L'incesto di Gianna e Dino

Scritto da , il 2022-11-15, genere dominazione

L’incesto di Gianna e Dino

Dino
Il mio nome di battesimo è Donato, ma tutti mi hanno sempre chiamato Dino. Sono in età da pensione, ma non so stare senza il mio lavoro; ho trascorso una vita tranquilla e modesta. Mia moglie non ha mai fatto mancare l’affetto e le mie due figlie, Gianna e Serena, sono state delle ragazze senza troppi grilli per la testa; molto diverse tra loro, Gianna più intraprendente e sensuale, Serena più posata. Prediligevo Serena, con il quale avevo un rapporto schietto tra padre e figlia. Gianna era sfuggente e molte volte mi ero trovato a sbirciarla, troppo sensuale e provocante perché un uomo, anche se il padre, potesse rimanere indifferente. Ovviamente era un mio pensiero di cui mi vergognavo e faticavo ad ammetterlo anche a me stesso. Finché è successo, più per l’intraprendenza di Gianna che per mio coraggio.

Gianna
Non sono una bellezza convenzionale, ma mi sono sempre piaciuta. Capelli rossi, gran bel culetto, bassina, raggiungo il metro e sessanta, e molto provocante. Ho una vita sentimentale agitata, alla perenne ricerca del principe azzurro; mi sono laureata con un po’ di fatica, così come professionalmente ho avuto qualche intoppo, ma adesso mi sono ritagliata uno spazio in uno studio legale. In famiglia ho sempre avuto la fama, forse meritata, di essere superba; completamente diversa da mia sorella, eroticamente sempre affamata. Non credevo di poter diventare l’amante di mio padre; spesso mi sono divertita a provocarlo, ma per un gioco fine a se stesso che, avevo sempre pensato, non avrebbe mai avuto un prosieguo reale…sino a quella volta…




Gianna
Tutto ebbe inizio con il parto di mia sorella.
Viveva in un’altra città, da anni, ad ottocento km dalla nostra, dove, invece, vivevo io, a casa mia, ed i miei genitori, nella loro.

Mia sorella aveva appena partorito, per altro con qualche difficoltà, per fortuna, risoltasi, così mamma decise di trasferirsi da lei per un po’ di tempo, lasciando solo papà, assicurandosi che, anche se vivevo a casa mia, avrei avuto cura di lui.
Non mi fu difficile mantenere la promessa fatta a mamma, ma certo non avrei mai immaginato di arrivare dove, poi, sono arrivata.
D’accordo con papà, il sabato sera sarebbe venuto a dormire a casa mia così da stare insieme la domenica mattina sino a dopo il pranzo.

Il primo sabato trascorse normalmente, almeno così credevo. Uscii con il gruppo di miei amici, tirandomi per far colpo su un ragazzo che, però, non mi filava. Indossai un tubino nero, molto aderente ed abbastanza corto, con un paio di décolleté nere con tacco12; tornai a casa intorno all’una e trovai papà che dormiva sul divano letto. Cercai di fare meno rumore possibile, mi spogliai, mi preparai per la notte e mi sistemai nel letto; faticavo a prendere sonno e la mano scivolò tra le cosce; mi masturbai, senza accorgermi che papà mi stava guardando con un gioco di specchi in quanto, ingenuamente, avevo lasciato, come per altro mia abitudine, la porta della camera aperta.

La mattina mi svegliai e trovai papà già in piedi, eravamo entrambi molto mattinieri; facemmo colazione e mi chiese se mi fossi divertita il giorno prima; naturalmente non fece cenno a quel che mi aveva visto fare, né io intuì minimamente nulla. Indossavo una t-shirt bianca non tanto lunga, comunque non abbastanza da coprirmi il culo ed il perizoma, ma per me non era una novità stare in casa comoda, anche in presenza dei miei genitori.
Mangiai qualcosa e presi il succo all’arancia. Papà me lo aveva già preparato nel bicchiere; ne presi un sorso e mi fermai, aveva un sapore strano, molto salato. Non potevo certo immaginare che mio padre ci aveva pisciato dentro, e continuai a berlo sino a svuotare il bicchiere.





Dino
Gianna, Gianna, non facevo altro che pensare a mia figlia. Non avevo più il terrore di ammettere a me stesso quanto mi eccitasse; all’inizio di vergognavo terribilmente, mi ripetevo che non potevo nutrire quei desideri per mia figlia; con il tempo, lentamente, ho imparato ad accettare questo mio lato, forse malato, ma che c’era ed era inutile nasconderlo.
Mi convinsi un giorno, quando di nascosto presi il suo telefono e spiai alcune sue chat. Era chiaro che a Gianna piacesse molto farsi dominare; dalle chat, soprattutto con due suoi amici, emergeva questa sua passione per la sottomissione. In un video era ripresa lei che si faceva pisciare addosso da un uomo; in un’altra chat, parlava apertamente di farsi pisciare in bocca; da quel che lessi, le piaceva molto farsi inculare. Quelle parole ebbero il potere di farmi superare il confine e di farmi ammettere che sì, desideravo moltissimo mia figlia.
Quando mia moglie partì per raggiungere l’altra mia figlia, decisi, insieme con Gianna, di trasferirmi da lei per il sabato, così da pranzare insieme la domenica. Immaginavo il sabato sera con Gianna, ma mi sbagliavo perché, ovviamente, lei non modificò il suo stile di vita ed il sabato continuò ad uscire con i suoi amici.
Il primo sabato, mi ritrovai da solo in casa sua. Ne approfittai per spiare tra le sue cose. In un cassetto c’erano alcuni suoi slip che presi ed annusai. Sapevano di pulito ed io volevo sentire il profumo della sua figa. Andai a rovistare nel cesto delle robe da lavare e presi un paio di mutandine. Quelle sì che sapevano di Gianna; mi voltai e vidi il suo spazzolino da denti. Come un automa, lo presi e ci pisciai sopra; lo rimisi nel portaspazzolino che grondava urina. Presi uno scottex e lo imbevvi con la pipì caduta nel water, per poi andare a bagnare il cuscino di Gianna. Ero completamente fuori di testa; quella donna, mia figlia, mi faceva andare completamente fuori di testa.

Il resto della serata la trascorsi sul divano, davanti alla televisione; avevo sborrato su un suo slip e l’eiaculazione aveva provveduto a far passare un po’ di carica erotica; tornai a vergognarmi per quel che avevo fatto, pensavo continuamente agli slip di Gianna, riposti nel cassetto, pieni del mio sperma, indeciso se metterli a lavare o lasciare che li indossasse quanto prima, ero assorto in quei pensieri finché mi addormentai.

Sentìì Gianna aprire la porta, ma forse per la vergogna, feci finta di riposare. Aprii leggermente gli occhi e la vidi uscire dal bagno nuda; quando fui sicuro fosse a letto, mi alzai in silenzio. La sentivo gemere; grazie ad uno specchio, riuscii a vedere che si stava masturbando. Quella scena non la dimenticherò mai; mi domandai, anche, se fosse il caso di entrare e di approfittare del suo stato di eccitazione, ma la lucidità ebbe la meglio e godetti lo spettacolo di mia figlia che si masturbava voracemente.

La mattina seguente, le preparai la colazione; approfittai ed allungai il succo di arancia con qualche schizzo di piscio. Dopo il primo sorso rimase perplessa, ma continuò a bere sino a svuotare il bicchiere.
Indossava solo una t-shirt bianca molto corta, tanto da non coprire il culo ed il perizoma, eccitandomi da morire.
Avevo fatto bene a sborrarle sul perizoma che adesso indossava; avevo fatto bene a pisciarle sullo spazzolino da denti e nel bicchiere del suo succo all’arancia.





Gianna
Il sabato seguente ero decisa a far breccia in questo mio amico; osai un micro abito, davvero micro, calzai un paio di scarpe tacco14. Quella sera fu particolarmente negativa e, per affrontare meglio l’insuccesso sentimentale, mi buttai sul vino; bevvi molto, troppo e tornai a casa decisamente brilla.
Papà era sveglio, sul divano davanti alla televisione. Senza nemmeno levarmi le scarpe, mi sedetti al suo fianco
“papì, cosa stai vedendo? Posso stare un po’ con te, non ho sonno”
“certo Gianna, vieni. Sto vedendo un film, ma se vuoi vediamo qualcos’altro”
“no, va bene quello che stai vedendo tu, ho voglia solo di un tuo abbraccio”
La mia richiesta era stata del tutto ingenua ed affettiva di una figlia al proprio padre. Non mi ero accorta che il micro abito, davvero micro, sedendomi, si era completamente retratto, scoprendo tutte le cosce e, accovacciandomi su mio padre, mostravo tutto il mio fiorente culo.
Papà indossava un pigiama molto sottile, faceva ancora caldo, del resto eravamo in pieno agosto, e vidi distintamente la sua eccitazione. Probabilmente, pensai, non indossa slip. Sorrisi per essere l’artefice di quella reazione fisica di mio padre. Poverino, pensai, la mamma è partita e chissà da quanto tempo non sfoga i suoi desideri sessuali.
Il vino fece i suoi effetti, insieme con la voglia irrefrenabile che avevo di un cazzo.
Allungai la mano per sfiorargli la patta.
“Giannaaaa… che fai?”, non ero un rimprovero, era un gemito
“scusa papà, mi è venuto naturale, mi dispiace vederti così e non poter fare nulla”
allungò una mano sulle mie cosce nude, quasi all’altezza del culo. Fu il segnale che potevo continuare, così trovai il coraggio ed infilai la mano sotto il pantalone del pigiama, trovandolo durissimo. Gli abbassai il pantalone, volevo vedere il suo cazzo. Lo avvolsi con la mano ed iniziai a segarlo. Gli guardavo la verga che segavo lentamente; non avevo il coraggio di guardare mio padre negli occhi, ma lo sentii abbandonarsi e godersi la pugnetta della figlia.
Raccogliendo tutto il coraggio, mi abbassai lentamente con la testa, finché sentii la sua mano sul mio capo ed una leggera e timida pressione per portarmi a prenderlo in bocca. Non lo feci attendere, mi abbassai, iniziai lentamente a leccarlo. Gli inumidii il glande, lo scappellai con la mano e me lo infilai in bocca.
Non potevo crederci, stavo facendo un pompino a mio padre.
Gli raccolsi le palle in mano, gli solleticai il buco del culo con un dito e tenevo il suo cazzo in bocca. Mi ritrovai a volergli dimostrare quanto fossi brava.
Lo sentii pulsare nella mia bocca, e mi fermai; non volevo che venisse, non volevo terminare lì quel meraviglioso rapporto sessuale.





Dino
Il sabato seguente tornai a casa di Gianna; avevo qualche idea su come trascorrere la serata; per tutta la settimana avevo evitare di eiaculare, per tenermi quanta più sborra possibile per lei e per i suoi indumenti.
Arrivai a casa sua poco prima che lei uscisse.
Indossava un micro abito, cortissimo, troppo corto.
Volevo aspettarla sveglia solo per vederla di nuovo con quel vestitino; per tutta la serata l’avevo immaginata e non avevo sborrato perché volevo riversare tutto lo sperma nel suo cappuccino della mattina dopo.
Ero sveglio, sul divano davanti alla televisione, quando la sentii rientrare.
Venne subito da me, sedendosi al mio fianco.
Mi imbarazzai, ma cercai di mascherarlo; anche perché il suo microabito si era completamente retratto, scoprendo tutte le cosce ed il culo.
Mi disse che aveva voglia di un mio abbraccio, probabilmente per via della serata che, evidentemente, non aveva preso la piega che sperava.
Ero eccitatissimo.
Non mi sarei mai aspettato di sentire la sua mano sfiorare la patta del mio pigiama.
“Giannaaaa… che fai?”, non ero un rimprovero, era un gemito
“scusa papà, mi è venuto naturale, mi dispiace vederti così e non poter fare nulla”
Adesso o mai più, pensai.
Allungai una mano sulle sue cosce nude, quasi all’altezza del culo.
Lei non mi fermò, anzi, infilò la mano sotto il pantalone del pigiama, trovandomi eccitatissimo. Mi spogliò, rendendo visibile tutta la mia voglia, lo avvolse con la mano e mi masturbò.
Non ci potevo credere. Gianna mi stava segando. Faticai a non venire; avevo le palle piene di sperma, lo avevo conservato per schizzarlo, di nascosto, nel suo cappuccino l’indomani; invece lo avrei potuto dare direttamente a lei. Ero completamente in un altro mondo.
Aveva la testa sempre più vicina alla mia verga, le misi timidamente la mano sul capo, spingendola impercettibilmente. Si abbassò ed iniziò a leccarlo, per poi infilarselo in bocca.
Non potevo crederci, Gianna mi stava facendo un pompino.





Gianna
Lo sfilai dalla bocca ed ebbi il coraggio di voltarmi e guardarlo. Mi avvicinai con le labbra alle sue, ci baciammo; senza dire nulla, mi alzai, mi spogliai del microabito e rimanendo in slip (non indossavo reggiseno) e scarpe, lo presi per mano e lo portai in camera da letto.
Lasciai volutamente la luce in corridoio accesa, per avere una luminosità soffusa in camera da letto; ero talmente inebriata da quella situazione che volevo godermi ogni attimo, con ogni senso, non ultimo quello della vista.
Mi tolsi le scarpe e mi sfilai gli slip, così nuda, mi misi carponi sul letto.
Papà si spogliò velocemente e mi raggiunse sul letto; mi accarezzò il culo; sapevo quanto potesse piacere e mi divertivo a mostrarlo. Mi baciò le chiappe, i baffi mi fecero il solleticò, aprì le chiappe e mi leccò il buco più intimo. Iniziai ad impazzire. Mi inculò con la lingua per poi leccarmi le labbra della figa. Ero un brodo; ero in uno stato di assoluta eccitazione. In quel momento avrebbe potuto chiedermi qualsiasi cosa. Infatti lo fece.

Lo vidi allontanarsi senza capire perché e dove andasse
“che fai, papà?”
“aspettami qui, torno subito”

Non capii, ma obbedii. Mi spostai dalla posizione carponi e mi sedetti sul letto con le spalle sulla spalliera. Mi accarezzavo la figa, bagnata e caldissima, aspettando il ritorno di mio padre. Lo sentii armeggiare in cucina, e poi sentii i suoi passi tornare verso la camera da letto; si fermò poco prima di entrare in camera e si diresse verso il bagno; lasciò la porta aperta e sentii distintamente lo scroscio della pipì.
Ecco spiegato il motivo, povero papi; doveva semplicemente pisciare.
Finalmente mi raggiunse. Aveva il cazzo in mano, con la cappella rivolta in su; non ne capii il motivo finché non si avvicinò. Il glande fungeva da piccolo contenitore di alcune gocce di pipì.
“porco, il mio papi. Vieni che ti pulisco per bene”, aprii la bocca e me lo infilò tutto dentro.
Sentii immediatamente il sapore inconfondibile della pipì. In passato, alcuni uomini con i quali ero stata, mi avevano pisciato in bocca e non avevo avuto problemi ad ingoiarla; anche papà, evidentemente, aveva la stessa predilezione perché non si accontentò di farmelo pulire, ma schizzò nella mia gola l’ultima parte di pisciata che aveva riservato per la mia bocca. Tossì perché non me l’aspettavo, ma gli sorrisi, ammiccando.
Papà tirò fuori il cazzo dalla mia bocca e mi fece stendere sul letto, aprendomi le cosce; gli offrii la mia figa vogliosa. Finalmente prese il cazzo e mi penetrò, facendomi salire al settimo cielo; mi sbatteva con vigore, facendo montare un’eccitazione che non avevo mai provato. Mi portò al culmine, quindi mi sussurrò che avrebbe voluto giocare con me
“Fai tutto quel che desideri”, gli risposi. Ero completamente obnubilata dall’eccitazione e dall’alcol.
Mi prese per i capelli e mi trascinò sul pavimento, facendomi mettere a quattro zampe; mi ordinò di seguirlo e ci ritrovammo nel bagno. Notai subito il coperchio della tazza sollevato, tracce di pipì ovunque sul bordo e dentro il water, con la pozza piena di piscio, perché non aveva tirato lo sciacquone. Mi prese per i capelli e mi obbligò a leccare il bordo del gabinetto. Era una furia; strattonandomi ancora per i capelli, mi infilò la testa nel cesso.





Dino
Non potevo crederci; avevo il mio cazzo nella bocca di Gianna, la donna che negli ultimi tempi avevo desiderato più di ogni altra cosa, mia figlia.
Mi baciò, la baciai; quel bacio, quel primo bacio, non lo dimenticherò mai.
Si spogliò, mi prese per mano e mi condusse in silenzio sino alla camera da letto.
Ero eccitato, ma anche emozionato.
La vidi, nuda, carponi sul letto; mi spogliai completamente, le accarezzai il culo: era perfetto. Mi buttai a leccarlo avidamente, la inculai con la lingua per poi succhiarle il clitoride.
La sentii vibrare, sapevo che stava mollando ogni inibizione, sapevo che avrei potuto osare qualsiasi capriccio.

Mi allontanai per mettere in atto la fantasia che si era formata nella mia mente.
“che fai, papà?”
“aspettami qui, torno subito”

Andai in cucina, bevvi un lungo sorso di acqua, cercai di calmarmi e presi una zucchina enorme dal frigorifero ed un cetriolo di dimensioni più ordinarie, andai verso il bagno, lasciai lì i due ortaggi e mi misi a pisciare, ma volutamente non tirai lo sciacquone.
Tornai da Gianna, non avevo svuotato completamente la vescica; tenevo il cazzo in mano, con la cappella rivolta in alto, perché tenesse raccolta una piccola quantità di pipì.
“porco, il mio papi. Vieni che ti pulisco per bene”, mi disse, la troia, capendo le mie intenzioni.
La presi per la testa e le infilai il cazzo in bocca, facendole assaporare il sapore della mia pipì.
Pensava fosse tutto lì, invece, prima che tornasse nuovamente turgido, lasciai andare l’ultima schizzata di piscio direttamente nella sua gola; sapevo fosse abituata a farsi pisciare in bocca, avevo letto le sue chat. Lo prese senza problemi, ingoiandolo e sorridendomi.
La feci stendere sul letto e le aprii le cosce, finalmente la sua figa. La penetrai, con delicatezza, per poi sbatterla come la peggiore delle troie. Gemeva, la sentivo contorcersi dal piacere, le dissi che volevo giocare, volevo farle superare ogni limite
“Fai tutto quel che desideri”, mi rispose. Ero completamente obnubilata dall’eccitazione e dall’alcol.
Avevo deciso che, con me, avrebbe fatto quello che aveva rifiutato ad altri uomini.
La presi per i capelli e la trascinai sul pavimento, mettendola a quattro zampe.
“seguimi”, le dissi e la portai nel bagno.
La afferrai nuovamente per i capelli e la obbligai a leccare il bordo del water, sporco della mia precedente pisciata.
Non mi accontentai, le afferrai la testa e la infilai nel cesso.
Gianna leccava tutto, il bordo, le pareti, usava la lingua al posto dello scopino; teneva il culo alto, in bella mostra; avevo il cazzo di marmo, sognavo da tempo di umiliarla e quella sera stavo realizzando molte delle mie fantasie.





Gianna
Da quando ho preso coscienza che il sesso è libertà, ho sempre mostrato un’aperta inclinazione alla sottomissione. Mi è capitato spesso di incontrare uomini a cui eccitava umiliarmi ed alcune volte mi sono trovata a ricevere pisciate in bocca e in faccia. Un paio di volte mi era stato chiesto di farmi scopare con la testa infilata nel cesso, ma mi ero sempre opposta perché non ne ero attratta. Papà, invece, non me l’ha chiesto, ha capito fosse il momento giusto ed ora mi stava facendo fare qualcosa che, in passato e con altri, avevo sempre rifiutato di provare. Mentre ero lì, con la testa nel cesso, sentii qualcosa di molto grosso penetrarmi la figa; non era un cazzo, ma papà lo spingeva come se lo fosse. Mi sentii letteralmente sfondata e mi misi a leccare le pareti del water, mi scoprii attenta a fare quanto più rumore possibile con la lingua affondata nella pozza di piscio e con la bocca pronta a succhiare il fondo del gabinetto; mi ritrovai a pensare se anche la mamma fosse una sottomessa e se avesse mai provato a farsi scopare infilando la testa nel cesso.
Fui destata da un’altra penetrazione; papà aveva infilato qualcosa nel mio culo. Mi stava facendo fare una doppia, mentre avevo la testa infilata nel gabinetto; più spingeva quel che avevo nella figa e nel culo e più godevo, anche, a farmi umiliare. Stavo leccando tutto ciò che la mia lingua trovava nel cesso, quando lo stronzo di mio padre, non ancora soddisfatto del mio degrado, premette il pulsante dello sciacquone. Fui travolta da un’ondata di acqua e piscio che mi bagnò tutto il viso e parte dei capelli. Faticai anche a respirare per alcuni secondi e quando il getto terminò, papà mi sollevò il capo. Mi guardai allo specchio, avevo una zucchina di proporzioni indicibili nella figa ed un cetriolo nel culo; i capelli ed il viso completamente zuppi di acqua e di piscio.
Papà sfilò i due ortaggi e mi disse:
“lavati e raggiungimi in camera da letto”





Dino
Tenevo una mano sulla sua testa per spingerla sempre più giù, nel cesso, presi la zucchina che avevo lasciato prima e la infilai nella sua figa, la spinsi a fondo, vidi la vulva dilatarsi per permettere quell’ingresso straordinario.
Con la mano libera, presi il cetriolo e glielo infilai nel culo; la penetrai con i due ortaggi, le spingevo la testa in fondo al cesso, ero una furia impazzita.
Schiacciai il pulsante dello sciacquone. L’acqua ed il piscio travolse il suo volto, bagnandole anche i capelli. Le tirai fuori la testa, sfilai i due ortaggi: faceva davvero schifo per come era caduta nel degrado; le dissi:
“lavati e raggiungimi in camera da letto”

Tornai in camera da letto per aspettarla.
Arrivò carponi strisciando a quattro zampe. Ero steso, eccitato. Si fermò al bordo inferiore, iniziando a baciarmi e leccarmi i piedi. Sali lungo le gambe, entrò nel letto, si piegò per leccarmi il culo; la favorii, alzando le gambe ed allargandole, offrendole comodamente il buco del mio culo da leccare; era meravigliosamente brava, mi abbandonai con la testa all’indietro per gustarmi quella leccata di culo; prese il cazzo in mano, segandomelo e facendolo sparire in bocca. Lo inumidii per bene, poi venne su di me, ci baciammo e la scopai.
Vibrò per il prorompente orgasmo, e mentre gemeva di piacere, la riempii di insulti ed offese.
“sei una troia, una latrina, un pisciatoio. Domani mi lecchi il culo subito dopo che ho finito di cagare”
Mi sorrise, si girò e si mise carponi; mi sistemai in ginocchio dietro di lei, la presi per i fianchi e la inculai; raggiunse immediatamente un altro orgasmo, ed in quel momento, la presi per i capelli, le sollevai il capo e la feci specchiare mentre continuavo ad incularla.
“adesso svuotami i coglioni con quella bocca da sborratoio”, le dissi
Lo prese in bocca ed iniziai a schizzare; non mi fermavo più, la sborra di giorni e giorni direttamente nella bocca di mia figlia.





Gianna
Mi alzai, mi dolevano le ginocchia ed il collo, oltre all’attaccatura dei capelli, violentemente strattonati da papà, ma quel che più sentivo, era uno stato di eccitazione ed euforia. Mi struccai velocemente, il viso era impresentabile con il trucco che colava in seguito a quella imprevista doccia nel gabinetto. Mi sciacquai la faccia, presi l’asciugamani e lo strofinai sia sul viso che tra i capelli, per cercare di asciugarli quanto prima possibile.
Mi abbassai carponi e raggiunsi la camera da letto strisciando a quattro zampe. Papà era steso, il suo cazzo svettava imperioso. Mi avvicinai al letto, restando sempre carponi, mi fermai al bordo inferiore ed iniziai a baciare e leccare i piedi di papà. Gli succhiai le dita, leccai la pianta, il collo, salii lungo le gambe. Mi sollevai e mi misi sul letto, mi piegai e gli leccai il culo; papà alzò le gambe per favorirmi l’opera. Gli allargai le chiappe con le mani e lo leccai a fondo, intorno all’orifizio ed infilai la lingua dentro, assaporando tutti i suoi sapori. Lo guardai, era in estasi; presi il cazzo in mano, lo segai e lo portai nella mia bocca. Lo leccai avidamente e lo pompai sino a sentirlo pulsare. Gli leccai il pube, il bacino, il petto, lo baciai in bocca e mi lasciai scopare come la più devota delle sue amanti.
Godetti, esplodendo in un orgasmo dirompente, mentre papà mi sussurrava quanto fossi la sua troia, la sua latrina, il suo pisciatoio. Mi disse che l’indomani mattina mi avrebbe fatto fare il bidet con la lingua dopo che avesse terminato di cagare. Gli sorrisi, sapevo già l’avrebbe fatto. Mi misi carponi, lo volevo dietro. Lui mi capì al volo. Si spostò in ginocchio dietro di me, mi prese per i fianchi e mi inculò facilmente; raggiunsi velocemente un secondo orgasmo, mi prese per i capelli e mi sollevò il volto facendomi guardare allo specchio mentre lui, mio padre, mi stava inculando. Arrivò al culmine e mi disse:
“svuotami i coglioni con quella bocca da sborratoio”
Lo feci; lo presi in bocca e raccolsi tutta la sua sborrata, mandandola giù come se fosse una prelibatezza

L’adrenalina erotica si placò; rimasi accovacciata sul petto di papà, accarezzandogli l’addome un po’ pronunciato e la verga che stava perdendo vigore; tutto era iniziato in quella posizione. Papà mi accarezzò i capelli; restammo così per un paio di minuti, quindi mi disse:
“domani vado a casa a prendere un po’ di cose mie e mi trasferisco qui fin quando non torna la mamma”
Sorrisi, era quello che speravo, dissi solo:
“sai quando torna, mamma?”
“spero il più tardi possibile”
Mi destai da quella posizione, lo baciai sulle labbra
“ti accontenterò ogni cosa vorrai farmi fare”, gli dissi; presi la t-shirt e me la infilai; papà rimase nudo. Ci addormentammo così, nello stesso letto come due amanti appagati e felici

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