Dall'altra parte della strada

Scritto da , il 2022-05-02, genere etero

Un po' perché stamattina si è divertito a digitarmi, un po' perché è la scena di un film che mi è rimasta in qualche sgabuzzino del cervello. Un po' perché mi va di masturbarmi dopo la doccia, un po' perché mi va di pensare a lui.

Un po' per come sono e un po' per la mia mente folle. Here we go.

Se chiudo gli occhi vedo la stanza. Non è una casa privata, è un albergo hi tech, progettato da qualcuno con ambizioni da archistar.

In che città scegliamo di essere, New York? Parigi, Londra? Banale, dai. Facciamo... boh, Montreal. Che cazzo ne so di come è Montreal? Chi c'è mai stata a Montreal! Però dai, sì, facciamo Montreal. Anche perché mentre entriamo nell'albergo-archistar nevica alla grande e me la immagino così, sempre sotto la neve, anche ad agosto.

Lo faccio perché mi piacerebbe poterti dire un giorno "perché non torniamo lì, dove tutto è cominciato?". E quel "lì" è questa stanza di albergo che vedono i miei occhi chiusi.

Sì, lo so che tutto è cominciato in Grecia a quarantacinque gradi all'ombra. Ma se è vero che questo è il nostro letto è anche vero che questa è la mia fantasia, il mio film. E che ora ho voglia di inventare una prima volta completamente diversa. Facciamo che sia Montreal, Luca. Non so che cavolo ci facciamo entrambi a Montreal, ma lasciamelo fare, assecondami. O perlomeno non rompere il cazzo.

Affondo nel piumone, l'accappatoio è umido, c'è umido anche in mezzo alle gambe. Magari non mi sono asciugata bene, magari è altro. Penso sia già altro, ma vedremo. Va bene, dopo mi laverò ancora. A proposito, Luca, quando torni a casa voglio essere leccata. E voglio che tu senta odore di pulito, di sapone intimo.

Apro di più le cosce, le spalanco. Come quando aspetto di essere uccisa a colpi di lingua.

Qui dove tutto è cominciato, ok. Bisogna inventare il modo in cui è tutto cominciato. Facciamo che il primo contatto è stato dentro un bar dove mi ero rifugiata per ripararmi dal freddo. "Non ci posso credere, anche tu di Roma?". “Vuoi un whisky?”, “no grazie, prenderei una vodka, il whisky non mi piace”. E' così che mi ha uncinata. Cioè, mettiamola in questo modo: è così che mi sono lasciata uncinare. Se lui non fosse di questa bellezza indecente, se non fosse per la sua voce, i suoi modi, col cazzo, mi sarei girata dall'altra parte. Invece no, invece facciamo che ho accettato il suo invito a cena e che mentre camminavamo verso il ristorante pensavo "perché non mi abbraccia? perché non mi ha ancora invitata da lui?".

No, alt, corro troppo. Anche se è una fantasia corro troppo. Non deve essere il solito pompino da qualche parte o la solita one night stand, non deve essere il classico "ciao, è stato bello, ci si vede eh?". Mettiamoci dentro un cucchiaino di come è andata davvero, un po' della sua corte serrata e impacciata, un po' dei miei "cazzo questo quanto mi piace". C'è una stanza d'albergo che ci aspetta e da quella stanza deve partire una perfetta love story, ma mentre siamo in quel bar nessuno di noi due lo sa.

Allora comprimiamo tutto quello che è successo davvero tra noi nello spazio di una passeggiata e di una cena. Tutto il bello di quello che è successo tra noi, beninteso. Il resto... beh il resto dimentichiamolo. Mettiamoci dentro attrazione, fascinazione, conoscenza, desiderio, confessioni, innamoramenti, chissà-come-mi-scopa, chissà-se-è-troia-a-letto, mai-più-senza-di-te e altre cose varie. Tutto in quel breve lasso di tempo lì. E a lui diamo un po' di boost, eh? Non intendo dire arroganza, intendo dire più decisione, questo sì.

Occhi aperti, adesso, e mani in posizione. Buio in sala, si comincia.

"Stanotte dormi con me", dopo il terzo bacio fuori dalla steak house. Senza punto interrogativo, come se fosse già chiaro, già deciso. Nevica e i fiocchi si appoggiano sulle nostre teste così come io mi appoggio contro il muro e mi sottraggo alle sue labbra per dare un tiro alla sigaretta. La zip del mio parka giallo che si abbassa quasi per magia, le sue mani che corrono su per la lana del maglione fino a tastarmi le tette, a cercare di prenderne possesso, la sua lingua nell’orecchio e sul collo. Lascio cadere le braccia lungo i fianchi, consegnandomi.

Ci arrestano se mi scopi qui, vero? Se mi penetri e mi inchiodi al muro, voglio dire. Sì, ok, stanotte dormo con te. Perché è tutto già chiaro, già deciso. E anche le notti a venire. Sono tua, corpo, mente e cuore. Pregi e difetti. Beh sì, sono stronza, troia e lunatica in modo patologico. Ma non illuderti, ho anche dei difetti sai?

Sono sua, nella penombra di questa stanza d’albergo sono sua. Glielo voglio dire, glielo voglio gridare, glielo voglio piangere. Come all’inizio forse non facevo ma ora ho imparato a fare. Immagino che lui se ne renda conto, che sappia che può ottenere tutto. E’ proprio per questo, perché lo sa, che mi sussurra la sua voglia oscena. Io non desidero altro che eseguire il suo piccolo comando e sono felice che il letto non lo degni di uno sguardo, perché ci sarà tempo anche per il letto, ma dopo.

La sua voce alle spalle: “Mettiti lì”. Mi spoglio dove la luce della città non trasforma ancora il buio in penombra e poi avanzo verso la parete di vetro. Lo so che mi sta guardando e a me questa cosa mi fa sbroccare. Ti piaccio? Sono troppo magra? Però guarda com’è dritta la schiena dove scendono i miei capelli biondi, guarda che belle gambe. E il culo, lo so che mi stai guardando il culo, tutti mi guardano il culo.

Mi appoggio al vetro, è freddo, lo sento sui palmi delle mani. Gambe aperte, braccia aperte, in alto. Una X umana. Testa reclinata un po’ in basso, in attesa. Vetro che sale su dal pavimento al soffitto, la città ai miei piedi. Il desiderio pulsante mi sgorga da dentro, tracima. So cosa sta per succedere e lo voglio tutto. Per quanto riguarda i baci abbiamo già dato, i preliminari un’altra volta, le parole d’amore verranno. Adesso solo le sue mani sulle spalle e il suo cazzo duro e caldo che mi trafiggerà. La cosa più dolce che può fare ora è possedermi così. Ondeggiare avanti e indietro per spingersi a ogni colpo più dentro, schiacciarmi contro il vetro e farmi vivere il contrasto del gelo sui miei capezzoli di quarzo rosa e il fuoco liquido che ho in mezzo alle gambe. E’ da quando ci siamo incontrati in quel bar che sono la tua puttana, Luca, adesso usami.

Vorrei dire “vieni, sono pronta, corri”, ma resto in silenzio. Che bisogno c’è di parlare? E’ già tutto così chiaro.

Dall’altra parte della strada, un palazzo moderno ma elegante, adatto a una zona come questa. Saranno meno di venti metri. Le finestre sono tutte al buio, non si va a dormire tardi in questa città. Con questo tempo, poi. La neve adesso cade piano, ma non ha mai smesso. Chissà se qualcuno sbircia da dietro i vetri. Quando nevica anche la luce della notte è strana, secondo me ci possono tranquillamente vedere anche se siamo ben al di sopra della linea dei lampioni, tutto sembra riverberare. Non mi sono mai sentita esibizionista, è capitato che abbia dato spettacolo ma non l’ho cercato. Semmai certe cose ti eccitano quando arrivano inattese, certe altre solo quando ci ripensi. Una volta, nel bagno di un locale, avevo sottovalutato il fatto che a volte le serrature possono essere difettose. Eccitante, ma soltanto nel ricordo. Sul momento, beh… Adesso invece, nel mio film, l'idea di essere messa in vetrina e presa davanti a tutta la città mi eccita.

Tremo, la punta del cazzo slitta facilmente verso il mio ingresso, tremo più forte. La prima spinta, il primo urletto. Mi inarco voltando la testa all’indietro per elemosinare, stavolta sì, un bacio. Voglio essere violata fa rima con voglio essere baciata. Con la coda dell’occhio vedo una luce che si accende nel palazzo di fronte. La seconda spinta, più forte. Il secondo urletto, più forte. Mi esce un “sì” che non controllo nemmeno, non controllo gli occhi che si strizzano, il buio stellato. Non li controllo nemmeno quando li riapro, sbarrati.

Dall'altra parte della strada la luce non si è spenta.

*****

Donna è seduta su una poltrona, proprio davanti alla finestra. Le si avvicina Uomo, porgendole un bicchiere. Sono entrambi vestiti in modo très chic, in tutta evidenza sono appena rientrati da una serata mondana.

Donna ringrazia Uomo con un sorriso, dà un primo sorso.

- Non voltare la testa – dice Donna – li hai visti quei due laggiù?

Uomo orienta gli occhi verso l’albergo di fronte, scruta per qualche secondo, poi torna a rivolgere lo sguardo verso Donna.

- Da quando siamo entrati – risponde – e adesso sanno che li vediamo.

- Già, penso anch’io.

- Devono essere molto giovani – commenta Uomo.

- E anche pieni di energia – risponde Donna con un sorrisino – guarda che salti fa lei ogni volta… e chissà cosa gli sta dicendo.

- Probabilmente le stesse cose che tu hai sempre detto a me.

*****

- Sì, Luca, sì, sì, così! Oddio che cazzo che hai!

- Ti piace il mio cazzo?

- Lo adoro, mi apre, mi sfonda, lo amo il tuo cazzo!

- Dimmelo ancora, dimmelo ancora!

- Amo il tuo cazzo, dammelo! Ancora, ancora… più forte, forte forte forte! Io ti voglio tutto dentro…

- Cazzo, che sei… voglio farti venire, voglio sborrarti dentro…

- Sì, sì, dai, ancora, non smettere, sfondami, dai, più forte ancora che vengo, Luca! Mio Dio che cazzo, oddio, dammelo tutto.

*****

- Secondo te la sta sodomizzando? – chiede Donna porgendogli il bicchiere ormai vuoto.

- No, non penso - commenta Uomo posandolo su un tavolino lì accanto.

- Perché?

- Non lo so, ma non penso. Perché me lo chiedi?

- Lei sembra così… così fuori di sé.

- Già, ricorda qualcuno…

Donna stacca qualche secondo gli occhi dalla scena, li alza verso Uomo e riconosce quello sguardo che non ha mai dimenticato. Cosa lo ha riacceso? Cosa sta davvero vedendo, lui, adesso? Vede la ragazza dall'altra parte della strada? O vede lei? O lei quando entrambi avevano l'età di quella ragazza? Anche lui sta rovistando nei ricordi?

- E' da tanto che non mi lasci i segni sulla pelle – gli fa Donna.

- Ti piacerebbe?

- Sì, non so, forse sì - risponde lei – dovrei riprovarci.

- Non ho mai avuto una grande passione – dice Uomo – lo facevo solo perché me lo chiedevi tu.

- Chissà perché si sono messi a scopare lì... - si domanda Donna a voce alta.

- Chi lo sa. Esibizionismo, passione irrefrenabile...

- E' anche da tanto che non lo facciamo così - dice Donna.

- Così come? - chiede lui - In piedi?

- Non a letto, intendevo. Ricordi i primi tempi? Ovunque, ma quasi mai a letto...

- Con gli anni si cominciano ad apprezzare le comodità, ahahahah - risponde l'uomo senza smettere di guardare i due ragazzi dall'altra parte della strada - e poi allora eri tu che avevi bisogno di soddisfare il tuo esibizionismo...

La donna volta di scatto il viso verso l'uomo, dal basso in alto. Per un attimo la sua espressione diventa seria, poi si scioglie in un sorriso e in un leggero movimento del capo, ironico e sconsolato al tempo stesso.

- Che bastardo... - ride.

- Una delle cose più eccitanti della tua vita, una volta me l'hai confessato.

- Può darsi che quando te l'ho confessato lo pensassi davvero, non ricordo, il tempo cancella le incazzature - risponde Donna – e certe cose ti eccitano quando arrivano inattese, certe altre quando ci ripensi.

- E' vero - la interrompe l'uomo – e poi te l'ho sempre detto che non c'era premeditazione.

- Ahahahah, sicuro, peccato che solo uno di noi due si fosse accorto che la caletta si era riempita di barche, e chi se ne è accorto non ero io, non ero io...

- Il ristorantino sopra la scogliera, non dimenticarlo. Quello neanche io sapevo che ci fosse, l'ho capito solo dopo l'applauso.

- Ahahahah sì, l'applauso... che porco che eri - dice Donna alzandosi – lo sei ancora?

*****

La donna è fissa verso di noi, ci sta guardando. Anzi sono quasi sicura che stia guardando me, che stia cercando i miei occhi. Siamo troppo lontane e c’è troppa poca luce. Mentre si alza dalla poltrona una mano si muove a sfiorare la patta dell’uomo, l’altra scompare dietro la schiena. La lampo scorre, il vestito scivola lungo il suo corpo lungo e flessuoso prima di accasciarsi a terra. Si volta verso l'uomo, forse gli sorride. Le dita cercano le spalline del top in seta, che ben presto precipita sul pavimento a fare compagnia al vestito, svelando un intimo semplice e allo stesso tempo prezioso, scuro, di pizzo, non una roba da Shein. Scavalca gli indumenti con un gesto elegante, entrambe le mani si nascondono a sganciare il reggiseno. So che ci hanno visti, adesso so anche che li abbiamo eccitati. Ora che le lacrime si asciugano e il respiro diventa meno affannato li vedo sempre meglio.

E' mai possibile che Luca non si sia accorto di nulla? Nel suo riposo ansimante mi bacia il collo e la schiena, mi strizza un capezzolo, mi sgrilletta, mi accarezza il culo e una coscia. Per qualche secondo i due scompaiono alla mia vista: Luca mi ha sussurrato "voglio scoparti ancora, tutta la notte" e io gli ho risposto "sono nata per questo", il mio alito ha appannato ancora il vetro, lasciando una visione chiara dei soli capelli biondi della donna.

Quando l'alone svanisce vedo le mammelle un po' cedenti, non grandi ma comunque capaci di riempire le mani dell'uomo. Offre il suo seno con le braccia distese lungo i fianchi. Senza ostentazione ma quasi con fierezza. La sua reazione al possesso del maschio è fatta di movimenti quasi impercettibili. Non c'è femmina umana sulla faccia della Terra che non sappia cosa sta pensando e desiderando in questo momento.

- Ci hanno visti – miagolo senza staccare gli occhi da quel salone.

- Lo so… - sussurra Luca – buon per loro, no?

- Guarda…

- Li vedo, vuoi che ci mettiamo a letto?

- No… no. Solo, ti prego, non uscire…

- Speriamo – risponde Luca – vuoi guardare? O vuoi… essere guardata?

- Tutt’e due le cose.

- Ti eccita?

- Sì…

- Cosa ti eccita di più?

- Il tuo cazzo ancora dentro di me.

- Volevo dire... cosa ti eccita di loro.

- Lo stanno per fare come lo facciamo noi – rispondo.

*****

L’ho notata solo io questa piccola incongruenza temporale? Sì, perché se qui è “dove tutto è cominciato”, se questa è una “prima volta”, significa che non l’abbiamo mai fatto prima. E allora come posso dire che lo fanno come lo facciamo noi? Tuttavia, per casi come questi a Roma c’è un modo di dire molto efficace: sticazzi. E’ un sogno ad occhi aperti, non è il caso di starci tanto a pensare. Io invece, sai Luca, penso un’altra cosa. Mi sa che stasera dopo che me l’hai leccata devi scoparmi così, ok? Harder and harder.

*****

Come conseguenza dei miei pensieri sporchi, l’uomo volta la donna di spalle e le afferra ancora una volta i seni. Lei si inarca un po’, piega morbidamente la testa all’indietro come a cercare il contatto con lui, forse un bacio. Continua ad accarezzare il pacco dell’uomo con la stessa sensualità di prima. Posso sentire il brivido nel suo ventre, io che nel mio ventre ospito ancora Luca. Non è più duro come prima, non è più grosso come prima. Ogni tanto si muove, forse per non perdere del tutto l’erezione. Ti prego Luca, resta dentro di me, sento il tuo cuore che batte dentro di me. Qualcosa sta cominciando a scivolarmi sulla pelle. Le mani dell’uomo scivolano lungo i fianchi di lei. Poco dopo le culottes scivolano sul pavimento. Le scavalca con lo stesso movimento elegante con cui prima aveva scavalcato il vestito, allarga un po’ le gambe, si piega sul grande tavolo. Chissà se è stato lui a ordinarle di mettersi in questo modo o se è lei che lo ha supplicato di prenderla così. Oppure se non c’è neanche stato bisogno di scambiarsi una parola. Mi piacerebbe saperlo. Lui si accuccia e la testa scompare tra le gambe della donna. Lei si tende, la testa si alza e poi crolla tra le braccia incrociate sul tavolo che le fanno da cuscino. Si volta e dice qualcosa all’uomo, darei un tesoro per sapere cosa. Poi si porta le mani al viso e le dita tra i capelli. Più come se volesse strapparseli che pettinarseli. Si rialza un’altra volta per gridare ancora qualcosa. Adesso so perfettamente cosa. L’uomo si rialza, abbassa la zip e se lo tira fuori. Peccato, mi piacerebbe vedere meglio. Ciò che invece conosco alla perfezione sono i dilatati attimi di attesa della donna. Guarda fisso davanti a sé, come faccio io.

*****

Donna in fondo lo sa, l’ha sempre saputo sin dall’inizio, quali sono i passi di questa danza a due. Conosce il piacere esaltante del dichiararsi terra di conquista, ma conosce anche il piacere che regala a lui eleggendolo a padrone assoluto.

- Effettivamente è anche un bel po’ che non ti prendo il culo – dice Uomo spennellandole l’ingresso.

- Sì, ma non stasera – risponde Donna con voce illanguidita.

- Perché no?

- Ti prego…

- Come vuoi…

*****

Una rotella di zucchina affondata nell’olio bollente friggerebbe di meno di quanto sto friggendo io. Friggo per me stessa, friggo per lei. Perché quell’uomo gioca così? Cosa le dice? Cosa aspetta, cosa aspetta, cosa aspetta? E’ consapevole di quello che le sta provocando? Il desiderio che si ingigantisce, che diventa troppo, troppo, troppo. Che ci porta a implorare e a umiliarci? Conosce anche l’immenso e masochistico piacere di quella umiliazione? E lei come glielo dice? Geme? Ansima? Rantola? Oppure parla? E se parla che dice? Un dignitoso “prendimi”, “ti scongiuro fammi tua”? O un volgare “scopami”, “chiavami ché non ce la faccio più”? Mi viene da piangere, esplodo di desiderio, miagolo senza voltarmi “Luca ti voglio ancora”. La traduzione innamorata e pudica della lurida supplica elaborata dal mio cervello: “riempimi ancora del tuo potere, imbottiscimi ancora di cazzo e di sperma”.

La donna all'improvviso scatta e si irrigidisce un po' in risposta al movimento secco dell'uomo, per un attimo si solleva dal tavolo. Lo sappiamo che l'ha trafitta. Lo so io e lo sa Luca. I nostri corpi ci tradiscono. Mi domanda ancora se guardarli mi eccita. Gli rispondo ancora di sì. Anche lui si eccita. I suoi affondi si fanno più insistiti e, forse, il suo cazzo sta riacquistando vigore. E’ difficile dirlo, sono così aperta e bagnata di qualsiasi cosa che in questo momento è davvero difficile dirlo.

Oh sì, ora Luca sì.

E’ tornato, lo sento. Mi stacco dalla finestra e mi metto quasi a novanta anche io, con le mani che cercano sul vetro appigli che non ci sono. Luca invece l’appiglio lo trova sulle mie spalle e comincia a spingere sempre più forte. Lo sento, lo sento ad ogni botta un po’ di più, mi strappa guaiti di piacere. Siamo due animali, due animali parlanti che si scambiano sconcezze.

- E questo ti eccita? – domanda.

- Tanto, tanto, dammelo tutto… prendimi forte… così!

- Ti piace farti vedere mentre ti scopo, eh?

- Mi sento tanto troia – miagolo – dimmelo che sono una troia…

- Sei la mia puttanella…

- Sono la tua puttanella… fottimi, spaccami, fammi male…

Desidero realmente provare il dolore, desidero realmente che mi spacchi e non si fermi nemmeno se lo supplico. Mi ci sento davvero tanto troia. E sono certa che anche la donna dall’altra parte della strada ci si sente. Anche lei, come me, sbattuta avanti e indietro dalle spinte del suo maschio. Anche lei, come me, vuole sentire quando fa persino male. Anche lei, come me, a bocca aperta e con gli artigli di fuori. Anche lei cerca i miei occhi come io cerco i suoi. Ne sono sicura. E pure se è impossibile vederceli, li vediamo. Li vedo. Come uno specchio. E’ il mio specchio. E questa parete di vetro è la mia finestra sul futuro, la mia macchina del tempo. La ragazza e la donna. Domine e puttane dei loro uomini. Due corpi che chiedono piacere e offrono piacere, accordano giurisdizione, concedono possesso. Per amore, per foia, per natura. Perché è così. Lo siamo state, lo siamo, lo saremo.

******

Mi piacerebbe raccontarvi che, almeno nella mia immaginazione, io e lei godiamo insieme. Ma non è così. Su questo letto dove mi sono adagiata, su questo accappatoio ormai freddo sopra il quale sgambetto, mi contorco e mi faccio con due dita, non è così. L’ultimo sovrumano sforzo: allargare di scatto le braccia per non precipitare nell’orgasmo. Strizzo gli occhi e li riapro, nella ventilazione forzata dei polmoni tutto lentamente e a fatica scompare. La donna, l’uomo, l’albergo, la neve che cade lenta. Resto così, con il fiatone, le gambe spalancate e un pensiero piantato in testa che non ha trovato soddisfazione. E’ come camminare su un crinale tagliente. Cerco il telefono a tentoni, mi scatto una foto allo specchio a dir poco oscena. Niente parole, nessun messaggio. Invio.

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