



“Pronto a spezzarti?” chiese Sofia, fermandosi a un centimetro dal suo viso. Il suo profumo—un mix di muschio e fiori selvatici—lo avvolse come una droga. Luca deglutì, la voce già incrinata. “Con te? Voglio solo andare in pezzi.” Era sincero: c’era qualcosa in lei che lo faceva sentire vivo, vulnerabile, affamato. Sofia sorrise, un lampo di malizia negli occhi, e lo afferrò per la camicia, spingendolo sul letto con una forza che lo fece quasi gemere. “Vediamo quanto reggi,” disse, ridendo, mentre apriva un cassetto del comodino e tirava fuori un foulard di seta nera—liscio, lucido, con un’aria pericolosa.



“Ti fidi?” chiese, avvolgendolo tra le dita con un movimento lento, quasi ipnotico. Luca annuì, il cuore che esplodeva. “Cazzo, sì.” Non era solo eccitazione: c’era una parte di lui che voleva arrendersi, lasciare che Sofia prendesse il controllo. Lei gli legò i polsi sopra la testa, il foulard stretto abbastanza da fargli sentire la sua autorità, poi lo avvolse anche al collo, un nodo lento ma minaccioso. “Tre colpetti per fermarmi,” sussurrò, guardandolo dritto negli occhi, e Luca annuì, eccitato ma consapevole. Era un gioco di bondage, ma anche di respiro, un equilibrio tra piacere e pericolo che lo stava già mandando fuori di testa.



Il primo bacio fu una guerra. Le labbra di Sofia si scontrarono con le sue, lingue che si intrecciavano, morsi che lasciavano segni. Lei gli strappò la camicia—bottoni che volavano sul pavimento—e Luca gemette quando le sue unghie, lunghe e laccate di nero, graffiarono il suo petto, tracciando linee di fuoco sulla pelle. Con i polsi legati, non poteva toccarla, e ogni volta che Sofia tirava il foulard al collo—leggero, ma abbastanza da stringere—il suo respiro si accorciava, ogni sensazione amplificata come un fulmine.



Sofia si alzò, gli occhi scintillanti di pura malizia. Con un movimento lento, quasi sadico, si sfilò il vestito, lasciandolo scivolare a terra. Sotto, indossava solo un perizoma nero, teso contro la sua erezione, dura e sfacciata. Luca deglutì, il respiro corto sotto il foulard. “Porca puttana, Sofia…” mormorò, tirando istintivamente i nodi, disperato di toccarla. Il suo corpo era un’arma: curve che ti spezzavano, pelle olivastra che brillava sotto la luce fioca, un’erezione che pulsava, pronta a distruggerlo.



“Ti piace?” chiese Sofia, una mano che scivolava sul proprio addome, un’unghia che tracciava cerchi provocanti. “Mi stai uccidendo,” rispose Luca, la voce spezzata. Lei rise, un suono basso e peccaminoso, e si liberò del perizoma, rivelando la sua lunghezza—liscia, invitante. Luca sentì il sangue pompargli nelle tempie, il desiderio che lo travolgeva.



Sofia aveva un piano, e non era solo farlo cedere: voleva farlo implorare. Si sdraiò su di lui, i loro corpi allineati, pelle contro pelle. “Niente fretta,” sussurrò, iniziando a strofinarsi contro di lui—un frottage crudo, bollente. Le loro erezioni si sfregavano, dure, calde, scivolose di sudore. Ogni movimento era un’agonia, la frizione che mandava scariche attraverso Luca. Quando Sofia tirava il foulard, stringendo appena, il suo respiro si spezzava, il piacere che esplodeva in lampi. Ma ogni volta che Luca sentiva il climax avvicinarsi, Sofia si fermava. “Non ancora,” diceva, un sorrisetto sadico sulle labbra, e lui gemette, frustrazione pura, tirando contro il foulard.



“Cazzo, Sofia, mi stai massacrando…” ansimò, il corpo tremante. Lei rise, e ricominciò, strofinandosi piano, portandolo al confine—poi si fermava di nuovo. Era un edging spietato, e Luca era un relitto: muscoli tesi, respiro corto, completamente alla sua mercé. Sofia lo guardava, godendo del suo tormento, e lui non aveva mai desiderato nulla così tanto.



A un certo punto, Sofia sciolse il foulard dai polsi, lasciandolo però al collo. “Tocca a te soffrire,” disse, spingendogli la testa verso il basso. Luca non esitò: afferrò le sue cosce, tirandola vicino, e quando la prese in bocca, fu come cadere in un abisso. Il gusto di Sofia lo colpì—salato, caldo, muschiato, con una dolcezza che gli fece girare la testa. Era liscia, pulsante, e ogni leccata la faceva tremare. Ma Sofia tirava il foulard, rallentandolo ogni volta che lei era al confine. “Piano, o niente,” sussurrava, e Luca obbediva, portandola al limite senza spingerla oltre, i loro gemiti che si mescolavano in un duello di controllo e resa.



“Mi stai distruggendo…” ansimò Sofia, il viso arrossato, i capelli appiccicati alla fronte. Ma non lo lasciò andare. Gli strappò i jeans, e quando vide Luca—duro, esposto—sorrise. Lo prese in mano, le sue dita abili, accarezzandolo con una lentezza che lo faceva impazzire. Si fermava ogni volta che lui era vicino, un’unghia che sfiorava la punta, mandandolo in tilt. “Non finché non lo dico io,” disse, e Luca gemette, il corpo implorante, piacere e agonia intrecciati.



Sofia decise di alzare la posta. “Voglio spingerti oltre,” sussurrò, un lampo negli occhi. Le sue unghie—affilate, lucide—si fermarono sul suo cazzo, e Luca trattenne il respiro. “Fidati,” disse lei, e lui annuì, la safeword pronta ma inutilizzata, l’eccitazione che lo consumava. Con una lentezza crudele, Sofia fece scivolare la punta di un’unghia—pulita, precisa—verso l’uretra di Luca, solo un accenno, una pressione delicata ma bruciante. Luca gemette forte, un mix di shock e piacere, il dolore acuto che si intrecciava alla tensione dell’edging. “Cazzo… Sofia…” ansimò, il corpo che tremava, ma lei lo tenne fermo, il foulard stretto al collo, il respiro corto.



“Ti piace il fuoco, vero?” chiese Sofia, spingendo appena l’unghia—non dentro, solo contro—mentre lo accarezzava, portandolo al confine. Il bruciore era intenso, ogni tocco amplificato, e Luca era perso, il mondo ridotto a lei, al suo controllo, al gusto di Sofia che ancora gli lingered sulla lingua.



Erano al limite, e Sofia decise di concludere in un modo che li avrebbe segnati. “Voglio che ci veneriamo,” sussurrò, gli occhi fiammeggianti. Lo guidò in una danza caotica, i corpi allineati per celebrare il loro piacere. Sofia lo prese in mano, accarezzandolo lento, crudele, un’unghia che tornava a stuzzicare la sua uretra—solo pressione, un tormento che lo faceva urlare—mentre Luca tornava a lei, la lingua che adorava la sua lunghezza. Il gusto—salato, muschiato, dolce—lo consumava, ma ora c’era di più: Sofia tirò il foulard, stringendo forte, e il respiro di Luca si fermò, il mondo svanendo in lampi di piacere. “Voglio il tuo seme… per me,” ansimò Sofia.



Luca non resistette. Il piacere lo travolse, e quando venne, fu un’esplosione—calda, densa, schizzando su Sofia, colpendo la sua pelle, la sua erezione, lasciando tracce lucide. Lei rise, trionfante, e lo guidò subito dopo. “Pulisci,” ordinò, il foulard teso. Luca, ansimante, tornò a lei, la lingua che scivolava sulla sua lunghezza, bagnata del suo stesso seme. Il gusto era selvaggio—il suo sperma, caldo, salato, amaro, intrecciato con Sofia, muschiata, viva. Era crudo, proibito, e Luca si perse, leccando ogni goccia mentre lei tremava.



Poi Sofia si irrigidì, il respiro spezzato, e quando venne, fu un’eruzione—calda, abbondante, che riempì la bocca di Luca, colò sulle sue labbra. Il gusto era travolgente—salato, denso, dolce, muschiato—e lui lo assaporò, il loro piacere mescolato in un caos che li legava. Ma Sofia non si fermò. “Non hai finito,” sussurrò, la mano che afferrava il suo cazzo, ancora sensibile, crudo. Luca gemette, shock e dolore—una tortura post-orgasmo, spietata. Lei lo accarezzava, implacabile, un’unghia che tornava a sfiorare l’uretra—solo un tocco, bruciante—ignorando i suoi tremiti, il foulard che stringeva per tenerlo al confine.



“Cazzo, Sofia… non ce la faccio…” ansimò, il corpo contorto, ogni tocco un’agonia. Ma lei rideva, gli occhi accesi, e continuava, le dita che scivolavano, l’unghia che stuzzicava, il respiro corto che lo spingeva oltre. “Puoi, e lo farai,” disse, e Luca si arrese, dolore e piacere fusi. Il suo corpo cedette—un secondo orgasmo, crudo, lo squarciò, un fiotto sottile, amaro, che colò sulla mano di Sofia. Lei lo guardò, soddisfatta, leccando una goccia—salato, intenso—mentre allentava il foulard, lasciandolo respirare.



Crollarono sul letto, sudati, sfiniti, le lenzuola un disastro. Sofia si accoccolò contro di lui, ridendo piano, il viso rilassato per la prima volta. “Cazzo, Luca… hai dato tutto.” Lui, stordito, la guardò, un sorriso stanco sulle labbra. “Sofia, sei una fottuta apocalisse.” Non era solo un complimento: era il riconoscimento di quanto lei lo avesse scosso, portato oltre ogni limite che pensava di avere.



“E tu sei un uomo che voglio distruggere ancora,” rispose lei, baciandolo. Il sapore di loro—salato, vivo—era ancora lì, un promemoria di ciò che avevano condiviso. “Domani, stesso gioco?” chiese con un sopracciglio alzato.



Luca rise, il cuore ancora a mille. “Domani? Cazzo, dammi giusto un’ora.”
di
scritto il
2025-04-14
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