Trilogia dell'Imene (I) - L'insegnante di chitarra

di
genere
prime esperienze

La musica è la mia vita, il mio lavoro, la mia passione. Ne ho una considerazione quasi religiosa: non mescolo mai professione e vita privata. Anche quando ho conosciuto mia moglie è stato in un'occasione che con la musica non aveva nulla a che fare. Ho fatto eccezione a questo mio principio una volta sola,tuttavia,circa dieci anni fa e non lo dimenticherò mai più. Sono un chitarrista jazz e insegno il mio amato strumento ad allievi di ogni età. Per due anni, dal 2010 al 2012 ho avuto fra i miei studenti una ragazza di grande talento che chiamerò Sara (anche se non è il suo vero nome). Quando abbiamo iniziato le lezioni aveva 19 anni e dopo due anni di studio intenso era pronta per sostenere l'esame di ammissione a una famosa scuola di musica con sede a New York che superò brillantemente. Era una vera artista, sensibile e creativa, e aveva un carattere allegro e un modo di fare ironico e spensierato. Nonostante io fossi il suo maestro e avessi 15 anni più di lei, non aveva alcuna remora a scherzare e prendermi in giro bonariamente, ma con un pizzico di malizia. Tutto rimaneva sempre, però, nel confine di un, seppur amichevole, rapporto fra insegnante e allieva. Una settimana prima della sua partenza per New York dove sarebbe rimasta a studiare per tre anni però venne a trovarmi nella scuola dove insegnavo. Era allegra come al solito, ma c'era qualcosa di insolito nel suo atteggiamento, come se tergiversasse in attesa di dire qualcosa che non osava dire a voce alta. "Cos'hai?", le chiesi. "Venerdì prossimo parto.Sono un po' triste. Mi mancherà la mia famiglia, i miei amici e anche le nostre lezioni". Sorrisi: " Ma stai realizzando il tuo sogno! Sarà dura, ma hai lavorato tanto per arrivare fin qui". "Prof.", mi chiamava così "ma mi mancherai proprio tu". La abbracciai e le dissi " Ma potrai chiamarmi quando vuoi". Sorrise, guardandomi con aria furba da sotto le lunghe ciglia. "Sai che sono vergine?" mi disse. Il cambio di tono e argomento fu come una secchiata d'acqua. Rimasi di sasso. "In che senso?". "Non ho mai fatto sesso fino in fondo con nessuno". Non sono mai stato un tipo particolarmente perspicace, ma compresi subito dove voleva andare a parare. Tuttavia riuscii solo a dire a mezza voce: " E quindi?". Scoppiò a ridere. "E quindi vorrei che fossi tu il primo. Vorrei perdere la verginità con te". " Non svenire", aggiunse ridendo ancora di più nel vedere la mia espressione sbalordita. "Ma io sono sposato, lo sai. Cosa dici?. Non vorrei avessi frainteso il mio atteggiamento. Siamo diventati amici, ma per me, ti prego di non offenderti, si tratta lavoro". Ipocrita. Ero veramente un grandissimo ipocrita. La verità è che mi girava la testa al solo pensiero di ciò che quelle parole significavano. Non avevo mai fatto sesso con una donna vergine e l'idea mi mandava in estasi. Sara sembrava sempre più divertita dal mio imbarazzo e dal mio atteggiamento (falsamente) scandalizzato. "infatti non è una proposta di matrimonio, Prof." rispose "Si tratta di scopare", "di sverginare, a essere precisi" aggiunse, alzando le sopracciglia. Si avvicinò e mi prese la mano. "Domani pomeriggio vieni in via C. n° 7. E' casa di una mia amica. Me la presta, ma non sa con chi ci andrò. Ti aspetto lì per le 15:00". Non dire nulla" disse in un soffio posandomi un dito sulle labbra. Quella notte mi addormentai a fatica. Mi tormentava il pensiero di tradire mia moglie che amo tuttora più della mia vita, ma il viso di Sara, i suoi capelli biondi, il suo corpo esile e flessuoso mi apparivano in continuazione nel silenzio della notte. Al mattino avevo già preso la mia decisione. Suonai al campanello alle 15:00 in punto. Sara mi venne subito ad aprire con un gran sorriso. "Figuriamoci se avresti resistito" mi disse. Per un attimo pensai ad uno scherzo ma poi mi prese per mano e mi porto in camera da letto. "Beh, Prof. sono felice che tu sia qui. Volevo scopare con te fin dal primo giorno di lezione, ma non mi sono mai decisa prima. Le regole sono queste, però: quello che sta per accadere rimane fra me e te per sempre e, seconda regola, faccio tutto da sola. Mi fa meno ansia", aggiunse con un pizzico di timidezza. Ovviamente ero d'accordo con entrambe le richieste. La baciai o meglio fu lei a prendere l'iniziativa. La sua mano scivolò subito sul mio pene; sembrava un po' impaziente. "Dai", disse e si sfilò la maglietta. Non portava reggiseno. Aveva un seno piccolo, con due capezzoli rosa simili a due bottoncini. Glieli succhiai forte, stuzzicandoli con la punta della lingua. Mi spinse via, si sganciò i pantaloncini e si abbassò gli slip di getto. "Che meraviglia", pensai, ammirando l'improvvisa visione del suo sesso. Una aureola di pelo dorato che brillava nella luce tenue del pomeriggio contro il suo corpo bianco e sodo. "Hai mai visto un imene?Hai mai visto una figa vergine?". Si sedette sul bordo del letto e spalancò le gambe. Uno spettacolo superbo. Labbra rosee e umide, una piccola membrana rosa nel mezzo, come un petalo, con un minuscolo foro quasi nel centro. E pensare che, a breve, sarebbe stato il mio cazzo, con la sua forza, a cambiare forma e dimensione di quel foro magnifico, rimodellando quella figa nella figa di una donna. Per poco non venni al solo pensiero. Mi spogliai anche io per riprendermi e mi avvicinai a Sara provando a farla stendere. " Faccio, ho detto" mi disse e spinse giù appoggiandomi entrambi le mani sul petto. Mi salì a cavalcioni cercando subito di penetrarsi. "Ho una voglia assurda", mi disse "non so perchè ho aspettato tanto". Per quanto ci provasse con tutto l'impegno del mondo, però il mio pene le sfuggiva da tutte le parti, forse perché era molto bagnata o più probabilmente a causa della sua inesperienza. Quando finalmente riuscì a sistemarsi il glande fra le labbra provò subito a infilarselo dentro. Non c'era verso. Nonostante il suo atteggiamento spavaldo era tesissima e contratta e non ci sarebbe mai riuscita. La pressione della mia cappella contro quel buchino sodo era semplicemente deliziosa,ma vederla saltellare sopra rimbalzando per il timore di farsi male appena entrava un millimetro più a fondo costituiva uno spettacolo un po' strano. La fermai "Ascolta", le dissi "so che hai stabilito delle regole ma così non ci riusciremo mai. Lascia fare a me". "Va bene" disse, con un po' di sollievo misto a imbarazzo. Si stese sulla schiena. Le scivolai fra le cosce. Spingevo, ma era come spingere la punta del pene fra le dita di una mano. "Ho un imene troppo duro mi sa" disse Sara un po' delusa. "No, è che sei troppo tesa. Hai paura del dolore stai contraendo i muscoli della vagina. Per questo non riesco a entrare".Scoppiò a ridere. "Prof., ma dai spiegazioni tecniche anche quando scopi?" Ridemmo insieme e l'atmosfera si alleggerì parecchio. Si vedeva che Sara si stava finalmente rilassando un po'. "Sei proprio la persona giusta per la mia prima volta. Non usciamo di qui se prima non mi hai sverginato davvero". Spinsi di nuovo: stavolta era tutto più facile. Un po' alla volta il glande entrò tutto. Sara teneva gli occhi chiusi e mi stringeva la mano. Spinsi ancora un po' più forte gustandomi ogni centimetro di quel canale stretto e umido. "Ahi" fece Sara. Ero dentro fino quasi a un terzo della lunghezza del mio membro. Mi fermai. "Tutto bene?", le chiesi. "Sì, tranquillo". Non osai andare oltre, ma restammo così, oscillando dolcemente per un po'. I miei movimenti lenti sul suo ventre le accarezzavano il clitoride e ben presto il respiro di Sara si fece più rapido. "Basta", sussurrò, "ficcamelo dentro". Non era più una ragazzina inesperta che voleva perdere la verginità, ormai era una donna che stava scopando e voleva di più. Aprì del tutto le gambe. Persi il controllo: non era più il momento di essere riguardoso. Spinsi con decisione facendo forza con i muscoli delle natiche, più volte. La sua vagina si stava rilassando avvolgendomi con il suo calore elastico. Non resistevo più, dovevo penetrarla fino in fondo. La tenni stretta per una spalla e affondai finalmente, le mie palle contro la pelle liscia intorno alla sua vagina.La membrana che finora mi aveva accolto docilmente sicuramente doveva aver ceduto. Sara urlò.Solo un attimo e poi cominciò a muoversi sotto di me. Scopammo con furia e tenerezza. Riuscii a trattenermi abbastanza a lungo. Sara venne abbracciandomi forte ma io non sapevo se avesse preso la pillola e così mentre stavo per eiaculare mi sollevai ed estrassi il pene venendo sul suo corpo, schizzando fiotti di sperma sul seno e sul suo ventre candido. Sara sanguinava e quando le appoggiai il cazzo sulla pancia nel venire le disegnai sulla pelle arabeschi di sperma e sangue. "Che bello" mi disse accarezzandomi il viso. Dopo, quando uscimmo di casa mi saluto dicenomi solo "Ciao; prof". Nulla più. Non l'ho mai più rivista ne' sentita ma ancora oggi quando ascolto i suoi dischi (è diventata davvero una musicista straordinaria) ripenso a quell'irripetibile pomeriggio le impartii l'ultima lezione o forse fu lei a insegnare qualcosa a me.


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scritto il
2021-02-01
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