Lea

Scritto da , il 2023-01-10, genere dominazione

Oggi ci sono le ultime prove per il tour estivo, quelle in costume, ma non è aria, lo sento, qui va tutto a puttane. Le ragazze sono imbarazzate con me, mi tengono lontana come una malata. C'è una tensione che non mi piace e quando apriamo i costumi cala lo sgomento.
“Merda, non ditemi che dobbiamo metterci questi!” Faccio.
“Li ha scelti Soledad, lo sai... se non altro sono eleganti.”
“Cazzo che stronza, non può farci ballare in pantaloni! Ha paura che guardano solo noi?”
Spunta il testone di Zack. “Lea, vieni in ufficio.”
Ecco!

§ - 9 - §

Lea non si siede anche se Zack insiste, vorrebbe mettere la scrivania fra loro due; rimangono in piedi uno di fronte all'altra. L'impresario è alto col fisico massiccio, le maniche arrotolate sugli avambracci pelosi. Pare un gorilla in castigo.
“Cazzo Zack, non sai mentire, sei un codardo. E guardami quando parlo! Io ci ho sputato sangue per tre mesi e adesso mi scarichi dicendomi che siamo troppe? Inventane un'altra!”
“Per le prove sei stata pagata e lo sapevi fin dall'inizio che non era automatico! Non dico che non sei brava, ma abbiamo pens... ci sono solo sette posti.”
“Abbiamo chi? Tu o Soledad?””
“Non farmi casini, Lea, ho scelto quelle con più esperienza, tutto qui. Tu sei la più giovane e l'ultima arrivata. Non hai legato con le altre, io ho bisogno di un gruppo affiatato.”
“No no, non sparar cazzate, io sono amica di tutte, lo sai. È solo quella stronza che mi odia!”
“Soledad è la prima ballerina. Il gruppo è suo da sempre ed ha il suo nome.”
“Okay okay, ho capito, non hai le palle!”
Zack stringe i denti per trattenersi. “Voi due non potete coesistere nello stesso universo, mandereste a puttane il tour!... Lea, è impossibile, cerca di ragionare! Ti troverò lavori migliori, te lo prometto, forse anche per la televisione! Tu sei bravissima, non andartene, lavora con me... Per il tour mi spiace, ma non funzionerebbe e sarebbe solo un danno per la tua carriera, devi rinunciarci.” Le poggia la mano sulla spalla.
A Lea è già passata. Per lei Zack è solo un coglione, uno dei tanti. “Cazzo Zack, mi lasci a casa. Due mesi!, Sud della Francia e Spagna e tu mi lasci a casa!” Inclina la testa e poggia la guancia sulla manona. “Potevamo divertirci.”
Per Zack è una pugnalata, scoparsi quella puttanella tatuata è da paura. “Ti porto al mare, domani!, prendo un cinque stelle per farmi perdonare.”
Lea fa cenno di no. “No, ci andiamo a settembre, quando tornate.”
“Non mi prendi in giro, vero?”
“Io no, tu?”
“Io mai! Devi lavorare per me! Con me farai carriera... e tieni questi, come anticipo.”
Lea ha già il cazzo in bocca.

Fanculo, anche Pam mi guarda con compassione: “Cosa t'ha detto? Ti fa venire?”
Raccatto la mia roba. “Merda, lo sai benissimo, quella troia lo tiene per le palle.”
“È invidiosa di te, è una pazza fuori di testa.”
“Ve la godrete voi, a me ormai frega un cazzo di Soledad, ma fammi un favore, Pam, se arrivo a trentacinque anni male come quella, sparami un colpo in testa.”
“Che farai? Hai altri lavori?”
“Io adesso devo vendicarmi.” Le indico Pablo. “So che la troia è via tre giorni a Milano.”
“Pablo?! Sei matta, quella ti cava gli occhi!”
“Sono tre mesi che voglio mordere quelle natiche di marmo!”
“Ahah Lea, ora sono io ad invidiarti!”
“... se vuoi ce lo scopiamo insieme.”
“Magari!, eheh, sarebbe divertente, quella troia impazzirebbe.”
Devo salutare tutti: bacetti alla giuda ed abbracci d'addio.
Pablo è dispiaciuto per me, fa tenerezza. Mi avvicino per non farmi sentire dagli altri. “È venerdì, io stasera lavoro al Tijuana Beach, cercano anche ballerini, se vuoi possiamo andarci insieme.”
“Sono senza auto, non so... com'è?”
“Pagano bene e ci sono le mance. Ti fanno schifo i soldi?” Gli sorrido. “O ti faccio schifo io?” Non abbasso gli occhi ma posso scommetterci il culo che ce l'ha già duro. “Allora okay, passo a prenderti alle dieci, ma non so se poi ti riporto a casa, ahah!”
“...?!”
“Hai capito benissimo.”
Sorride coi denti bianchissimi, cazzo se mi fa sesso!

§ - 8 - §

La musica martellante li isola dal mondo.
Luci stroboscopiche e laser fotografano istanti dei loro corpi. La minigonna bianca lampeggia, la pelle è sudata, le labbra lucide. Lea balla di fronte a Pablo gli occhi inchiodati su di lui. Le ragazze vogliono rubarlo, gli carezzano gli addominali e lo palpano peggio dei mortidifiga che le ballano attorno.
All'improvviso l'afferra per la fibbia della cintura e se lo porta via. Non appena sono al riparo dalla musica: “Vieni, dobbiamo fare un numero di là.”
Pablo l'abbraccia da dietro stringendole i seni. “No, andiamocene.”
Lea si volta e gli mette una pasticca in bocca. “Prima il lavoro.”
Entrano nella sala privata, direttamente sul palco accecato dai faretti. Qui la musica è soffusa, più bassa di un respiro. Pablo è disorientato, comincia a capire.
Lea s'avvita attorno al palo, lenta come la musica. Lo chiama con lo sguardo, s'allunga con le mani sopra la testa e si offre flessuosa alle sue mani. Pablo la tocca esitante, fianchi e seni, cosce e culo, ogni tanto si guarda indietro, verso la gente che non vede.
Lea gli blocca la testa intrecciando le dita nei rasta e gli fa sentire l'alito caldo sul viso; gli apre le labbra coi denti e le punte delle lingue si toccano. Lo spinge indietro, contro il palo, e gli salta in braccio.
Aggrappata in vita con le cosce, si lascia cadere all'indietro fino a sfiorare il parquet con la testa. Pablo carezza i fianchi, il ventre incavato attorno all'ombelico, segue i tatuaggi, finalmente le artiglia i seni. É suo!, sorride da puttana e si risolleva lentamente. L'abbraccia alle spalle, Pablo la sostiene con le mani sotto il culo, lo morde al collo: “Hanno pagato, vogliono vedere che mi scopi.”
Scivola giù spogliandolo dei pantaloni, strofina il viso sotto i coglioni e risale leccandolo fino al mento. Gli sfugge quando tenta di baciarla, gli balla intorno svolazzando il gonnellino, il bacino ipnotizza tutti. Lo stuzzica da troietta, lo carezza e tocca, si piega a squadra, gambe aperte e mani sulle ginocchia, e gli twerka contro mimando una scopata. Poi finalmente gli libera il cazzo e lo succhia di profilo per il pubblico.
Lea è a novanta gradi. Gli occhi annebbiati dal piacere sono rivolti alla sala buia. Non li vede ma li tiene per le palle. Pablo la trattiene per i capelli e lei mostra a tutti quanto sta godendo: oscilla al ritmo della scopata, ansima tra i denti e svela appena il piercing sulla lingua.
È solo un attimo, come una gelida folata: sullo sfondo nero intravvede una maschera bianca che la osserva.

“No, Pam, non vengo, non me ne può fregar di meno del vostro aperitivo.”
“Ma daiii, ci siamo tutte, è per salutarci. Partiamo martedì, poi non ci vediamo più... È domenica, cazzo hai da fare?”
“Mi sto vendicando.”
“Nooo!!! Sei con lui?!”
“Da due giorni, ahah!
“Com'è com'è?”
“Un animale da sesso. Ha la bestia sempre armata, io devo solo dargli da mangiare.”
“Ahah cazzo Lea, devi raccontarmi!”
“Ma se tu ce l'avrai per due mesi!”
“Seee, quella troia mi cava gli occhi.”
Riattacco, è entrato Pablo. “Cinque minuti e butto la pasta. Hai fame?”
“Chi era?”
“Pam, la tua collega.”
“Io non parto, resto con te.”
“Non fare il coglione. Prima il lavoro, lo sai.”
“Non voglio tornare da lei.”
Beh, un po' mi spiace lasciarlo andare e non avere più 'sto puledro nudo per casa. Cerco una pasticca qualsiasi fra i cassetti della cucina e la inghiotto. Lo bacio un istante, per annusarlo. Cazzo, ha un fisico da paura. Gli carezzo la bestia penzolante. “Amico, spiace anche a me, ma Soledad resta un problema tuo: ti tocca scoparla.”
“Io voglio solo te.”
La bestia mi si rizza in mano. Mi cala il sangue.“Ahah, ma non sei stanco?!”
M'afferra da dietro e mi risale in culo con una botta sola. Occazzo, spengo la fiamma e mi chino sul lavello. “Quando ritorno ti scopo un mese di seguito!”
“Sì, e poi?”
“T'inculo al Tijuana, davanti a tutti!”
No, cazzo... non il Tijuana, non voglio pensarci. M'afferra sotto con entrambe le mani e mi spinge la bestia fino allo stomaco. M'artiglia e penetra la figa con le dita, stronzo, così non vale! “Scopami, stronzo.”
Fottiti Soledad.

§ -7 - §

Lea annaspa sulle lenzuola, non trova il cellulare. È Zack.
“Lo sapevo!, stai ancora dormendo. È giovedì, cazzo!, hai il provino!”
“Dove sei?”
“A Lione, benedetta ragazza, non posso mica ricordarmi io di svegliarti! Corri, cazzo! Corri o te lo perdi”
Getta il cellulare e si butta sotto la doccia inseguita dalla nausea. Bestemmia, odia svegliarsi così. Ha la faccia devastata, la mano trema truccandosi. Fanculo, il caffè lo prenderà per strada. Non ha un cazzo di decente da mettersi. Fanculo, annusa una tuta, la mette, spera sia pulita. Cazzo le chiavi!? Sono tra la biancheria. Scende di corsa in strada e si blocca davanti alla Punto. Le hanno tagliato le gomme. Squarciate tutte e quattro.

Okay, mi siedo ed attendo che mi chiamino in ufficio solo perché ho dato di matta per farmi fare il provino con tre ore di ritardo. Facevo meglio a lasciar perdere, è andato di merda che peggio non poteva. Cazzo, sono troppo incazzata e mi parla la pancia.
C'è un distributore, scelgo uno snack. Cazzo, un euro e trentacinque! Un morso e lo butto via. C'ho una nausea da vomitare. Cazzo ho bevuto ieri?
Mi chiamano per ultima. Okay, mettiamo fine a questa giornata del cazzo!
Nell'ufficio c'è solo un tizio, gli altri se ne sono già andati. So già tutto.
È quasi più imbarazzato lui di me per l'esibizione pietosa. “Sai ballare ma oggi non era proprio giornata! Ti dico subito che la coreografa non ti vuole, per via dei tatuaggi... Eppure per me ti danno quel qualcosa in più. Se vuoi ne possiamo parlare, ma s'è fatto tardi, è quasi ora di cena... magari davanti a una pizza.” Mi guarda da porco.
No, non sono in grado nemmeno di farti un pompino, ti vomiterei addosso. Me ne vado senza salutare.
Ecco, ho mandato fanculo un'altra occasione, Zack mi ucciderà.
Se becco il bastardo che m'ha tagliato le gomme gli taglio le palle!
Stringo le chiavi della Punto. Il marciapiede è deserto. Rigo una portiera senza rallentare il passo, magari è l'auto di quel porco.
Un colpetto di clacson. Cazzo!!, c'è dentro qualcuno!
Scatto via velocissima. All'angolo mi guardo indietro, non è sceso!, e corro ancora più forte. Corro per tre isolati con le orecchie tese, col terrore di sentire un'auto che m'insegue. Taglio in diagonale il viale e salto su un bus fermo, pieno di gente. Si chiudono le porte e riparte. Spintono tutti per andare sul fondo. Nessuno m'insegue, evviva!
Cazzo che paura, ho il fiatone. Mi sembra d'essere tornata bambina, quando rubavo le pannocchie.

§ - 6 -§

Lea bestemmia e piange miseria col meccanico.
“Quattro gomme e carro attrezzi, non posso proprio farti di meno.”
Non può crederci, la Punto le è costata una sassata.
Può permetterselo, lo sa, ma sta male. È più forte di lei, non può vedere il suo conto scendere, piuttosto smette di mangiare e comprar vestiti.
“Okay.” Paga e se la porta via.
Ai semafori cerca sul sito, ci sono sempre avvocati e manager. Le suonano dietro, manda a fanculo senza guardare nello specchietto. Risponde ad un annuncio lasciando il whatsapp.
Parcheggia al centro commerciale. È rilassata, le piace girovagarci il primo pomeriggio quando è semivuoto, sente gli sguardi che la seguono. Cerca svogliatamente tra i costumi sotto gli occhi attenti della commessa.

Tranquilla stronza, non rubo niente.
M'arriva una video chiamata. “Sei carina! Dove sei?”
“Sto scegliendo qualcosa per il mare, domani parto.”
“Ah!... Ma puoi stasera?, cerco per una notte in motel.”
“Amore, dimmi prima se il regalo che fai è quello che hai scritto.”
“Certo, però è per la notte... per una cosa completa.”
M'inquadro davanti allo specchio.
“Azz, se sei figa... Sei maggiorenne, vero?”
“Vengo con la mia auto. Dimmi dove, amore.”
“Okay, mi piaci, ma ci siamo intesi?... Hai capito cosa voglio?”
Eccolo!, ho trovato il bikini che cercavo. “Sì, amore...” C'è anche rosso corallo. Mi sta meglio turchese o corallo? “... certo, sono completa.”
Ci mettiamo d'accordo in fretta ed alzo lo sguardo in cerca della commessa. Mi si avvicina una ragazzina: “Vuoi provarlo?”
“Sì... ma dov'è finita l'altra commessa?”
“Quale? Nel pomeriggio ci sono solo io.”

§ - 5 - §

Da tre giorni Lea è con loro. Vanno e vengono, sono sempre metà di mille nella villa di chissà chi. Mangiano pizzette, bevono, sparano musica, fanno festa e trombano in piscina. Il pomeriggio dormono in spiaggia.
Questa sera minaccia temporale. Lea ritorna nella festa insieme ad un ragazzo. É in bikini turchese, si avvolge le spalle nel pareo trasparente, trema leggermente. Gli occhi umidi sono da sveltina in spiaggia. Il tipo la molla subito.
Un'amica si alza e le va incontro. Le carezza il viso fra le mani, sussurra qualcosa e la spinge contro la colonna ficcandole la lingua in bocca. Lea si lascia limonare e palpare, ma poi se ne libera stancamente e da un tavolino ruba il gin tonic di qualcuno.
Non sa dove andare, alza un braccio e fa gonfiare il pareo al vento che soffia nervoso; si gonfia come una vela sopra la sua testa, lo segue sorseggiando il drink. Balla da sola attorno alla piscina luminosa. Si muove lenta fra coppie e lettini senza sentire la musica. Un tizio col torace tatuato le prende il bicchiere di mano e lo passa ad una lì vicino. Le stringe il mento e col pollice le sfiora in giù il labbro, vuole vederla bene negli occhi.
“Vieni.” Le mette il braccio in spalla e se la porta via.
l pareo cade nell'acqua azzurra.
Arrivati all'ingresso della villa le dà un pacca sulla chiappa e la manda avanti verso tre amici a torso nudo e muscoli tesi. “Ci scopiamo insieme questa figa?”
Lea s'incolla al primo e lo bacia con la lingua.
Li dividono, ognuno vuole capire quant'è puttana. Il tizio tatuato la solleva da dietro, senza alcun sforzo, e se la butta in spalla come un sacco: “Cerchiamo un letto.”
In camera non hanno fretta. Il tizio si mette comodo, gambe larghe e cellulare in mano, e si riprende orgoglioso il cazzo. Lea, gattoni sul letto e culo in aria, glielo lecca fissando il cellulare, mentre gli altri riprendono primi piani di figa e buchetto.
Un lampo illumina la camera ed il tuono è immediato, uno schianto che li paralizza. Poi è una gara a scoparsela.

Figa se sto male! Sono agitata, è come se avessi una voce dentro. Non so, mi si inceppano i pensieri e voglio star da sola in spiaggia, lontana da tutti. Chiamo Pam, dovrebbero essere ad Aix-en-Provence.
“Lea! l'hai saputo?, te l'hanno già detto?”
“Cosa?”
“Pablo è stato investito, è in ospedale.”
“No!! Come sta?”
“Non lo sappiamo, ha la caviglia fracassata, dicono che può rimanere zoppo, ma è ancora in sala operatoria.”
“Non ci credo!... com'è successo?”
“Appena giù dal pullman, stava attraversando la strada sulle strisce. L'ha travolto un'auto che non s'è nemmeno fermata, un pirata della strada.”

§ - 4 - §

L'appartamento è disordinato, vuoto da cinque giorni. Abiti e biancheria ovunque, i piatti sono accatastati nel lavello. Nei cassetti bollette, pubblicità, riviste, braccialetti di plastica... Nascoste sotto tutto ci sono delle conchiglie e la foto di una vacanza: sua madre che la protegge mentre il fratellino spara col fucile ad acqua.
Girano la chiave.
È Lea che rientra all'alba. Non accende la luce, non vuole vedere il casino. Lancia via le scarpe e gira a piedi nudi. Trova solo un tubo di pringles mezzo vuoto. Si siede sulle gambe e cerca il telecomando.
Il televisore si apre su un canale di televendite mai visto prima. Un tipo in cravatta descrive dei quadri inguardabili con una voce odiosa. Cazzo è 'sta roba?, cambia canale proprio mentre appare un quadro rosso con una maschera bianca. Ha un sussulto, è la stessa del Tijuana Beach.
Torna indietro, dov'è finito? Scorre centinaia di canali ma la televendita è sparita.
“Io sto diventando scema.”, ride nervosa. Cerca un film già visto e s'addormenta.
Il televisore torna sulla televendita.


“Ciao Pam, come sta Pablo?”
“Non so, ormai dovrebbero averlo dimesso. Ho sentito che andava da un parente a Parigi. Tu non l'hai chiamato?”
“Settimana scorsa... e il tour com'è?”
“Lascia perdere, una morte!... No, gli spettacoli vanno anche bene, piacciono parecchio, ma c'è sempre un'aria irrespirabile, Soledad è fuori di testa... Tu invece? Ti sento strana.”
“Devo venir via. Cerco casa.”
“Stai ancora nell'appartamento di quello che ha le palestre?”
“Appunto, devo venir via.”
“Beh in effetti dovresti... da quanto tempo non state più insieme?”
“Ma da subito, è durata un mese... una storia assurda!”
“Quello t'avrebbe sposata. Sei una scema, è ricco e mi dicevi che scopa da dio. Ahah!”
“... Posso andar da te? Solo in queste settimane, mentre tu sei via, poi...”
“Cazzo Lea, darti le chiavi di casa mia?! Tu sei una casinista, io adoro la mia casetta, finiremo col litigare.”
“Ti prego!, non tocco nulla... non so più che dirgli.”
“Okay, Lea, facciamo così: tu ti prendi un altro mese con lui e quando torno vieni a vivere da me. Giuro, dividiamo l'affitto a metà. Ci stai?”
“Ti amo, cucciola.”
“Mi manchi.”

§ - 3 - §

Ginko è incazzato con quella stronzetta. Odia aspettare sul pianerottolo, si sente osservato. Sa che è in casa, prova a risuonare per la terza volta.
Questa volta la porta si apre. Spinge ed entra chiudendo subito.
Lea ha su le cuffie. È spettinata bellissima, in top e mutandine.
“Sei un schianto Lea, hai preso il sole?”
“Sono stata al mare, da amici.” Si solleva sulle punte dei piedi e gli dà un bacetto. “Anche tu sei abbronzato.” Sorride da puttanella e lo sfiora.
Ginko la tiene per i fianchi nudi. “Non fare la troia.”
“Perché?, è quello che vuoi... non sei passato per l'affitto?”
Parte uno schiaffo. La ribalta sullo schienale del divano, le abbassa le mutandine, bestemmia dal male spingendoglielo in culo, poi ruggisce mozzandole il fiato. E la sbatte da paura, con tutto il peso, rallenta solo quando sente scricchiolare il divano.

Mi stringe il viso, è spaventato. “Scusami, scusa! Non so che m'ha preso.”
Mi raggomitolo sul divano, sono sudata marcia. Mi carezza la guancia che brucia ancora, cazzo!, sono così pirla che mi rimetterei con 'sto bastardo. “Lascia perdere.”
“Non volevo, Lea, sei troppo bella, mi fai sempre incazzare, tu e le tue...”
Cazzo, ma si rende conto di quant'è ridicolo? Mi sta parlando col cazzo ancora fuori. Allungo la mano e lo tiro più vicino. Mi pulsa in mano, m'ero innamorata di lui.
“Dammi ancora un mese, Ginko, poi vado a stare da un'amica.”
“Okay, Lea, è meglio... Per me potresti restare quanto vuoi, lo sai, ma si lamentano tutti, è una palazzina elegante, devi aver più rispetto.”
“Sono dei merdosi! Pensano che faccio la puttana, io non... non ho mai portato nessuno qui, credimi!”
“M'hanno chiamato stamattina.” Mi guida la nuca verso il suo cazzone. “Dicono che non hanno dormito, che li hai tenuti svegli tutta notte con le tue urla!” Mi poggia la cappella sulla lingua. “Ahah, Lea, li hai sconvolti con le tue urla da cagna! Non voglio sapere con chi scopavi, ma datti un freno, okay?, non puoi tenermi sveglio tutto il palazzo! Intesi?” Me lo spinge in gola.
Stronzi! Io manco ero a casa stanotte.

§ - 2 - §

Al Tijuana Beach stasera lavora con un brasiliano, un vero professionista che la scopa senza passione in noiosi numeri da circo. Lea ha gli occhi chiusi, non guarda mai verso la platea nera.
In camerino chiama Pablo. “Ciao, come va?”
“Niente... torno a Cuba.”
“Fammi sapere.”
Riattacca, non vuole pensare a lui. Si agita.
Passa a ritirare il compenso. “Settimana prossima c'è una festa privata, un addio al celibato. Vogliono te. Che dico?”
“Quanto?”
Non vuole andarsene, i locali che si svuotano lentamente le mettono un dolce languore. Sorseggia un margarita al banco insieme a due ubriachi. Si osserva riflessa in cento specchi, alle pareti ed al soffitto, e scruta continuamente fra la gente in sala come se cercasse qualcuno. O temesse d'incontrare qualcuno.
Gioca con i due stronzi, vuole ridere. Li fa sbavare, chiede come ce l'hanno, promette sesso e poi li manda fanculo.
Cammina sulla ghiaia del parcheggio ascoltando i propri passi. La Punto è sotto gli alberi. Le gira attorno per controllare le gomme e ci sale sbattendo la porta su questa serata del cazzo.
Non parte! Cazzo cazzo cazzo!, picchia sul volante. Ci vuole quasi un'ora e una mezza dozzina di coglioni per capire che si dovrà chiamare domani un meccanico.
Roberto, quello della sicurezza, può riportarla a Roma, ma solo fino al capolinea. Okay.
Non vuole parlare, ascoltare, pensare. Lo spompina mentre guida.

Fa un freddo del cazzo, ho le gambe gelate.
L'autista sta fumando sul piazzale. Mi osserva arrivare senza staccarmi gli occhi di dosso. Gli alzo il dito medio e salgo sul bus vuoto. Mi seggo dietro, sulla ruota, e mi raggomitolo subito puntando i piedi sullo schienale davanti. Fa un po' meno freddo.
Finalmente si chiudono le porte e parte. Ci sono solo io, è la prima corsa del mattino.
Ingollo una pasticca, non voglio addormentarmi e saltare la fermata. Alzo il volume delle cuffie. In fondo è bella la città a quest'ora, ma è una vita di merda viaggiare in bus. C'è un tanfo irrespirabile che m'arriva ad ondate.
Ad una fermata sale una peruviana col suo bimbetto per mano. Che cazzo di vita!, se lo porterà dietro al lavoro. Traballa insicura fino alla macchinetta per timbrare. Quando mi vede spalanca gli occhi e volta la testa al bimbo. Incespica fino alla porta centrale e s'arrampica per schiacciare il campanello troppo in alto. É buffa. Non si volta più verso di me, ha il volto tirato e cerca di nascondere il figlio. Alla fermata scende trascinandoselo via.
Ma che stronza!? Ma va' a farti fottere baule di merda! Che cazzo c'ho?, non sono mica una troia, cogliona! Ma guardati.
Poi rido da sola. Per un istante ho creduto d'essermi scordata le mutandine.
Rido ma sono troppo incazzata per quella stronza ed il bus è lentissimo. C'è un tanfo schifoso, insopportabile.
Non mi alzo per suonare, urlo che scendo alla prossima. Quando si aprono le porte salto giù salutando l'autista col dito medio.
Il bus riparte sorpassandomi. Con la coda dell'occhio vedo un'ombra nera. C'era qualcun altro sul bus! Era seduto dietro me.

§ - 1 - §

Getta via i vestiti ma si sente ancora quell'odore addosso. Lo chiama.
“Lea? Ma sai che cazzo di ore sono? Cazz'è successo stavolta?”
“Scusami Zack, ma devi trovarmi un lavoro, anche all'estero, dove vuoi tu, io devo venir via da Roma!”
“...! Cos'hai? Sei strana. Devi smetterla con quella merda!”
“Sì sì, te lo prometto, non ne prendo più, ma tu devi trovarmi un lavoro!”
“Okay, ci penserò. Ma ora fatti una dormita, ti chiamo io.”
Lea ingolla quel che trova e si butta sotto la doccia. Va subito meglio e si sente una scema: ha vergogna d'aver chiamato Zack

Mi chiamano, chi cazzo è?, il cellulare non funziona. No è alla porta.
È Ginko, che mi spintona incazzato. “No, tu non mi prendi più per il culo! Basta!, trovati subito un'altra casa, qui non puoi più restare.”
Non capisco un cazzo, mi gira la testa, Ginko m'insegue dappertutto, mi chiudo in bagno con lui che urla fuori, come cazzo si fa a svegliarsi così? Esco, Ginko mi segue in cucina, sono le due, cerco qualcosa da inghiottire, sbatto i cassetti in cucina, metto le mani in testa. “Si può sapere che cazzo è successo!?”
“Cazzo è successo?!! Che stanotte stavano per chiamare i carabinieri! Porca puttana! Non l'hanno fatto solo per me, ma ora tu te ne vai!”
“I carabinieri?!”
“Non provare a fare la stronza con me! T'ho avvisata di non far più casino!... m'hanno detto che hai urlato tutta notte peggio d'una cagna!”
Improvvisamente si ferma il mondo. Sono calma e sveglia. “Ginko, ti stanno prendendo per il culo! Io stanotte non c'ero, ero al Tijuana.”
Ha un attimo d'esitazione. “No, no...” indica il tubetto che ho in mano “Tu ormai non sai più nemmeno dove sei!”
Cazzo che stronzo! È solo uno stronzo da mandare fanculo. Lo odio, ma merda, che mi prende?, sto pensando al suo cazzo. Non posso non pensarci, ma riesco a controllarmi e non abbasso gli occhi, non gli do questa soddisfazione.
Inspiro e chiudo gli occhi, spero che se ne vada, che sparisca. No, voglio che mi salti addosso come ieri, che mi violenti, che mi ficchi in culo il suo cazzo duro... Li apro: è ancora davanti a me.
Devo bere, io qui sto dando fuori! Prendo una redbull. Mi guarda bere. Cazzo, la metto subito giù ed allontano la mano: questo coglione s'è sempre vantato d'averlo largo così... ed è vero, porca puttana, è vero... perché non mi salta addosso?
“Okay, me ne vado oggi! Ti libero subito la tua casa di merda.”
“... sai già dove andare?”
Il coglione è già pentito! “Cazzi miei... Tu devi riprenderti la tua roba.” Mi sento dire. Ho tutto davanti come al cinema, so cosa farò. Cazz'ho preso? Non sono fatta, sono lucida, eppure non posso fermarmi.
Mi segue in camera, non capisce. Chiudo la finestra e da sotto il letto tiro fuori la valigia di plastica. Gli si tende il viso. “Tu invece sai sempre dove sei, vero?, tu hai rispetto per questi segaioli di merda!” La apro sulle lenzuola.
Ginko la fissa in trance.
“Ricordi?, tu non hai mai disturbato i tuoi vicini, non facevi mai casino... nessuno poteva sentirmi con questa.” Sollevo per l'elastico la pallina rossa.
Ginko non stacca gli occhi dai suoi giocattoli neri. “Sei una cagna.”
Vado a fuoco, non resisto, voglio il suo cazzo bastardo. “Hai paura che sentano? Mettimi questa.”

§ - - §

Lea... Lea! Non fingere di dormire.
Sei pentita? Tu ti penti sempre troppo tardi.
Me l'hai sconvolto, povero Ginko! È colpa tua, solo tua. Lo sai, tu tiri fuori il peggio dalle persone.
Non cercare di piangere. Nessuno ti crede.
Senti? Stanno grattando alla porta, Lea.
Non fingere di dormire, vieni ad aprire.

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