L'ultimo giorno d'estate (stregatta)

Scritto da , il 2022-01-01, genere pulp

Esistono terre di confine, a metà tra sogno e realtà, tra il sonno e la veglia. La memoria a guardia dei varchi a volte vacilla. E noi entriamo.

All'inizio pensavo fosse in cerca di un pompino con la scusa del lavoro. Era davvero un tipo strano, capelli grigi, rasati su una tempia cortissimi sull'altra. Un ciuffo arruffato davanti. Probabilmente non se li pettinava nemmeno, anche se erano puliti e profumati. Aveva un buon odore, un miscuglio di muschio bianco e menta. Giubbotto di pelle e jeans sgualciti. Un paio di occhiali a specchio sul viso. La macchina era ancora più strana, una Lancia Y rosa, il cruscotto era dello stesso colore, una calamita viola leopardata con la scritta PUSS! al centro.
Prima di immettersi nel traffico mi ha offerto un portasigarette d'argento. Dentro c'erano due spinelli di marijuana, una sigaretta col filtro e due sigari alla menta. Ho preso uno dei sigari, lui ha preso l'altro.
"Provo uno dei tuoi sigari”
"Sono i miei preferiti, non riesco più a farne a meno".
Il sapore era tremendo, ho tirato due boccate e ho subito avuto la tentazione di buttarlo via. Lui invece fumava prendendo lunghe boccate, assorto nella guida. Quando è squillato il suo telefono ne ho approfittato per buttarlo dal finestrino. Visto che la telefonata andava per le lunghe ho aperto il suo portatile con la scusa di mettere la musica; invece, mi sono messa curiosare nei documenti. Era pieno di video sado-maso. Appena ha messo giù ho chiuso il portatile.

"Se non ti andava più potevi rimetterlo nel portasigarette, era l'ultimo".
Non gli ho dato retta e ho continuato a guardare fuori del finestrino. L'autostrada era molto trafficata, le stationwagon ci superavano incuranti con i bagagli per il mare sul tettuccio. Ha girato lo specchietto in modo da potermi vedere e si è di nuovo concentrato nella guida.
"Almeno si può sapere dove mi stai portando?"
"Un bel posto, vedrai ti piacerà"
"E quanto impiegheremo, non avevo programmato di stare fuori tutto il giorno"
"Non molto, un'ora e mezza circa".
Prima di una serie di gallerie abbiamo incontrato dei lavori e siamo rimasti incolonnati. Ho appoggiato la testa al finestrino e mi sono subito addormentata.

Un sogno bizzarro. Camminavo nuda sulla superficie lunare, la Terra in lontananza era parzialmente in ombra. Riuscivo comunque ad avvertire il peso della gravità. Quando ho riaperto gli occhi, l'auto era di nuovo in movimento.
"Scusa mi sono addormentata, è ancora valida?"
"Non fa niente, non preoccuparti"
"Quanto ho dormito?"
"Non molto, meno di venti minuti"
"Siamo ancora molto lontani?"
"No, non molto, un'ora e mezza circa".
Sentivo i suoi occhi dietro gli occhiali a specchio accarezzarmi il corpo. Mi sono bagnata. Dopo le palpebre sono diventate sempre più pesanti. Ho appoggiato la testa da un lato e ho ripreso a dormire.
Questa volta stavo camminando nel deserto. La Luna mi accompagnava lungo una pista attraverso le dune, seguita da una stella incredibilmente luminosa. Ho camminato fino a raggiungere una recinzione metallica, alle sue spalle riuscivo a scorgere attraverso la foschia una grande piramide. Mi sono avvicinata per spiare oltre la recinzione. Una donna con il corpo nudo e il viso nascosto da un velo nero è uscita dall'oscurità, puntando dritta verso di me. Si è aggrappata con le dita alle maglie della rete per parlarmi attraverso il velo.
"Siete in anticipo"
Poi mi ha passato un medaglione infilando due dita attraverso la recinzione.
"Questo è per te, un portafortuna. Devi portarlo sempre con te".
Si è allontanata scomparendo nuovamente nella foschia. Un gatto, sul retro c'era una scritta: "Anekke, The Future Is Ours", l'ho messo al collo poco prima di svegliarmi. L'auto era ferma in un'area di sosta. Sul cruscotto i resti di due tramezzini e il bicchiere vuoto di un iced-coffee mi osservavano indifferenti. Lo sportello dal lato del guidatore era spalancato in modo che le auto in transito potessero vedermi. Mi sono allungata sul sedile per chiuderlo, lui si è avvicinato dall'altro lato e ha aperto quello del passeggero. Si è appoggiato con le braccia al tettuccio della Lancia, i suoi jeans sgualciti erano a pochi centimetri dalla mia bocca. Ho pensato di sbottonarglieli con la bocca per succhiarglielo, ma il rumore della cannuccia mi ha fatto desistere un secondo prima che decidessi. Stava bevendo gli ultimi sorsi del secondo iced-coffee alla mandorla.
"La cintura ti sta lasciando il segno, nel portaoggetti c'è della crema solare, te ne spalmo un po'"
"No, grazie, faccio da sola. Dove siamo?"
"Siamo quasi arrivati"
"Quanto manca ancora, non ho voglia di restare fuori tutto il giorno"
"Un'ora e mezza circa".

L'auto è ripartita poco dopo, l'abitacolo era impregnato del profumo della crema solare al cocco. Non ci ho messo molto a riprendere sonno.
Un altro sogno. Questa volta mi trovavo su un'isola tropicale, una lunga spiaggia dalla sabbia bianca e finissima. Il mare calmo, verde nei primi metri azzurro intenso a largo. Ho camminato nuda sulla riva fino a raggiungere un sentiero nascosto. All'estremità più a sud della mezza luna di terra in mezzo all' Oceano, incombeva un gigantesco tornado grigio. Le nubi cariche di tempesta solcate da lampi e fulmini continui. Il sentiero mi ha condotta ad una vecchia casa con le persiane azzurre sbiadite dal sole. Un piccolo muriccio di recinzione la separava dalla foresta circostante. Sono entrata spingendo delicatamente la porta di legno al piano terra, convinta che non avrei trovato nessuno al suo interno. Invece ho trovato una ragazza ad attendermi, lunghi capelli neri con la frangetta sulla fronte. Indossava un vestito bianco leggerissimo, quasi trasparente, tra le mani un libro con la copertina di pelle aperto nel mezzo. L'odore di umidità che sentivo all'interno mi aveva fatto pensare alla casa in cui trascorrevo le vacanze da bambina. La ragazza mi ha fissato sorridendo prima di parlarmi.
"L'odore che si sente in queste case fa pensare alle vacanze, non trovi?"
"Stavo pensando la stessa cosa. È la tua casa?”
"Ti sentivi a disagio, hai sempre paura di sembrare impacciata"
"Ho solo paura che gli altri si possano sentire a disagio quando capiscono come sono fatta"
"Non puoi avere il controllo su tutto"
"Hai mai avuto paura di addormentarti..."
"Per quello che potrebbe succedere al mio corpo mentre non sono cosciente?".
Si avvicinata a me e mi ha appoggiato una mano sulla spalla, spingendo verso il basso. Mi sono seduta di fronte a lei e le ho sollevato il vestito, sotto non portava niente, sentivo l'odore del suo sesso. Lei ha continuato a parlare.
"Sai qual è la cosa più difficile da capire nella vita?".
Ho cominciato a leccarla prima che potesse finire. Quando mi sono svegliata il tizio con gli occhiali da sole aveva ripreso a fumare. Guidava senza fare caso a me, per un attimo ho ricordato il sogno delle vacanze estive che stavo facendo poco prima.
"Ti sei addormentata di nuovo"
"Si scusa, ora resto sveglia”
"Non preoccuparti, devi essere molto stanca. Dormi siamo quasi arrivati"
"Quanto manca?"
"Un'ora e mezza circa".

- Ciao come stai? Elle -
- Tra poco faccio lo zabaglione, non smette ancora di nevicare, sarà venuto giù mezzo metro in una mattinata. C. A. -
- Ho voglia di scopare. Quando torni in città? Elle -
- Cucciolotta non è che proprio muoia dalla voglia. È per una consegna? C. A. -
- La coccinella rossa, Lucy ha detto che è importante. Elle -
- E la ragazza del lago? C. A. -
- La tua amica Lucky_Star può venire con te, Lucy le ha mostrato l'eclissi. Elle -
- Ma che cazzo! La scuola non è ancora finita, come cazzo faccio a portarmela dietro. C. A. -
- Rivuole le sue mutandine rosa. Elle -
- Senti ora devo andare hanno suonato. C. A. -
- Dove stai tu non c'è la corrente elettrica. Elle -
- Ho messo un campanaccio alla porta. C. A. –
- Senti, non fare lo stronzo, rivoglio le mie mutandine. E poi ho il permesso per stare via durante le vacanze di Natale. Rebecca mi regge il gioco, non fare il cagasotto. Lucky_Star -
- Che palle! Dove ci vediamo? Mi ci vorrà un pezzo per scendere in città con tutta questa neve. C. A. -
- Ti aspetto in centro, dietro la stazione, alle due, davanti alla metro. Lucky_Star -
- OK. Ora però non mi rompete, o mi si brucia lo zabaglione. C. A. -
- Lo vedi domani cosa ti faccio bruciare. Lucky_Star -
- Tu passi troppo tempo con Jenny, ultimamente. C. A. -
- Sentite, però avevamo detto che sarei potuta venire anche io. Raven -
- Rebecca, ma come cazzo facciamo con l'erba? E se poi chiama mia mamma mentre siamo via? Lucky_Star -
- E no! Belle mie volevo esserci pure io! Pasticcina -
- Possiamo andare con la tua macchina. C_Ca -
- Oppure mettiamo il cazzone nel bagagliaio e lo tiriamo fuori solo per chiavare. No? Pasticcina -
- Si, sembra un'idea. Raven -
- Oppure noleggiamo un pulmino e lo trasformiamo in uno scuolabus del cazzo. C. A. -
- Comunque, Elle diceva che la storia della tipa è abbastanza strana. È scomparsa in quella casa quando aveva quindici anni. Per qualche tempo hanno pensato a una fuga, a uno di quei colpi di testa da adolescenti. C_Ca -
- Cioè? Spiegati meglio. Cosa sono quei colpi di testa da adolescenti? Lucky_Star -
- Ah, bella mia, io conosco solo i colpi di sole. Avevo proprio bisogno di schiarirmi i capelli. Pasticcina -
- Io invece ricordo bene i due colpi che mi sono fatta dare da C. A. la settimana scorsa. Raven -
- Che zoccola, avevi detto che andavi dalla nonna...Lucky_Star -
- Poi hanno aperto un'indagine per la scomparsa, ma non è mai approdata a nulla...C_Ca -
- Ma...Lucy ha aperto un'agenzia investigativa dell'occulto? C. A. -
- Ho un paio di jeans elasticizzati nuovi. Lucky_Star -
- ...e quando è che ci vediamo? C. A. -
- Rasata. C_Ca -
- Idem. Raven -
- Beh, dopo i colpi di sole c'era ancora un po' di tempo, quindi...Pasticcina -
- Anche la mia. Sei svenuto? Lucky_Star -
- No, si è bruciato lo zabaglione. C. A. -

Tutto quel parlare di fica rasata mi aveva fatta eccitare, quando ho chiuso il portatile non riuscivo a prendere sonno. Ho preso un po' dell'erba di Rebecca dallo zaino e mi sono messa a fumare alla finestra. Avevo lasciato un piccolo spiraglio, soltanto per soffiare fuori il fumo. La playlist di C. A. nell'Hi Phone non mi era mai sembrata così coinvolgente, quel pezzo sulla tizia con la luce negli occhi e l'eclissi mi stava facendo venire i brividi, o forse era colpa della bufera di neve che si insinuava sotto la mia camicia da notte con i cuoricini. Ho chiuso gli occhi e ho immaginato di essere abbracciata a C. A. Facevamo l'amore di fronte ad uno specchio, mi stava baciando sul collo. Per una frazione di secondo, ho guardato nello specchio, soltanto per accorgermi del sangue sul mio corpo. Scendeva lentamente dal punto in cui si erano posate le labbra di C. A. Poi lo specchio è andato in frantumi, i frammenti sono crollati uno dopo l'altro, al rallentatore. Oltre lo specchio rotto un'altra visione di noi due: ero aggrappata a lui, intrecciavo le gambe intorno alla sua vita, le braccia appese al collo. Lui mi aveva messo sulle spalle il suo giubbotto di pelle. Una croce nera rovesciata sul petto nudo. Mi teneva stretta a sé mentre una pioggia di sangue torrenziale infuriava sui nostri corpi intrecciati. Quando mi sono svegliata ho ricordato una vecchia canzone di Bonnie Tyler, quella sulla luce negli occhi e l'eclissi del cuore.
A colazione la mamma mi ha fatto una marea di paranoie sul mio aspetto, ho buttato giù le fette con la marmellata e il caffè-latte senza pensare. Dopo un po' si è dovuta arrendere al mio sorriso ebete e anche se incredula per il duello mattutino mancato, mi ha lasciata perdere. Si stava ancora raccomandando di chiamare appena arrivata, io ho tagliato corto: "Il pullman", poi sono uscita. Il sogno della sera prima mi stava ancora tenendo su di giri, ero troppo eccitata. Sull'autobus mi sono seduta in fondo, per fortuna le scuole erano già chiuse, per cui era praticamente vuoto. Ho appoggiato la testa al finestrino per guardare fuori e mi sono afferrata la cintura dei jeans, tirando forte verso l'alto. Dopo un paio di volte, la cucitura in mezzo mi ha fatta venire. Una miriade di luci colorate ha risucchiato la realtà di quella grigia mattina invernale. Mi sono girata su un fianco e mi sono messa a dormire.

Sull'isola tropicale ho scovato un cinema all'aperto. Il suono ovattato del film mi ha guidata attraverso la foresta, fino a raggiungere un'inferriata verde mezzo arrugginita. Sotto un grande Fico profumato, il cancelletto socchiuso mi invitava ad entrare, sbattendo sotto le raffiche di vento. Ho superato l'ingresso passando di fianco alle locandine dei film in programma. Bert e Mary a spasso nel parco, Romeo intento a fare il cascamorto con Duchessa, nell'ultimo, una bambina con i capelli rossi e il vestitino azzurro insieme ad uno strano tizio con gli occhiali da sole e la divisa da SS. Prendevano il tè in riva al mare. Ero sicura di conoscere il film, ma non riuscivo a ricordare il titolo. Il tizio con gli occhiali scuri era nella prima fila, stava guardando Rocky. Ha preso una lunga boccata dal sigaro e ha soffiato il fumo verso l'alto. Poi si è voltato verso di me.
"Mi sento sempre impacciata..."
"Come se fossi fuori posto"
"Esatto. Quando ero alle superiori un ragazzo che mi piaceva, mi ha chiesto di fargli i compiti..."
"Pur di accontentarlo hai trascurato tutto quello che stavi facendo"
"Si, poi per farglielo capire ho scritto sui libri con una matita azzurra..."
"Come il principe azzurro. Lui però si è messo a ridere e ti ha presa in giro"
È stata la cosa più imbarazzante di tutta la mia vita"
Gli schizzi di sangue di Apollo sono usciti dallo schermo, finendo sui seggiolini della prima fila. Lui ha allungato una mano nella fila dietro e ha tirato fuori un ombrello retrattile con un disegno di cuoricini verdi e azzurri. Lo ha aperto sopra le nostre teste prima che venissimo investiti.
"Sai qual è la cosa più difficile da capire nella vita?"
"Cosa?"
"I propri sentimenti".
"E tu sai cosa mi farebbe sentire meglio?"
"Scopare".
Un paradenti è rimbalzato contro l'ombrello ed è finito sul pavimento.
"Mi sento rilassata solo quando ho un cazzo bello duro in bocca".
Una ragazza in bikini con gli occhiali a specchio ha attraversato il ring con un cartellone in mano. Sessantanovesima ripresa. Mi sono svegliata sul gong.
"Cazzo, devo essermi addormentata ancora. Manca molto?"
"Siamo quasi arrivati. Un'ora e mezza circa".

Mi aspettava alla fermata dell'autobus, vicino alla stazione dei taxi. Jeans elasticizzati aderenti, all star rosa e una giacca a vento nero lucido. La borsa di tela militare a tracolla, una sigaretta in una mano il telefono nell'altra. Occhiali scuri alzati sulla fronte. Nevicava già da qualche ora, anche se in città, sull'asfalto restava a mala pena una poltiglia fangosa. Ho fermato il Patrol proprio di fianco a lei, mi ha squadrato prendendo un'ultima boccata di sigaretta, poi ha fatto il giro della macchina ed è salita.
"Era ora cazzo, così arriviamo in ritardo con le altre"
"Cucciolotta sai quanto ci vuole per scendere dalla montagna con questo tempo? Lì le strade sono coperte di neve, non è come qui in città"
"Fanculo, è da questa mattina che sono arrapata, in autobus non riuscivo neanche a prendere sonno. Fermati appena puoi, voglio scopare prima di arrivare all'appuntamento"
Poco fuori della città ho accostato in una piazzola lungo la statale del lago. Ho lasciato il motore acceso e spento i tergicristalli. In pochi minuti il parabrezza si è coperto di neve.
"Tutta quella marijuana prima o poi ti farà male"
"Sei un porco, mi vuoi violentare"
"Cosa?"
"Non prendermi per il culo, ti sei fermato qui sperando che mi togliessi i vestiti".
Prima che potessi risponderle mi ha infilato una mano nei jeans. Poi si è avvicinata per baciarmi, ma quando ho cercato di prenderla in braccio mi ha preso a schiaffi. Non ha cercato di fingere nel colpirmi, mi ha lasciato il segno delle dita.
"Ora mi metto a urlare, dovrebbero arrestarti".
Si è sfilata i jeans e mi è salita sopra le ginocchia, sotto non aveva messo niente. Rasata e profumata. Mi ha infilato la lingua in bocca, stava passando le mani ovunque.
"Sei un gran porco..."
"Mi mandi al manicomio".
Ha continuato a insultarmi e a baciarmi sul collo, muovendosi avanti e indietro. Prima di venirle dentro ho sognato. Un safari in Africa, guadavo una palude a bordo di un grosso fuoristrada, sulla riva invece delle belve della savana vedevo una schiera di bellissime donne. Alcune completamente nude, altre coperte da pelli di animali. Prendevo la mira con il fucile, quando premevo il grilletto loro cominciavano a spogliarsi e masturbarsi.
Poi sono venuto.
Lei si è girata dall'altra parte per aggrapparsi al volante, ma ha fatto inavvertitamente scattare la leva dei tergicristalli. Lo spazzaneve è passato proprio in quel momento. Per poco non è finito fuoristrada. Dopo averci superati ha suonato ripetutamente il clacson.
"Lo vedi? Lo capiscono subito tutti che mi hai molestata".

- Volete muovervi, cazzo? Pasticcina -
- Arriviamo, è solo che sta venendo giù una valanga di neve. C. A. -
- È più di un'ora che aspettiamo, qualcuno deve montarci le catene, noi non siamo capaci, stronzo. E poi spiegami perché ci dobbiamo incontrare qui, invece di partire tutti insieme? Pasticcina -
- Dovevo far credere che sarei andata a casa di Rebecca. Lucky_Star -
- Io però sono arrivata da un pezzo. Raven -
- Manca poco, siamo quasi al lago. C. A. -
- Hai fatto l'albero? C_Ca -
- No, però questa mattina per scendere ho dovuto tagliarne uno con la motosega. C. A. -
- Fortuna che in fatto di seghe te ne intendi. Pasticcina –

Sono stata ancora nel cinema all'aperto, ma il tizio con gli occhiali scuri non si è fatto vedere. Nella prima fila ho incontrato una ragazza nuda con gli occhiali a specchio. Fumava una sigaretta, seduta nella prima fila, guardando Rambo. Stallone piangeva disperato, ricordando i giorni terribili passati al fronte. Ha preso una lunga boccata di fumo, poi si è voltata per parlarmi.
"Se incontri un uomo che non è un poeta, non mostrargli il tuo cuore".

- Possibile che con il tuo bidone 4x4 fai tutta questa fatica sulla neve? Pasticcina -
- Non è mica un hovercraft. C. A. -
"Sì, ok, mandale il messaggio poi però guida, così vai a sbattere prima o poi”
"Lo fa sempre, anche se sa che sto guidando, continua a mandarmi messaggi"
"E tu non risponderle"
"Sei pazza, sai che storia mi pianta su quando non le rispondo subito"
"E' quella rosa? La macchina"
"Si sono loro, siamo arrivati".
All'Hotel Marina ci aspettavano cinque tazze di zabaglione fumante. Vivien come spesso accadeva in quel periodo dell'anno era praticamente sola in albergo per quasi tutta la settimana, fatta eccezione per qualche raro finesettimana in cui qualche turista di passaggio capitava sul lago mentre era in transito per qualche meta più allettante. Dopo neanche mezza tazza L. S. e la sua amica erano praticamente sbronze. Biascicavano frasi sconnesse su C. A. ridacchiando. Jenny si è spogliata completamente e ha sfilato i jeans di Rebecca, L. S. si è buttata su C. A. Lui le ha sollevato la maglietta e poi l'ha girata a testa in giù per farsi succhiare. Sembravano davvero animali in calore, ho sentito una vampata di gelosia impossessarsi del mio corpo. Ho provato a unirmi a loro, ma i loro corpi si muovevano in un distacco completo dalla realtà. Alla fine, mi sono rassegnata a guardarli soltanto. Mi sono toccata in mezzo alle gambe, non riuscivo più a resistere. Poi C. A. ha spinto L. S. sopra di me e mi ha scopata in bocca mentre lei mi leccava. Ho lasciato colare lo sperma sulla sua fica e poi l'ho leccata. L'odore dello sperma di C. A. mi ha fatto finalmente rilassare, i muscoli si sono distesi finché non mi sono addormentata sui loro corpi. Quando ho riaperto gli occhi, dopo pochi secondi di sonno profondo, mi sono accorta di trovarmi sollevata da terra. Eravamo ancora uniti nell'amplesso, soltanto a circa mezzo metro dal pavimento. Era come trovarsi su un materasso ad acqua invisibile. C. A. mi ha guardata sorridendo, poi ho sentito la sua voce nella mia mente.
"Avevo proprio bisogno di qualche giorno di vacanza".
Stavo per riprendere sonno, ma la voce di Jenny mi ha svegliata completamente.
"Clara".
Loro si erano già rivestiti, ero l'unica ad essere ancora completamente nuda. Mi avevano lasciata su una poltrona vicino al camino. Il salotto dell'albergo era illuminato soltanto dalla luce di alcune candele. Stavano prendendo il tè. Per qualche motivo ho provato l'impulso di parlare, ma l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era una specie di enigma in inglese: The children of the Night are Calling. Si sono messi tutti a ridere. C. A. ha posato la tazza su uno dei tavolini ed è venuto verso di me camminando sul soffitto a testa in giù.
"Anche tu avevi bisogno di una vacanza".
La mattina seguente ero sola in albergo, la luce del giorno era tremendamente fastidiosa. Ho vagato un po' per l'albergo deserto poi ho capito e sono uscita in giardino. Uno dei giochi di prestigio di C. A. L'unica volta in cui gli avevo chiesto spiegazioni di quegli strani fenomeni mi aveva risposto che le cose che non conosciamo ci sembrano impossibili. Nel bosco ho trovato due donne, mi aspettavano vicino al lago. Due corpi bellissimi completamente nudi. Mi hanno presa per mano per condurmi in una baracca abbandonata. Al suo interno sono stata bendata e spogliata. La voce di Natasha mi ha scossa dal torpore.
"Devi convincerlo ad aiutarci. Sono riusciti a raggiungerci ovunque. Interi gruppi di evase sono stati catturati e riportati indietro"
"Non posso farci niente, lo sai come è fatto. Quando non vuole fare una cosa non c'è verso".
Le mani di due donne hanno cominciato ad accarezzarmi ovunque, ho immaginato si trattasse delle due Vondervotteimittis. Appena ho pensato a loro, sono riuscita a vederle nella mia mente, intorno a me nella stanza. Mi giravano intorno toccandomi ovunque. Elena indossava il suo completo di pelle rossa con la scritta Diablo sul petto e gli occhiali scuri. Ha parlato nella mia mente per convincermi.
"Lo sappiamo perché sei venuta qui, quello che cerchi lo abbiamo preso noi"
"A lui interessa solo quella ragazza. È una richiesta di Lucy. Vi farà a pezzi se viene a sapere che vi siete messe in mezzo"
"Sappiamo anche questo. È un rischio che non possiamo evitare. Ci aiuterai?"
"Lasciatemi in pace, datemi la consegna di Lucy, è meglio se la fate finita"
"Le ragazze sono state rinchiuse in quelle baracche delle torture, lo sai che non si fermeranno, no? Ormai riescono a sovrascrivere la coscienza a loro piacimento".
Mi hanno mostrato le prigioni, è stata una visione orrenda e terrificante. La mente deviata dei droni umani era al limite dell'assurdo. Avrei voluto urlare e scappare da quel posto infernale. Ho pianto, ma non è servito. Natasha si è alzata in piedi ed è venuta verso di me. Mi ha preso il mento tra indice e pollice poi ha detto:
"Cosa faresti se ci fossi tu al posto loro?"
"Ti ucciderà per questo, ne sono più che convinta"
"Lo so benissimo, tu però prima lo convincerai ad aiutarci, vero?"
"No, non lo so, maledette stronze, non sono neanche sicura che non uccida me per avervi aiutate"
"Non lo farà, allora? Ci aiuterai?"
"Ci provo, ma non prendetevela con me se non ci riesco"
"Ci proverai o lo farai e basta?"
"Va bene lo farò, datemi quella cazzo di consegna"
"E' una foto. Non ho idea di cosa significhi. È solo la foto di un gatto. Dietro c'è una data, ma è illeggibile. Chi diavolo è la ragazza che sta cercando?"
"Non lo so, per lui è solo una consegna per Lucy"
"Aiutaci"
"Ok, andate affanculo adesso, datemi la foto"
"Non ci fregare".
Mi sono tolta la benda e sono uscita dalla baracca di corsa. Natasha mi aveva lasciato la foto tra le mani prima che scappassi fuori. Appena ho spinto la porta dell'albergo per entrare nella Hall, sono tornata da quell'allucinazione. C. A. era ancora sulla poltrona di fianco al camino acceso. L.S. si era addormentata nuda in braccio a lui, la stringeva tra le braccia accarezzandole i capelli. La sua amica si era messa sul bracciolo, aggrappata al collo di C. A.
"L'hai trovata?"
"Si, mi hai fatto uno scherzo da stronzo"
"Quelle pazze che cazzo vogliono questa volta?"
"Come fai a saperlo?"
"Mi prendi per il culo?".
Per un secondo la croce rovesciata che portava al collo ha riflesso la luce del camino proprio nei miei occhi.
"Le devi aiutare, questa volta sono fottute"
"Era ora. Non le ho mai potute soffrire quelle"
"Non fare il cazzone, le aiuterai"
"Devi essere impazzita, non ci penso neanche. La foto?"
"Non te la do se non le aiuti. E non ti do più nemmeno il resto"
"Ah! E quando piagnucolavi era a questo che pensavi per convincermi?"
Jenny si è seduta vicino a me per consolarmi, aveva addosso soltanto una maglietta rosa di Minnie, lunga fino al ginocchio. Mi ha accarezzato il seno e poi mi ha baciata per rassicurarmi.
"Ti aiuterà, lo sai che è uno stronzo, se non lo implori non si sente amato e desiderato abbastanza per cui si rifugia nel suo ego di merda. A volte penso che faremmo meglio a piantargli un paletto nel cuore e restare solo tra donne per sempre".
Lui si è alzato gli occhiali da sole ridacchiando, poi ha detto:
"La foto. Dammi la foto. Hai sentito cosa ha detto Jenny? Le aiutiamo, prima però voglio trovare questa qui"
Sono andata da lui per dargli la foto, quando mi sono avvicinata mi ha afferrato un polso e mi ha sussurrato all'orecchio: "Come sta Natasha?".
"Sono agli sgoccioli"
"Le stava gocciolando al pensiero di rivedermi?"
"Stronzo, questa volta non hanno speranza"
"Se metto le mani su Elena la faccio a pezzi"
"Devi aiutarle, promettimelo"
"Ok, come vuoi".
Vivien è entrata in salotto con una cartelletta sottobraccio e un vassoio pieno di dolci e tramezzini. Da una parte aveva messo anche delle tazze di zabaglione bollenti. C. A. si è subito buttato sullo zabaglione, ha preso anche un paio di dolci alla marmellata e ha iniziato a inzupparli nella tazza. Jenny ha preso un'altra delle tazze sul vassoio e un tramezzino, le due ragazze con C. A. hanno iniziato a spazzolare i dolci alla marmellata senza battere ciglio. Dopo i primi due si sono messe a giocare con la marmellata, la spalmavano sul seno con un dito poi si avvicinavano a C. A. per farsela leccare. Rebecca si è messa l'ultimo sulla fica ed è rimasta a guardarlo. Lui ha preso il dolce e se l'è infilato in bocca tutto in una volta, dopo l'ha sollevata per le ginocchia e glie l'ha leccata.
"Siete dei maiali, volete avere un po' di decenza almeno mentre stiamo mangiando? Non fate che scopare"
"Se sapessi cosa vuol dire infilarsi in una fica così stretta, non parleresti in questo modo. La tua, Jenny, è solo invidia".
Vivien, intanto, si era seduta sul bordo del tavolino con una tazza di zabaglione in mano. Stava aprendo con l'altra la cartelletta piena di foto e altri fogli. Sembravano lettere scritte a mano.
"Qual è la storia?"
"E' successo tutto verso la fine degli anni '90. Doveva essere circa il '98, quindici anni, molto carina, fisico atletico, a scuola ottimi voti...".
L.S. e Rebecca si sono messe a fare le civette, sembravano decise a provocare Jenny. Era chiaro il motivo per cui si erano unite alla consegna, puro e semplice divertimento. Jenny ha abboccato subito.
"Cazzo proprio come me!"
"Tu sei una sega a scuola, non raccontare cazzate!"
"Però mi sono venuti degli adduttori con i controcazzi, guarda cosa riesco a fare con la..."
"E piantatela, lasciatela finire!"
"Ma volevo solo farvi vedere come si sono sviluppati i muscoli in mezzo alle gambe, che palle!"
"Se non fate le brave vi sculaccio"
"E la punizione sarebbe?"
"A che troia che sei!"
"Adesso basta! Lasciate finire Vivien!".
Jenny si è alzata minacciosa, come se fosse stata intenzionata a sculacciarle veramente, loro si sono rannicchiate in braccio a C. A.
"Allora...a si. Era qui in vacanza con i genitori, solita storia, figlia unica, piena di attenzioni e viziata. Un pomeriggio sono andati tutti e tre a fare una gita sul lago. Hanno preso la macchina e si sono fermati a qualche kilometro da qui per un pic-nic. Soltanto si sono dimenticati l'apribottiglie in macchina. Lei si è offerta di andare a riprenderlo, ma non è mai più tornata. Sparita, così, da un momento all'altro. Per sempre"
"E poi? Cazzo qualcosa deve essere successo, non è possibile che sia tutto qui"
"Qualche settimana fa la mamma si è sentita male, disturbi psicologici legati alla vicenda. Ha raccontato di una serie di incubi. Poi ha ricevuto questa".
Ci ha mostrato una lettera, sembrava scritta da una ragazzina. La carta era sgualcita e ingiallita, l'inchiostro sbiadito, doveva avere almeno vent'anni. La data dell'intestazione però era recente. Qualche settimana prima della nostra vacanza al lago con Vivien.
"La calligrafia è stata confrontata con altre lettere scritte dalla ragazza. Corrisponde, l'invecchiamento della carta e dell'inchiostro non è un falso. È tutto autentico".
Jenny ha guardato C. A. con un'espressione molto seria.
"Cosa ne pensi?"
"Domani andiamo a fare una gita sul lago".

Ancora l'isola tropicale. Camminavo nuda sulla sabbia rovente, ho dovuto affrettare il passo per raggiungere l'ombra a qualche metro dalla riva. Il tizio dei sigari se ne stava al riparo dal caldo torrido, sdraiato su un'amaca. Su un tavolino di fianco a lui aspettavano due bicchieri di rhum al cocco, la bottiglia era coperta di goccioline, il liquore nei bicchieri sembrava ghiacciato. Da una radio in lontananza Octavio Meza stava cantando La Pelea con El Diablo.
Mi sono avvicinata al tavolino e ho preso il posto di uno dei bicchieri. Addosso portava come al solito il suo giubbotto di pelle, sul petto nudo una croce nera rovesciata, occhiali da sole calati sul viso e jeans sgualciti.
"Non riesco più a distinguere il sogno dalla realtà"
"Capita a molti nelle tue condizioni"
"Dove mi stai portando? Cosa significa il nostro viaggio?"
"Un bel posto, lo vedrai. Manca poco"
"Ho sempre la sensazione di trovarmi fuori posto. Probabilmente le persone che hanno a che fare con me mi considerano una stupida per questo"
"Conosci il significato di questa canzone?".
Ho allargato le gambe e mi sono rovesciata il bicchiere sul petto. Il rhum ghiacciato è scivolato sul mio seno, lasciandosi dietro una scia di brividi.
"Si credo di sì".
Si è subito alzato per dissetarsi.

Io e Jenny ci siamo alzate presto per aiutare Vivien a preparare il pic-nic. Prima di scendere in cucina sono andata nella camera di C. A. sperando di trovarlo sveglio. Volevo convincerlo a scendere insieme a noi. Invece stava dormendo profondamente abbracciato alla passera di L. S. Lei dormiva a testa in giù, con la faccia appoggiata sulla sua pancia. Rebecca invece era a pancia sotto, gambe larghe e un braccio intorno al collo di C. A. Ho sbuffato sollevandomi il ciuffo di capelli che mi scendeva sulla fronte prima di richiudere la porta senza fare rumore.
"Il coglione e le sue troie?”
"Tu che dici?".
A quel punto ho riaperto piano la porta per mostrare la scena a Jenny. L. S. era completamente nuda, C. A. ha borbottato nel sonno: "Roast beef", e le ha schioccato un bacio sulla fica rasata. Rebecca invece aveva addosso una maglietta blu, le si era arrotolata sopra la vita scoprendo il culo perfetto. Sentivo i pensieri di Jenny esplodere come pop-corn per la gelosia.
"Certo che è proprio un gran porco, su questo non ci piove".
Per un attimo sono riuscita ad avvertire anche i pensieri di C. A. nella sua testa addormentata c'era soltanto una canzone: Big Bad Voodoo Daddy, King of Swing.
Sul bancone della cucina Vivien aveva messo insieme ogni ben di Dio. Una decina di panini erano già stati imbottiti e incartati.
"Per fortuna, datemi una mano. Ne ho preparati un po' per tutti, però non avevo proprio idea di cosa mettere in quelli per C. A.
Jenny mi ha guardata sorridente poi ha fatto: "Mmmmm?". Si è avvicinata a un piatto con del Roast Beaf affettato, lo ha preso tra due dita e lo ha rovesciato dritto nel bidone dei rifiuti.
"Dopo tutta questa fatica in cucina mi ci vuole proprio un bel caffè".
Le ho risposto: "Ok", e sono andata ad aiutare Vivien.

Un'altra volta il cinema all'aperto. La sala era praticamente vuota, c'era soltanto la ragazza con i lunghissimi capelli castani. Era seduta nella prima fila, completamente nuda. Gambe accavallate, occhiali a specchio e un paio di guanti di pelle bianca. Fumava una sigaretta con lo sguardo fisso sullo schermo. Il film doveva essere una specie di western. Il tizio dei sigari attraversava il deserto in sella a un cavallo nero. Giubbotto di pelle sul petto nudo e occhiali scuri. Fumava uno dei suoi sigari cercando di ripararsi dal sole con un ombrello nero aperto su una spalla. La scena era una sequela di lunghissimi primi piani, il sudore gocciolava sulla sua pelle accaldata. Avanzando lentamente tra le dune, il cavallo alzava sbuffi di sabbia con gli zoccoli. In sottofondo una canzone di Los Allegres de Teran, La Zenaida.
La ragazza nuda si è voltata verso di me e mi ha parlato dopo aver soffiato il fumo di una profonda boccata di sigaretta.
"Se incontri un uomo maestro nell'arte della spada, mostragli la tua spada".
Quando ho riaperto gli occhi, il tizio dei sigari era di nuovo assorto nella guida.
"Manca molto?"
"Siamo quasi arrivati, un'ora e mezza circa".

- Sicuro sia lei? L.M. -
- Si, la foto è quella giusta.
Stai attenta all'appartamento abbandonato, lo usano ancora. C. A. -
- Dentro non c'era niente di interessante. Solo mobili vecchi impolverati e vestiti sparsi. La carta da parati mezza strappata e un forte odore di chiuso. L. M. -
- Vai avanti. C. A. -
- Ho lasciato il mio cerchietto azzurro sul tuo letto. L.M. -
- Allora devi subito tornare a riprendertelo. C. A -
- Scemo. L. M. -
- Non vedo l'ora di rivederti. C. A. –
- Hai voglia di fare l’amore? Lullaby Mortem -

Alle 7:30 in punto è suonata la sveglia di C. A. la filodiffusione dell'Hotel Marina ha iniziato a pompare Sex Over The Phone dei Village People a tutto volume.
"Quel cazzone non darà fastidio agli altri ospiti?"
"Ufficialmente l'albergo è chiuso. Riapriamo a gennaio".
Prima ancora che finisse la canzone C. A. è entrato in cucina, aveva soltanto un paio di boxer elasticizzati con la bandiera americana, gli anfibi senza calzini, il giubbotto di pelle a petto nudo e gli occhiali da sole.
"Il mio Roast Beaf?".
Jenny è scattata verso di lui dicendo: "Porco!". Poi è uscita. Sulla porta ha incrociato Rebecca, si era messa un paio di leggings talmente aderenti da non lasciare spazio a dubbi su quello che aveva sotto, cioè niente. Prima che Jenny sparisse si è chinata in avanti per allacciarsi le All Star rosa infilate come ciabatte e ha guardato verso di lei sorridendo. Dietro è arrivata anche L. S. lei era ancora completamente nuda.
"Il riscaldamento è pazzesco in questo albergo, si muore di caldo"
Jenny ha ringhiato qualche parola incomprensibile ed è salita. C. A. ha continuato a bere il suo caffè, ha soltanto aggiunto: "Andateci piano". Loro ovviamente sono scoppiate a ridere.
"Di chi è quel Dodge RAM 3500 doppia cabina, con il kit di rialzo e la carrozzeria nero base?".
Vivien si è avvicinata a lui e gli ha passato le braccia intorno alla vita mentre guardava il suo fuoristrada parcheggiato in giardino. Jenny si era infilata la giacca a vento rosa ed era salita dietro ad aspettarci. Quando si è accorta di C. A. alla finestra, ha richiuso lo sportello facendolo sbattere.
"Ho pensato che in sei, avremmo avuto bisogno di una macchina più comoda"
"Vetri oscurati...hai messo anche i distanziatori sui semi-assi".
Poi gli ha pizzicato la pancetta con due dita.
"Forse è meglio se ci vai piano anche tu"
"Con i panini imbottiti? Vuoi dire niente Roast Beaf? Neanche lo zabaglione?"
Ha pizzicato più forte, lui ha risposto "Ahio!".

- Ho trovato il posto. Dentro ci sono due di loro. Che cosa vuoi che faccia? L. M. -
- Fai pulizia. SweetRevenge -
- Che cosa intendi? Parla chiaro. L. M. -
- Falli fuori e riprendi la consegna. SweetRevenge –

Vivien si è messa alla guida, mentre C. A. e le sue amiche sono saliti dietro di fianco a Jenny. Lui si è seduto in mezzo con le gambe larghe le teneva abbracciate all'altezza della vita. Lucky Star ha cominciato a sbaciucchiarselo sul collo appena siamo partiti. Jenny stava per raggiungere il Meltdown Nucleare. Mi sono passate davanti agli occhi le strazianti immagini di Chernobyl, con i militari dell'Armata Rossa pronti a sacrificarsi per la patria. Nevicava abbondantemente, la statale era già completamente imbiancata. Stavo per suggerire a Vivien di ripiegare verso una destinazione al coperto visto che tanto il pic-nic in quelle condizioni era improponibile, quando il telefono di C. A. si è messo a vibrare, per qualche minuto si è staccato dalle ragazze per rispondere ai messaggi. La sua espressione era palesemente cambiata. Dopo aver messo via il telefono si è limitato a bussare sulla spalla di Vivien con due dita.
"Forse è meglio se guido io per un po'".
Lei stava per chiedere spiegazioni, ma dopo aver incrociato il suo sguardo nello specchietto retrovisore, non ha fatto domande e ha accostato all'istante. Lui ha detto: "Hai gli airbag anche dietro?".
Poi ha pestato a tavoletta puntando dritto sulla città. Il pickup si è girato di traverso, lui ha sterzato nel senso opposto tirando la leva della trazione integrale e ha ricominciato ad accelerare.
"Guarda che non è un hovercraft! Così ci ammazziamo!"
"Ho sempre avuto la curiosità di scaricare il motore di una macchina con 340 cv sulla neve. Secondo me tiene"
"Piano! La neve è ancora fresca!".
Lui però ha ignorato le lamentele di Vivien e si è voltato dalla mia parte senza mollare l'acceleratore.
"La senti? Cercala"
"Continua, ha lasciato il centro commerciale. Però guarda la strada"
"Ok".
Passando sulle pozze di neve mezza squagliata sull'asfalto il pickup prendeva delle sbandate da infarto. C. A. si fingeva tranquillo, in realtà i suoi pensieri erano una specie di caos incomprensibile.
"Resta su di lei, che stai facendo?"
"Scusa, scusa, ok. Appena entri in città prendi la tangenziale in direzione sud. Ti dico io quando uscire, tra poco le strade sono pulite, non c'è neve in città da questa mattina".
La trazione integrale si è disinserita automaticamente. Siamo schizzati in avanti sulla rampa di immissione tagliando la strada a due TIR, piombando dritti sulla corsia di sorpasso, il guardrail era a meno di dieci cm dalla fiancata. Quando le auto di fronte a noi sono rimaste piantate in coda prima delle uscite in centro città, ha di nuovo tagliato le tre corsie senza rallentare, imboccando la corsia di emergenza. Stavo per mettermi a urlare, ma Jenny e Vivien mi hanno anticipata in un duetto di terrore puro. Ho visto davanti a me un passaggio tra le auto bloccate una frazione di secondo prima che inchiodasse i freni.
"Continua cazzo, non frenare o ci schiantiamo!".
Nello stesso istante ho pensato al passaggio libero tra due file, avrebbe dovuto sterzare bruscamente per zigzagare tra le auto e i camion. Lui mi ha sentita chiaramente nella sua testa e ha fatto esattamente quello a cui stavo pensando. Il paraurti posteriore per poco non è andato a sbattere contro la barra di un grosso camion da cava piantato sulla corsia di emergenza con le quattro frecce accese. La rampa di uscita fortunatamente era sgombra. Siamo saltati fuori dalla tangenziale lasciandoci alle spalle una nuvola di fumo nero dalle gomme di dietro. Le altre auto bloccate nel traffico si avvicendavano con il clacson per mandarci al diavolo.
"Sei un pazzo bastardo! Ci vuoi fare ammazzare!"
"Nah! La fai sempre troppo tragica"
"Ok, adesso però rallenta...per favore".
Jenny stava per avere una crisi isterica. In mezzo alla zona industriale ci siamo infilati in un labirinto di capannoni abbandonati, il Dodge RAM saltava sui dossi come se fossimo sulle montagne russe. C. A. comunque non aveva rallentato affatto. Ha schivato un autocarro in manovra per un soffio mentre con una mano cercava di accendersi un sigaro. Il piede destro girato di traverso per tenere su di giri il motore anche durante la frenata. Poi ha mollato di scatto la frizione e il pickup si è quasi impennato. Jenny ha urlato a squarcia gola, Vivien le ha fatto eco.
"Cazzo per un pelo, per un pelo".
Siamo entrati in un vicolo largo appena quanto gli specchietti retrovisori, la lancetta del contagiri stava di nuovo schizzando mentre Vivien cercava di riprendere fiato, poi ha ricominciato a strillare "Attento!Attento!Attento!".
Sono riuscita a mala pena a biascicare: “Lullaby Mortem”.
Alla fine del vicolo una moto di grossa cilindrata ci è passata davanti a tutta velocità. Il motore a pieni giri mi ha quasi sfondato i timpani.
"Cazzo, ci siamo andati di nuovo vicini".
C. A. ha soffiato via il fumo del sigaro e ha risposto: "Tranquilla, adesso tocca a noi". Io ho soltanto pensato: "No! No! No!". Sapevo benissimo cosa ci aspettasse. Dietro la moto è saltato fuori un SUV bianco in piena velocità. C. A. ha guardato Vivien nello specchietto e le ha chiesto: "Il bumper è omologato?". Lei ha fatto appena in tempo a rispondere: "Cosa?". Poi il muso del pickup ha centrato in pieno la fiancata del SUV. Lo schianto è stato tremendo. I vetri dell'altra macchina sono esplosi, l'abbiamo vista cambiare bruscamente direzione lasciando sull'asfalto la gomma bruciata degli pneumatici trascinati di traverso. Il pickup ha proseguito trascinandoselo dietro fino a schiacciarlo contro un palo. Dopo ci siamo fermati. Per alcuni lunghissimi interminabili secondi non è successo nulla. Siamo rimasti tutti immobili ad ascoltare il rumore del motore al minimo. Dopo C. A. ha spalancato lo sportello e ha sputato il sigaro. È sceso dirigendosi verso l'auto schiacciata contro il palo come se niente fosse. Vivien ha spalancato la bocca per urlare, ma Lucky Star le ha messo una mano sulla spalla e le ha detto: "Ehy! Stai calma, quelli sono morti".
Dalle maniche del giubbotto di pelle abbiamo visto scivolare fuori due lunghissimi Boa Costrictor. Ha scoperchiato il tettuccio del SUV afferrando con una mano uno dei montanti dello sportello e poi ha afferrato per i capelli il conducente moribondo. L'altro al suo fianco stava cercando di slacciarsi la cintura. C. A. ha preso la cinghia ancora agganciata e l'ha stretta intorno al collo del tizio fino a staccargli la testa. I Boa si sono avventati su quello trattenuto per i capelli. Hanno stretto le loro spire fino a fargli schizzare il sangue. Il parabrezza del pickup si è coperto di goccioline rosse.
"Che cazzo".
Ho azionato i tergicristalli senza pensare.

- Sono in un casino tremendo. L. M. -
- Hai parlato con S. R.? -
- Ne ho presi due, gli altri però mi stanno dietro. Se mi beccano sono fottuta. Hanno un SUV bianco. Mi fanno fuori questa volta, mi fanno fuori hai capito? L. M. -
- Dove sei? C. A. -
- Mi sono rifugiata nel primo centro commerciale che ho trovato. La moto è nascosta qui fuori,
non l'hanno ancora vista. Però mi stanno cercando...sai come. L. M. -
- Esci di lì. Subito. C. A. -
- Sbrigati. L. M –

Ho chiuso il telefono e sono uscita camminando velocemente tra la folla del centro commerciale. Avevo addosso il casco integrale e la tuta ACE. Sapevo di dare ancora più nell'occhio in quel modo, il casco però mi faceva sentire al sicuro. Ho superato gli sguardi incuriositi della sicurezza, uno aveva la radio in mano, pensavo che all'uscita mi avrebbero bloccata. Invece mi sono ritrovata all'aperto senza quasi rendermene conto, l'adrenalina mi stava facendo esplodere le tempie. Il Ninja Kawasaki blu era ancora sotto il nylon che avevo trovato in uno dei cassonetti del supermercato. Sono salita e ho avviato il motore. La luce azzurra del quadro strumenti mi ha fatto rilassare per un secondo. Subito dopo ho sentito alle mie spalle le gomme del SUV slittare sull'asfalto bagnato. Ho inserito la prima con la punta degli stivali di pelle e ho preso la rampa di ingresso contromano, mi sono infilata per un pelo sotto la sbarra proprio mentre si stava abbassando dopo il passaggio di un'auto. Ho schizzato un ciccione con le buste della spesa in mano, passando a tutta velocità in una pozzanghera e sono sparita verso la zona industriale. Nell'appartamento era successo un casino. Il primo tizio sulla porta non era stato un problema. L'avevo buttata giù con un calcio, lui ci era rimasto sotto. Poi lo avevo sollevato da terra per il colletto della camicia, lo avevo morso proprio sul collo. Da quando ero stata nella piramide il sapore del sangue mi portava in estasi. Per qualche motivo non riuscivo a ricordare niente di quello che avevo fatto prima di conoscere C. A. era come un file mancante nella memoria. Ogni volta che provavo a pensarci, il mio cervello rispondeva semplicemente: Mancante. Ricordavo soltanto il sesso con lui, un'eclissi, la savana, le leonesse di Lucy. A volte avevo il dubbio di essere io stessa una leonessa, sentivo il desiderio di carne offuscare i miei pensieri. Allora uscivo con la moto nel cuore della notte in cerca di prede, clienti di prostitute, spacciatori, ubriaconi, chiunque andava bene, se riuscivo a beccarlo mentre era da solo, in qualche vicolo sudicio o nel parco, era fottuto. Una volta avevo sorpreso un barbone sudicio e maleodorante. Lo avevo afferrato per il collo intenzionata a staccargli la testa con i denti. Una voce nella mia mente aveva bisbigliato: "Nosferatu". Lui mi aveva fissata con gli occhi pieni di terrore. A quel punto lo avevo lasciato cadere a terra ed ero scappata provando orrore per me stessa.
L'altro in salotto era stato più difficile. Sembrava un idiota, si stava masturbando davanti al televisore acceso con un paio di pantofole di pelle ai piedi. Si è accorto di me prima che fossi abbastanza vicina da morderlo. L'ho visto infilare la mano sotto uno dei cuscini del divano, ero sicura stesse cercando una delle croci telematiche della Media Electron. Le scaricavano sui loro smartphone del cazzo dai siti istituzionali con tanto di QR Code. La voce di Lucy si è fatta di nuovo sentire nelle nostre menti, ha pronunciato le parole: "Nebiros Interiora". Lo smartphone gli è scivolato di mano regalandomi una chance. Non ho perso tempo e l'ho colpito al viso con il dorso della mano. La sua testa sembrava inconsistente, di carta pesta. Metà del viso è andata a spiaccicarsi contro lo schermo della tv su cui stava guardando un Talk Show. Poi ho premuto un piede sul suo petto, fino a sentirlo affondare nello sterno. Gli ho affondato i denti nel collo finché non ha smesso di muoversi e gli ho lasciato la lettera W sulla fronte, usando il suo stesso sangue. Prima che potessi lasciare l'appartamento sono arrivati gli altri. Avevano lo smartphone con la croce appeso al collo e impugnavano delle piccole siringhe mono uso piene di acqua benedetta. Il pensiero dell'Acqua Santa mi ha mandata in bestia, ho piegato la testa all'indietro per ruggire, il sangue del tizio spappolato mi è colato lungo il collo.Ho colpito con una mano la parete che separava l'appartamento dal corridoio sulle scale. Il muro è andato in pezzi e sono fuggita.
Quando ho sentito l'urto alle mie spalle non credevo stesse succedendo davvero. Ho guardato nel retrovisore, l'auto che mi stava inseguendo era stata schiacciata contro un palo da un grosso pickup nero. Ho pensato: "C. A.". Le lacrime sono scese lungo le guance offuscando la visiera.

"Bene. Dopo una dura giornata di lavoro ci resta solo una cosa da fare".
Jenny gli ha risposto: "Muori". Io gli ho chiesto: "Scopare?". Vivien ha detto: "No altro sangue dopo questa carneficina...", un attimo prima che le due ragazzine scoppiassero a ridere. Lui ha aggrottato le sopracciglia e ha aggiunto fingendosi sorpreso: "Il pic-nic ovviamente. Ormai è quasi l'alba".

- Allora? SweetRevenge -
- Consegna completata. Domani il segnale nel cervello di quei droni del cazzo sarà molto più divertente del solito. L. M. -


Nel pomeriggio ho incontrato C. A. L'ho aspettato appoggiata al muretto di un passaggio a livello. È sbucato praticamente dal nulla, alle mie spalle. Ha scavalcato il muretto e si è appoggiato di fianco a me. Prima di uscire avevo cercato gli occhiali scuri. Da un po' di tempo la luce del sole mi sembrava insopportabile. Mi ero messa uno scialle nero intorno alle spalle, volevo essere carina per il nostro appuntamento, ma in casa oltre alla tuta ACE, avevo trovato soltanto un paio di leggings con un buco sul ginocchio. Prima di infilarli mi sono tolta le mutandine. Ero decisa a farlo scopare alla grande. Lui ha allungato l'indice da cui pendeva il mio cerchietto azzurro. L'ho messo tra i capelli senza dire niente, anche se non sono riuscita a trattenermi dal ridere. Non capivo neanche io il motivo e sul momento non lo ha capito nemmeno lui.
"Sai, ogni tanto penso a quando ci siamo conosciuti"
"E allora?"
"Devo dirtelo, è una cosa che ho capito da qualche tempo. Io credo di a...".
Il treno però è sfrecciato davanti a noi proprio in quel momento coprendo la mia voce.

Il giorno dopo l'inseguimento, C. A. era a terra. Era uscito al mattino dicendo di avere un appuntamento al mare. Quando poi era rientrato in albergo era già buio. Si è infilato a letto insieme alle ragazze e non è uscito fino al giorno dopo. Ogni tanto una delle due usciva dalla camera per prendere qualcosa da bere. In cucina ho intercettato Lucky Star. Stavo aspettando che il tè si scaldasse, lei è arrivata con addosso la maglietta di C. A., senza mutandine.
"Si può sapere che cazzo gli è successo? È schizofrenico?".
Lei si è passata una mano sui capelli per spostarli da un lato, mentre agguantava una bottiglia di vodka alla fragola dal frigo. Poi si è avvicinata alla scatola dei biscotti di Vivien. Ne aveva fatti un po' a forma di cuore per Natale. Ha preso un biscotto e lo ha spezzato in due.
"Vuole solo scopare, non ha voglia di parlare adesso".
Si è messa metà del biscotto in bocca e ha ributtato l'altra metà nella scatola, prima di sparire con la bottiglia.
Mi sono infilata a letto insieme a Jenny sperando avesse voglia di fare l'amore. Quando le ho accarezzato il corpo mi sono accorta che stava mordendo un lembo del lenzuolo per soffocare un grido. Gli occhi erano colmi di lacrime. Nella stanza di C. A. e delle ragazze c'era la musica a tutto volume, sempre la stessa canzone, ripartiva di continuo. È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Mi sono alzata e sono andata da lui. Era sdraiato sul letto a petto nudo con gli occhiali da sole sul viso. Un braccio piegato dietro la testa, il sigaro nell'altra mano. Fumava guardando il soffitto, le ragazze fingevano di dormire, con la testa appoggiata sulla sua pancia.
"Si può sapere che cazzo ti prende? Che cosa pensi di fare con la tizia scomparsa? Non puoi startene per sempre chiuso qui dentro a piagnucolare".
Rebecca ha tirato il lenzuolo sopra la testa, nascondendo anche la sua amica. Lui ha inarcato un sopracciglio e mi ha guardata sorridendo per un secondo, poi è tornato a fissare il soffitto.
"Stronzo". Ho richiuso la porta. Prima di uscire non ho potuto fare a meno di notare un portachiavi con una coccinella rossa sul comodino. Il giorno dopo comunque era sparito insieme alla macchina di Jenny. Le altre ragazze stavano facendo colazione in cucina. Jenny aveva gli occhiali a specchio, Vivien sorseggiava una tazza di caffè. Lucky Star e Rebecca invece stavano spalmando delle fette biscottate con la marmellata e lo yogurt.
"Dove cazzo è finito?"
"A fareinculo". Ha risposto Rebecca, Lucky Star è scoppiata ridere.
“Mamma Jenny è arrabbiata”
“Già, sente la nostalgia del cazzo”
“Vi ho detto di non chiamarmi in quel modo!”
Jenny era al limite, ha spento la sigaretta che aveva in mano nella tazza di caffè vuota e si è alzata per uscire in giardino.
"E' uno stronzo, non lo sapevi?"
"Ci ha lasciate qui senza macchina"
"Tieni, ti manda questa. C'è sempre il mio pickup anche se è un po’ malconcio".
Vivien mi ha passato una bottiglia di vino dolce. Sul collo c'era attaccato un biglietto, una tigre gigantesca vegliava il sonno di una ragazza nuda. Sul retro aveva scritto: "Per un Natale più dolce. La bottiglia vuota sapete già come usarla".
"Sei contenta? Non volevi aiutarle? Hanno usato quella tipa per essere sicure che non si tirasse indietro"
"Delirio da troie".
Alle parole di Rebecca è esplosa, ha scaraventato la tazza vuota che aveva in mano nel lavandino mandandola in mille pezzi e le ha mostrato il dito medio. Lei invece ha preso il bicchiere dello yogurt guardandola negli occhi, si è riempita la bocca e poi l'ha chiusa facendoselo colare sul mento fino al collo.
"Secondo voi l'ha trovata?"
"Se è sparito così all'improvviso un motivo c'è"
"La ragazza... che aspetto avrà dopo tutti questi anni"
"Sai è una cosa strana. È un dettaglio di tutta questa storia che proprio non quadra"
"Cosa? Allora?"
"Non ci sono foto della bambina. C'è solo questa, ma lei non si vede per niente"
"Quanti anni avrebbe adesso?"
"Sui quaranta".

Mi sono svegliata su una panchina di pietra gigantesca, a pochi metri dal mare. Ho vagato a lungo per la città deserta, senza meta, non c'era anima viva, oltre a me. Un manichino dietro una vetrina mi ha indicato una strada verso il molo. Il caldo insopportabile si era attenuato per un temporale in arrivo. Il cielo era solcato da colori incredibili, dietro le nuvole grige e rosse si alternavano i lampi del temporale. Lui stava fumando appoggiato alla macchina. Ho riconosciuto la canzone nello stereo, It Must Have Been Love.
"Manca molto?"
"Un'ora e mezza circa"
"Hai trovato il mio gatto. Ero uscita a cercarlo molto tempo fa"
"Non hai mai avuto figli vero? Hai scritto tu la lettera e te la sei spedita da sola"
"Che mi dici di quella ragazza a cui pensi così spesso? Quando vi ho visti in sogno ho avuto l'impressione che i tuoi sentimenti fossero simili a questo temporale"
"Un bellissimo sogno, anche se è durato poco. Hai presente quella sensazione di piacevole malinconia e al tempo stesso euforia che si prova quando ti svegli da un bel sogno?"
Le prime gocce di pioggia sono evaporate appena hanno toccato l'asfalto arroventato, scomparendo in un istante come fuochi d'artificio.
"Si credo di sì. Però se parli dei tuoi sentimenti, devi anche essere pronto ad accettare quello che pensano gli altri. Altrimenti tienili per te"
“È stato piacevole"
“Erano tutti pieni di attenzioni per me. Quando ho finto di aspettare un bambino, nessuno più si preoccupava delle mie stranezze. Non ci badavano più. Anche per me è stato come un bel sogno”
“Nessuno ha la formula segreta per una vita perfetta. Per cui è inutile cercarla”
“Anekke”
“Significa, dolcetto”.
Prima che fossimo completamente fradici mi sono sporta nell'abitacolo della macchina e ho afferrato un ombrello rosa dalla borsa. L'avevo lasciata di fianco ai mie vestiti sul sedile posteriore prima di salire in macchina. Ho premuto il pulsante sul manico e l'ho aperto sopra le nostre teste.

FIN

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