Innamorata di un bastardo - Cap.I

Scritto da , il 2020-10-18, genere incesti


Ginko aveva pianificato la propria vita ed ora, a trent'anni, era soddisfatto: lo rispettavano tutti, faceva il lavoro che gli piaceva, riparare moto, e portava a casa quattro-cinque stipendi. Aveva iniziato con gli integratori da palestra ed ora aveva una rete di contatti in città e fuori, soprattutto a Milano. Lui non toccava mai nulla, metteva solo in contatto uno con l'altro e ne riceveva una percentuale. C'era chi s'era fatto una fortuna grazie a lui, ma Ginko preferiva accontentarsi e non dar dell'occhio per non correre rischi inutili. Gli amici dicevano ch'era un merdoso taccagno; lui rideva ed offriva un giro di birre. Stava bene con loro.
Gli scrupoli erano dettati solo dalla prudenza; si rivolgeva a lui chi non sapeva come recuperare qualcosa, o farsi nuovi clienti, o trovare quello giusto per un lavoretto di una notte, o piazzare una partita di merda, o far rompere costole e dita ad un infame... Ginko non si sentiva responsabile: si limitava a dare un nome ed un numero di telefono e poteva star tranquillo, in fondo non pestava i piedi a nessuno e faceva favori a tutti.
Curava maniacalmente il proprio corpo, parlava poco e non si faceva seghe mentali. Gli pareva d'aver regolato la sua vita alla perfezione come la carburazione di una quattrotempi: aveva i soldi che servivano, il rispetto di tutti, gli amici giusti e Valentina, che faceva pompini e zero domande. Con lei si sentiva a posto; un uomo deve avere una donna e lui aveva una figa pazzesca di vent'anni che esibiva in giro più orgogliosamente del proprio fisico.
Ginko si vantava d'avere le idee chiare.
Quindi s'incazzò quando un frocetto andò ad abitare proprio sotto casa sua. Roba da mandarlo in bestia!, che cazzo era venuto a rompere i coglioni proprio a lui? Che minchia voleva? Porca puttana, ci sono uomini e donne ed i maschi si scopano le fighe... Oh, non era certo un bacchettone! Da giovane coi suoi amici aveva punito molti fighetti obbligandoli a ciucciarglielo e se n'era pure inculati non pochi, ma erano solo ragazzate; l'unica cazzata più coinvolgente era stara una trans argentina, che dopo cinque anni gli veniva ancora duro a ricordarla. Avere sotto casa un frocetto era tutta un'altra cosa, ecchecazzo!. Doveva forse far finta che fosse una cosa normale?!, presto si sarebbe beccato come vicini una coppia di froci! Stava male al solo pensiero ed esplodeva peggio che ubriaco se qualcuno gli parlava di diritti gay o, peggio, di matrimoni.
Valentina lo imparò a proprie spese quando provò a tenergli testa in una discussione al bar, davanti ai suoi amici; gli aveva dato dell'ipocrita e del dinosauro ed urlato che siamo nel Duemila! e che a lui non doveva importare un cazzo di chi s'innamorava uno, od una. Sul subito s'era spaventata del proprio coraggio, conosceva bene il suo compagno, ma poi aveva tirato un sospirone di sollievo quando l'aveva visto ammansirsi.
Ginko aveva troncato la questione con il suo solito “Ma che cazzo vuoi capirne tu?” ed era rimasto taciturno per tutto il resto della serata. Valentina sapeva che non gli era passata, lo capiva dai suoi occhi sempre fissi sulla birra o sugli amici che ridevano e mai rivolti verso lei. In auto cercò di farsi perdonare come piaceva a lui e la tensione si sciolse; aveva abbassato il volume della radio e guidando le carezzava delicatamente i capelli come un innamorato. Valentina si godette ogni attimo e respiro, perché con lui erano pochissimi i momenti romantici. Era felice. C'era anche la pioggia che batteva sul parabrezza.
Alzò la testa quando lo sentì svoltare. Sorrise, la stava portando nel boschetto della prima volta, e tornò a succhiare con passione. “Scendi.” “Ma piove, mi sporco tutta in 'sta merda!!!” La trascinò fuori di peso. Le Hogan sprofondarono incollandosi nel fango, ecchecazzo!, ma non fece in tempo a bestemmiare: la guancia s'incendiò in un lampo, stordendola. Dal cofano le rimbalzavano in faccia gocce gelide, le cuciture cedettero mentre il vestitino le risaliva fino alla testa, il pierncig contro la lamiera la pugnalava all'ombelico, la gola bruciava per le urla. Era un fascio di nervi contratti, lo voleva morto. Si beccò sberle e spintoni finché cedette; dal culo partì una fitta che la paralizzò.
Merda, si faceva schifo. Lo odiava quell'idiota bastardo, ma aveva paura solo di farlo arrabbiare e di perderlo; singhiozzò scuse per la storia dei froci e disse le oscenità che lo eccitavano, scatenandolo completamente.
L'abbrancò con entrambe le mani in figa, penetrandola con le dita e tirandosela contro il cazzo piantato in culo. Vale credette di svenire quando l'orgasmo l'attraversò tutta, svuotandola d'ogni forza e volontà. Ginko le impedì di cadere abbracciandola in vita e, una volta rimessa nella giusta posizione, la picconò a lungo mantenendola in deliquio. Vale s'aggrappò a braccia aperte al cofano gelato e tentò di scappare nuotando semiaffogata; si voltò verso destra e si lasciò precipitare nel fango nero. Atterrò sulle ginocchia ma subito le si aprirono sotto lo schianto di Ginko che le crollò in culo con tutto il peso.
A Ginko si fermò il mondo in quella caduta da sogno. Atterrò schiacciandoci i coglioni ma non ci fece caso. Aveva Valentina sotto, paralizzata ed infilzata, e la pistonò con estremo godimento, in trance, senza udirne le preghiere. Quando la sentì riprendersi ed annaspare sotto lui, le s'irrigidì sopra sollevando la schiena e premendo tutto il peso con mani e bacino sul suo culo: tenne così bloccata la sua puttanella multiorgasmica mentre si dimenava e tremava inchiodata nel fango, scossa da un secondo orgasmo che pareva partirle da una spina in culo.
Attese che si calmasse, concentrato sul cazzo irrigidito da paura. Riprese a sbatterla, sempre più forte: era talmente in pressione che non riusciva a sborrare nonostante pistonasse da sfiancarsi e sfiancarla Alla fine venne da svuotarsi il cervello. Le schizzò fino allo stomaco, credette. S'abbandonò tremante sulla schiena di Valentina. “Bastardo.”, gli disse e contorse indietro la testa per baciarlo.

Avevano un asciugamano in auto. Ginko l'aiutò a ripulirla e Valentina ci si sedette poi sopra, rannicchiata sul ventre devastato. Era gelata. Ginko accese e ripartì.
Valentina fissava i tergicristalli e pareva non ascoltare quelle che per il suo compagno erano delle scuse; “Non c'ho più visto, tu non te ne rendi conto ma hai un culo che non fa ragionare, figa!, sei bellissima, una stramaledetta figa e fai perdere il controllo... anche i miei amici m'invidiano, in tutta la città non ci sono altri culi come il tuo, se lo farebbero anche loro se non avessero paura di me.”
Valentina si distese come una gattina e gli poggiò la testa in grembo. Interrogava dal basso il viso di Ginko, illuminato dai fari, e si chiedeva se fosse veramente l'uomo che desiderava.
Lo aveva visto lei per prima. Era ad una fiera motoristica, lavorava come hostess in uno stand. Lo vide da lontano; stava guardando delle moto con un suo amico. Era Bart, scoprì poi. Qualcosa le scattò nel cervello; gli piaceva e non sapeva perché. Aveva un fare sicuro, come se niente e nessuno lo potesse toccare. Improvvisamente incrociarono gli sguardi e fu come se non esistesse più la folla ed l rumore.
Flirtarono così tutto il pomeriggio.
Ginko, che aveva mandato via l'amico, spariva e riappariva continuamente e stava magari anche mezz'ora seduto contro un'auto a fissarla da lontano, mandandola in tilt.
Valentina, ch'era felicissima d'essere in top e calzoncini inguinali, civettava con i clienti offrendogli i lati migliori, i sorrisi più belli. Un ragazzo le portò un enorme mazzo di rose. Mai ricevuto prima dei fiori! Aprì il biglietto col terrore che fosse di qualche cinquantenne morboso. “Sei bellissima, ti amo.” Cazzo!, per poco non pianse.
Quando le si avvicinò era ormai esausta. Le disse che era ora d'andare e, mentre la baciava sulla guancia,la carezzò la figa con due dita. Vale piantò tutti e lo seguì. Alle ventitré doveva passare il suo ragazzo a prenderla. Quella notte la passò con un vero uomo fra le gambe.
Per Ginko cambiò città e litigò con tutti. Se ne pentì migliaia di volte, sempre inutilmente.

Ormai era un'ossessione, Ginko doveva sapere tutto sul frocetto.
La vecchia rincoglionita del primo piano gli disse ch'era un ragazzo d'oro e che l'aiutava con la spesa, ma gli raccontò anche che la casa gliel'avevano comprata i genitori, che studiava lingue e che voleva andare ad abitare in Giappone: “Tutti così! Gli ho detto di vedere prima l'Italia, che è il paese più bello al...” Ma Ginko se n'era già andato.
Lo spiava in continuazione: con chi usciva, come si vestiva, che musica ascoltava, come s'era tagliato i capelli, chi gli andava in casa... lo spiava anche dalla finestra, mentre prendeva il sole sul balconcino sotto. Che fosse carino lo ammetteva senza farsene una colpa; gli era molto più difficile ammettere che quel corpo efebico lo intrigava morbosamente.
Ginko non esitò ad inviargli la richiesta d'amicizia su instagram. Il frocetto aveva trentamila followers ed era impossibile che lo scoprisse; erano solo vicini di casa e probabilmente non sapeva nemmeno come si chiamasse. Ebbe così accesso ad un centinaio di foto del fighetto in pose da cagnetta, in calvinklein o tenuta da palestra, ma anche nudo col culetto ben disegnato. A leggere i commenti dei froci da tutto il mondo veniva da vomitare.
C'aveva visto giusto, era una troia di professione! Con una manciata di dollari s'iscrisse al suo sito onlyfans e, con lo stomaco contratto e le pulsazioni accelerate, scaricò video del frocetto mentre faceva strip, si segava, spompinava e si faceva inculare da altri froci.
Non andava bene: ormai pensava a quelle labbra da adolescente anche mentre lo spompinava Valentina. S'imbambolava davanti alle foto di quel viso sorridente e gli si gonfiava fissando gli occhi neri, umidi di piacere mentre lo scopavano.
No, non andava proprio bene: ormai aspettava con ansia i nuovi post, seguiva e rivedeva più volte le sue storie, e gli veniva duro alla sola notifica di un nuovo video hot. Non andava bene e poco serviva che s'inculasse a sangue Valentina e la facesse urlare mordendogli i seni.
Aveva bisogno dei suoi amici, quel frocio non poteva ridurlo così.

Bart, Mirko e Stuff quasi vomitarono quando gli fece vedere foto e video di quel frocetto che porcaputtana abitava sotto casa sua! “Cazzo!, ma è una merda. Come fai a sopportarlo, fa schifo!” “Si fa scopare anche a casa, un giorno ho sentito e guardate... qui, dalla finestra si vede il palazzo di fronte a me.” “Merda, questo si fa anche i neri... io disinfetterei porta e scale... ma cazzo, come si può permettere uno schifo simile?!”
Finalmente Stuff: “Io però, quasi quasi, un culetto così me lo farei” Scatenò tutti. “Sì, deve imparare cos'è un vero cazzo!” “Gli farei bere la mia sborra per lavargli la bocca. Sì, roba da pisciarci in bocca a quella troia.”
Mirko gli prese il cellulare:“Fa' vedere bene sto culo!... 'sto frocio è più liscio d'una sedicenne, porcatroia!, ha le labbra da pompinaro... E fa lo stronzetto, crede di poterci prendere per il culo... Per me, ragazzi, merita!”
“Sì, una troia di merda come 'sto frocio, merita di sicuro.” disse Bart
“Merita.” confermò Stuff.
Ginko aveva l'adrenalina a mille: “Merita.” Disse per ultimo.
Merita era diventata una loro parola d'ordine da quando, tre anni prima in vacanza, avevano deciso che una figa spagnola meritava d'essere ubriacata e ripassata in quattro. L'avevano poi utilizzata altre volte con puttanelle di mestiere, scelte fra gli annunci di Milano.
“Okay,” disse Bart, “ma qui si rischia grosso davvero!, non dobbiamo sbagliare nulla, 'sti froci sono difesi da tutti, porcamerda! ... Facciamo sabato: bussiamo l'incappucciamo e gli diamo la lezione che merita! Per farlo star zitto non sarà un problema, basterà spaventarlo per benino. Trova una scusa per mandar via Vale... Okay allora, ci siamo tutti?”
“Sì okay, sta bene... dev'essere divertente, quel culo merita assolutamente, ma...” Era Stuff che parlava rigirandosi la birra in mano “... ma non so, è roba da galera!, possiamo finire sui giornali di tutt'Italia... No, non mi sto tirando indietro... solo che questo è un favore che facciamo a Ginko, per liberarsi di 'sta merda.”
“Stuff ha ragione.” proclamò Mirko grattandosi il pacco “È un favore che facciamo a te, Ginko, intesi?. dopo sarai in debito con noi...” si guardò attorno “Vero ragazzi?, poi ci deve un favore.”
Ginko era nervoso: “Non dite cazzate, v'ho portato io 'sto fighetto, voi lo volete punire come lo voglio io...” si liberò lo stomaco con un rutto “... e sentiamo, cosa vi dovrei?”
“Michia che testa di cazzo sei!” Mirko rispose con un rutto ancora più grasso “Cazzo ci vuole a capirlo: ci devi far sbattere Vale.”
Bart sputò la birra contro la finestra e tossì a lungo tra le risate. “Cazzo, per poco... per poco non m'uccidevi, figa puttana, sto male.” S'asciugò lacrime e naso e si rivolse a Ginko, cercando d'essere il più serio possibile: “Dai Ginko, anche tu!, ti sembra giusto portarci sempre tra le palle quella figa da oscar che poi t'inculi da solo? Non è da vero amico, cazzo, sei davvero una testa di cazzo coi tuoi amici!”
Mirko, che aveva le gambe allungate sul tavolo, spostò con l'anfibio il boccale di Ginko: “Prendila così: è un secondo favore che facciamo noi a te. Lo sappiamo che ti piacerebbe sbatterti Vale in quattro!... E, scusa se te lo dico, piacerebbe anche alla tua troia. Cazzo!, fa sempre la stronza con tutti, lo vedi anche tu: a me guarda sempre il pacco.” Se lo massaggiò “Se ci stai, sistemiamo il tuo frocetto e il sabato dopo si fa una gita in moto fino alla mia casetta sul lago.”
Stuff rise catarroso: “... ma tu stai davanti, eheheh!, vogliamo avere davanti il culetto di Vale per prendere ispirazione!”
“Siete tre stronzi.”

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