Cristine (1 parte)

di
genere
dominazione

Cristine era una bella donna, corporatura minuta, seno non molto grande ma ben fatto, lunghi capelli neri, uno splendido sorriso, insomma una che faceva girare la testa a chi la incrociava per strada. Era un periodo strano per lei, il lavoro andava bene, le cose a casa anche, tutto sommato non avrebbe potuto lamentarsi ma lei si sentiva inquieta. Era da un po' di tempo che non avvertiva più quella sensazione di incompletezza, non era la prima volta che le capitava di sentirsi così, sperava però che fosse una cosa del suo passato, che fosse un'esigenza ormai superata e invece no, riecco il tarlo che tornava.
Cristine era ben consapevole di avere un'indole che la portava ad aver bisogno di sentirsi sottomessa al proprio uomo e lui per carattere non era davvero un dominante, anzi la trattava come una regina. La maggior parte delle donne avrebbe fatto carte false per un uomo così ma lei non era come tutte le altre, lei era una sottomessa vera e la sua era una necessità. Una necessità che poteva provare a nascondere dentro di se, sperare che rimanesse sepolta il più possibile, mandarla in una sorta di letargo ma prima o dopo la sua natura avrebbe ripreso il sopravvento e questo momento era giunto.
Cristine aveva iniziato a notare che anche al lavoro guardando i colleghi talvolta si scopriva a pensare se uno di loro fosse stato colui che avrebbe potuto aiutarla ma soffocava il pensiero, non era davvero il caso di crearsi tali problematiche sul posto di lavoro e quindi il disagio continuava.
Anche dopo sposata aveva avuto esperienze al di fuori della sua relazione, aveva trovato chi le dava sollievo ma non era finita bene, evidentemente non era stata fortunata, chi aveva incontrato l'aveva illusa, delusa, ferita.
Quel lunedì al contrario di come faceva di solito, anziché passare la pausa pranzo in ufficio con un panino andò al bar per un pasto più decente. La giornata era fresca ma il tempo era bello e lei si sedette nel dehors, ordinò un'insalata e una bistecca e poi si rilassò nell'attesa godendosi il tepore del sole sul viso.
La sensazione di sentirsi osservata fu come una sorta di prurito alla nuca, Cristine si guardò intorno distrattamente finchè non incontrò gli occhi di lui. L'uomo che la fissava era seduto a due tavoli da lei, apparentemente avrà avuto una cinquantina d'anni, vestito informalmente, capelli corti e barba incolta. In fondo era uno come tanti, ne bello ne brutto ma il suo sguardo aveva qualcosa che le fece venire i brividi. Lui non era di quelli che ti fissano come per volerci provare a tutti i costi e che avrebbero preso un due di picche, nemmeno lei avrebbe saputo dire la ragione ma lui denotava una sorta di carisma che la inquietava.
Lei abbassò lo sguardo sentendosi come in difetto ma mentre iniziava a mangiare qualche occhiata la diede incontrando sempre gli occhi di lui, la sensazione di agitazione continuava. Finito il pranzo lei si alzò per tornare al lavoro, ancora una volta i loro sguardi si incrociarono, lui rimase serio e lei fece un sorriso tirato come di circostanza. Per tutto il giorno Cristine continuò a ripensare a quell'uomo che l'aveva così colpita senza spiegarsene la ragione.
Il giorno successivo volle tornare al bar e poco dopo essersi accomodata al tavolo lui arrivò, erano entrambi seduti nella posizione del giorno prima e di nuovo quella sensazione di apprensione la scosse, era come se lui la stesse scrutando dentro, come se stesse leggendo la sua mente, -fatti furba Cristine che cavolo ti prende. Mangia e smettila- si ritrovò a pensare.
Anche quel giorno mentre mangiava lei sentiva che lui emanava un'aura che non sapeva spiegarsi ma che l'attirava come una falena verso la luce. Terminato il pasto lei si alzò e vide che lui batteva l'indice sul tavolo, osservando meglio notò che sotto il dito c'era un tovagliolo di carta sul quale pareva ci fosse scritto qualcosa, la donna rimase come bloccata ma lui ripeté il gesto col dito e lei si sentì come obbligata ad avvicinarsi e prendere il tovagliolo. Nel momento stesso in cui lo fece si sentì come se avesse fatto un passo verso un abisso e stesse cadendo, posò il tovagliolo nella borsa e tornò in ufficio quasi correndo.
Tornata alla scrivania ci mise un po' a decidersi ad aprire la borsetta, era come se sentisse dentro di se che quel semplice gesto l'avrebbe imbrigliata inesorabilmente ma infine si decise, prese il tovagliolo e con le mani tremanti lesse cosa c'era scritto: un numero di telefono e una scritta che la lasciò interdetta -so che mi scriverai, ne hai bisogno-. Appallottolò il foglio e lo gettò nel cestino, come se fosse stato uno scorpione che poteva pungerla, una miriade di sensazioni la colpirono, non riusciva a ragionare lucidamente -che significa? Perché quella frase? Possibile che mi abbia letto dentro? Dopo due volte che mi vede? Possibile che abbia capito come sono?-
Per tutto il giorno cercò di concentrarsi sul lavoro e distrarsi per evitare di ripensare al biglietto ma effettivamente con poco successo, al termine dell'orario di lavoro la curiosità ebbe il sopravvento e riprese il tovagliolo dal cestino e lo rimise in borsetta prima di uscire. Appena scesa in strada si decise, prese il telefono e composto il numero digitò -perché mi ha scritto quella cosa?-
Cristine attese immaginandosi di ricevere subito una risposta ma nulla, aspettò per diversi minuti ma non vedendo arrivare nessun messaggio si incamminò tornando a casa. Una volta arrivata nel proprio alloggio si tolse gli abiti e si fece una doccia, non sapeva dire se era più delusa o sollevata, mentre si avvolgeva nell'asciugamano tornò a guardare il cellulare e vide che lampeggiava, si sentì avvampare mentre leggeva -ti ho scritto quella frase perché ti ho capita, credevi che un occhio attento e allenato non capisse che cosa sei?-.
Il telefono quasi le cadde di mano, ci mise un po' a calmarsi e poi rispose
-che cosa sono? Non capisco, mi scusi, forse ha capito male-
-ho capito benissimo, vuoi forse negare di essere ciò che sei?-
Le cose che lui scriveva erano criptiche, generiche, potevano essere interpretate in cento modi diversi ma lei sentiva che l'unica risposta corretta era quella che lei temeva, lui aveva davvero capito. Scrisse di nuovo
-io non capisco, mi perdoni, mi spieghi che cosa intende-
-piccola, tu hai capito perfettamente tanto è vero che continui a scrivermi-
Quel “piccola” la convinse di aver ragione, lui sapeva. Posò il telefono ed andò a sedersi sul letto, mille pensieri le vorticavano nella testa.
Si vestì e cercando di non rimuginare troppo preparò la cena ma lo sguardo continuava a cadere sul telefono e più volte lo prese per controllare se lui avesse scritto ancora.
Quella sera fece l'amore come quasi tutte le sere e come quasi sempre le accadeva non ebbe soddisfazione nel farlo, le pareva di fare un esercizio di ginnastica. La notte passò lentamente perché il sonno non giungeva, troppi pensieri la distraevano, infine si decise e si alzò per andare a scrivere -perchè mi fa questo? Io sono sposata. Ancora non comprendo cosa vuole da me.- nessuna risposta arrivò e lei tornò a letto.
La mattina controllò il cellulare, niente, una doccia veloce e si preparò, uscì e andò in ufficio.
Il lavoro la prese impegnandole la testa, il telefono era appoggiato vicino alla tastiera per non perdere un eventuale messaggio e finalmente verso le 10 una vibrazione giunse ormai inaspettata.
-Che tu sia sposata non è un problema per me. Cosa voglio da te? Darti quello che cerchi piccola. Lo so io e lo sai tu. So di non sbagliare ma se hai paura di ciò che sei … problema tuo, continua così ma … ma se verrai oggi al bar io avrò la conferma che vuoi provare.-
Cristine si guardò intorno più volte era certissima di essere paonazza in volto dopo aver letto, così come era certa, erroneamente, che tutti se ne fossero accorti, ci mise un po' a riprendere il controllo e scrisse:
-cosa intende per provare? Lei non si spiega nei suoi messaggi. Mi faccia capire la prego-
attese invano, non le giunse risposta.
Le ore seguenti passarono lente mentre lei pensava se recarsi al bar o meno, di certo la curiosità di capire era tanta e tanto era il timore che lui avesse capito ciò che a lei necessitava.
Finalmente la pausa pranzo, lei scese e si recò al bar, si sedette e attese di vederlo arrivare e sedersi al suo solito posto ma oggi pareva fosse in ritardo cosa che la innervosì ancora di più. Ebbe appena il tempo di terminare l'insalata quando sentì vibrare il cellulare, lo prese trovando un messaggio di lui -vieni nella via accanto al bar, dopo tre negozi ne troverai uno con le vetrine coperte di giornali, bussa e avrai le risposte che cerchi.- non era proprio ciò che lei si aspettava, l'indecisione tornò a stringerle il petto ma si fece forza, la curiosità era troppa. Pagò e prese la via indicata vedendo il negozio descritto, bussò al vetro.
La porta si aprì e se lo trovò di fronte, la fece entrare e richiuse a chiave la porta alla sue spalle. Il locale non era molto grande, praticamente vuoto se non per una poltrona e un tavolino, si vedeva un piccolo antibagno, probabilmente un bagnetto e null'altro. Anche questa volta l'uomo era vestito in modo semplice, notò la barba corta e curata e ora avrebbe sentito la sua voce.
“Non ho mai dubitato che tu venissi” le disse, questa sua convinzione da una parte la indispettiva e dall'altra le faceva comprendere che l'uomo che si trovava di fronte aveva una certa esperienza oltre che un buon occhio a valutare le persone, “io sono venuta per capire, noi non ci conosciamo e forse lei si è fatto un'idea sbagliata di me”.
Sulle prime lui non reagì, si era piazzato di fronte a lei a braccia conserte e il suo sguardo serio la stava decisamente intimidendo, Cristine abbassò gli occhi finchè lui non le pose l'indice sotto il mento per sollevarle il capo “guardami e dimmi che dentro di te tu non ti senti una sottomessa. Vediamo quanto sei sincera” lei avvampò e fece fatica a sostenere il suo sguardo -cazzo ma come ha fatto?- pensò e poi “io … io sono sposata e lei come può dirmi queste cose? Non mi conosce”.
Sul viso dell'uomo si aprì un leggero sorriso, era palese che l'avesse compresa perfettamente.
“Ti ho già detto che non mi importa che tu sia sposata, non ho intenzione di interferire col tuo matrimonio, poi dici che non ti conosco, in parte è vero ma ho capito cosa sei. Detto questo … ok come credi, hai la possibilità di provare le cose di cui hai bisogno ma se non hai il fegato di farlo o di ammetterlo a te stessa … lì c'è la porta, vai”.
Cristine rimase bloccata per diversi secondi poi si voltò dandogli le spalle e fece un passo ma non ebbe la forza di aprire la porta e uscire, lui aveva ragione, lei era ciò che lui diceva e percepiva che quell'uomo sconosciuto poteva essere la persona giusta, senza voltarsi chiese “che cosa dovrei fare?”.
Non ricevendo risposta si girò per guardarlo, lui non si era mosso, sicuro di se “tu farai tutto quello che io ti ordinerò, sarai la mia schiava. Dimmi che hai capito e rispondi come devi” alla donna si era azzerata la salivazione, da troppo tempo non sentiva quelle parole e quanto le erano mancate, provò a deglutire e chinò il capo fissando i piedi dell'uomo, sapeva come rispondere non era certo una novizia, si decise e le parole le uscirono quasi automaticamente “si Padrone, ho capito”.
“Come ti chiami?” le chiese “mi chiamo Cristine, Padrone” “molto bene da ora per me tu sarai CAGNA, ora mettiti in ginocchio”, la donna posò la borsetta e si chinò mettendosi come lui le aveva comandato, già solo sentire quelle parole le fecero inumidire le mutandine.
“Riceverai i miei ordini con i messaggi e tu farai esattamente tutto quello che ti dirò di fare, non devo dirti che se non farai ciò che devi sarai punita. Il sabato lavori cagna?” “ho capito Padrone e no, al sabato non lavoro”. Lui rimase ancora fermo per un po' poi le si avvicinò e le accarezzò i lunghi capelli neri porgendole infine il dorso della mano davanti al viso, Cristine mosse la testa in avanti andando a baciare la mano del suo nuovo Padrone. Non poteva negarlo, era emozionata e ciò che provava era esattamente ciò che le mancava da tanto, tanto è vero che ora le mutandine era quasi bagnate.
“Ora vai cagna, è tardi, avrai mie notizie” le disse infine “si Padrone, grazie Padrone” rispose lei alzandosi e riprendendo la borsetta, lui le aprì la porta e la donna uscì e si incamminò per rientrare in ufficio.
Appena tornata Cristine andò nel bagno e si chiuse dentro, si appoggiò alla porta, mise una mano sul petto sentendo il cuore galoppare come un matto, cercò di comprendere appieno ciò che era successo -sei pazza, manco sai chi cazzo è questo. Ma come ti viene in mente? Ora gli scrivi e gli dici che è stato un errore- sì era certamente la cosa più sensata da fare, ma che cosa le era passato per la testa? -è vero è una follia ma … ma cavolo che sensazioni ho avuto, da quanto tempo non le provavo più?- come per avere conferma si toccò le mutandine ed erano effettivamente ancora umide per l'eccitazione. Non sapeva se ascoltare il cuore o la mente che le gridavano consigli diametralmente opposti.
Una volta seduta alla scrivania cercò di non pensare concentrandosi sul lavoro ma non era certamente semplice, prese in mano il cellulare diverse volte per poi posarlo sempre senza scrivere mai nulla -è una pazzia, riprenditi scema- continuava a sentire nella sua testa ma …
La decisione che prese era un compromesso -provo e vediamo come va, se le cose prendono una piega che non va bene lascio perdere tutto- sì, era la cosa migliore da fare, in fondo non voleva rinunciare a sentirsi schiava, le mancava troppo, ne aveva bisogno.
Mentre tornava a casa non vide nemmeno la strada era troppa l'emozione e nel contempo la preoccupazione, temeva di fare una “emerita cazzata” ma ormai era deciso, ci voleva provare.
Passò un'altra lunga serata nell'attesa di riceve un messaggio ma rimase delusa, guardò la tv, provò a leggere un libro ma non riusciva a concentrarsi. Anche il giorno successivo non ricevette nessun messaggio così come non lo vide al bar, cominciò a pensare che forse aveva fatto un errore, forse lui non era la persona che sperava, l'ennesimo Padrone sbagliato.
Quel pomeriggio uscendo dalla doccia vide lampeggiare il telefono, si affrettò a prenderlo e lesse:
-ciao cagna, spero tu abbia avuto una buona giornata al lavoro. Stasera tu dovrai fare una cosa ma lo saprai a tempo debito-
-buongiorno Padrone, sono contenta di sentirla, farò ciò che mi ordina Padrone-
Cristine preparò la cena, fece qualche faccenda, al ritorno del marito cenarono, dopo lavò i piatti e sistemò, mentre erano sul divano lei sentì vibrare il telefono, facendo finta di nulla andò in bagno e lesse il messaggio
-ciao cagna, stasera scoperai con lui e tu FINGERAI di godere molto presto, questo per fermarlo e farlo venire mentre lo spompini, tu non hai il permesso di godere. Tutto chiaro?-
-si Padrone ho capito, farò come mi ha ordinato-
-bene cagna, vedremo. Quando avrai finito andrai in bagno e ti toccherai fino ad arrivare al limite, aspetterai qualche minuto e poi ti toccherai ancora e ti fermerai senza godere. Avrai il telefono con te perchè mi farai una foto mentre lecchi le dita bagnate di umori. Buona serata cagna, a domani-
-buonanotte Padrone, grazie-
Il suo primo compito, era agitata ed eccitata, tornò sul divano sorridendo al marito, più tardi fecero l'amore e Cristine fece come le era stato ordinato. Dopo si recò in bagno e si massaggiò il clito, si penetrò ma dovette fermarsi molto presto poiché l'eccitazione era molta, dopo un po' riprese a toccarsi ed infine fece la foto che inviò al Padrone.
Il venerdì solitamente era una giornata impegnativa in ufficio e quel giorno non fu diverso, era cosi presa dal lavoro da non aver notato il lampeggiare del telefono, quando giunse la pausa Cristine si accasciò sulla poltrona e mise la mano nella borsetta prendendo il cellulare e accorgendosene. Lesse il messaggio del Padrone arrivato ormai oltre un'ora prima
-ciao cagna, trova qualcosa per legarti i capelli, oggi ti voglio con la coda-
-buongiorno Padrone, mi perdoni per il ritardo ma il lavoro mi ha distratta purtroppo- digitò subito in risposta dandosi della sciocca per non essere stata attenta. Appena qualche minuto dopo mentre lei stava sistemandosi i capelli vibrò il telefono
-male, molto male cagna, odio aspettare. Vieni direttamente al negozio, muoviti-
-si Padrone, arrivo immediatamente-.
Salutò i colleghi e si affrettò, mentre scendeva le scale si maledisse per aver messo i tacchi, immaginava … sperava si fossero visti e si era vestita carina, décolleté, calze velate, gonna nera corta, camicetta bianca e un golfino sempre nero. Arrivata davanti alla vetrina bussò e attese, l'uomo le aprì facendola entrare e poi richiuse a chiave. “Buongiorno Padrone, perdonami” disse subito, lui non rispose ma dall'occhiata che le diede lei capì che non era propriamente felice, le indicò il pavimento davanti ai piedi, Cristine si mise immediatamente in ginocchio e baciò la mano del Padrone.
“Cagna ... questo inizio non va bene. Quando ti scrivo, quando ti do un ordine o altro mi aspetto che tu esegua senza farmi aspettare, è chiaro?” le disse con tono decisamente duro “le chiedo scusa Padrone, non succederà più” rispose lei sinceramente dispiaciuta. L'uomo andò a sedersi e le fece cenno di avvicinarsi, Cristine sapeva di dover gattonare fino ai suoi piedi e così fece.
“Non ho ancora deciso se meriti di avere il mio collare, considerati in prova, hai capito cagna?”
“si Padrone ho capito, davvero perdonami, sono solo una stupida schiava”
“devi ancora mangiare immagino” le chiese “Si Padrone ma non importa, posso digiunare” disse lei immaginando che questa risposta fosse una sorta di castigo auto-imposto per placarlo
“no, devi mangiare, non va bene saltare i pasti” replicò lui alzandosi e andando nell'antibagno.
Lo sentì armeggiare e quando tornò lei sgranò gli occhi perchè non si aspettava di vederlo arrivare con una ciotola in mano, l'uomo si risedette dopo aver appoggiato la ciotola a terra davanti a lei, vide che conteneva quelli che parevano essere crostini di pane, tipo quelli da mettere nelle minestre.
Cristine rimase ferma e deglutì in attesa dell'ordine che sapeva ora sarebbe arrivato ma lui non disse nulla, si versò in un bicchiere dell'acqua e bevve fissandola, quando posò il bicchiere notò che sul tavolo c'era una candela rossa.
Dopo un tempo che le parve interminabile le disse “alzati cagna e voltati” lei si tirò su e si girò, sentì lo sguardo del Padrone su di se e questo le piacque davvero tanto, si era vestita cosi per piacergli e dimostrargli quanto era bellina la sua schiava. “Mi piaci con la coda, ti sta molto bene, ora solleva la gonna e piegati un po' avanti” le ordinò “grazie Padrone” disse lei gettandosi la gonna sulla schiena e mostrando i collant che non nascondevano il perizoma di pizzo nero che aveva indossato. “Ok, giù cagna”, lei si rimise in ginocchio.
L'uomo si alzò e si mise dietro di lei, si chinò e le ordinò di mettersi carponi, una volta che lei si fu messa a quattro zampe le buttò la gonna sulla schiena e le abbassò i collant fino a metà coscia, a lei venne per un istante la voglia di scodinzolare ma si trattenne rimanendo ferma, lui si rialzò e prese la candela dal tavolo.
“Ricordati cagna, SE avrai il mio collare dovrai meritartelo ogni giorno, non accetto che tu mi faccia attendere, chiaro?”
“certo Padrone, lo capisco, le chiedo umilmente scusa. Perdoni questa inutile schiava”.
L'uomo le scostò di lato il perizoma, le sputò più volte sul buco e lo umettò col dito penetrandola con l'indice, sputò ancora e infine le inserì la candela nel retto, lei gemette ma rimase immobile, lui preso l'accendino accese la candela e tornò alla poltrona. Cristine si sentiva un soprammobile messa in quella posizione a sorreggere la candela.
“Adesso puoi mangiare cagna” le comandò, lei si fece avanti e chinò le spalle e il capo sulla ciotola cominciando a mangiare i crostini con non poca fatica, li prendeva tra le labbra e sgranocchiava per poi rimettere la bocca nella ciotola e continuare così sino a raccogliere con la lingua gli ultimi pezzetti. Mentre eseguiva l'ordine sentiva che si stava inumidendo il perizoma, erano queste le sensazioni che le mancavano così tanto e che voleva provare, sentirsi usata e umiliata la eccitava tanto, era questa la sua natura e finalmente le stava rivivendo.
Quando ebbe finito lui prese la bottiglia e versò un po' d'acqua nella ciotola “bevi”. Non era certo facile lappare l'acqua in quel modo ma lei si sforzò per quel poco che le riuscì poi sollevò le spalle e fissandolo lo ringraziò con un sorriso, lui si limitò a guardare l'orologio. La lasciò in quella posizione con la candela a consumarsi per oltre di 20 minuti, passato quel tempo l'uomo si rialzò e spenta la candela la sfilò dal culo della donna, le passò le dita tra le gambe al di sopra del perizoma “e brava la mia cagna, sei eccitata” “si Padrone, la tua cagna si è bagnata”.
Lui le mise la candela davanti alla bocca “prendila e portala di là, mettila per terra poi torna a prendere la ciotola, veloce” le disse, lei strinse la candela di traverso tra i denti come se fosse un osso e la andò a posare nell'antibagno poi fece lo stesso con la ciotola infine tornò e si rimise in ginocchio, lui le porse la mano e lei ne leccò il palmo, azzardando poi a poggiare la sua mano sulla propria guancia e sorridendogli “grazie Padrone”, lui la lasciò fare.
“Alzati e rimettiti a posto, ora puoi andare” le disse, lei si rimise in piedi, si tirò su i collant e si stirò la gonna con le mani sempre sorridendogli “vado Padrone, grazie” “ciao cagna”.
La seconda parte della giornata passò senza altre sorprese e anche la serata filava via tranquilla sul divano. Poco prima di andare a letto il telefono vibrò, lei come sempre andò in bagno per leggere
-ciao cagna, ti rammento che non hai il permesso di godere, devi però toccarti come sai. Domattina alle 11 al negozio, non tardare-
-va bene Padrone, farò come ordina. A domani Padrone, buonanotte-.
Il sabato mattina Cristine si alzò presto, salutò il marito che andava al lavoro, fece qualche faccenda in casa e verso le 10 si fiondò in doccia, controllò la depilazione, si pettinò a lungo e fece la coda poi andò a scegliere come vestirsi. Optò per un intimo rosso, reggiseno e brasiliane, collant velati e un abitino in maglia nero, stivaletti con tacco. Si guardò molte volte allo specchio sistemando ogni volta qualcosa che le pareva fuori posto, l'agitazione cresceva e lei voleva essere perfetta.
Mentre camminava verso la via dell'appuntamento si rese conto che il cuore le batteva fortissimo, era una sensazione piacevole e si sentiva emozionata come una scolaretta.
Bussò alla vetrina guardandosi intorno, per fortuna la via non era molto trafficata, la porta si aprì e lei entrò, la porta si richiuse dietro di lei.
“Buongiorno Padrone” “ciao cagna”, lei gli sorrise e stavolta senza attendere ordini si lasciò scivolare in ginocchio. L'uomo rimase a squadrarla per un po' “brava cagna, mi piaci” “grazie Padrone”, lui andò a sedersi e le fece cenno di avvicinarsi, lei gattonò sino alla poltrona notando che c'era un tappeto che mancava i giorni precedenti.
“In piedi e levati l'abito” lei si rialzò e si fece scivolare il vestito sopra la testa restando in intimo e collant, per un attimo il riflesso condizionato la spinse a coprire il seno con le mani ma si trattenne e restò ferma mentre il Padrone l'ammirava. “Leva tutto” le ordinò, lei tolse gli stivali, si sfilò i collant, sganciò il reggiseno e fece scendere le mutandine rimanendo nuda, tutto quello aveva tolto finì sul tappeto. L'uomo pareva impassibile ma non smetteva di passare lo sguardo dalla testa ai piedi, lei cominciò a sentirsi eccitata.
“Sei bella cagna ma tu già lo sai” “grazie Padrone, lei è molto gentile” gli rispose arrossendo felice
“vai di là e prendi quello che c'è per terra” le disse, lei si rimise carponi e gattonò nell'altra stanzetta, quello che trovò a terra le fece illuminare gli occhi, chinò il busto e prese tra i denti il collare riportandolo al Padrone.
Era un collare semplice, di cuoio nero con un singolo anellino, sicuramente comperato in un negozio di animali ma era il gesto che la mandò in estasi, si rimise in ginocchio accanto a lui restando in attesa, lui glielo mise al collo, lo allacciò e lo fece girare mettendo la fibbia dietro sotto i capelli. “Che cosa sei?” le chiese “sono la sua cagna Padrone, la sua umile schiava” rispose con gioia e rendendosi conto di essere sempre più bagnata.
Lui allungò la mano e le fece una carezza sul viso, lei approfittò per baciargli il palmo, la mano poi scese sul seno, passò il dorso delle dita sul capezzolo, lo strofinò sentendolo crescere sotto le dita, a lei sfuggì un gemito di piacere “toccati” ordinò, la donna arrossì ben sapendo l'effetto che avrebbe fatto su di lei.
I polpastrelli sfiorarono le labbra gonfie e bagnate di umori e massaggiarono lentamente il clito, si morse il labbro inferiore cominciando a provare un grande calore e un intenso piacere, la cosa proseguì per un poco poi si fermò di colpo “Padrone … scusami … se continuo … godo” gli disse ansimando, lui annuì “levami la scarpa”. Cristine gli sfilò il mocassino e dopo uno sguardo eloquente tolse anche la calza, l'uomo usò il piede nudo per aprirle le gambe al massimo “voglio vederti bene cagna. Dimmi vorresti godere?” “io … io Padrone vorrei che lei fosse contento della sua schiava”, l'uomo portò di nuovo la mano sul capezzolo e dopo averlo strofinato lo pinzò forte tra indice e pollice causando altri gemiti.
“Riprendi a toccarti” comandò lui, la mano di lei scivolò nuovamente tra le gambe, cercava di sfiorarsi appena perchè era davvero molto eccitata e temeva di non riuscire a fermarsi, chiuse gli occhi riprendendo a gemere e in quel momento si sentì toccare tra le labbra, spalancò gli occhi e vide il piede del padrone che si strofinava e la stuzzicava “non chiudere gli occhi cagna, guarda e guardami” “si … Padrone … mi scusi” balbettò la donna ormai nuovamente vicina al limite. Lui evidentemente comprese perchè la fece fermare ma non fermò il massaggio che stava facendole con l'alluce “mi piace che ti bagni molto cagna”, effettivamente stava colando anche sulle cosce, lei abbassò il capo ma si ricordò l'ordine e fissò il Padrone negli occhi, si morse ancora il labbro.
Lui si fermò e spostò la gamba, posò il piede sulla coscia di Cristine, lei guardò il piede e guardò il volto del padrone “leccalo” si sentì ordinare, prese la caviglia con le sue mani piccole e sollevò la gamba arrivando col piede davanti al viso, cominciò a leccare l'alluce intriso di umori, faticava a mantenere lo sguardo sul padrone, continuò a leccare le dita finchè lui non la fermò.
Intanto si erano fatte le 12.30 …

CONTINUA
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2023-02-15
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