Pigmei – nuovamente schiava (parte 4)

di
genere
sadomaso

Mathias era seduto in poltrona nella sua cabina privata.
Aveva mangiato in abbondanza ed anche bevuto. Appena partito da un porto adorava abbondare con il cibo, visto che era ancora fresco.
Gli acquisti in Africa erano andati bene. Aveva trovato bei pezzi. In alcuni casi pagati sotto costo, altri il giusto e qualcuno forse troppo ma, nella media, era soddisfatto.
Arrivato a destinazione avrebbe piazzato bene tutta la merce con un buon guadagno.
Era stanco di quella vita e aveva voglia di fermarsi.
Magari si sarebbe dedicato alla vendita in Francia, piuttosto che al reperimento in giro per il mondo.
Ciò che lo frenava era il fatto che in Africa non c’erano problemi per i mercanti di schiavi. In Francia avrebbe dovuto operare sotto traccia ed il rischio era troppo alto.
I suoi stessi clienti, proprietari ed acquirenti di schiavi e schiave, non avrebbero potuto garantirgli protezione se fosse stato arrestato.
Nè lui avrebbe potuto fare i loro nomi per garantirsi l’immunità, in quanto erano troppo potenti per consentirgli di continuare a vivere con il rischio di infangare il loro nome.
In Francia ci voleva molto poco a finire in una prigione e a morire “per caso”, una volta in cella.
Interruppe i suoi pensieri per tornare al piacere del momento.
Nuda, inginocchiata tra le sue gambe, c’era Chanel, la schiava che secondo lui era nobile.
Ci sapeva fare con la bocca quella schiava. Se fosse stato confermato il suo titolo nobiliare, con l’abilità di bocca, naturale o acquisita nella schiavitù in Africa, avrebbe reso parecchio.
Intanto se la sarebbe goduta lui, per tutto il viaggio. Prima però l’avrebbe torturata per capire la sua origine.
Si abbandonò sullo schienale e si godette il lavoro di quella merce. Le aveva legato i polsi dietro la schiena e la catena che dalla parete andava al collare di ferro che le aveva lasciato addosso da quando l’aveva acquistata assieme all’intero lotto.
Gli piaceva farselo succhiare in sicurezza.
Il guinzaglio e i polsi legati, così come le caviglie legate pur se inginocchiata, gli consentiva di rilassarsi e abbandonarsi allo schienale anche chiudendo gli occhi, senza il rischio di inutili ribellioni che a lui sarebbero solo costate una fatica non gradita.
Gli piaceva stuzzicare il lavoro di bocca col frustino, ogni tanto.
A volte si divertiva a farlo scorrere sulla schiena della donna. Lo eccitava la tensione che avvertiva in lei e l’immediato incremento di uso della lingua con conseguente aumento del piacere.
Non disdegnava anche di colpire la schiava, ogni tanto. Questo lo eccitava e, inoltre, teneva sempre alta l’attenzione della ragazza.
Era proprio bella, fine, raffinata nei movimenti.
Probabilmente quei selvaggi non si erano nemmeno accorti di avere ai loro piedi un tesoretto.
Si era riproposto di non segnarla con ulteriori forti frustate. Solo qualche colpo col frustino che non rischiava di segnare la pelle.
Smise di guardarla e richiuse nuovamente gli occhi appoggiato allo schienale.
Il suo cazzo non era pulito e puzzava. Chanel però non poteva esimersi.
Erano più puliti i pigmei di quell’uomo schifoso.
Il capo villaggio, in ogni caso, si lavava parecchio e, immaginava, lo facevano anche gli altri abitanti in uno dei molti torrenti o laghetti che si trovavano in zona.
Anche il cibo era tutt’altra cosa.
I pigmei avevano comunque cura delle loro schiave. Questi uomini schifosi no.
Mathias per cena le aveva gettato a terra i suoi avanzi, nell’angolo della sua cabina dove era stata incatenata sul pavimento.
Mentre il suo nuovo Padrone era a cena coi suoi ufficiali, lei era riuscita ad appisolarsi, stremata dagli ultimi accadimenti.
Era ancora provata nel fisico per aver dovuto tirare il carro assieme alle altre schiave. Era pesante e Harry non era mai sceso e, soprattutto, non aveva mai smesso di frustarle per incitarle a non calare la velocità. Non sapeva quale distanza avessero percorso quali cavalle da tiro. Sapeva solo che quella funzione era loro toccata per due giorni e quando erano arrivate al porto, il suo corpo era allo stremo.
Mathias le faceva paura. Quel frustino continuava a scorrere sulla sua schiena e, ogni tanto, veniva usato per colpirla.
Non era forte il colpo che riceveva, ma la tensione che anticipava il colpo aveva l’effetto di amplificare il dolore.
Dovette riconoscere che con le schiave ci sapeva fare, le sapeva tenere attente e vigili e prendere il massimo che avrebbero potuto offrirle.
Finalmente godette.
Lo sperma le fu spruzzato in gola. Ormai aveva imparato a riconoscere il cazzo che sta per godere dai sussulti che, con l’esperienza, erano inconfondibili.
Ingoiò tutto, senza dar modo al Padrone di lamentarsi di essere stato sporcato.
Mathias, soddisfatto, la spinse via col piede, lasciandola legata al guinzaglio di catena infisso nel muro, senza scioglierle i polsi e le caviglie dalla corda.
Andò a buttarsi sul giaciglio dimenticandosi evidentemente della schiava nell’angolo.
Chanel riuscì comunque ad addormentarsi.
Aveva bevuto poco e non aveva bisogno di scaricarsi. Sperava che al mattino l’avrebbe portata fuori.
Nel corso del viaggio imparò a capire gli orari e, soprattutto, a bere poco, a trattenersi e ad attendere che il Padrone si ricordasse di portarla fuori, come un cane.
La faceva uscire tenendola al guinzaglio. Gli uomini non le prestavano attenzione. Erano abituati ad avere schiave sulla nave, usate per pulire il ponte, fare da mangiare, lavare ecc.
Gli uomini si potevano concentrare sulle manovre e sul controllo della nave oltre che sulle esercitazioni, come il comandante imponeva loro, volendo uomini sempre allenati e pronti alla battaglia se fosse stato necessario dover difendere il carico.
Spesse volte Mathias la faceva stendere sulla schiena e le camminava sopra dopo essersi tolto le scarpe.
Chanel capì che l’uomo faceva di tutto per farle male senza lasciare segni evidenti.
Spesse volte le tormentava i capezzoli, fortemente, fino a farla piangere dal dolore.
A volte, alla fine delle torture, la scopava, altre se ne usciva dimenticandola lì, a terra, incatenata. Al suo rientro le gettava a terra qualche boccone, non tanti da saziarla, ma abbastanza da non farla dimagrire troppo.
Le torture giornaliere l'avevano sfinita e sfibrata.
Chanel pensava che lo facesse per divertimento. In realtà poi scoprì che lo faceva per minare la sua resistenza psicologica.
Un giorno iniziò a interrogarla e, con lunghe ed estenuanti torture ai capezzoli, interminabili passeggiate sul suo corpo che, benchè forte e resistente, accusava il peso dell’uomo che sembrava non voler mai smettere di camminarle sopra.
Chanel cercò di resistere il più possibile, poi cedette e rivelò tutti i dati della sua famiglia.
Vide la soddisfazione nello sguardo del Padrone che, nei giorni successivi, la torturò ancora per portarla allo sfinimento e rifarle tutte le stesse domande per vedere se si fosse smentita o se, invece, ad ogni interrogatorio confermasse tutto esattamente.
Accertatosi della sincerità della schiava, attratto dal valore che poteva avere, smise di torturarla.
Iniziò a darle sempre più cibo per tenerla bene, senza lesinare, però, l’uso sessuale di quel tesoretto che si era ritrovato e che, pur considerando l’acquisto dell’intero lotto di schiave, aveva decisamente pagato sotto il suo valore.
D’altro canto, Harry era un coglione, grezzo e stupido. Lui vedeva solo tette, figa e soldi.
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scritto il
2024-03-27
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