Regalo di compleanno

di
genere
feticismo

Era un freddo pomeriggio di inverno. Come sempre la aspettavo, ma lei tardava ad arrivare.
Le lancette dell'orologio giravano. Giravano lentamente. Così lentamente. E lei non arrivava.
Continuavo ad aspettare. Teso. Senza fare nient'altro. Stavo alla finestra aspettando di vederla comparire. Un giro. Poi un altro. E un altro ancora. La lancetta corta stava ora ferma a darmi speranza, mentre la sorella più lunga sembrava prendersi gioco di me scandendo ogni secondo, e con ogni secondo aumentava il mio sconforto. Che avesse deciso di non presentarsi proprio oggi? Ma perché?
Forse era con qualcun altro. Forse si era addormentata guardando la TV. O forse era uno dei suoi scherzetti. No impossibile. Nelle ultime due settimane mi ero comportato benissimo, non aveva motivo di farmi un dispetto. Inoltre già domenica scorsa non si era presentata, lasciandomi solo, per andare al centro commerciale a fare spese. Non capivo proprio perché non arrivasse. Ero tentato di mandarle un messaggio. Volevo sapere. Mettermi l'anima in pace. Presi il cellulare dalla tasca. Stavo per scrivere il messaggio, quando improvvisamente sentii dei passi nel cortile, alzai lo sguardo e... la vidi!
Corsi subito ad aprire! Mi misi in ginocchio sulla porta aspettando che salisse le scale.
Finalmente fu davanti a me. Indossava le converse alte, allacciate strette fino in cima.
"Alzati"
Ubbidii e lei mi porse la mano. La baciai allora con un inchino. Lei con un dito mi sollevò il mento, portando il mio sguardo a perdersi nel suo. Aveva un'espressione dolcissima e con un sorriso fece black out nella mia testa. Ero in estasi. Tutta la tensione accumulata nell'attesa si scaricò e le endorfine mi davano già un forte senso di euforia. Che avesse fatto apposta a farsi attendere così tanto?
Mi prese la mano e mi trascinò subito in camera da letto.
Si era piastrata i capelli e indossava un maglioncino azzurro e una gonna a pieghe nera.
Al di sotto si intravedevano delle spesse calze di nylon coperte a loro volta da delle parigine bianche.
Appena entrati sollevò per un istante la gonna mentre ero ancora alle sue spalle, svelando il bordo di quelle che dunque erano delle autoreggenti, e una brasiliana nera, offrendomi l'incantevole vista delle sue natiche, tonde e sode come due metà di un pallone da calcio. Era così allegra e sbarazzina, continuava a sorridere e muoversi in modo leggiadro, e con una spintarella mi mise seduto sul letto. Con le mani dietro la schiena si chinò a novanta gradi, avvicinandosi, così che le potessi annusare il collo. Sentii che si era spruzzata la mia fragranza preferita.
"Tanti auguri piccolo mio" mi disse con voce tenera.
"Hai visto come mi sono fatta bella per il tuo giorno speciale?"
In effetti ero al settimo cielo. L'acconciatura, il trucco, il profumo, le calze, aveva unito tutto ciò che più mi faceva impazzire.
Poggiò poi un piede tra le mie cosce, e sotto la pressione della suola della sua scarpa, il mio uccello si fece duro come non mai, iniziando a pulsare.
Tirai allora il laccio della scarpa sciogliendone delicatamente il nodo. Allentai poi le stringhe allargando la scarpa mentre lei si lasciò andare ad un gemito di sollievo. Ripetei poi con l'altra scarpa. Lei si mise allora a cavalcioni sopra di me, e fissandomi negli occhi, sfilò le converse una alla volta facendomele annusare prima di gettarle a terra. L'odore caldo mi inebriava e rilassava, meglio di qualsiasi costosa fragranza in boccetta sul mercato. Mi disse che non vedeva l'ora di toglierle, che le indossava così strette dal mattino presto e che non ce la faceva più.
"L'ho fatto per te dolce amore mio." mi sussurrò teneramente all'orecchio, prima di abbracciarmi e sorprendermi con un tiepido e umido bacio appassionato.
Il tempo si fermò. Ogni pensiero era sparito. Restavano solo il sapore dei suoi baci e il tocco delle sue dita che mi accarezzavano la cute. Mentre cominciava a strusciarsi su di me sentivo la sua vulva gonfia sfregare sul mio pacco, il mio uccello durissimo, che da più di una settimana non riceveva attenzioni, lasciò colare abbondanti gocce di eccitazione bagnandomi i boxer.
Mi fece sdraiare, mi sfilò la maglia e comincio a scendere. Slacciò sensualmente la mia cintura e mi levò i pantaloni. Mentre mi carezzava la pancia ed il petto, strofinava il naso lungo il mio uccello turgido nelle mutande. Prese poi i miei testicoli tra le labbra e chiuse il morso stringendoli fino a farmi sussultare, per poi raddrizzarsi e lanciarmi un ghigno monello.
"Allora cazzetto mio sei pronto per il tuo regalo?"
Mi limitai ad annuire, ero così eccitato e conturbato che le parole non uscivano dalla mia bocca.
Mi fece mettere in ginocchio con le mani dietro la schiena, si sdraiò poi di fronte a me supina.
"Resta immobile"
Prima poggiò entrambi i piedi sul mio viso coprendomi tutta la faccia. Cominciò poi a strofinare le parigine sul mio volto facendomi impazzire. Iniziò a schiaffeggiarmi leggermente con i piedi mentre cercavo di restare fermo. Ne posò poi uno sul mio pacco e con l'altro mi carezzava orecchie, naso e bocca, passandomi l'alluce sulle labbra. Sentivo una voglia irrefrenabile di afferrarle la caviglia e cominciare a baciare le sue estremità odorose.
"Tiralo fuori" mi ordinò
Allora feci uscire il mio cazzo durissimo da quei boxer che si erano ormai fatti troppo stretti. Passò il dorso del piede sotto le mie palle, poi lungo l'asta del pene, e infine con le dita ne schiacciava la punta contro la mia pancia. Quando sollevò il piede rimase un filo di liquido denso fuoriuscito dal mio uccello, creando un luccicante ponticello trasparente tra la mia eccitazione e la candida parigina bianca. Mi infilò quindi le dita del piede in bocca e io le succhiai.
"Ho detto che puoi muoverti?"
Scossi il capo e lei mi colpì lievemente i testicoli con un leggero calcio. Ma non mi fece male.
Posò nuovamente i suoi piedi sul mio viso, trascinandoli poi sul petto, e sulla pancia, fino a stringere il mio membro tra di essi e cominciare a muoversi. Iniziò a farmi una sega con i piedi, cercavo di non muovere un muscolo mentre lei allargava le gambe, e mostrando una chiazza scura di voglia sulle brasiliane, posò la mano sulla sua micia bagnata cominciando a toccarsi da sopra gli slip.
Cominciammo a gemere insieme, sempre più eccitati, il mio pene era così sensibile e fui presto vicino a lasciarmi andare.
"Posso padroncina?" Chiesi dunque.
Ma lei si fermò. Tolse i piedi dal mio membro che restò dritto e pulsante. Li usò poi per afferarmi da dietro la nuca e tirarmi in mezzo alle sue cosce.
"Lecca"
Iniziai dunque, sempre con le mani dietro la schiena, a leccare gli slip già zuppi dei suoi umori. La leccavo, baciavo, succhiavo, e lei non smetteva di bagnarsi e contorcersi. Mi ci strofinai con tutta la faccia, cercavo di succhiare il suo clitoride mentre il sottile strato di tessuto ci separava. Lei afferrò dunque i miei capelli e cominciò a strusciarsi sulla mia bocca sempre più forte. La sentivo vicina all'orgasmo e la guardavo muoversi sfregando le calze sulla mia schiena mentre le leccavo le mutande.
"Fermo Fermo Fermo!"
Mi allontanò.
"Ahhhh ahhhhh" riprese poi fiato
"Uno a uno. Secondo round" mi sorrise col viso e il collo sudati.
"Toglimi le parigine, fai piano"
Mi apprestai dunque a sfilare lentamente le calze da sopra il ginocchio, scoprendo la sua sorpresa, sotto le parigine era nascosto un paio di gambaletti azzurri come il maglioncino. La cosa mi eccitò estremamente. Vedere il nuovo paio di calze colorate e sapere che i suoi piedi erano stati avvolti tutto il giorno in così tanti strati mi fece impazzire. Di nuovo tenni le mani dietro la schiena, mentre lei mi passava ancora le calde piante e le dita sul viso, per tornare ancora una volta a stringere il mio cazzo e segarmi una seconda volta mentre si toccava con due dita sopra gli slip gemendo ad occhi chiusi.
"Posso padroncina??"
Di nuovo si Fermò. Non ce la facevo più, sentivo le palle farmi malissimo e tutto il mio corpo sembrava concentrare l'attenzione nel mio sesso, mi sentivo stordito. Puntò i piedi sul mio petto, sollevò il bacino e sfilò la gonna. Mi trovai ancora tra le sue cosce bollenti a leccare le sue mutandine, che odoravano di lei e della sua eccitazione. Ma di nuovo quando fu sul punto di venire mi fermò. Sfilò il maglione madida di sudore, scoprendo così la sottile canottiera nera. Mi tirò a sé e ci baciammo, abbassò poi la mia testa sulla sua ascella, mentre col braccio sollevato si fece leccare, io impazzivo estasiato dal suo odore e dal suo sapore, mentre il mio cazzo non era mai stato tanto vicino alla sua micetta. Le leccai entrambe le ascelle mentre lei mi si avvinghiò eccitata e calda.
Rotolammo e lei si trovò quindi sopra di me.
"Terzo round amore"
Si sedette accanto a me e, tutta accaldata, fu lei stavolta a sfilarsi sgraziatamente i gambaletti, e scoprii così che sotto indossava anche un paio di calzini corti bianchi. Ora l'odore dei suoi piedi era molto più forte, e me li appoggiò sul petto, abbastanza vicini da poterne inalare l'aroma ma troppo lontani per poterli baciare come avrei voluto. Stanca arrotolò uno dei gambaletti lungo l'asta del mio pene, e cominciò a segarmi con vigore. Mi portò sull'orlo ansimando, e io con lei, poi una seconda volta, una terza, stavo per esplodere nel cotone azzurro. Si mise poi cavalcioni sulla mia bocca strusciandosi e godendo rivolta verso le mie gambe. Sfilò i calzini e ne infilò uno sul mio membro sostituendolo al gambaletto. Lo sentivo pulsare ormai sensibile al minimo tocco, mentre lei lo stringeva forte tra le mani, cavalcando il mio viso come una piccola cowgirl su un toro meccanico, mentre io succhiavo e baciavo la sua topa attraverso gli slip ormai completamente bagnati, senza riuscire a respirare, rapito dalla visione delle sue natiche sopra i miei occhi.
"Ooohhhhh caaazzooo" urlò sull'orlo dell'orgasmo, sollevandosi per poi lasciarsi cadere accanto a me continuando a muovere il bacino mentre vedevo i suoi glutei contrarsi.
"Scendi"
Mi misi dunque in ginocchio accanto al letto, lei si sollevò e si mise seduta sul bordo del materasso. Cominciò a carezzarmi con i piedi avvolti nel nylon delle autoreggenti, completamente zuppi di sudore. L'odore delle calze e dei suoi piedi, che da chissà quante ore erano stati sepolti sotto strati e strati di calze, mi pervadeva mandandomi in estasi, sentivo la mia faccia bagnarsi sotto il suo tocco e dentro di me imploravo perché anche il mio cazzo venisse toccato da quel calore umido. E subito accadde, lei mise un piede sotto l'asta del mio membro e l'altro sopra. Cominciai dunque a muovermi avanti e indietro tra le forme sinuose delle sue estremità. La sensazione del nylon scivoloso era incredibilmente piacevole.
"Posso padroncina? Ti prego"
"No, toglimi le calze..."
Presi allora il bordo delle autoreggenti e le sfilai lentamente, mentre lei si sgrillettava davanti a me. Finalmente avevo in mano i suoi piedini morbidi e sudati, così caldi e umidi.
"Vuoi leccarli?"
"Si mia padroncina"
"Allora vieni amore, vieni sui miei piedi"
Mentre lei si toccava tolsi dunque il calzino bianco che copriva il mio uccello e iniziai a toccarmi anche io. I suoi piedi rossi nella mia mano, lei con ciocche di capelli davanti al viso, le sue cosce spalancate e la mano che disegnava rapida cerchiolini sulle brasiliane nere, era tutto così arrapante. Sentii dunque il mio orgasmo arrivare impetuoso, lo percepii da dentro farsi strada fino alla punta del mio cazzo pulsante, e finalmente, il mio seme cominciò a spruzzare copioso sui suoi piedini.
"Continua amore, continua, ancora."
Continuai a masturbarmi venendo così tanto intensamente che mi fece male, ma l'orgasmo non terminava, continuavo ad irrorarla a fiumi, sentii un testicolo risalire e spruzzai tra le sue dita le ultime gocce.
"Leccami ora"
Immediatamente mi misi in bocca i suoi piedi quasi piangendo di gioia. Li leccai e pulii tutti ingoiando il mio seme, mentre lei continuava a masturbarsi. Prese poi una delle calze di nylon e l'avvolse intorno al mio viso coprendomi gli occhi e il naso, per poi spingermi la testa in mezzo alle sue gambe, dove finalmente mi tuffai nella sua figa bagnata e caldissima. Aveva spostato gli slip per farsi leccare e potevo ora assaporare la sua topa deliziosa. Bastarono pochi colpi di lingua e anche lei ebbe un orgasmo molto intenso, cominciò a gridare di piacere mentre si strusciava sulla mia bocca cospargendomi dei suoi umori.
Mi fece segno di tornare accanto a lei sul letto. Nessuno dei due era in grado di dire una parola, e quasi immediatamente ci addormentammo abbracciati. Sudati e sfiniti.
Quando mi svegliai l'ora di cena era passata da un pezzo, e lei era ancora lì, tra le mie braccia. Temevo fosse stato tutto un sogno. E invece avevo ricevuto il regalo di compleanno più bello di sempre.



di
scritto il
2023-04-23
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