Miracolo a Trieste
di
XXX - Comics
genere
prime esperienze
Faceva dannatamente buio e, cosa ben più straordinaria, la Piazza in quell'ora insolita era gremita come uno stadio. E ancora ne arrivavano, spintonando in un silenzio da ospedale, tutti a naso in su che fissavano le nuvole viola, alte come un'aurora boreale.
“Scusi.” Mi urtò una ragazza. Era la cameriera del bar dove faccio colazione tutte le mattine. Ci vado solo per lei.
“Ehi, ma guarda chi si vede! Ciao Clio.”
Mi riconobbe dopo un istante. Ancora più bella col viso teso e gli occhi interrogativi, mi si è stretta al braccio e per la prima volta ho goduto del contatto col suo corpo giovane e tremante. “Ma cosa succede?”
“Non preoccuparti, sarà qualche strano fenomeno magnetico, probabilmente una tempesta solare, ma rimani qui, non avvicinarti ai pali, potrebbe scaricarsi qualche fulmine... ecco vieni con me verso il municipio, non devi aver paura, le nuvole al Polo hanno spesso questo colore.” Io la so sempre lunga. O invento.
Ma lei m'indicò lo specchio di mare in fondo alla piazza, anche l'acqua era viola fluorescente. Oh cazzo! “Forse è meglio andarcene via.”
Ma non potevamo, come tutti eravamo ammaliati dalla piazza, prigionieri dei suoi palazzi scolpiti nella notte.
Una campana invisibile ci richiamò e scandì con rintocchi di piombo l'apparizione di lettere enormi impresse a fuoco sotto il vortice delle nuvole. Per la durata inquietante di un funerale le lettere, una dopo l'altra ad ogni rintocco di campana, composero la scritta: IL TEMPO E' FINITO.
Notai subito un errore! L'accento sulla 'e' maiuscola era in realtà un apostrofo.
Attorno a me panti, urla e gemiti, manco fossimo al funerale di un dittatore nordcoreano! Io solo rabbia, per essermi perso un po' di occasioni nella vita e per aver pagato inutilmente settantaquattro rate di mutuo.
Ed apparve una mano pallida, da vecchio, con l'indice puntato.
Io sono fortemente astigmatico da un occhio, anche a tennis fatico a calcolare la traiettoria delle palle, una bella scusa quando perdo, eppure quel dito pareva proprio puntato su di me. A conferma di ciò, Clio mollò il braccio e s'allontanò di tre passi. Come fecero tutti creandomi il vuoto attorno.
“Stai tremando, ti senti forse in colpa?” Disse una voce.
Guarda che mi va a capitare!
“No, no... per un attimo ho pensato che fossero gli alieni.”
“Ma se tu non credi nemmeno negli alieni!!!” Disse spazientito.
È il solito problema di chi è onnisciente e crede di sapere anche quel che pensano gli altri!
“Non è vero, io ho sempre creduto che possano esistere da qualche parte dell'Universo, ma sarebbero comunque talmente lontani nel tempo e nello spazio che ci è impossibile incontrarli.” Spiegai.
“Come per me, una bella scelta di comodo la tua! Io per te posso anche esistere ma vivrei comunque lontano in qualche angolo, senza alcun potere sulla Natura e sulla Legge.”
“Detta così, lo so, suona male, ma credimi, ho avuto sempre un grande rispetto per te... e poi non puoi farmene una colpa: ci hai dato tu intelletto e libertà.”
“Avrei fatto meglio a donarli ai criceti!” Rombò con stizza.
“Sì ti vedo!, tutto il tempo ad osservare che corrono nella ruota... Ammettilo, noi siamo molto meglio dei criceti.”
“State distruggendo il Mondo.” Tuonò.
Eccola!, l'accusa dell'ultimo secolo. Ci stava, è vero, siamo idioti, ma non capivo perché se la prendesse proprio con me, non dico d'essere a parametro zero per quanto riguarda la CO2, ma poco ci manca. Forse mi si accusava per la mia allegra vita sessuale, la cui frenesia, ne sono costernato, accelera l'entropia dell'universo.
“Non è vero, fammelo dire!, noi non distruggeremo nulla. La vita ha tre miliardi di anni e noi ci stiamo dando da fare solo da qualche decina di secoli. Potremmo anche riversare nell'atmosfera e nel mare tutti i veleni che vogliamo e far esplodere fantastiliardi di bombe atomiche, ma saremmo sempre solo uno starnuto per la Terra: la Vita riprenderebbe come sempre, come dopo un brutto raffreddore.”
“Voi siete poco più di muco, ma ora i Tempi si sono compiuti!... Cos'hai da confessare? Ti lascio il tempo per redimerti.”
Avevo un gigantesco dito puntato in testa e migliaia d'occhi che mi fissavano, manco per le palle avrei confessato che indossavo un perizoma leopardato.
“Aspetta, aspetta, che fretta hai?... Io ti capisco.”
Una risata sincera vibrò sopra le nuvole. “Tu NON puoi capirmi!”
“Beh, immagino che sia dura per te vedere tutto quel che succede e non poter far nulla contro dolore e disperazione... e raccogliere come ringraziamento solo accuse e bestemmie. Ma la cosa peggiore per te, ne sono sicuro, è dover ascoltare in ogni istante le preghiere e le suppliche di milioni e milioni di meschini con la coscienza immacolata perché non l'hanno mai usata. Ascoltare le lamentele di donnette rancorose e le autoassoluzioni di giudici moralisti, ma anche le promesse di laidi truffatori e di ladri di speranze e la voce falsa di integerrimi sordi e di sguaiati profeti... ascoltare ognuno di questi e non potergli sputare in un occhio! Ora so che esisti, ma non so proprio come fai a resistere.”
“Non me ne parlare.” Brontolò il cielo. “Ma tu non eri di quelli che dicevano che il paradiso era noioso? Che c'era gente molto più interessante all'inferno?”
“Ma no, si diceva per ridere, con certa gente non farei nemmeno un viaggio sullo stesso treno... Non vedo però tutta questa tua fretta. Perché non torni a riposarti? Hai lavorato sei giorni, ora tocca a noi a lavorare. Tu sei in vacanza ed hai tutto l'universo da visitare: nebulose, galassie, buchi neri e sai solo tu quante altre magnifiche civiltà extraterrestri!”
“Oh, non sono molto meglio, mi date tutti solo preoccupazioni.”
“Forse è davvero così, ma non serve che te lo dica io: il mondo è meraviglioso, ti è riuscito proprio bene!... E poi ammettilo, qualche cosina buona l'abbiamo pur combinata anche noi... Come puoi farci questo? Nel mondo ci sono tante persone giuste!”
Quest'argomento lo frega sempre.
“Dimmene una!”
“...?!... Sì sì, la so!, la Rosina!”
L'ho conosciuta da giovane, un'acida vecchietta con gli occhi trasparenti che avevano visto guerre mondiali e Resistenza e che ti trapassavano come lame.
“É morta tanti anni fa.” Disse.
Un'assurda speranza mi prese: “... è lì con te?”
“Me lo chiedi proprio tu?” La voce era ampia come il cielo. “Sei libero, non ti è dato di saperlo... tutto è possibile ed impossibile, potrei anche essere lei.”
Mi scosse un brivido. Scongiuravo fortemente di no, Rosina avrebbe immediatamente dato fuoco a tutto come Cecco Angiolieri.
“E sia! È meglio che vada, non sapete cosa meritereste!”
Le nuvole si dissolsero in un'alba perlacea.
Clio mi balza in braccio e mi bacia con la gioia d'una ventenne che ha trovato il suo primo impiego. “È tutto finito!” urla al cielo.
“È solo rimandato”, le spiego e, col viso affondato nel profumo del suo collo: “Ha detto che dobbiamo amarci... di fare sempre l'amore.”
Le sorridono gli occhi, neri che ti ci perdi, ma fa ballare l'indice davanti ai miei, come un metronomo: “No, no, no! Tu potrai con lui, ma a me tu non me freghi!”
Si sgancia, ma non mi nega un bacetto di riconoscenza, da colibrì, sulla fronte.
Vola via in una danza, battendo gli anfibi neri e roteando cappotto e borsetta.
Io non so se sono più innamorato di lei o delle pietre grigie di questa piazza, incantevole all'alba.
Sbatte contro un ragazzo, un bel clandestino, l'abbraccia e lo trascina via, scomparendo nella folla.
Non meritiamo l'estinzione.
Non ancora.
“Scusi.” Mi urtò una ragazza. Era la cameriera del bar dove faccio colazione tutte le mattine. Ci vado solo per lei.
“Ehi, ma guarda chi si vede! Ciao Clio.”
Mi riconobbe dopo un istante. Ancora più bella col viso teso e gli occhi interrogativi, mi si è stretta al braccio e per la prima volta ho goduto del contatto col suo corpo giovane e tremante. “Ma cosa succede?”
“Non preoccuparti, sarà qualche strano fenomeno magnetico, probabilmente una tempesta solare, ma rimani qui, non avvicinarti ai pali, potrebbe scaricarsi qualche fulmine... ecco vieni con me verso il municipio, non devi aver paura, le nuvole al Polo hanno spesso questo colore.” Io la so sempre lunga. O invento.
Ma lei m'indicò lo specchio di mare in fondo alla piazza, anche l'acqua era viola fluorescente. Oh cazzo! “Forse è meglio andarcene via.”
Ma non potevamo, come tutti eravamo ammaliati dalla piazza, prigionieri dei suoi palazzi scolpiti nella notte.
Una campana invisibile ci richiamò e scandì con rintocchi di piombo l'apparizione di lettere enormi impresse a fuoco sotto il vortice delle nuvole. Per la durata inquietante di un funerale le lettere, una dopo l'altra ad ogni rintocco di campana, composero la scritta: IL TEMPO E' FINITO.
Notai subito un errore! L'accento sulla 'e' maiuscola era in realtà un apostrofo.
Attorno a me panti, urla e gemiti, manco fossimo al funerale di un dittatore nordcoreano! Io solo rabbia, per essermi perso un po' di occasioni nella vita e per aver pagato inutilmente settantaquattro rate di mutuo.
Ed apparve una mano pallida, da vecchio, con l'indice puntato.
Io sono fortemente astigmatico da un occhio, anche a tennis fatico a calcolare la traiettoria delle palle, una bella scusa quando perdo, eppure quel dito pareva proprio puntato su di me. A conferma di ciò, Clio mollò il braccio e s'allontanò di tre passi. Come fecero tutti creandomi il vuoto attorno.
“Stai tremando, ti senti forse in colpa?” Disse una voce.
Guarda che mi va a capitare!
“No, no... per un attimo ho pensato che fossero gli alieni.”
“Ma se tu non credi nemmeno negli alieni!!!” Disse spazientito.
È il solito problema di chi è onnisciente e crede di sapere anche quel che pensano gli altri!
“Non è vero, io ho sempre creduto che possano esistere da qualche parte dell'Universo, ma sarebbero comunque talmente lontani nel tempo e nello spazio che ci è impossibile incontrarli.” Spiegai.
“Come per me, una bella scelta di comodo la tua! Io per te posso anche esistere ma vivrei comunque lontano in qualche angolo, senza alcun potere sulla Natura e sulla Legge.”
“Detta così, lo so, suona male, ma credimi, ho avuto sempre un grande rispetto per te... e poi non puoi farmene una colpa: ci hai dato tu intelletto e libertà.”
“Avrei fatto meglio a donarli ai criceti!” Rombò con stizza.
“Sì ti vedo!, tutto il tempo ad osservare che corrono nella ruota... Ammettilo, noi siamo molto meglio dei criceti.”
“State distruggendo il Mondo.” Tuonò.
Eccola!, l'accusa dell'ultimo secolo. Ci stava, è vero, siamo idioti, ma non capivo perché se la prendesse proprio con me, non dico d'essere a parametro zero per quanto riguarda la CO2, ma poco ci manca. Forse mi si accusava per la mia allegra vita sessuale, la cui frenesia, ne sono costernato, accelera l'entropia dell'universo.
“Non è vero, fammelo dire!, noi non distruggeremo nulla. La vita ha tre miliardi di anni e noi ci stiamo dando da fare solo da qualche decina di secoli. Potremmo anche riversare nell'atmosfera e nel mare tutti i veleni che vogliamo e far esplodere fantastiliardi di bombe atomiche, ma saremmo sempre solo uno starnuto per la Terra: la Vita riprenderebbe come sempre, come dopo un brutto raffreddore.”
“Voi siete poco più di muco, ma ora i Tempi si sono compiuti!... Cos'hai da confessare? Ti lascio il tempo per redimerti.”
Avevo un gigantesco dito puntato in testa e migliaia d'occhi che mi fissavano, manco per le palle avrei confessato che indossavo un perizoma leopardato.
“Aspetta, aspetta, che fretta hai?... Io ti capisco.”
Una risata sincera vibrò sopra le nuvole. “Tu NON puoi capirmi!”
“Beh, immagino che sia dura per te vedere tutto quel che succede e non poter far nulla contro dolore e disperazione... e raccogliere come ringraziamento solo accuse e bestemmie. Ma la cosa peggiore per te, ne sono sicuro, è dover ascoltare in ogni istante le preghiere e le suppliche di milioni e milioni di meschini con la coscienza immacolata perché non l'hanno mai usata. Ascoltare le lamentele di donnette rancorose e le autoassoluzioni di giudici moralisti, ma anche le promesse di laidi truffatori e di ladri di speranze e la voce falsa di integerrimi sordi e di sguaiati profeti... ascoltare ognuno di questi e non potergli sputare in un occhio! Ora so che esisti, ma non so proprio come fai a resistere.”
“Non me ne parlare.” Brontolò il cielo. “Ma tu non eri di quelli che dicevano che il paradiso era noioso? Che c'era gente molto più interessante all'inferno?”
“Ma no, si diceva per ridere, con certa gente non farei nemmeno un viaggio sullo stesso treno... Non vedo però tutta questa tua fretta. Perché non torni a riposarti? Hai lavorato sei giorni, ora tocca a noi a lavorare. Tu sei in vacanza ed hai tutto l'universo da visitare: nebulose, galassie, buchi neri e sai solo tu quante altre magnifiche civiltà extraterrestri!”
“Oh, non sono molto meglio, mi date tutti solo preoccupazioni.”
“Forse è davvero così, ma non serve che te lo dica io: il mondo è meraviglioso, ti è riuscito proprio bene!... E poi ammettilo, qualche cosina buona l'abbiamo pur combinata anche noi... Come puoi farci questo? Nel mondo ci sono tante persone giuste!”
Quest'argomento lo frega sempre.
“Dimmene una!”
“...?!... Sì sì, la so!, la Rosina!”
L'ho conosciuta da giovane, un'acida vecchietta con gli occhi trasparenti che avevano visto guerre mondiali e Resistenza e che ti trapassavano come lame.
“É morta tanti anni fa.” Disse.
Un'assurda speranza mi prese: “... è lì con te?”
“Me lo chiedi proprio tu?” La voce era ampia come il cielo. “Sei libero, non ti è dato di saperlo... tutto è possibile ed impossibile, potrei anche essere lei.”
Mi scosse un brivido. Scongiuravo fortemente di no, Rosina avrebbe immediatamente dato fuoco a tutto come Cecco Angiolieri.
“E sia! È meglio che vada, non sapete cosa meritereste!”
Le nuvole si dissolsero in un'alba perlacea.
Clio mi balza in braccio e mi bacia con la gioia d'una ventenne che ha trovato il suo primo impiego. “È tutto finito!” urla al cielo.
“È solo rimandato”, le spiego e, col viso affondato nel profumo del suo collo: “Ha detto che dobbiamo amarci... di fare sempre l'amore.”
Le sorridono gli occhi, neri che ti ci perdi, ma fa ballare l'indice davanti ai miei, come un metronomo: “No, no, no! Tu potrai con lui, ma a me tu non me freghi!”
Si sgancia, ma non mi nega un bacetto di riconoscenza, da colibrì, sulla fronte.
Vola via in una danza, battendo gli anfibi neri e roteando cappotto e borsetta.
Io non so se sono più innamorato di lei o delle pietre grigie di questa piazza, incantevole all'alba.
Sbatte contro un ragazzo, un bel clandestino, l'abbraccia e lo trascina via, scomparendo nella folla.
Non meritiamo l'estinzione.
Non ancora.
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