Marina schiava sessuale

di
genere
dominazione

Marina da un paio di mesi aveva trovato lavoro presso una coppia, per aiutarli nelle pulizie di casa. Tutti e due sui cinquant’anni, piuttosto benestanti, diceva di trovarsi molto bene, perché erano parecchio affettuosi e la riempivano di premure e attenzioni. Oltre ad occuparsi della loro casa, spesso preparava loro i pasti. Un giorno, un mio cliente di Milano, mi invitò a cena da un suo manager per il sabato successivo. Mi disse che c’erano molti invitati e che ci sarebbe stata una gradita sorpresa durante la cena. Ma non volle anticiparmi nulla.
Arrivò il sabato e Marina mi telefonò dicendo che anche quella sera sarebbe stata occupata perché la coppia presso cui lavorava aveva organizzato una cena e lei doveva dargli una mano. Le ricordai che anch’io ero invitato a una cena e che ci saremmo visti più tardi. Lei mi rispose che probabilmente sarebbe rimata a dormire lì, perché si sarebbe fatto molto tardi e non voleva viaggiare da sola in piena notte. Nel pomeriggio sbrigai un po’ di lavoro e verso le sette e mezza ero pronto per uscire. Raggiunsi il mio cliente all’indirizzo che mi aveva indicato. Era una bella villa all’Olgiata, zona di ricconi. Ci fu aperto il cancello e alla porta trovammo ad attenderci la cameriera. Il mio cliente mi toccò col gomito e sottovoce, sorridendo mi disse “Hai visto che troietta questa cameriera? Non avevo ragione?” Davanti a me c’era Marina in minigonna nera, calze fumé, tacchi a spillo e camicetta bianca semitrasparente che lasciava scoperto metà seno, labbra rosso fuoco. Trasalii per un momento, mentre lei impallidiva e poi diventava rossa sulle guance come una fragola. Non sapevo che dire, né cosa fare e mi limitai a ridacchiare verso il mio cliente, farfugliando qualcosa su quella fighetta. La situazione era terribilmente imbarazzante. Non sapevo che fare. Avrei voluto prendere Marina da parte per farmi spiegare, ma non fu possibile. Fui presentato agli ospiti e dopo un aperitivo fummo invitati a spostarci nella sala da pranzo. Al tavolo eravamo otto uomini e quattro donne. Dopo qualche minuto, arrivò Marina con una zuppiera. Aveva la guancia destra rossa come se avesse preso un ceffone. Non osò sollevare lo sguardo su di me e mentre serviva la zuppa di pesce, si prese i complimenti di tutti i maschi presenti, alcuni anche piuttosto pesanti e pensai che il padrone di casa dovesse averli avvertiti che potevano prendersi certe libertà. Notai che la padrona di casa, una donna bellissima, ma con uno sguardo gelido e sprezzante, era mancina e capii chi potesse aver dato il ceffone a Marina, probabilmente perché aveva opposto qualche resistenza al fatto di entrare in sala a servire in tavola, data la mia presenzala . Ero imbarazzatissimo e avrei voluto andar via, specie quando Marina rientrò in sala a ritirare i piatti, vidi più di una mano allungarsi a toccarle il culo. Lei, senza fare una piega accettò persino che il padrone di casa, forse per sbloccare gli altri, infilasse la mano sotto la gonna e la tenesse lì una ventina di secondi, senza che lei potesse fare un passo. Anzi, dopo che lui la ebbe guardata fissa negli occhi, lei allargò leggermente le cosce per agevolare la palpata. Il viso di Marina era tutto un fuoco, non so se solo per la vergogna o anche per l’eccitazione. La padrona di casa la seguì mentre tornava in cucina. Rientrò poco dopo con il secondo e mentre lo serviva piegandosi in avanti, notai che la camicetta era ancora più aperta. Qualcuno allora pensò bene di infilarci sotto la mano per palparle il seno. Evidentemente, secondo istruzioni appena ricevute, Marina sorrise al commensale e lo ringraziò. Tutti vollero palparla sul seno o sul culo, mentre venivano serviti e appena terminato il servizio, la padrona di casa le fece cenno di avvicinarsi e le bisbigliò qualcosa nell’orecchio. Marina arrossì di nuovo e mettendosi in ginocchio si infilò sotto il tavolo. “Cari commensali” annunciò con un sorriso ammiccante la signora “chi desidera essere servito dalla nostra cameriera tolga pure il tovagliolo dalle gambe, così lei saprà dove dirigersi. Uno alla volta, per carità, ha solo una lingua” e tutti scoppiarono in una fragorosa risata. Con mossa rapida il commensale accanto a me mise il suo tovagliolo sul tavolo e dopo pochi istanti si lasciò leggermente scivolare sulla sedia e socchiuse gli occhi cominciando a emettere mugolii di piacere. Mise la mano sotto il tavolo e riuscii a intravedere che aveva afferrato Marina per i capelli e ne conduceva il movimento della testa. Spesso la tirava fortemente a sé facendole entrare tutto il cazzo in bocca e a quel movimento corrispondevano inevitabilmente i suoni gutturali di Marina che si sentiva soffocare. “Fai meno rumore maialina, non vogliamo sentire i tuoi grugniti” esclamò la padrona di casa e ci fu un’altra esplosione di ilarità. “Giacomo, non vorrai tenerla tutta la sera davanti a te, spero! Sii generoso e lascia che anche gli altri amici possano godere della lingua di questa puttanella. La serata è lunga, vedrai quante belle sorprese!” A malincuore Giacomo rimise il tovagliolo sulle gambe e Marina poté così spostarsi a servire gli altri ospiti sotto il tavolo. Il secondo servizio avvenne allo scoperto e Marina iniziando dal padrone di casa, dovette passare da una sedia all’altra andando a sedersi su tutti i cazzi dei presenti che oramai svettavano fuori dai pantaloni. Era concesso un minuto ciascuno. Riuscii a defilarmi chiedendo dove fosse il bagno e al mio ritorno in sala da pranzo nessuno fece più caso a me. Al termine di questo servizio le fu ordinato di sparecchiare e servire il dolce. Poi i padroni di casa fecero spazio sul tavolo davanti ai loro posti e dissero a Marina di sdraiarsi su di esso. La signora, con un gesto violento aprì la camicetta di Marina, lasciandole scoperti i seni, mentre il marito sollevò la minigonna lasciandola con la fichetta rasata in bella vista. Anche questa era una novità. Sicuramente gliela avevano depilata nel pomeriggio. Lui prese un po’ di crema con la siringa, quella che usano i pasticcieri per le decorazioni e ne infilò il beccuccio nella fichetta oramai inzuppata di piacere della serva. La riempì di crema calda e si posizionò davanti a lei. Tirò di nuovo fuori il cazzo e glielo infilò nella fica, facendo schizzare fuori la crema tutto intorno. Cominciò a scoparla mentre lei gemeva di piacere ed invitò tutti gli altri maschietti a mettersi in fila per dar da mangiare il dolce alla troietta. Dopo averla scopata per un po', infatti, uscì dalla fica e glielo mise in bocca per farselo ripulire. “E che nessuno dica che alla cameriera non abbiamo dato il dolce!” Tutti risero e ciascuno di loro fece quello che aveva fatto il padrone di casa. Dopo che tutti la ebbero scopata, fu fatta sdraiare su un divanetto di pelle nera che era fatto come una panca e fu la volta delle signore che, una dopo l’altra si andarono a sedere sul suo viso per farsi leccare la fica che avevano provveduto a riempire di crema. Nel frattempo, i maschietti le tenevano le cosce spalancate e se la scopavano. Quelle che erano venute col compagno, si posizionavano sopra il viso di Marina e si facevano scopare, per poi farle gocciolare in bocca e farsi leccare lo sperma che usciva dalla fica. Da quel momento cominciarono a sborrarle in bocca e nella fica. La prendevano in due per volta e si alternavano senza darle la possibilità di riprendere fiato. Marina, tenuta per i capelli e per i fianchi, con due cazzi dentro di sé e due nelle mani, gemeva “ancora, ancora” e loro si eccitavano sempre di più, schiaffeggiandole il culo e le cosce. Dopo che le ebbero sborrato dentro due volte ciascuno, la padrona di casa disse che ci sarebbe stato uno spettacolino e invitò tutti a prendere posto sui divani. Marina era piena di sperma e la signora le ordinò di raccoglierla con le mani e leccarla tutta. A quel punto aprì una porta che fino ad allora era rimasta chiusa e ne uscirono cinque neri palestrati e nudi, con dei cazzi enormi in erezione, evidentemente già eccitati per tutto quello che avevano sentito dall’altra stanza. Le signore si leccarono le labbra alla vista di tutto quel ben di Dio e ci fu un applauso. ” È tutta vostra, tranne il culo, per questa sera, disse la signora” fatene quello che volete”. I ragazzi circondarono Marina e la presero come una bambola. Lei non aveva più forza e si abbandonò del tutto ai cinque africani. Uno di loro si mise seduto, mentre gli altri quattro sollevarono Marina a cosce spalancate e lentamente la calarono sull’enorme cazzo eretto del loro amico. Marina, sebbene fosse stata già dilatata da tutti i cazzi presi poco prima, gettò un urlo quando l’enorme cappella dell’africano si fece spazio dentro di lei. Tenendola per le cosce e le braccia, la facevano salire e scendere lentamente, mentre lei ciondolava la testa e implorava altro sperma. Si comportava come se fosse ubriaca. Lo spettacolo si ripeté per altre quattro volte in modo che a turno tutti potessero scoparla e sborrarle dentro. Due signore eccitatissime si misero accanto a Marina e mentre una le torturava i capezzoli strizzandoli con le unghie e graffiandole i seni, l’altra la colpiva sulle cosce con un frustino. Il secondo round lo fece alla pecorina. I neri, entrando uno dopo l’altro, senza pausa, le imbottirono la fica di sborra calda. Il terzo giro sempre alla pecorina con un cazzo dietro e l’altro in bocca e due nelle mani. Alla fine di tutto questo Marina crollò a terra. Non ce la faceva nemmeno a stare in piedi e la padrona colpendola col frustino le ordinò di raccogliere tutto lo sperma che usciva dalla fica ed ingoiarlo. Al termine di questo spettacolo eccitante le fu concesso di andarsi a fare una doccia e tutti gli ospiti si congedarono, raccomandandosi coi padroni di casa di riorganizzare al più presto una bella festicciola del genere. Una coppia chiese se avrebbero potuto affittare Marina per qualche giorno, ma gli fu risposto che era possibile, ma che se ne sarebbe riparlato il mese successivo. Tornai a casa con mille emozioni contrastanti: ero arrabbiato, ma anche eccitato e sorpreso. Non sapevo più cosa pensare e mi addormentai con quelle immagini nella mente. Marina si presentò a casa verso le 11 del mattino. Non osava guardarmi in viso e teneva la testa bassa. Le dissi che avrei potuto anche perdonarla, ma mi doveva raccontare come era potuto accadere. Lei mi disse che dopo una settimana che lavorava da quei due, l’avevano fatta ubriacare con la scusa di festeggiare il compleanno di lui e poi avevano chiamato due di quegli africani, reclutati davanti al supermercato e l’avevano fatta scopare per ore filmando ogni dettaglio. Lei essendo ubriaca, non solo li aveva subiti, ma li aveva anche incitati a scoparsela e aveva implorato la loro sborra. Con quel filmino l’avevano ricattata, dicendo che l’avrebbero messo su internet se non gli avesse obbedito in tutto e così era iniziata la sua schiavitù sessuale. Quella mattina le avevano detto che ogni sabato ci sarebbe stata una cena come quella della sera prima e che a giugno l’avrebbero affittata per due settimane a una coppia che se la sarebbe portata in vacanza. Le dissi che li avremmo denunciati, ma lei si oppose, aveva troppa paura che tutti vedessero il filmato e poi mi rivelò una cosa che mai mi sarei aspettato e che mi lasciò a bocca aperta: non poteva fare più a meno di essere trattata come una schiava sessuale. Aggiunse che nel pomeriggio, nonostante fosse domenica, la padrona, così la chiamò, avrebbe iniziato il suo training anale. Le dissi che non ci potevo credere. Lei aveva sempre rifiutato il sesso anale. Marina abbassò lo sguardo e disse sommessamente “…e che ci posso fare?” Quando rientrava la sera, mi raccontava per filo e per segno tutto quello che aveva dovuto subire durante il giorno. Quella domenica la padrona si era limitata a lubrificarle l’ano e ad entrarvi con un solo dito. Per poi passare a due e infine a tre nel giro di un paio di ore. Questo era servito a Marina per superare ogni inibizione riguardo al suo culetto. Il training avveniva per alcuni minuti in qualsiasi momento del giorno. Le faceva interrompere le pulizie e la faceva sdraiare sulle sue gambe. Dopo averle dato qualche sculacciata, iniziava la penetrazione. Quando l’ano fu ritenuto abbastanza elastico, venne passata al padrone, il quale era dotato di un cazzo piuttosto largo. Il tentativo fu troppo doloroso per Marina e così decisero di farla possedere momentaneamente dal giardiniere, che invece era dotato di un cazzo di più modeste dimensioni. La prova andò bene. Marina fu scopata a lungo nel culo e ricevette la sua prima sborrata. Mi disse che non avrebbe mai potuto immaginare quanto fosse piacevole la sensazione dello sperma caldo nel culo e fu così che nei giorni successivi si assoggettò a farsi inculare dal giardiniere per tre volte al giorno. Il quarto giorno però fu di nuovo il turno del padrone che volle testare quanto Marina si fosse dilatata nel culo. Fu molto più facile e la scopò lentamente per un’ora abbondante, riversandole infine nel culo una pioggia di sperma bollente. Dopo aver ripreso le sue mansioni, ogni tanto sentiva un po’ di sperma che le colava lungo le cosce e questo le piaceva perché la faceva sentire ancora più schiava. Ovviamente era molto attenta a non farla cadere a terra e raccogliendola con le dita se la portava alla bocca e la leccava, ingoiandola. Ma l’ignara servetta non sapeva che stava per arrivare per lei un momento veramente difficile. La mattina dopo era andata ad aprire la porta e si era trovata davanti i due africani che se l’erano già scopata quando era stato girato il famoso filmino. Arrivò la signora e disse ai due di accomodarsi. Li prese da parte e disse loro che la servetta doveva essere allenata con una doppia. Marina si sentì morire. Aveva sentito parlare di questa combinazione, ma fino ad allora aveva rappresentato per lei quanto di più lontano potesse capitarle. I due si misero nudi e spogliarono Marina. La fecero mettere in ginocchio e si fecero leccare il cazzo fino a che non fu completamente eretto. Marina faceva una gran fatica a contenere quelle enormi cappelle nella bocca e preferiva percorrere con la lingua quelle aste di ebano per tutta la loro lunghezza. Quando si ritennero soddisfatti della preparazione uno dei due si sdraiò sul tappeto. Prese Marina e la avvicinò a sé facendola stare in ginocchio. Lei si calò lentamente sull’enorme cazzo e con un po’ di dolore riuscì a ingoiarlo tutto nella fica. L’altro si mise dietro e dopo averla spinta ad aderire con le tette al petto del suo amico, puntò la cappella all’ano dopo averlo ben lubrificato. Marina lo scongiurava di fermarsi dicendo che l’avrebbe spaccata in due, ma lui ridendo aveva già cominciato a strofinare l’enorme cappella nera sull’ano di Marina. Cominciò a spingere lentamente, ma lei urlava “no, no, ti prego, no, no...” E quello per tutta risposta le dava dei sonori ceffoni sul culo e sulle cosce. L’entrata della cappella durò non meno di cinque minuti, fino a quando lo sfintere interno cedette e in breve l’africano poté affondare tutto il suo cazzo nel culo di Marina. A quel punto cambiò tutto. Lei cominciò a dimenarsi e a dire di scoparla più forte: “sono la vostra troietta, la vostra schiava, scopatemi all’infinito. Voglio la vostra sborraaaaa!” I due si alternarono tra la fica e il culo per svariate volte, provocando in Marina innumerevoli orgasmi ed urla di piacere. Dopo un paio d’ore intervenne la padrona, che con un flagello prese a colpire la schiena della sua povera schiava e ordinò ai due di sborrarle dentro. I due accelerarono i colpi e dopo poco inondarono la serva col loro latte caldo. Non appena furono usciti la padrona ordinò a Marina di raccogliere tutta la sborra e ingoiarla. “Bene -esclamò la padrona- ora sei pronta per soddisfare tre uomini alla volta e domani sera avremo la bellezza di diciotto maschi a cena. Ci saranno per te sei turni da tre e ciascuno di loro ti sborrerà in bocca, poi nella fica e nel culo, per un totale di cinquantaquattro sborrate. Farai una scorpacciata di sborra, vedrai...” Questo era stato il racconto di Marina venerdì sera, con dovizia di dettagli e non mi aveva nascosto che non vedeva l’ora che arrivasse il momento di quella cena. La sola idea di ricevere più di cinquanta sborrate le provocava un orgasmo ogni volta che ci pensava. Non capiva nemmeno lei cosa le stesse succedendo, sapeva solo che voleva essere sessualmente sottomessa a tutte le ore del giorno. Le chiesi se volesse che ci fossi anch’io e mi rispose che le sarebbe piaciuto tanto. Così telefonai al mio cliente e gli domandai se ci fosse un’altra cenetta in programma. Lui fu molto contento di sentirmi e mi rispose che ce n’era una l’indomani e che avrebbe chiesto agli amici se avrebbe potuto invitarmi di nuovo. E aggiunse “certo che quella cameriera è proprio una gran troia! Non vedo l’ora di farmi fare un bel pompino con l’ingoio e di scoparmela quella puttanella. Ho anche pensato di chiedere ai miei amici se me la prestano per un week end! Me la porto alla casa al mare e me la scopo per due giorni interi…sai che le faccio! Anzi invito anche te e altri tre o quattro amici, così la riempiamo bene di sborra quella zoccoletta! Ma hai visto quanto le piace? Mangerebbe sborra a tutte le ore, secondo me!” Non poteva immaginare quanto avesse ragione, pensai, mentre Marina in ginocchio davanti a me, ingoiava il mio cazzo per intero.
di
scritto il
2022-02-02
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