La Bibliotecaria.

Scritto da , il 2022-08-06, genere etero


Uno dei migliori, e più efficienti, servizi che l'Amministrazione Comunale di *** mette a disposizione dei Residenti, e dei numerosi Ospiti estivi, è, senza tema di smentita alcuna, la "Biblioteca Comunale".
Basta essere maggiorenni ed, esibendo un documento di identità, si può ottenere in prestito, per quindici giorni, un qualunque volume.
Nei moltissimi anni in cui trascorsi le mie vacanze a ***, approfittai, largamente, della suddetta biblioteca, il cui unico neo è, e continua, purtroppo, ad essere, quello di non disporre di un fondo giuridico.
Tuttavia, non tutti i mali vengono per nuocere: la vacanza deve, obbligatoriamente, costituire una "cesura" rispetto alla quotidiana, ordinaria, vita lavorativa.
Nell' estate del 1993, appena giunto a ***, mi ero recato in quel "magazzino di sapere" al fine di vedere di prendere in prestito qualche titolo interessante ma, inspiegabilmente, pur essendo giunto in pieno orario di apertura, trovai la porta sbarrata.
Attesi circa un quarto d'ora e, quando, ormai, mi ero risolto a tornare a casa con le proverbiali "pive nel sacco", venni raggiunto, sul marciapiede, da un omino trafelato.
- Scusi, scusi - disse ansimando - Lei è qui per la biblioteca?
- Appunto...
- Perdoni il ritardo nell'apertura, ma la bibliotecaria ha avuto un contrattempo...io sono il direttore.
Permette? Martinangeli!
- Onoratissimo, Signor Martinangeli, io sono...
- No!...Che piacere conoscerla di persona. Ma lo sa che noi la consideriamo come uno dei nostri più affezionati utenti estivi...
In parole povere, l'ottimo Dottor Martinangeli era grato della fedele diligenza con cui, ogni anno, a partire dal 1981, avevo fatto loro visita al fine di prendere in prestito dei volumi.
Notai che era subito disponibile un titolo che, letteralmente, "bramavo" da tempo di "divorare": lo presi in prestito e tolsi il disturbo.
Ed, in effetti, lo divorai; prova ne sia che, nemmeno dieci giorni dopo, ero tornato sul posto per restituirlo.
Stavolta, la biblioteca era regolarmente aperta: ne varcai l'ingresso su strada, salii le scale ed entrai nella "reception", che trovai del tutto deserta.
Il solo rumore che si sentiva, distintamente, era lo scorrere dell'acqua nel lavandino della "toilette".
Attesi: cessato il chioccolio, subito potei udire un rumore di passi, leggeri, indiscutibilmente femminili, che si avvicinavano, e, finalmente, una donna entrò nella stanza.
Era alta circa un metro e settanta, con occhi castani, leggermente a mandorla; i suoi capelli, anch'essi castani, erano tagliati a caschetto.
L'ovvia abbronzatura estiva, sottolineava il colore, leggermente olivastro, della sua carnagione.
Per finire, indossava un trucco assolutamente sobrio.
Immediatamente, ebbi la sensazione di averla di già incontrata: ma dove?
Di certo, non nel paese: ma dove?
- Desidera? - disse la donna, stampandomi sul viso un abbagliante sorriso a trentadue denti.
- Sono venuto a restituire questo volume e, se non le è di troppo disturbo, stavolta vorrei orientarmi verso la "letteratura di evasione".
Avete una sezione dedicata al romanzo poliziesco?
- Nessun disturbo, per carità.
Ha già in mente un titolo, od un autore?
- Certamente: avete "Uno Studio in Nero" di Ellery Queen?
- Vediamo - disse la donna mentre si sedeva al computer.
Fu allora che ebbi come una folgorazione: l'avevo riconosciuta!
Sapevo chi, cinque anni prima, fosse stata quella donna.
Il Lettore deve, a questo punto, essere informato del fatto che, nel palazzetto ove era ubicato il "boudoir" di Patrizia, vi erano altri due "boudoirs", della medesima metratura e con la medesima "destinazione d'uso". In uno di questi, nella tarda primavera del 1988, avevo fatto la conoscenza di "Claudia".
Mi ero "intrattenuto" con lei diverse volte, con la più totale "soddisfazione", senza che, tuttavia, fosse nato alcun sentimento di amicizia o, quanto meno, di confidenza, come, invece, accadde con Patrizia.
La bibliotecaria si alzò ed entrò in una stanza retrostante, per uscirne, poco dopo, con il volume richiesto.
- Compilo la scheda e glielo consegno...
- Faccia con comodo...mi scusi, potrei usare la "toilette"?
- Si accomodi...
Uscito dalla "toilette", mi trovai alle spalle della donna ed, immediatamente, iniziai ad accarezzarle entrambe le braccia.
- Ma cosa fa?
- Non ti ricordi di me, Claudia?
- Io mi chiamo Francesca *** - affermò in tono reciso, anche se a bassa voce, quasi mormorando.
- Non lo metto in dubbio, ma, nella primavera del 1988, a Roma, in Via ***, ti facevi chiamare "Claudia" e, debbo dirti che, nell'esercizio della "professione più antica del mondo", eri una vera e propria fuoriclasse ...
"Claudia" sospirò, per poi domandarmi, con un tono di voce decisamente indurito:
- Vorresti, forse, ricattarmi?...
- Lungi da me l'idea...però, scommetto che...non ti andrebbe?
Inaspettatamente, la bibliotecaria mi lanciò uno sguardo di intesa e disse:
- Aspetta un attimo - e rapida corse a serrare l'uscio della biblioteca.
Tornata da me, mi prese la mano sinistra e disse:
- Dai, vieni - e mi guido' verso quella stanza da dove era uscita col romanzo di Ellery Queen.
Era questa un vasto ambiente, completamente privo di finestre e tappezzato di libri, nei quattro lati, sino al soffitto.
Al suo interno, si trovava, solamente, una ben solida scala a compasso.
"Claudia" chiuse la porta di ingresso poi, appoggiatasi alla scala, mi guardo' fisso negli occhi e disse:
- Ora mi ricordo di te... perfettamente...ne ho conosciuti di porci...ma tu...eri tra i primi...
Debbo, a questo punto, cerziorare, doverosamente, il Lettore che, dopo una plurilustre frequentazione di "certi ambienti", ho potuto apprendere come, per "porco", deve intendersi un qualsivoglia "cliente" di una "cocotte" che pretenda, dalla stessa, una prestazione commisurata al prezzo pagato e non un qualsiasi "babbeo" che, dopo aver adempiuto "profumatamente", si contenti di una comune "sveltina"".
Mentre pronunciava queste parole, aveva portato le mani alla cintola dello "chemisier" color ruggine che indossava ed, una volta sciolta, era passata ai bottoni.
Gettai uno sguardo ai suoi piedi e potei vedere come fossero calzati dai famosi sandaletti a spillo, allacciati alla caviglia: "non plus ultra".
Nel frattempo, lo "chemisier" era "pacificamente atterrato" sul pavimento; con mia totale sorpresa, potei ammirare "Claudia" nelle sue più totali nudità: aveva, infatti, "dimenticato" di indossare un qualunque capo di biancheria intima.
La donna si passò la lingua sulle labbra e poggiò il piede sinistro sul gradino più basso della scala.
Mi avvicinai e, col medio della mano destra, le sfiorai il clitoride, già durissimo.
Portai il polpastrello alla lingua e, leccandolo, potei sentire il sapore, dolce - salato, delle sue, oramai abbondantissime, secrezioni.
"Claudia", a sua volta, aveva messo la sua mano destra sulla patta dei miei pantaloni.
- Mmmmh... però... il tuo c... mi mancava...eccome!
Nel frattempo, mi ero abbassato la chiusura lampo e mi ero tolto i pantaloni e le mutande: il mio scettro, ora, svettava: eretto, superbo, pronto all'azione.
La penetrai senza alcun preliminare, potrei scrivere "selvaggiamente", tanto era il desiderio che lei aveva, a sua volta, acceso in me.
Le agguantai i fianchi ed andai alla carica, ora veloce ora lento,come avevo appreso in, oramai, quasi diciotto anni di "onorata carriera".
"Claudia", dal suo canto, si era aggrappata, con entrambe le mani portate ad un'altezza superiore a quella della sua testa, ai montanti della scala e, con la gamba destra, aveva circondato la mia gamba sinistra.
- Dai, dai, non ti fermare, prendimi, prendimi, sono la tua zoccola...
- Certo...tu sei una maledetta zoccola...di la verità: ti sei fatta montare anche da un cavallo...
- Si...si...anche da un cavallo...ma tu sfondami...sfondami...sono la tua vacca da monta...
Ho espresso, in altro mio scritto, la mia "antipatia" pel "dirty talking". Tuttavia, nella fattispecie, mi sentivo "ispirato" dalla più totale, lubrica, volgarità, sia pure nella vita quotidiana magistralmente mimetizzata, che "percepivo", chiaramente, albergare in fondo all'animo di "Claudia".
Come seppi in seguito, era laureata in letteratura inglese "summa cum laude", e, sempre "summa cum laude", si era diplomata in biblioteconomia.
Ma, per intenderci, avevo la nettissima impressione che, per una sua qualche, perversa, inclinazione, nel suo indispensabile soggiorno nella patria di Shakespeare, si fosse orientata più verso Soho, che non verso Buckingham Palace o, quantomeno, Mayfair.
Uscii dal suo corpo e la feci girare, sempre rimanendo "Claudia" all'impiedi, e con le entrambe le mani aggrappate ai montanti della scala .
Entrai di nuovo in lei e, dopo alcuni minuti, iniziai ad agire sul suo clitoride: mi sembrò impazzire.
Dapprima venne percorsa, o meglio, squassata, da una serie di fortissimi brividi, simili a scariche elettriche.
Di poi, iniziò ad emettere versi: una lunga serie di: aahgh! aahgh!, ed infine, un lungo: vengooo!
Ormai, anch'io stavo per esplodere.
Uscii, dunque, dal suo corpo e, rapidissimamente, la feci inginocchiare, ponendo il mio glande di fronte alle sue labbra.
"Claudia" lo "fagocito'", senza esitazione alcuna, ed iniziò a succhiare con "assoluta professionalità".
L'"esplosione" la colpi tutt'attorno alle sue labbra, fin sul mento e, sia pure con poche gocce, giunse sul suo "décolleté".
Benché ansimante, contemplai per un istante, che mi parve lunghissimo, la grottesca maschera, fatta di sperma, di trucco disciolto e di sudore, che il mio piacere aveva disegnato sul suo volto.
Come ripeto,rappresentava, anzi, "incarnava"
la più assoluta volgarita'.
Eppure "Claudia" appariva tutt'altro
che "volgare". Vista così, nella vita di tutti i giorni poteva, anzi, vantare una notevole rassomiglianza d'insieme con Donna Alessandra.
Trucco e vestiti assolutamente sobri, approccio improntato ad una, leggermente distaccata, cordialità e, "last but not least", un livello culturale decisamente elevato.
Come nella totalità delle sue "colleghe", solo l'attività sessuale rivelava il "lato oscuro" ma, forse, più autentico, della sua personalità.
In tali occasioni, era come se provasse piacere, e che piacere, ad "apparire", ed, al postutto, ad "essere", una personalità ben caratterizzata da una totale depravazione.
Ciò, sotto veruni "aspetti" diremo così "professionali", poteva, indubbiamente, dirsi un "vantaggio".
Il tutto, però, veniva da lei rivelato in modo assolutamente scurrile e sguaiato, per poi essere, "post coitum", nuovamente, ed abilmente, occultato.
I Lettori, a questo punto, dopo aver letto i miei ventinove racconti, si saranno fatta un idea, spero abbastanza precisa, della mia personalità, invero altamente selettiva.
"Ex hoc, et ergo, propter hoc", i medesimi Lettori si saranno fatta, "de relato", un idea, continuo a sperare abbastanza precisa, della personalità di coloro, uomini e donne, ai quali "concedo" di intavolare rapporti interpersonali di una certa rilevanza e profondità.
Questo, a trecentosessanta gradi, ivi comprese, pertanto, le "cocottes".
Basti pensare a tutte le mie "partners", eccettuata, forse che si forse che no, la Signora Lina: calde come forni, certo, depravatissime, certissimo, ma, mai e poi mai, "volgari".
Telegraficamente: porche, ma con classe.
A conti fatti, mi sarei ben guardato di "rinnovare i fasti" con "Claudia", se Donna Rebecca non fosse partita in crociera o, meglio ancora, se "Lady Rowena" fosse stata "on the spot", ferma restando la sua assoluta "onestà", in grazia della quale mai mi sarei potuto sognare di sposarci "prima del matrimonio":
a buon intenditor...
Ma riprendiamo il filo.
Dopo esserci entrambi ricomposti, "Claudia" andò subito a riaprire la porta della biblioteca.
Nel consegnarmi il libro mi disse:
- Io abito in Via ***, numero ***.
Domenica pomeriggio, sarò in casa dalle diciotto.
Mi accompagnò alla porta e, prima di uscire, le circondai le reni col braccio destro e la baciai.
Mi rispose con un'avidità di piacere assolutamente inimmaginabile dopo la "seduta" di poco prima.
Le domandai:
- Ma davvero tu ed un cavallo...
Mi rispose:
- Se vorrai, lo saprai domenica...
Staccatomi da lei, la guardai, un'ultima volta, negli occhi, e le dissi:
- A domenica, zoccola!






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