All'insegna dello spam.

Scritto da , il 2022-01-21, genere saffico

Sexy cabaret.

Il vicoletto verso il mare fa tanto bassofondo: rifiuti sparsi, il catorcio arrugginito di un'utilitaria (lo so, adesso si dice city car, ma io sono poco internazionale), due biciclette che sembrano attrezzi per tortura, un vaso di fiori appassiti. Mi guardo intorno: sono a pochi metri dall'insegna “cabbarrè Londa”, il locale di cui mi parlavano.
“Sai, dovrebbe essere “l'onda”, ma il proprietario è un tale che scrive su ER. L'ho conosciuto in quella città. Ti assicuro che quando descrive se stesso e le sue grandi avventure amatorie si tratta solo ed esclusivamente di fantasia meno credibile di una banconota da trecentovantasette euro. Forse non godresti neanche tu che vieni solo a vedere un pettirosso su una siepe perché in fondo è un uccello”.
Eccola lì, l'insegna. Sono a pochi passi dalla porta. Infilo i sandali che avevo tenuto in mano per poter camminare più agevolmente. Come sempre, camminare scalza per strada mi eccita. Mi avvicino alla porta e mi vedo in una vetrinetta: corpetto trasparente come un cancello aperto, minigonna che copre poco più di una cintura, segni luccicanti all'interno delle cosce perché non sono riuscita a trattenere l'eccitazione. Posso notarla solo fra le gambe, perché la mia faccia è al di sopra della cornice della finestra. Meglio così.
Entro. S'avvicina subito una cameriera piuttosto succinta, anche se rispetto a me sembra quasi indossi un abito da monaca. Mi guarda e m'infila una mano fra le gambe. Una voce maschile la rimprovera dicendo che non era necessario controllare: si vede benissimo che non ho mutande perchè ho la colatura di figa. A parlare è un rospetto le cui sgrammaticature mi fanno riconoscere il proprietario: parla proprio come scrive. La ragazza intanto porta la mano verso il proprio viso. Annusa e lecca. Le sfugge un'esclamazione meravigliata e soddisfatta.
L'ambiente è piuttosto sudicio e squallido e queste due caratteristiche sono punti a suo favore. Per contro gli accessori sono orrendi: arredamento, bicchieri e tutto il resto s'intonano perfettamente con lo stile del grande scrittore. Su un piccolo palcoscenico si esibisce un quintetto sgangherato: il batterista sbaglia il ritmo, la contrabbassista sta in piedi su una sedia perché è troppo bassa, la pianista sembra avere al posto delle dita le zampe palmate di un'oca. Mi viene in mente Guendalina, quella degli Aristogatti, per l'espressione intelligente. Il chitarrista confonde le corde, ma salta sul palco come una cavalletta impazzita. Infine c'è uno che ha in mano una tromba, ma non sa che farsene. Trovo l'ensemble decisamente divertente. Lo sforzo di seguire la musica è inferiore a quello di capire che cosa scriva il grande autore.
Nell'aria c'è un piacevole odore di sesso. Mentre la cameriera mi accompagna a un tavolino sotto il palcoscenico mi dà un paio di palpate al sedere. Altro punto a favore. Reagisco come un'arancia quando viene spremuta. Mi siedo. La seduta della poltroncina è bagnaticcia. Tocco e riconosco che si tratta di una macchia di sperma. La cameriera mi guarda, mi prende la mano e lecca. Scarica libidine che sembra mia sorella gemella, a parte le tette (sempre quelle, eh!). Mi porge la lista delle specialità della casa. Ordino e lei si dilegua.
Mi guardo in giro. Ci sono diversi uomini allupati, una coppia gay, due donne con l'aria da libero accesso (non c'è due senza tre. La terza sono io). A un tavolo due coppie avanti con gli approcci di scambio. Altre coppie sono sparpagliate nella sala. Intanto mi portano ciò che ho ordinato. Ottimo. Altri punti a favore, abbondantemente.
L'orchestrina finisce il suo sconcerto (non è un refuso, la “s” è volontaria). Sale sul palco il rospetto, dal cui sproloquio mi sembra di capire che sta per presentarsi sul palcoscenico una contorsionista. “È in suo onore che il locale si chiama così”. Per la verità, questa frase sarebbe stata molto più lunga. Dopo impari lotta e col supporto di approfonditi studi di esegetica, sono giunta a questa conclusione. Si presenta sul palco una ragazza in bikini. Se lo toglie subito e si scusa, ma non vuole intralci per i suoi movimenti. Guarda un punto del locale e parte una musica sensuale. Musica per davvero. Resto sbigottita per la sinuosità dei suoi movimenti. Sono finalizzati a mostrare le sue parti intime nel modo più volgare e, contemporaneamente, dolce ed eccitante. Le mosse sembrano una specie di masturbazione e, dall'espressione del suo viso, una masturbazione molto coinvolgente. Mi sento coinvolta anch'io ma riesco ad osservare con sufficiente lucidità. Mi viene spontaneo mostrarle i miei piercing su labbra e clitoride. Mi pare che i suoi occhi mi scrutino percorrendomi. Le sue contorsioni danno l'impressione del moto di un'onda. Capisco il motivo del nome. Ora ha il viso rivolto verso il pubblico, la schiena inarcata in avanti, le gambe divaricate, il seno schiacciato su un cuscino. Si tocca. Nella confusione della mia eccitazione non capisco bene come e dove, ma lancia un grido strozzato e spara fuori dalla passera uno schizzo abbondante. Anch'io schizzo.
“Ecco la grande onda”, gracida il rospetto, mentre il pubblico applaude entusiasta. Non so se ci vogliano le iniziali maiuscole per “grande onda”, perché non ho effettuato indagini aulla questione. La ragazza intanto si mette in piedi, s'inchina, ringrazia. Scende dal palco e viene verso di me. Mi bisbiglia qualcosa. Le rispondo di sì. Lei allora mi prende per mano e mi conduce sul palcoscenico. Ad alta voce chiama un Bolero. Al ritmo del tamburo mi spoglia e mi bacia in bocca. Poi dolcezza e ferocia, intensità e leggerezza, lentezza e frenesia... Ci travolgiamo con onde sempre più forti. Sull'ultima battuta crolliamo sul palco oscenamente bagnato dai nostri schizzi. Fra grida e applausi si chiude il sipario.
Il rospetto viene da noi. Mi offre di fermarmi a lavorare lì e mi dice che la consumazione (stuzzichini di buon livello, per la verità, accompagnati da una bottiglia di squisito kerner) è offerta dalla casa. Declino l'offerta di collaborazione: non vorrei mai che mi proponesse di scrivere qualcosa a quattro mani per ER. O meglio a due mani e due zampe.
La ragazza accompagna la mia uscita con una sequenza di fanculo diretti al rospetto.

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