L'acqua che scorre su mamma

Scritto da , il 2020-06-13, genere incesti

E’ un mercoledì del cazzo, anche questo, devo concentrarmi, domani ho il compito di mate e mi fotte di nuovo.
Ma come faccio, fuori piove ma le mie orecchie sentono solo le gocce che sbattono sui vetri della doccia.
Lampi e tuoni dalla finestra della mia camera, l’Universo sembra riflettere il casino che sento dentro.
Sono in ebollizione, ho il cuore che esce dal petto, mi alzo e mi risiedo su sta sedia, prendo la calcolatrice, sporco fogli bianchi, non c’ho testa di studiare, l’acqua mi accende un fuoco dentro, non resisto.
Devo vedere, devo vederti.
Come una dea nelle acque, vorrei essere la schiuma di quella spugna e leccarti ogni angolo del tuo corpo.
Che pazzia, che inganno tra l’opaco e il lucido di questi vetri appannati la croce sul petto ondeggia.
Sono geloso dell’acqua, del piatto della doccia, del sapone, dello shampoo che ti accarezzano ed io qui a toccarmi, accosciato come un ladro a spiarti dalla porta.
Tu che sei la mia proprietà, che mi hai dato la vita ed io vorrei donartela a te, entrando in te, dea meravigliosa, unica e solare donna.
Le gocce su di te, come il mio sperma scivolano sulla schiena liscia, ridi e ti lasci guardare, è come impazzire, mi mandi via con la voce e mi trattieni con i gesti, vuoi che esca da qui mentre mi mostri il tuo rigoglioso seno ed io mi immagino dietro di te, con le mani sui tuoi capezzoli turgidi e grandi, spingo la tua schiena prona e sul tuo petto al mio ritmo il figlio di Dio si muove con me, nel bianco del suo oro, nel sudore del mio ballo, tra i gemiti dei nostri corpi.

“Devo studiare, Donny, cazzo ripigliati, domani hai il compito, metti sta cazzo di testa sui libri, tappati le orecchie, bevi un po’ d’acqua e pensa a sti numeri.”

Sembra una dea e nemmeno lo sa, sorride come una bambina alle giostre con quegli occhi grandi e scuri, mi disarma la sua bellezza.
Da sempre in me, mia dea, vivi, sei la mia luce, la mia forza, la mia fantasia più bella.
Quante volte ti ho desiderata.
Ancora con lui ti ho vista, a gambe aperte, prendere il sesso di quell’uomo che ti cavalca.
Che rabbia, tu non sai, avrei voluto essere io.
Saprei come fare, non devi preoccuparti, piano da dietro ti avvinghierei con le mie possenti braccia, ti bagnerei un po’ il fondo schiena, appena, per accompagnarti al piacere e poi scenderei piano, prima con la lingua poi, con più forza entrerei dentro di te.
Sento già i tuoi sospiri, nessuno mai ti ha posseduta così.
Tutti a vederti una piccola donna sottomessa a gambe aperte pronta a fargli piacere, ma io voglio darlo a te il piacere, ti lascerei libera il petto per sentire il tuo cuore pulsare forte, per respirare a pieni polmoni, su e giù come il crocifisso bianco tra il tuo seno mi muoverei dietro di te, con delicatezza, con gentilezza.
Io ti vedo bella per come sei, nelle tue curve, nei tuoi movimenti.
Anche con qualche anno in più sei sempre bella, mia dea.
Le tue curve più morbide e i tuoi seni ancora intatti e gonfi, risplendono sul tuo corpo piccolo e sinuoso, come un pesce sgusci dall’acqua, cerchi l’accappatoio ancora con i piedi insaponati e gli occhi chiusi.
Lo sai che ti sto guardando, lo senti il mio respiro affannato e la mia testa su di giri, lo vedi il mio viso colorato e la mia voglia negli occhi.
Sorridi come una Venere che riemerge dalle acque e con un filo di voce mi allontani, mentre continui a fissarmi e nuda rimani davanti a me.
Nuda sotto il vestito, sistemi il decolté.
Vuoi farmi impazzire?
Vedo la spaccatura del tuo seno sotto il velo nero dell’abito che ti fascia i fianchi, ondeggi le anche sopra tacchi alti, ti avvicini e ti mostri fiera affianco al mio petto.
Sorridi e mi mostri come un trofeo, la tua vittoria più grande, mentre dentro non sai neanche cosa bolle in me che, ancora ho negli occhi i tuoi capezzoli grandi.
Quanto latte mi ha nutrito, uno ad uno lo strizzavo e mi saziavo, ed ora ogni giorno sogno di dare a te quella vita, per ricambiarti del dono che tu mi hai fatto.
Forse sono un pazzo, un pazzo sì che ti ama più di ogni cosa al mondo, un folle che ti vorrebbe sua per tutta la vita, che non ti lascerebbe mai, o anche solo per una volta, una unica indimenticabile volta.
Come una cosa che non puoi ripetere e allora la fai al meglio, mettendoci tutto te stesso, giocandoti tutto, perché sai che non ci saranno repliche.
E saprei essere vulnerabile e forte, delicato e rude come piace a te, mi prenderei cura di te, piccola dea sgraziata dagli anni e dalla vita.

Tu che leggi tra le stelle ed interroghi le carte, non hai mai capito il mio cielo.
Dimmi, hai mai provato a leggermi?
Credo tu abbia paura della risposta, perché anche senza carte la sai già.
Sono il tuo stesso sangue, mi senti come io sento te.
Perché indietreggi ed avanzi, sorridi e ti irrigidisci.
Quanta paura hai, dolce donna, di sentire le tue emozioni.
Anche io ne ho, ma al contrario di te continuo a fantasticare, a sognare, perché quello non fa male, perché mi tiene vivo, mi accende dentro e quando mi tocco, pensandoti, esplodo in un piacere che non riesco neanche a descrivere.
E’ qualcosa di violento e potente, di dolce e forte, una miscela di colori nella testa, una pienezza nel petto.
Con il ricordo della tua mano che si muove, mi libero di ogni angoscia, mi svuoto di ogni senso di colpa, mi alzo in volo come un’aquila e vedo il mondo per quello che è.
Cieco, sordo, impotente ed inetto, incapace di contenerci, ci obbliga a chiuderci, a nasconderci, ci ridicolizza e ci targa come tabù pericolosi e devianti.
Mentre noi siamo amore.
Figli entrambi dell’amore, dei immortali sull’onda del piacere del cuore e del corpo.
Esseri prescelti a scoprire le mille sfumature dell’amore.
Nell’oblio dei sensi voglio addormentarmi su di te, mentre la mia mano accarezza i tuoi fianchi, ubriaco del tuo profumo voglio annegare sul tuo seno, leccare la tua croce bianca irriverente all’antico mistero del sacro, abbracciando la voglia infuocata del profano, facendoti mia sotto il tetto che mi ha visto diventare uomo e donarti il seme della vita che un altro essere vedrà crescere in te.

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