La tribù Cap.4

Scritto da , il 2020-08-12, genere bondage

-SPERANZA-

La speranza è ultima a morire, ma io di speranze non ne ho più, vivo solo perché mi fanno vivere contro la mia volontà.
Sono arrivato degli stranieri nel villaggio da qualche giorno, sono dei nomadi del deserto, hanno molti cammelli, siamo abituati a queste visite SALAEE è sempre molto cortese con loro sa Che verrà ricompensato, una notte qualcosa mi sveglia, uno dei nomadi apre la mia gabbia nel silenzio e mi prende in braccio, non vuole che le catene facciano rumore.
Vengo caricato su un cammello e silenziosi come il vento ripartono con me, non so chi sono e cosa vogliono da me ma la situazione peggiorare non può.
Viaggiamo tutta la notte e raggiungiamo il deserto, i nomadi sono maestri della sabbia i DACERO non mi potrebbero mai trovare, durante la mattinata mi vengono tolte le catene e dato un abito, è strano indossare un abito non lo facevo da quando avevo 6 anni e quasi m’infastidisce.
Chiedo di toglierlo ma mi viene detto che i tatuaggi che porto non sono una buona cosa e che devo nasconderli per non essere riportato da SALAEE che mi ucciderebbe.
Chiedo perché fanno questo per me, non mi danno risposta mi dicono di restare in silenzio, il deserto è un luogo che non vuole essere disturbato.
Passiamo 29 giorni nel deserto, i nomadi sanno bene come muoversi, arriviamo ai confini del Marocco da li vengo affidato a AMIR, un omino gentile.
Vivo in casa sua per 2 settimane, purtroppo non parliamo la stessa lingua e non posso chiedere chi è e cosa faccio li, mi sembra di vivere da Re, per la prima volta in vita mia provo un bagno, uso una doccia e dormo in un letto, gusto del cibo vero.
La mia pelle per la prima volta profuma ed è pulita, mi sento così bene che la sera piango per la felicità, non voglio tornare a vivere come prima.
Un giorno un uomo viene a prelevarmi parla la mia lingua, mi avvisa che sarò portato in Italia, per me ha dei documenti, non è stato facile averli visto che non ero mai stato registrato all’anagrafe, sulla carta d’identità viene scritto INKOSI KWAMAHHALA, rido perché mai avrei immaginato sarebbe diventato il mio vero nome.
Chiedo all’uomo perché sta succedendo tutto questo, lui mi risponde di non aver fretta tutto sarà chiarito tra qualche giorno.
Per l’Italia non faccio quello che fanno tutti i miei concittadini, non prendo barconi ecc ho diritto ad un aereo, non ho mai visto un aereo in vita mia e vi assicuro che non ho mai nemmeno immaginato che l’uomo potesse volare così.
Sono come un bambino trascorro l’intero viaggio a guardare fuori, mi chiedo perché sta succedendo tutto questo.
Arrivo in Italia, la mia guida mi fa strada attraverso l’aereoporto, e mi fa entrare in un auto.
“Ci vorranno delle ore per la destinazione finale, dormi pure se vuoi” non ci penso a dormire guardo tutto quello che c’è intorno, non avevo mai immaginato la civiltà, è rumorosa e frettolosa, tutti corrono nessuno parla, forse ho vissuto troppo fuori dal mondo

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