Ellen - 05 - Il Club di Riga

di
genere
sadomaso

Kaspar raccoglie e ritira le carte in un cassetto. Quando rialza gli occhi Ellen non esiste più per lui.
“Bene, Alina, domani sera passa Léon, gli spiacerebbe perdersi un'occasione simile. È giovane e figa, è il suo tipo.”
“Non so, devo pensarci.”
“Okay, decidi tu, ma sai che non possiamo scontentarlo.”
Se ne va. Per un attimo rivede Ellen. “È stato un piacere, Ellen, benvenuta.”

Alina è incazzata. Fanculo, urla e si rialza, ma appena guarda Ellen s'illumina come una mamma. “Vieni passerotto mio, ti faccio veder la villa.”
Le annoda prima un piccolo pareo in vita a mo' di minigonna che le lascia nudo il fianco. Parla in continuazione, sempre eccitata, le mostra il piano con le camere, una decina, adesso sono tutti al mare e molti dormono nei loro yacht, e attraversano la sala da pranzo al piano terra, ha rubato il cuoco ad un ristorante di Milano. “Qui ci sono tre salette private.”
Ne apre una, nella penombra c'è un twink con un cappuccio in testa legato nudo su un lettino. La spinge verso lui. “Non sente, vieni, il suo padrone ogni tanto lo lascia qui a disposizione di tutti.”
Alina gli prende il cazzo semiaddormentato e comincia a tirarglielo. Il ragazzo ansima. Un cenno con gli occhi ed Ellen si china e glielo succhia mentre Alina lo massaggia sul ventre che si incava eccitato. Ellen succhia da aspiragli i coglioni gli sfiora l'interno coscia, s'accorge che ha un plug nel retto. È eccitata, ama Alina.
Le scosta indietro la testa. “Lo vuoi? Puoi chiedermelo come favore, ma poi ne devi tu uno a me... Qui funziona così per tutti, ogni favore è un debito. Ci stai?”
“Sì, lo voglio.”
“Okay, ma domani pomeriggio.”
Se ne vanno.
Il twink mugola disperato spingendo e sollevando il bacino.

“Questa invece è la sala per gli spettacoli.”
Sono in un salone circolare con una ventina di tavolini attorno ad un palco centrale. Sul palco nero ci sono una panca, una gogna e una croce di santandrea.
“Kaspar è un idiota, ti ha parlato di Léon, volevo farti una sorpresa!... Léon è un nostro socio storico, forse il più importante di tutti, pretende come suo diritto ogni novizia... e tu ora mi devi un favore!”
“Ellen si blocca.
“Oh, cucciolina mia, non spaventarti! Nulla di troppo strano!... un finto stupro alla gogna... non troppo finto però, ahah!... solo qualche cinghiata... ce l'ha piccolo, si fa aiutare dai ragazzi... in questa sala, violentata davanti ad un pubblico.” Ad ogni informazione le dà un bacio in bocca. L'allontana tenendola per le spalle, per la lunghezza del braccio. “Non ti eccita?”
Ellen non sa cosa sta provando, le sembra d'affogare in un sogno. In un incubo sconcertante.
“Non pensarci adesso, passerotto, è per domani... Seguimi, devi vedere la palestra!”
Ma la spinge contro la parete. “Stammi vicina, qui farai perdere la testa a tutti. È pieno di sadici, ma ci sono io a proteggerti, nessuno potrà sfiorarti senza il mio permesso. Ti amo, bimba mia.”
Ellen, che s'aspetta un bacio, grida spaventata per un terribile morso alla figa.
Alina, col gomito, le blocca il collo contro il muro e con l'altra mano le mostra una scatoletta di metallo, simile ad un accendino, che sprigiona un malefico arco azzurro. “No, non è un giocattolo del tuo amico Hiroshi... tra poco però assaggerai una sua invenzione molto raffinata.” La bacia in bocca. “Sei bellissima, uno schianto per il mio cuore... Fa male, vero?, questo benedetto aggeggio morde come un cane. Una scosssa brevissima che non fa danni.”
Fa scattare il teaser una decina di volte davanti al suo viso e osserva le scintille iridi azzurre della sua schiava. “Io so cosa stai pensando. Sai che è giusto, che dovevo farlo... e so cosa stai per chiedermi.”
Ellen è sudata fredda, sta in piedi solo perché è appoggiata alla parete, le gambe formicolavano, il dolore intenso però si sta addormentando. Sussurra: “Fallo, devi farlo ancora... ti prego.”
“No. Tu non poi dirmi cosa devo fare.”
Le mette la macchinetta in mano. “Tienila tu, ora ti faccio vedere la nostra palestra.”

Attraversano un vialetto. In fondo al parco c'è un giardiniere che scava un canaletto. È un cinquantenne alto e magro, dalle ossa spigolose, indossa una tuta blu chiazzata di sudore, anche il volto con una barba di tre giorni è sudato. Saluta alzando uno straccio che usa subito per asciugarsi il collo. “Lui è Pedro, tutto quello che vedi qui è merito suo. Salutiamolo.” Mentre s'avvicinano per salutarlo dice a bassa voce. “Ha allenato due bei cagnoni... non è una cosa che mi fa impazzire ma molti soci ce li richiedono.”
Ellen cammina scalza sprofondando nella terra smossa. È terribilmente a disagio e non solleva gli occhi. Alina è orgogliosa della sua nuova schiavetta, è perfetta in tutto!
Come al solito stordisce tutti con i suoi discorsi, sta lamentandosi del temporale che ha rovinato i vialetti, Ellen non ascolta, immersa nel suo sogno, e il giardiniere annuisce con la testa, sorride con la bocca tirata. Sta fissando Ellen.
“No, non puoi sbattertela, è appena arrivata, devo ancora farle vedere tutto.”
Se la tira vicina e le mette un braccio in spalla. “Imparerai, devi essere generosa col nostro staff... Ma io prima t'ho interrotta! Mi spiace, amore mio, hai bisogno di rilassarti.” La spinge avanti.
Ellen slaccia la cerniera della tuta. Fino in fondo. Non ha mutande, è sudato tra i peli neri. Glielo tira fuori, è duro e umido, s'inginocchia sulla terra smossa. Lo spompina e sa che non può sperare d'essere interrotta un'altra volta. Non ci pensa e succhia, lo sega per far presto, trattiene i conati anche quando glielo spinge in gola e scopa serrandole la testa. Un cazzo dritto, lungo e sottile. Il naso sbatte contro il pube, poi non respira, la testa schiacciata. Le viene in gola.
Quasi vomita quando si sfila con mezzo metro di bave. S'aggrappa alla tuta, l'allarga e tira fuori i coglioni. Glieli lecca.
“Ti amo, bimba mia. Ma ora lavati.” Le immerge la testa in un secchio lì vicino. Ellen tiene gli occhi aperti, si sente come in piscina, quando si sfianca di vasche.


In palestra c'è odore di gomma e di disinfettante.
Ma non è una palestra.
Alina è sovreccitata: “Vieni, ti devi preparare...” Prende un barattolo di crema da mezzo chilo. “È una creazione del maestro Hiroshi. Tu non puoi conoscerla, la produce solo per noi ed i soci del club. Gliene compriamo tonnellate!... è innocua, ma non chiedermi cosa c'è dentro: zenzero, caffeina, canfora, capsaicina, boh?, ma ha un odore sopportabile ed è freschissima. Senti.” Le spalma le labbra.
Ellen sente immediatamente le labbra formicolare, come se si tendessero o gonfiassero. Alina attende tre secondi, le sorride divertita e procede a spalmarle tutto il corpo d'uno spesso strato trasparente, svuotando quasi il barattolo. Ellen non capisce se ha freddo o caldo, piacere o fastidio, ma quando la unge tra le gambe è un piacere stranissimo.
“Godi, vero piccola mia?, non sai che voglia ho della tua fica! Te la succhierei per giorni... e cosa non ci farei al tuo culetto da ragazzina!” Spinse due dite unte nel retto. “Sei la mia rottinculo preferita! Lo senti? È pazzesca, vero?, e l'effetto dura ore.”
Ellen si guarda sospettosa nella parete a specchio. Si vede bella, con le gambe ancora più slanciata e le giuste curve esaltate dalla pelle lucida di olio. Si piace ed avverte il desiderio di Alina per lei, ma teme di deluderla, lei non sa fingere, in realtà l'effetto della crema miracolosa è durato solo i primi secondi e s'è ormai spento del tutto, anche nel culo.
“Ma tu non mi credi, piccola mia!! Ti assicuro che... Ah!, ecco la mia squadra!”

In quel momento entrano quattro uomini in pantaloni della mimetica ed anfibi. Sono a torso nudo e passamontagna nero; si dispongono silenziosi in fila di fronte a loro, gambe larghe e braccia conserte sui pettorali scolpiti. Ellen avvampa e non per la crema, non ci crede, li fissa inebetita come se si fosse materializzato il suo sogno erotico di sempre.
”Ellen, ti presento Bruce e la sua squadra.“
Alina corre verso di loro e si volta abbracciata a quello di destra. “Sono bellissimi, vero? Sono i miei fidanzati.” Bacia sul collo il primo e passa da uno all'altro, carezzando addominali e pacchi, e si ferma addosso al più grosso e temibile. Gli altri tre a suo confronto sono solo dei tori da monta, bei maschi fieri dei propri muscoli, già col cinturone e i primi bottoni slacciati.
Ellen invidia Alina che c'infila la mano, ma i tre marines in posa con gli addominali tesi ed il cazzo a riposo sotto i pantaloni attillati l'eccitano soltanto. Bruce fa paura.
“Sono inquietanti col cappuccio, non trovi? Li ha scelti Bruce, ma ho deciso io se erano okay, ahahah!” Stringe il cazzo più vicino, un ragazzo di colore. “Non so come faremmo senza Bruce, nessuno ha la sua professionalità: è stato quindici anni nelle forze speciali ed ora è il nostro inquisitore... Ma Ellen?, tu hai un regalo per lui.”
Ellen si sorprende d'avere ancora in mano il teaser. Fa tre passi ed allunga il braccio verso Bruce.
“Ahah!, hai paura d'avvicinarti... fai bene.”

Alina se la trascina verso il centro della palestra. Due soldati le fissano a polsi e caviglie delle cinghie morbide chiuse da velcri. “Ho fretta, scusa, ma devo assolutamente fare qualcosa per questi capelli da schifo, domani sera abbiamo una cena. Verrai anche tu, c'è Léon, quello che ti dicevo, ma tu bambina mia non hai bisogno d'estetista e parrucchiera!, sei già bellissima così. Non sai quanto t'invidio.”
Ellen si ritrova legata appesa per le mani e con le gambe ben larghe fissate a terra. Respira pesantemente e, cercando d'estraniarsi, fissa oggetti ed attrezzi attorno a lei. Nota con curiosità i tombini aperti sul pavimento di gomma.
Alina le titilla la figa per richiamare l'attenzione: “Ma io dovevo dirti qualcos'altro! Cazzo stavo dicendo? Boh, prima o poi mi verrà in mente.” S'avvicina di più sfiorandole i capezzoli coi suoi seni e sussurra piano all'orecchio: “Per la tua prima lezione ho pensato di rimanere sul classico, che poi è quello che preferisco. Tu non provare a deludermi!” Volta indietro la testa e dice forte: “Bruce! Un trattamento completo per cagna. Puoi usare questi.“ S'allontana a passi decisi ed apre la porta scorrevole d'un armadio a parete ch'è un intero negozio d'articoli sadomaso. Ellen stringe le mani sulle corde a cui era appesa e distoglie lo sguardo.
“Oh nno!!!, la mia piccola vuole fare ancora la verginella! Non temere bambina mia, è solo attrezzatura standard... anche se Bruce sa come usarla. T'attendono tre ore piuttosto impegnative, ahahah!” Alina apre una cartina sotto il naso di Ellen e le infila una cannuccia nella narice. Sì, le ci vuole. “Per loro c'è il viagra, ma solo se non me li arrapi abbastanza, eheh... Ricorda: Bruce conosce i tempi, ma se proprio non ce la fai più puoi interrompere per dieci minuti dicendo 'pausa'... Per fermare tutto basta puoi dire 'fine', ma questo noi non lo vogliamo di certo, né io né tu, vero?... Poi avrai tutto il tempo per rilassarti in piscina e con la nostra massaggiatrice. Ti farò anche trovare qualcosa da mangiare. Ti aspetto alle ventuno... Qualcosa da chiedere?”
“Perché non rimani?”
Alina le artigliò i capelli dietro la nuca e le alita sul viso: “Non l'hai ancora capito? Perché non riuscirei a controllarmi con te! M'hai devastata, bambina mia! Qui ho solo patetici masochisti di quaranta-cinquant'anni o le troiette ventenni che mi portano i loro ricchi padroni... Tu invece... No!, meglio di no, oggi non riuscirei a trattenermi... e tu potresti spaventarti.”
Ellen, ad occhi chiusi, spinge in avanti il viso ed Alina le serra il capo e la sbrana in bocca succhiandole la lingua in un bacio che le sconvolge.
Ellen scopre d'amare Alina, darebbe l'anima per la sua padrona. Sente le labbra gonfiarsi e bruciare, l'intenso il dolore è una fitta d'amore.
Alina si scolla tenendola per le guance. Si fa fa passare un panno per ripulirsi la bocca, le sorride luminosa: “Cazzo, Ellen, m'hai fatto dimenticare della crema!!! Hai sentito?, è fantastica, reagisce se la bagni. Il maestro Hiroshi è un genio! Qui se la metteranno tutti per farsi spompinare da te, ma serve per ben altro... Bruce, falle sentire!”
L'inquisitore fa tutto con una lentezza scioccante: prende una canna dell'acqua, regola l'ugello fino ad ottenere un getto nebulizzato ed irrora Ellen con metodo, come se la stesse pitturando.
Ellen non fa caso all'effetto stranissimo dell'acqua gelida che scorre e sgocciola lungo le sue membra come un solletico elettrico, è troppo preoccupata per il giovane vichingo ch'è andato alle sue spalle con in mano un gatto a nove code. La prima frustata è alla natica destra, feroce come niente aveva provato prima. La seconda se l'aspetta, arriva sull'altra natica, ma la terza le esplode fra le scapole mandandole in tilt il cervello. Il bastardo incappucciato le gira attorno due volte, sotto la nuvola ghiacciata, dosando e mirando le sventagliate con la precisione d'un cecchino. La devasta di sberle che s'incendiano e l'ultima è a pieno culo, quando Ellen ha la gola ed ogni suo centimetro di pelle in fiamme.

Si ferma il mondo. L'acqua finisce di defluire lungo il suo corpo, raccogliendosi sotto l'inguine in uno sfrigolio doloroso e gocciolando poi a terra. Ellen, ancora stordita dall'eco delle frustate, si risveglia spaventata: è scossa dall'inequivocabile vibrazione che le preannunciava l'orgasmo. Non è possibile, non è normale! È un sollievo per Ellen quando la sente regredire spegnendosi poco a poco.
Alina le solleva il capo e le strofina sulla guancia il gatto a nove code. “Senti com'è morbido! È di microfibra, cosa credevi? E guardati, nemmeno un segno!, solo un po' di rossore... Visto?, puoi essere frustata a sangue senza che ti rimanga un solo segno! Anzi, ne vieni fuori con la pelle più liscia di prima, ahahah!.” Le carezza i seni.. “Dimmi se non è un genio il nostro maestro Hiroshi!... Amore, guardati nello specchio, è uno schianto la piccola mia! Esiste qualcun'altra più desiderabile di te? Tu devi farlo per me, devi pensare solo a me... Promettimi di regalarmi tutti i tuoi orgasmi. Lo farai?, ci conto..." Chiude la mano a coppa sulla vulva e gliela friziona!: "Ti giuro, godrai da cagna!... e devi sapere un'altra cosetta, anche se temo che te ne accorgerai da sola, ahah.” Le preme il polpastrello contro l'ano. “Lo senti com'è diventato, com'è teso?, questa crema è miracolosa, ahaha! Sembri una sedicenne col culetto da rompere! Devi ringraziarmi, cagnetta mia, sarà come il tuo primo cazzo in culo!”
Chiama con un cenno il marine nero e gli tira fuori dalla mimetica una bestia di cinque chili, un cazzo impressionante che punta a terra pesante. “... e con questo ti sentiranno dalla spiaggia.” La ribacia con rabbia: “Ma io vado, è meglio... Lo faccio per te, pensami.”

Ellen si sente persa nella palestra deserta.
Le pare di non esistere più.
Delle mollette le mordono i capezzoli e una nuvola d'acqua ghiacciata la immerge nel suo sogno.
Non sente i colpi del gatto a nove code, le fanno male e basta, fissa il nero che si tira il cazzo per caricarlo. La inculerà con quella mazza.
Perché Alina non è rimasta?
S'immagina d'essere in quella stanza buia. Vuole ciucciare il cazzo a quel twink.
scritto il
2024-08-22
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