Baci e bacetti

di
genere
etero

Colpevolmente, non ho mai riflettuto abbastanza sui baci pieni d'amore. Eppure è un'esperienza che praticamente tutti gli esseri umani fanno. L'altro giorno, per dire, mentre ero in pausa ho visto sotto un porticato una donna con delle buste della spesa completamente piegata in avanti e il braccio di un bambino che le teneva ferma la testa. Saranno stati così, non esagero, una trentina di secondi e alla fine il bambino si è rivelato essere una bambina, ma finché non si sono staccate non la potevo vedere, tanto erano compenetrate. Era piccola, avrà avuto tre anni, massimo quattro. Beh, ditemi voi se quello non era un bacio pieno d'amore. Un amore a prova di bomba.

È chiaro che qui non sto parlando di questo tipo di bacio, eppure un denominatore comune c'è. L'amore, appunto.

Come a tutte e a tutti, credo, anche a me piace baciare o essere baciata. Mi piace anche ricordarli, i baci. Ma mi sono sempre soffermata su quelli passionali, che preludono al sesso o perlomeno esprimono voglia-di. Sarà perché baci amorosi, in cui persino le vostre tonsille dicono "ti amo" alle sue, non ne ho poi dati a tanta gente. Ho più che altro praticato il bacio famelico, anche se pure in quest'ultimo, lo riconosco, qualche traccia di affetto sia pure momentaneo si può ritrovare.

Ma il bacio pieno d'amore è diverso, a dire il vero parecchio diverso, anche quando precede il bacio passionale. Anzi, nonostante possa tranquillamente essere uno stand alone, è facile che si riveli un formidabile apripista al bacio passionale. E quando ciò avviene scatta la scintilla, il momento magico.

Vi faccio un esempio: siete a letto con il vostro lui (o la vostra lei o chiunque vogliate, il partner è vostro), con una mano dietro la nuca vi tiene la testa incollata alla sua, la mano dietro la schiena serra il vostro corpo al suo. Vi state baciando. Ovviamente con quel bacio lui vi sta dicendo "adesso ti scopo" e, se le cose tra voi vanno bene, voi gli state tacitamente rispondendo "guarda, non vedo l'ora". Magari vi state già inzuppando, magari già pensate cose tipo "mi piacerebbe stare sopra" oppure "come vorrei che mi bombasse senza nemmeno togliermi la camicia da notte". Bene, questo è ciò che intendevo prima per bacio passionale. Ma se lui è la persona giusta e se il momento è quello giusto, è probabile o almeno possibile che quel bacio passionale sia stato preceduto da un bacio pieno d'amore. Forse le vostre labbra non si sono staccate nemmeno per un attimo, ma in realtà siete passati da un tipo di bacio a un altro. È difficile spiegare come sia avvenuto questo switch, se ci riflettete un secondo però mi darete ragione, è capitato anche a voi.

A cose fatte è anche possibile che il bacio d'amore si ripeta, ma per quanto mi riguarda non lo prenderei molto in considerazione, lo trovo un po' inquinato. Non metto in dubbio che l'amore che vi scambiate con quel bacio sia assolutamente sincero, ma c'è sempre, come dire, un pochino di gratitudine tipo "oddio come mi hai chiavata bene", non so se mi spiego. Forse questo i maschietti non lo possono capire ma le femminucce mi daranno un'altra volta ragione, ne sono certa.

Ok, ora torniamo indietro di qualche giorno. Cammino con Luca in una notte umida e anche un po' fredda di questa finta primavera (almeno fino a qualche giorno fa, adesso è estate). Siamo reduci da una cena con degli amici in cui ci siamo sentiti in sintonia tra noi, con gli altri, con quello che mangiavamo, con i camerieri, con il mondo. Siamo leggeri, chiacchieriamo leggeri e leggero è persino il suo braccio che mi stringe a sé. Beh, dai sì, a sto punto bacio: quando i volti si incontrano, le nostre labbra sono ancora aperte in un sorriso. Eccolo, lo riconosco: il suo bacio dice "ti amo", il mio risponde "ti amo anch'io". In modo tanto profondo quanto può diventare profondo il bacio. Dopo un po' avverto il cambiamento della natura di quel bacio. Sarà che la stretta che mi incolla a lui si è fatta più forte, sarà che ha voglia e proprio quella stretta me lo comunica, sarà che anche se abbiamo addosso i giacconi è una di quelle volte in cui gli passo le mani addosso e penso "ehi, che ragazzo che sei, ti adoro dentro il mio cuore ma ti adoro anche dentro di me". A un certo punto quel bacio-pieno-d'amore si è trasformato in un bacio-di-passione. Una passione da non consumare certo lì per strada ma tipo "voglio essere trafitta sulla porta di casa appena richiusa" oppure "no no, sono io che ti quattrozampizzo sul letto e ti sbatto finché non chiedi pietà".

Poiché a casa ci dovete ancora fare ritorno, sarebbe bello prolungare quel bacio oltre ogni reale necessità, dargli modo di illanguidirsi, diluirsi, prima di volare via il più in fretta possibile. Un po' per sigillare la promessa ma anche per sbollire i calori l'una nella bocca dell'altro. Se non succede è perché rompiamo il cazzo alla gente, il marciapiede è stretto per un bacio amoroso figuriamoci per un bacio passionale con tanto di dissolvenza. Tuttavia adesso entrambi sappiamo cosa faremo una volta a casa prima di lavarci i denti e con i vestiti ancora addosso, sarà un miracolo se riusciremo a toglierci i giacconi.

Nessuno dei due ha però fatto i conti con una cosa che chi vive in questa città conosce bene, ovvero i parcheggi creativi. Sono al tempo stesso un esercizio di fantasia, una necessità, una piratata. Tipo quelli in fondo a un vicolo cieco che, se poco poco qualcuno lascia la macchina messa male, voi ve ne tornate a casa in taxi e la trovate il giorno dopo con la multa sul parabrezza. Sono quei parcheggi che dicono urbi et orbi "non c'era un altro posto manco a pagarlo, il garage a ore era pieno e non sapevo dove cazzo lasciarla". E chiaramente, l'avete lasciata abbastanza lontano.

Magari si è rotto il lampione, anche se non mi pare che ce ne siano, magari per questa trentina di metri di sampietrini hanno risparmiato sull'illuminazione pubblica. Nel vicolo non si vede quasi nulla. Mi volto verso Luca e credo che sia il mio cervello a ricostruire i suoi lineamenti in quella oscurità. Sì, è vero, siamo un po' sbolliti e ci teniamo per mano come non abbiamo mai smesso di fare da quando ci siamo incamminati. Ogni tanto me la stringeva un po' più forte e dentro quella stretta leggevo il suo desiderio non del tutto spento, ogni tanto la mia mente volava nell'immediato futuro: cazzo, sì, voglio essere stretta così fino a domattina, ti voglio conficcato in me e che mi stritoli, voglio spaccarti le orecchie con quel poco fiato che mi lascerai nei polmoni.

La lunga passeggiata ha però prodotto, se non altro, l'effetto di placarmi, di farmi impacchettare tutto e di metterlo da parte per dopo. Glielo consegnerò quel pacchetto, oh certo che glielo consegnerò. Sopra ci sarà scritto "lo sai, vero, che mi devi massacrare?". Ma tutto questo dopo, a casa, dopo...

Più che passionale, sono tornata a sentirmi leggera, e felice. Ho il desiderio che le sue labbra sulle mie mi aiutino a ricordare la sensazione di quel bacio-pieno-di-amore di poco fa. So che non sarà lo stesso ma mi basta poco, un richiamino. Per questo inclino un po' la testa cercando di vedere i suoi occhi, socchiudo le labbra: contatto. Dura un nulla, ma è esattamente quello che cercavo, mi abbandono con la testa sul bavero del suo Stone Island e mi godo l'abbraccio, la sua stretta.

Do it again, e stavolta è lui che mi cerca. È un'altra cosa difficile da spiegare, ma secondo me anche questa è capitata un po' a tutti. Avete presente quei baci che dicono "ok, andiamo, che ci stiamo a fare qui?". Lui appoggia morbidamente le labbra sulle tue, ci passa rapidamente la lingua, te le risucchia e si stacca. È un po' come se dicesse "restiamo un attimo sospesi, il prossimo bacio ci trasformerà in animali". All'ultimo bacio segue l'ultimo, breve, abbraccio. L'ultima, breve, stretta. Cazzo, no, la stretta no. Cioè, lo so benissimo che non era sua intenzione, che non poteva sapere, ma la sua stretta è stata la mia fantasia sessuale degli ultimi dieci minuti, e anche se mi sono calmata adesso rispunta fuori. Crampetto, intensità medio-forte, wow. A pensarci bene, uno degli indizi che sei una troia a marchio CE non è il non saper resistere, ma è una cosa che nasce già prima, con quel crampetto cui ormai sai perfettamente cosa seguirà: la schiusa, il primo umido.

Poiché non è scemo, secondo me è qui che inizia a sospettare qualcosa. Quando gli prendo la faccia tra le mani e gli infilo furiosamente la lingua in bocca, quando lo prendo per mano e lo trascino via verso l'angolo in fondo dove abbiamo lasciato l'auto, proprio accanto al cancello di un teatro che non ho mai visto aperto. Lì è addirittura più buio di tutto il buio che abbiamo intorno. Nessuno avrebbe da ridire su due ragazzi che si scambiano un lungo bacio in un vicoletto buio. Nascondersi, invece... beh, chi si nasconde è sospetto, no? Certo che è sospetto, e infatti lo porto proprio nel punto più nascosto possibile, tra l'angolo del vicoletto, una pianta che non vedo bene se sia un cespuglio o un albero in miniatura e la parte posteriore della carrozzeria dove lui si appoggia. È tutto freddo, bagnato, sporco e non me ne frega un cazzo. Mi inginocchio sul selciato, elastan e pelle sopra una grattugia. I danni collaterali saranno calze strappate e un segno sul ginocchio il giorno dopo, abbastanza un classico. Ma sticazzi-bis. Non so se per lui sia una new entry, per quanto mi riguarda è una vita che non faccio una pazzia del genere. E l'ingrediente "pazzia", bisogna ammetterlo, è presente in dosi massicce. Un esempio? Beh, non dico pazientare fino a casa perché ormai m'è presa così, ma potevo almeno aspettare di entrare in macchina, no? Giusto, chi avrebbe potuto vederci? Peccato, o per fortuna, che queste cose le pensi sempre dopo, non prima. E comunque è troppo tardi, ormai, non sono più un treno che parte da Termini, sono un Frecciarossa lanciato in piena corsa all'altezza di Orte. Quasi non faccio caso al suo "ma che fai?", lo bypasso, lo so che è solo una manifestazione di sorpresa, non è nemmeno una domanda. Perché se fosse una domanda la risposta dovrebbe essere un piccato "mi sembra chiaro che sto per farti un bocchino". Bottone, zip, boxer: l'ho fatto così tante volte che la caccia al tesoro non ha più segreti. Lo bacio, me lo struscio sul viso, mi inebrio. A questo punto pensate pure "ok, e pompino sia". Ecco, non è così semplice.

Perché lui è teso, perché in ogni caso a poche decine di metri da noi, in pieno centro, sfila il corteo dei romani e dei turisti in visita alla capitale. Perché anche se è buio pesto le sagome si vedono o si intuiscono e sì, qualcuno potrebbe pensare "guarda quello che sta pisciando", ma poiché lui è il primo a sapere che non sta pisciando un po' di apprensione ci sta. Pensandoci bene, adesso sono abbastanza sicura che per lui sia una novità assoluta. Cazzo Luca, che cucciolone, ma davvero non te l'hanno mai succhiato per strada dentro le Mura Aureliane?

Conseguenze: la sua ben nota capacità di entrare velocissimamente in modalità-spranga-di-ferro stasera ha poca voglia di manifestarsi; nonostante la mia alacrità abbia trasformato un pompino in uno dei quickie più frenetici della mia onorata carriera, i risultati tardano ad arrivare; lui sbuffa, si ritrae e cerca di dissuadermi (invano); alla fine si lascia andare in un modo che, lo sa, non mi è tanto gradito: "Tu sei matta", sussurra un po' concitato.

Ne abbiamo già parlato, io e lui. Per la verità gliene ho parlato io una volta, forse anche due. Una, sicuramente, interrompendo una performance che meritava ben altro epilogo: "Amore, non dirmi che sono matta, non mi piace, dimmi che sono una lurida zoccola, quello sì, ma non dirmi che sono matta". Ed è vero, non mi piace. Non c'entra nulla il fatto che nella mia capoccetta qualche problemino ce l'abbia davvero, so benissimo che il suo è solo un modo di dire, persino di vezzeggiare. Però, beh, esistono le idiosincrasie, no? Mi sono sentita dare della "matta", e mica solo da lui, e mi irrita, e pure parecchio. Lo fulmino con lo sguardo, ma capisco che i suoi occhi sono troppo distanti dai mei per intercettarlo con quel buio.

- Commento sbagliato... - gli faccio mettendo il pompino in stand by.
- Allora lo cambio - risponde.
- Sentiamo.
- Sei la mia zoccola bocchinara.
- Davvero?
- Sì.
- Yeeeee!

Vi chiederei davvero un attimo per spiegare il senso di questo "yeeeee!". Sostanzialmente riproduce quello che feci quando mio padre un giorno mi disse "oggi andiamo a vedere Polar express". È vero, lo sto guardando dal basso in alto e glielo sto impugnando, ma in questo momento c'è una componente “gioia infantile” e "gioco da impunita" che è almeno pari se non superiore alla componente "fame di cazzo". Giuro.

Chiusa parentesi, bye bye allo stand by e ripartiamo, anche se alla fine il punto di arrivo non sarà esattamente come avevo programmato, perché per non mandarla alle calende greche lui deve segarsi per un po' prima di appoggiare la punta alla lingua che gli offro. Visione magnifica, intendiamoci, vederlo che si mena il bastone mi manda ai matti. Io però pensavo più a un trasferimento diretto di seme dall'uretra al mio esofago, tipo quelle volte che quasi non ne senti il sapore ma la sete ti si placa lo stesso. E invece, mentre gli schizzi raggiungono (quasi) tutti il palato, da una parte godo e dall'altra penso "cazzo, a saperlo gli dicevo di spruzzarmi sul viso". Soluzione cui in genere non sono contraria, anzi. E poi non è che devo andare in giro tutta imbrattata, c'è solo da risalire in macchina. Però va così e non c'è molto da recriminare.

Comunque, a parte questo piccolo contrattempo, missione compiuta direi. La prova che alla fine gli sia piaciuto c'è, è tangibile e devo ancora finire di deglutirla. Quanto a me, beh, dire che sono elettrizzata è poco, sono orgogliosa, penso già a chi raccontarlo. E cazzo cazzo cazzo quanto sono brava. Adesso sì che possiamo ritornare a casa. Al volo, please.

Oddio, al volo, è una parola. Prima c'è da disincastrare la macchina dal parcheggio "creativo". Per un po' le nostre comunicazioni - scandite dagli isterici beep beep beep dei sensori dell'auto - si limitano a "attento", "così lo prendi" (il motorino), "occhio che c'è il muro", "vuoi che scendo?", "no, voglio che non mi rompi il cazzo". Poi silenzio finché non ci siamo instradati bene e fino al primo semaforo, finché quella "che gli rompe il cazzo" non si volta a guardarlo. Finalmente per bene, ormai. Ormai c'è luce.

- Lo sai perché non te l'ho ripulito?
- No...
- Perché a casa la prima cosa che voglio sentire è il sapore della tua sborra...
- Ne hai un po' sotto il naso.
- Lo so, è per il viaggio.

Mi fissa, riconosco lo sguardo, mi ha capita, mi ha sgamata, ha scoperto che sto cazzeggiando. Sto recitando la parte della porca ninfomane ma è un gioco e lui se ne è accorto. Sono eccitata, è vero, ma ho soprattutto voglia di fare la scema. Mi guarda, lo guardo. Scoppiamo a ridere come due deficienti. Per le mie parole sopra le righe, per la situazione che si è creata e per quello che abbiamo appena fatto, per la felicità, per il pompino in sé e, direi, anche per il sollievo di essere riusciti a fare manovra senza rigare la carrozzeria.

- Comunque è vero, sei matta.
- Lo sai che sono matta.
- Non dicevo in quel senso.
- Non credere di cavartela così, quello era solo un bacetto.
- Un bacetto, eh?
- Uh uh…
- A casa te lo do io, il bacetto...
- Ahahahah uaoooo! Ma dammi tutto quello che vuoi!

E niente, che vi devo dire? Siamo filati a casa. Yeeeee!

di
scritto il
2023-05-30
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