Ellen - 01 - Il Dizzy Rodeo
di
XXX - Comics
genere
dominazione
Ellen s'accorge troppo tardi d'essere in trappola.
Fissa Roy e Brandon venire verso loro e pensa disperatamente a come salvarsi. Il cuore le batte forte, le manca la saliva, il cervello gira impazzito ma si ferma sempre su Roy. Vorrebbe alzarsi e scappare, Cindy l'ha fregata.
“Toh, guarda chi c'è!” Le dice sorridendo da troia.
Maledetta!
Ellen c'è cascata come una cretina! Le era parso strano incontrarla in piscina, Cindy odia nuotare, e s'era pure insospettita quando se l'è ritrovata fuori dagli spogliatoi, “Ci mangiamo una bistecca?”, ma non ci aveva dato troppo peso, la sua vicina di camera al campus s'era messa in testa d'essere sua amica e tentava sempre di coinvolgerla nelle sue cazzate: feste, party ed aperitivi.
“Possiamo unirci a voi?”
Ellen non può più scappare, fissa la bistecca.
Roy e Brandon si siedono.
Odia i colori americani di quella steakhouse, troppo violenti, mentre lei vorrebbe sfumare via.
Roy la saluta timidamente sedendosi accanto, mentre Brandon scivola sulla panca di fronte e prende in braccio Cindy palpandosela tutta.
“Quante vasche hai fatto, cucciolina mia?”
“Un sacco!! Da morire, non ce la facevo più... Ahio, tieni giù 'ste manacce!”
“Tu che nuoti? Non ci credo.” Brandon le ruba una patatina dal piatto. “... Buona. Quasi quasi ordino una bistecca anch'io.”
“Prendi la mia, non ho fame.”
“Strano, dopo la piscina viene fame, si vede che non hai nuotato.”
“Stronzo, ho nuotato davvero!... però non come Ellen che è peggio d'un pesce...”
Lo spettacolino è castrante. Cindy miagola e fa le fusa. Fingono una folle passione sbaciucchiandosi, succhiandosi labbra e lingue e scambiandosi micettina e porco ad ogni sospiro. Ellen vorrebbe urlare. Roy non sa dove guardare, non ha nemmeno un piatto davanti.
“Dai, Brandon, non fare il porco davanti a tutti!” Lo sgrida Cindy e cerca di alzarsi, ma Brandon la trattiene abbracciata in una morsa, la mano che preme sul pube.
Cindy inclina indietro la testa e gli sussurra qualcosa all'orecchio. Brandon le risponde senza farsi sentire. Cindy ride, Brandon ora la stringe ai seni mentre le soffia oscenità all'orecchio. La cretinetta mugola eccitata, gli morde il labbro, “Sei un porco.” e si scolla da lui.
Si rialza in piedi, al lato del tavolino, e si risistema la maglietta nei pants, ben attenta che le valorizzi le tette rifatte. “Noi andiamo. Se vuoi prendila tu, Roy, io non l'ho nemmeno toccata.” Indica la bistecca.
Allontanandosi, qualora qualcuno non avesse ben capito che stanno andando a scopare, Cindy cammina incollata a Brandon con una mano sotto il culo.
Ellen non li saluta.
Roy si sposta lentamente sulla panca di fronte.
“Perdonami, Ellen... ma era l'unico modo per rivederti, è un mese che mi eviti. Però se non mi vuoi me ne vado subito!”
“No, resta... Sono nervosa per Cindy, è una cretina.”
“Come stai? Tutto bene?”
“Mangia che si fredda.” Ellen si odia, vorrebbe essere normale, chiacchierare come fanno tutte, essere allegra, essere innamorata. “Sei tu che devi perdonarmi, mi son fatta prendere dallo studio, sai come sono.”
Roy sorride amaro. “Ritenta! Inventa un'altra scusa.” Taglia un boccone e se lo porta in bocca. “... Il problema con me è che io ti capisco e questo ti dà fastidio. Con me ti senti debole.”
“Ho già una psicoterapeuta.”
“Ahah, ma guardati! Hai già sollevato il ponte levatoio!” Le sfiora la mano. “Tu dimmi che non sei stata bene con me ed io sparisco dalla tua vita!”
“Lo sai.”
“Lo so cosa?”
Non può rispondergli, è innamorata di lui. Pensa a Roy tutte le volte che il cervello le si distrae, mai le è successa una cosa simile. La confonde. Ellen sa di non potersi permettere di innamorarsi, lei è diversa. Non si può amare e mentire. E lei a Roy non mentirebbe mai. Mai, lo ama.
Roy le sta parlando, si lamenta, non capisce perché fa così.
Ellen non ascolta, pensa al weekend a New Orleans sempre in camera e ricorda quanto è stata bene vicina lui: un piacere molle e pervasivo, ma anche passione e desiderio fisico. Per due giorni han fatto l'amore a New Orleans. È questo il problema con Roy, hanno fatto l'amore.
“Roy... non possiamo, tra due mesi finisco il master e torno a Kopenhagen.”
“E allora?! Torni mica su Marte!”
“No... ma poi cambia tutto, lo sai, non voglio soffrire.”
Finiscono di mangiare in silenzio, parlano dei corsi e degli insegnanti. Ellen si alza, Roy la precede alla cassa.
Forse Roy ha finalmente capito che è meglio chiudere. Ellen è più serena.
La segue fino alla sua Honda usata. C'è un momento d'imbarazzo quando si devono salutare e Roy scoppia a ridere. L'abbraccia d'improvviso, Ellen tenta di sfuggirgli ma Roy la stringe ancor più forte, da dietro. É più alto di lei, forte come un atleta, ha il cazzo duro che le preme contro. All'orecchio parla con una voce non sua: “Ellen io ti devo scopare, tu mi fai impazzire, una volta sola ancora!...”
La molla. È pentito, ha paura d'aver rovinato tutto.
Ellen sa controllarsi. “Oggi non possiamo, ho il ciclo.” Mente a Roy. Ora che non lo ama può mentirgli.
Lui la guarda bastonato. Non le crede, è appena stata in piscina.
Ellen è disorientata, soffre e gode: le spiace per il povero Roy ed allo stesso tempo è felice di tenerlo per le palle.
S'è liberata la sua vera natura.
Gli avvicina il viso, le labbra quasi si sfiorano: “Giuro, Roy, ho il ciclo, uso il tampax.”
“Okay, ti credo, ma tu vuoi davv...”
“Certo, stupidone!” Gli carezza il cazzo sotto. “Anche tu mi fai impazzire,”
“Quando?”
“Domenica... Sabato non posso, c'è mio padre, è qui in America. Puoi resistere fino a domenica?”
“Io non...”
“Sali in macchina.”
Ellen guida rilassata.
Ha di nuovo tutto sotto controllo, ha vinto un'altra volta.
Huston è ormai alle sue spalle, ha preso la 290, diretta a ovest.
Il paesaggio è piatto e monotono. Ogni tanto la strada senza fine passa sotto i megacartelli verdi di qualche uscita, o supera lasciandosi alle spalle stazioni di servizio deserte o sfiora, dimenticandosene subito, anonimi capannoni di cemento. Pure il cielo, vuoto di nuvole, è perfetto.
Macina chilometri e chilometri nel nulla, eppure è come se fosse ferma in nessun posto.
Non pensa più a New Orleans, ai mormorii d'amore, a quando gli ha poggiato il capo sul torace mentre dormiva, alla colazione a base di frutta seduti davanti al mare... Ellen si sente leggera, non ha più quel peso addosso. Inspira profondamente, ha ancora il suo odore nelle narici, il suo sapore sulla lingua. Roy è come gli altri, è il suo cazzo duro che la desidera, tutto è più semplice così.
Vorrebbe leccargli i coglioni. Le ghiandole che lo obbligano a cercarla, a prenderla, a penetrarla.
Ancora un'ora di torpore ed ecco la sua uscita.
Ora mancano solo sette chilometri di rettilinei tra prati secchi e boschetti radi per raggiungere il Dizzy Rodeo. È un misero fabbricato ad un piano, bianco con un'insegna azzurra che s'illumina di notte.
Ellen entra nell'enorme parcheggio sul retro ed infila la macchina sotto una pianta con le foglie secche. Ci sono tre Tir che dormono al sole. una manciata di pick up impolverati e due lucide Harley sotto la tettoia. Qui non incontrerà mai nessuno dell'università, i figli di papà frequentano i locali dove si spende. E se mai qualche gruppetto di stronzetti volesse provare il brivido di un postaccio malfamato non verrebbe certo qui il martedì pomeriggio. Ellen calcola sempre i rischi e non lascia nulla al caso.
Scende e viene investita dalla vampa di calore.
Sì, tutto è perfetto.
Dentro il Dizzy Rodeo è buio come una caverna. C'è odore di legno impregnato di bourbon, ma Ellen sente odore di maschi. Big Joey è al banco. Una ragazza balla al palo, una nera col culone. Non c'è nessun'altra. Si muove male, da scocciata. Ellen nel buio distingue le mani strette sui boccali di birra poggiati sul bancone e gli occhi bianchi che osservano la ballerina dal basso. Ha l'adrenalina a mille.
“Hey Joey, che camerino ho?”
“Il cinque.” Risponde annoiato dopo aver dato un'occhiata all'orologio appeso alle sue spalle. “Perché cazzo vieni di pomeriggio lo sai solo tu!”
Ellen si volta verso il corridoio e sbatte contro un messicano.
“Ecco la mia chica preferita!” La schiaccia al muro e le gratta la figa.
“Dopo, amigo, prima devo fare il mio numero.”
“Non scappare, ho qui quello giusto per te!” Le prende la mano e se la strofina contro il pacco.
“Lasciami, t'ho detto dopo!”
“Problemi Ellen?” È Dylan, il figlio di Big Joey.
“Tu non rompere il cazzo, è una settimana che aspetto questa figa!”
Dylan non dice una parola, lo caccia via con una scarpata.
“Grazie Dylan.”
È anche lui innamorato di lei. È un bel ragazzone, più giovane di lei, alto come suo padre, sempre in jeans e stivali.
“Entra.” Gli dice.
Il camerino è minuscolo, grande poco più di un cesso con una doccia nell'angolo, uno scaffale di fronte alla specchiera ed una poltroncina da ufficio. È perfetto, niente letto, se la scopano veloci a novanta.
Ellen lo fa sedere sulla poltroncina e si spoglia di fronte allo specchio gettando la tuta nel cassettone. Si corregge un poco il rossetto ed il fondotinta. Si fissa allo specchio mentre si leva le mutandine e sceglie un perizoma rosso. Sui capezzoli centra due stellette adesive. Si rigira per vedersi dietro.
“Sei bellissima.”
È come se s'accorgesse solo adesso di Dylan seduto. Si china su di lui e fa ruotare d'un poco la poltroncina. “Non va bene così, fagli prendere aria.” Gli slaccia i jeans e il cazzo salta fuori a molla.
“Perché sorridi? Ti faccio ridere?”
Ellen dà un profonda succhiata e si rialza: è a gambe larghe su di lui e gioca a sfiorargli la figa sul glande. “No, Dylan, sorrido perché mi piaci.” Lo tiene artigliato per il ciuffo sulla fronte.
“... però non vuoi più che vengo a Houston da te.”
Ellen scosta d'un poco il perizoma e s'abbassa piano. Se lo fa risalire dentro con cautela, fino a sedersi sulle palle. “Mmm, mi piaci, Dylan, ma tu non devi innamorarti di me, sono una puttana.”
“A me piaci così, Ellen, che fai la puttana.” Le sfiora i seni.
E Ellen fa la puttana. “Ce l'hai grosso Dylan, lo sento tutto, mi...”
“Quando posso venire da te? Pago io il motel.”
Ellen si dondola in grembo. “Non so, forse settimana prossima.”
“Stai ancora sorridendo, mi stai prendendo in giro.”
Ellen gli lecca il viso. “Scemo, sorrido perché ce l'hai dannatamente grosso!”
Ha fretta d'andarsene, l'aspetta Dylan, esce dalla doccia e si rinfila la tuta senza asciugarsi i capelli. Ma prima deve passare da Big Joey.
È in piedi che l'aspetta. L'ufficio è più piccolo del suo camerino. Sulla scrivania ci sono i venti dollari per lo spettacolo ed una bustina argentata. Ellen la prende e la strappa coi denti. I pantaloni se li slaccia da solo. S'inginocchia e glielo bagna prima e dopo averci infilato il condom. Quando si rialza scopre che Big Joey ha in mano il tubetto della crema.
“Non sono questi i patti.”
Big Joey si fa contro, le tira i capelli obbligandola a piegare la testa indietro. Per un attimo Ellen crede che le vuole sputar in bocca.
“I patti qui li decido io e tu vieni a ballare venerdì sera! Capito? Ho il locale strapieno e vogliono belle fighe. Okay?? Vieni? O ti devo rompere il culo?”
Ellen cerca disperatamente d'afferrargli la mano dietro la nuca. Le fa male, si eccita. “Piano, ahii!... Big Joey, lo sai, sono fidanzata, non posso di notte.”
“E allora ti porti dietro anche il tuo cornuto.”
“Mi ucciderebbe.”
Big Joey le fa cadere una bava di saliva in bocca. Ellen s'abbandona, nemmeno lei capisce cosa sta provando. È suo padre, Dylan la sta aspettando fuori.
“Tu racconti solo palle! Non hai nessun cornuto geloso. Sei una cagnetta piena di grana, lo so, e godi troppo a far vedere il culo e dar bocca e figa per pochi dollari, ma hai paura d'essere scoperta da mammina e di perdere i soldi di papà.” Le dà un tirone ai capelli. “Venerdì! Ho il locale pieno, non i dieci sfigati di oggi, fuori ci sono parcheggiate anche cinquanta moto... È quello che cerchi, puttana, centocinquanta maschioni che sbavano per te e io ti faccio entrare in camerino solo i giovani, i migliori, non i piantagrane senza soldi...”
Balbetta: “Non posso, credimi!”
“Mettiti una maschera allora, a loro interessa solo il tuo culetto.” La lascia e le dà uno spintone.
Ellen è disorientata, fissa il cazzo duro. “No, Big Joey, io venerdì non vengo.” Prende il tubetto sul tavolo e gli sega il condom con la crema.
Big Joey la rivolta in un lampo, con la manona le piega la schiena a novanta sulla scrivania e le strappa giù i pantaloni di felpa. Un attimo d'esitazione per centrare il buco e le squarcia il culo cozzandole addosso con tutto il peso. Per Ellen è la punizione divina, gode troppo per il dolore. Scivola in avanti, strizza gli occhi ed inghiotte il grido. È storta, così non riesce, si solleva più che può sulla punta dei piedi e Big Joey se l'incula da ucciderla.
La tiene per i capelli, sono tre mesi che vuole fare il culo a questa figa.
Ellen lo sa, l'ha sempre saputo, ed oggi tutto è perfetto.
L'aspetta fuori Dylan.
Fissa Roy e Brandon venire verso loro e pensa disperatamente a come salvarsi. Il cuore le batte forte, le manca la saliva, il cervello gira impazzito ma si ferma sempre su Roy. Vorrebbe alzarsi e scappare, Cindy l'ha fregata.
“Toh, guarda chi c'è!” Le dice sorridendo da troia.
Maledetta!
Ellen c'è cascata come una cretina! Le era parso strano incontrarla in piscina, Cindy odia nuotare, e s'era pure insospettita quando se l'è ritrovata fuori dagli spogliatoi, “Ci mangiamo una bistecca?”, ma non ci aveva dato troppo peso, la sua vicina di camera al campus s'era messa in testa d'essere sua amica e tentava sempre di coinvolgerla nelle sue cazzate: feste, party ed aperitivi.
“Possiamo unirci a voi?”
Ellen non può più scappare, fissa la bistecca.
Roy e Brandon si siedono.
Odia i colori americani di quella steakhouse, troppo violenti, mentre lei vorrebbe sfumare via.
Roy la saluta timidamente sedendosi accanto, mentre Brandon scivola sulla panca di fronte e prende in braccio Cindy palpandosela tutta.
“Quante vasche hai fatto, cucciolina mia?”
“Un sacco!! Da morire, non ce la facevo più... Ahio, tieni giù 'ste manacce!”
“Tu che nuoti? Non ci credo.” Brandon le ruba una patatina dal piatto. “... Buona. Quasi quasi ordino una bistecca anch'io.”
“Prendi la mia, non ho fame.”
“Strano, dopo la piscina viene fame, si vede che non hai nuotato.”
“Stronzo, ho nuotato davvero!... però non come Ellen che è peggio d'un pesce...”
Lo spettacolino è castrante. Cindy miagola e fa le fusa. Fingono una folle passione sbaciucchiandosi, succhiandosi labbra e lingue e scambiandosi micettina e porco ad ogni sospiro. Ellen vorrebbe urlare. Roy non sa dove guardare, non ha nemmeno un piatto davanti.
“Dai, Brandon, non fare il porco davanti a tutti!” Lo sgrida Cindy e cerca di alzarsi, ma Brandon la trattiene abbracciata in una morsa, la mano che preme sul pube.
Cindy inclina indietro la testa e gli sussurra qualcosa all'orecchio. Brandon le risponde senza farsi sentire. Cindy ride, Brandon ora la stringe ai seni mentre le soffia oscenità all'orecchio. La cretinetta mugola eccitata, gli morde il labbro, “Sei un porco.” e si scolla da lui.
Si rialza in piedi, al lato del tavolino, e si risistema la maglietta nei pants, ben attenta che le valorizzi le tette rifatte. “Noi andiamo. Se vuoi prendila tu, Roy, io non l'ho nemmeno toccata.” Indica la bistecca.
Allontanandosi, qualora qualcuno non avesse ben capito che stanno andando a scopare, Cindy cammina incollata a Brandon con una mano sotto il culo.
Ellen non li saluta.
Roy si sposta lentamente sulla panca di fronte.
“Perdonami, Ellen... ma era l'unico modo per rivederti, è un mese che mi eviti. Però se non mi vuoi me ne vado subito!”
“No, resta... Sono nervosa per Cindy, è una cretina.”
“Come stai? Tutto bene?”
“Mangia che si fredda.” Ellen si odia, vorrebbe essere normale, chiacchierare come fanno tutte, essere allegra, essere innamorata. “Sei tu che devi perdonarmi, mi son fatta prendere dallo studio, sai come sono.”
Roy sorride amaro. “Ritenta! Inventa un'altra scusa.” Taglia un boccone e se lo porta in bocca. “... Il problema con me è che io ti capisco e questo ti dà fastidio. Con me ti senti debole.”
“Ho già una psicoterapeuta.”
“Ahah, ma guardati! Hai già sollevato il ponte levatoio!” Le sfiora la mano. “Tu dimmi che non sei stata bene con me ed io sparisco dalla tua vita!”
“Lo sai.”
“Lo so cosa?”
Non può rispondergli, è innamorata di lui. Pensa a Roy tutte le volte che il cervello le si distrae, mai le è successa una cosa simile. La confonde. Ellen sa di non potersi permettere di innamorarsi, lei è diversa. Non si può amare e mentire. E lei a Roy non mentirebbe mai. Mai, lo ama.
Roy le sta parlando, si lamenta, non capisce perché fa così.
Ellen non ascolta, pensa al weekend a New Orleans sempre in camera e ricorda quanto è stata bene vicina lui: un piacere molle e pervasivo, ma anche passione e desiderio fisico. Per due giorni han fatto l'amore a New Orleans. È questo il problema con Roy, hanno fatto l'amore.
“Roy... non possiamo, tra due mesi finisco il master e torno a Kopenhagen.”
“E allora?! Torni mica su Marte!”
“No... ma poi cambia tutto, lo sai, non voglio soffrire.”
Finiscono di mangiare in silenzio, parlano dei corsi e degli insegnanti. Ellen si alza, Roy la precede alla cassa.
Forse Roy ha finalmente capito che è meglio chiudere. Ellen è più serena.
La segue fino alla sua Honda usata. C'è un momento d'imbarazzo quando si devono salutare e Roy scoppia a ridere. L'abbraccia d'improvviso, Ellen tenta di sfuggirgli ma Roy la stringe ancor più forte, da dietro. É più alto di lei, forte come un atleta, ha il cazzo duro che le preme contro. All'orecchio parla con una voce non sua: “Ellen io ti devo scopare, tu mi fai impazzire, una volta sola ancora!...”
La molla. È pentito, ha paura d'aver rovinato tutto.
Ellen sa controllarsi. “Oggi non possiamo, ho il ciclo.” Mente a Roy. Ora che non lo ama può mentirgli.
Lui la guarda bastonato. Non le crede, è appena stata in piscina.
Ellen è disorientata, soffre e gode: le spiace per il povero Roy ed allo stesso tempo è felice di tenerlo per le palle.
S'è liberata la sua vera natura.
Gli avvicina il viso, le labbra quasi si sfiorano: “Giuro, Roy, ho il ciclo, uso il tampax.”
“Okay, ti credo, ma tu vuoi davv...”
“Certo, stupidone!” Gli carezza il cazzo sotto. “Anche tu mi fai impazzire,”
“Quando?”
“Domenica... Sabato non posso, c'è mio padre, è qui in America. Puoi resistere fino a domenica?”
“Io non...”
“Sali in macchina.”
Ellen guida rilassata.
Ha di nuovo tutto sotto controllo, ha vinto un'altra volta.
Huston è ormai alle sue spalle, ha preso la 290, diretta a ovest.
Il paesaggio è piatto e monotono. Ogni tanto la strada senza fine passa sotto i megacartelli verdi di qualche uscita, o supera lasciandosi alle spalle stazioni di servizio deserte o sfiora, dimenticandosene subito, anonimi capannoni di cemento. Pure il cielo, vuoto di nuvole, è perfetto.
Macina chilometri e chilometri nel nulla, eppure è come se fosse ferma in nessun posto.
Non pensa più a New Orleans, ai mormorii d'amore, a quando gli ha poggiato il capo sul torace mentre dormiva, alla colazione a base di frutta seduti davanti al mare... Ellen si sente leggera, non ha più quel peso addosso. Inspira profondamente, ha ancora il suo odore nelle narici, il suo sapore sulla lingua. Roy è come gli altri, è il suo cazzo duro che la desidera, tutto è più semplice così.
Vorrebbe leccargli i coglioni. Le ghiandole che lo obbligano a cercarla, a prenderla, a penetrarla.
Ancora un'ora di torpore ed ecco la sua uscita.
Ora mancano solo sette chilometri di rettilinei tra prati secchi e boschetti radi per raggiungere il Dizzy Rodeo. È un misero fabbricato ad un piano, bianco con un'insegna azzurra che s'illumina di notte.
Ellen entra nell'enorme parcheggio sul retro ed infila la macchina sotto una pianta con le foglie secche. Ci sono tre Tir che dormono al sole. una manciata di pick up impolverati e due lucide Harley sotto la tettoia. Qui non incontrerà mai nessuno dell'università, i figli di papà frequentano i locali dove si spende. E se mai qualche gruppetto di stronzetti volesse provare il brivido di un postaccio malfamato non verrebbe certo qui il martedì pomeriggio. Ellen calcola sempre i rischi e non lascia nulla al caso.
Scende e viene investita dalla vampa di calore.
Sì, tutto è perfetto.
Dentro il Dizzy Rodeo è buio come una caverna. C'è odore di legno impregnato di bourbon, ma Ellen sente odore di maschi. Big Joey è al banco. Una ragazza balla al palo, una nera col culone. Non c'è nessun'altra. Si muove male, da scocciata. Ellen nel buio distingue le mani strette sui boccali di birra poggiati sul bancone e gli occhi bianchi che osservano la ballerina dal basso. Ha l'adrenalina a mille.
“Hey Joey, che camerino ho?”
“Il cinque.” Risponde annoiato dopo aver dato un'occhiata all'orologio appeso alle sue spalle. “Perché cazzo vieni di pomeriggio lo sai solo tu!”
Ellen si volta verso il corridoio e sbatte contro un messicano.
“Ecco la mia chica preferita!” La schiaccia al muro e le gratta la figa.
“Dopo, amigo, prima devo fare il mio numero.”
“Non scappare, ho qui quello giusto per te!” Le prende la mano e se la strofina contro il pacco.
“Lasciami, t'ho detto dopo!”
“Problemi Ellen?” È Dylan, il figlio di Big Joey.
“Tu non rompere il cazzo, è una settimana che aspetto questa figa!”
Dylan non dice una parola, lo caccia via con una scarpata.
“Grazie Dylan.”
È anche lui innamorato di lei. È un bel ragazzone, più giovane di lei, alto come suo padre, sempre in jeans e stivali.
“Entra.” Gli dice.
Il camerino è minuscolo, grande poco più di un cesso con una doccia nell'angolo, uno scaffale di fronte alla specchiera ed una poltroncina da ufficio. È perfetto, niente letto, se la scopano veloci a novanta.
Ellen lo fa sedere sulla poltroncina e si spoglia di fronte allo specchio gettando la tuta nel cassettone. Si corregge un poco il rossetto ed il fondotinta. Si fissa allo specchio mentre si leva le mutandine e sceglie un perizoma rosso. Sui capezzoli centra due stellette adesive. Si rigira per vedersi dietro.
“Sei bellissima.”
È come se s'accorgesse solo adesso di Dylan seduto. Si china su di lui e fa ruotare d'un poco la poltroncina. “Non va bene così, fagli prendere aria.” Gli slaccia i jeans e il cazzo salta fuori a molla.
“Perché sorridi? Ti faccio ridere?”
Ellen dà un profonda succhiata e si rialza: è a gambe larghe su di lui e gioca a sfiorargli la figa sul glande. “No, Dylan, sorrido perché mi piaci.” Lo tiene artigliato per il ciuffo sulla fronte.
“... però non vuoi più che vengo a Houston da te.”
Ellen scosta d'un poco il perizoma e s'abbassa piano. Se lo fa risalire dentro con cautela, fino a sedersi sulle palle. “Mmm, mi piaci, Dylan, ma tu non devi innamorarti di me, sono una puttana.”
“A me piaci così, Ellen, che fai la puttana.” Le sfiora i seni.
E Ellen fa la puttana. “Ce l'hai grosso Dylan, lo sento tutto, mi...”
“Quando posso venire da te? Pago io il motel.”
Ellen si dondola in grembo. “Non so, forse settimana prossima.”
“Stai ancora sorridendo, mi stai prendendo in giro.”
Ellen gli lecca il viso. “Scemo, sorrido perché ce l'hai dannatamente grosso!”
Ha fretta d'andarsene, l'aspetta Dylan, esce dalla doccia e si rinfila la tuta senza asciugarsi i capelli. Ma prima deve passare da Big Joey.
È in piedi che l'aspetta. L'ufficio è più piccolo del suo camerino. Sulla scrivania ci sono i venti dollari per lo spettacolo ed una bustina argentata. Ellen la prende e la strappa coi denti. I pantaloni se li slaccia da solo. S'inginocchia e glielo bagna prima e dopo averci infilato il condom. Quando si rialza scopre che Big Joey ha in mano il tubetto della crema.
“Non sono questi i patti.”
Big Joey si fa contro, le tira i capelli obbligandola a piegare la testa indietro. Per un attimo Ellen crede che le vuole sputar in bocca.
“I patti qui li decido io e tu vieni a ballare venerdì sera! Capito? Ho il locale strapieno e vogliono belle fighe. Okay?? Vieni? O ti devo rompere il culo?”
Ellen cerca disperatamente d'afferrargli la mano dietro la nuca. Le fa male, si eccita. “Piano, ahii!... Big Joey, lo sai, sono fidanzata, non posso di notte.”
“E allora ti porti dietro anche il tuo cornuto.”
“Mi ucciderebbe.”
Big Joey le fa cadere una bava di saliva in bocca. Ellen s'abbandona, nemmeno lei capisce cosa sta provando. È suo padre, Dylan la sta aspettando fuori.
“Tu racconti solo palle! Non hai nessun cornuto geloso. Sei una cagnetta piena di grana, lo so, e godi troppo a far vedere il culo e dar bocca e figa per pochi dollari, ma hai paura d'essere scoperta da mammina e di perdere i soldi di papà.” Le dà un tirone ai capelli. “Venerdì! Ho il locale pieno, non i dieci sfigati di oggi, fuori ci sono parcheggiate anche cinquanta moto... È quello che cerchi, puttana, centocinquanta maschioni che sbavano per te e io ti faccio entrare in camerino solo i giovani, i migliori, non i piantagrane senza soldi...”
Balbetta: “Non posso, credimi!”
“Mettiti una maschera allora, a loro interessa solo il tuo culetto.” La lascia e le dà uno spintone.
Ellen è disorientata, fissa il cazzo duro. “No, Big Joey, io venerdì non vengo.” Prende il tubetto sul tavolo e gli sega il condom con la crema.
Big Joey la rivolta in un lampo, con la manona le piega la schiena a novanta sulla scrivania e le strappa giù i pantaloni di felpa. Un attimo d'esitazione per centrare il buco e le squarcia il culo cozzandole addosso con tutto il peso. Per Ellen è la punizione divina, gode troppo per il dolore. Scivola in avanti, strizza gli occhi ed inghiotte il grido. È storta, così non riesce, si solleva più che può sulla punta dei piedi e Big Joey se l'incula da ucciderla.
La tiene per i capelli, sono tre mesi che vuole fare il culo a questa figa.
Ellen lo sa, l'ha sempre saputo, ed oggi tutto è perfetto.
L'aspetta fuori Dylan.
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