PussyBoy - cap. III

Scritto da , il 2020-03-31, genere gay


In camera divenne premuroso e gentile, forse temeva che scappassi. Ma ormai m'ero abituato alle sue trasformazioni. Mi carezzò in testa, chiuse la porta e si sedette sul bordo del letto. Mi guardava dal basso, tenendomi per i fianchi con entrambe le mani: ero carino, mi disse, avevo un bel fisico, a lui non piacevano le checche; ero un bel maschietto, gli piacevo davvero tanto, avevo i muscoli giusti e poi ero liscio come una ragazza; avevo anche le labbra da ragazza, sorrise.
Gli sarebbe piaciuto scoparmi una domenica intera; o fare tre giorni al mare insieme, gliel'avrei tenuto duro tutto il tempo; ero così cagna che lo faceva impazzire, mi giurò serissimo. E sarebbe stato bello anche sbattersi insieme una bella figa, magari andare insieme in discoteca e scegliere la troietta giusta... adesso però voleva vedermi far la puttana con i suoi amici, ci stavo?, l'avrei fatto per lui?, non dovevo temere nulla, c'era lui.
Ero imbarazzato; lo odiavo quando faceva così.
E soprattutto odiavo me che ci stavo cascando come una ragazzina con il marinaio puttaniere. Ma Daniele era un militare (ne aveva forza e determinazione) e non stava facendomi una dichiarazione d'amore; mi stava semplicemente ricordando che ero la sua troia. Che rispondergli?
“M'hai lasciato un euro.” E levai i calzoncini.
S'alzò; minchia s'era alto il mio uomo; mi cacciò la lingua in gola come per violentarmi e si diresse verso l'altro angolo della camera. Ancora una volta mi sciolsi nell'ammirargli le natiche muscolose che gli s'incavano ai lati camminando; me le immaginavo mentre mi scopava. Da uno sportello scelse un po' di roba e la lanciò davanti a me, sul letto: un tubetto di crema, una benda ed un collare nero.
Non mi diede tempo di ragionare: mi stava già mettendo il collare al collo. Sei la mia cagnetta, mi spiegò, devi portarlo. Il ragionamento filava via liscio come l'olio: in parole povere significava che l'avevo preso in culo. Sembrò leggermelo nella mente, rise e mi sbaciucchiò il viso come nella doccia. “Mi raccomando, questo è il nostro segreto, io... io non sono frocio.” Lo so, avrei voluto rispondergli, limoni soltanto con i frocetti e succhi come una sedicenne, ma non lo sei. Non lo racconto ai tuoi amici.
Recuperò la dignità di vero etero-inculafroci e, senza troppe storie, mi ficcò nell'ano due dita unte di crema. Mi tirò indietro la testa e se le ripulì strofinandole sulle labbra, lasciandomi senza fiato. Una sensazione pazzesca, unto in culo e bocca, mi pareva di non aver mai sentito prima le labbra: ero bocca e culo.
Lasciai che mi sistemasse sul letto come un manichino; mettiti a gattoni, bene, così, chinati sui gomiti e alza di più il culo, okay, ma allarga un po' le ginocchia, devi mostrare bene lo spacco di culo, sei fantastico. Aggiustò anche coglioni e cazzo pendenti. “Ora questa.” Mi bendò con la mascherina nera e mi diede la solita carezza ai capelli: “Non ti muovere, vado ad aprire.”
Non mi mossi d'un millimetro, ma vibravo dalla tensione. Ero totalmente cieco e con le orecchie tese cercavo di capire cosa cazzo stesse facendo. Andò ad aprire la porta d'ingresso: nessun saluto, solo qualche voce, una pacca sulla spalla e delle risatine.
Richiuse a chiave: la cagnetta è in camera, lo sentii dire.
Entrarono: ahahha, fica che troia; 'sto culo me lo faccio prima io; dove l'hai trovato? è pazzesco; un bel culetto davvero, questo frocetto merita un bel trattamento; ahaha, siamo il Pronto Intervento Cagne in Calore; ma guarda che porco, vuole essere violentata; non dire cazzate, Mirko, tu gli stai guardando solo il cazzotto; porcoputtana s'è liscio; c'ha anche la bocca da pompinara 'sta troia...
Mi pareva d'aver le antenne, li percepivo muoversi per la camera e lasciar cadere i vestiti, ma non capivo quanti fossero. Mi toccarono: ogni sfioramento, palpata e pizzicotto era una scossa che mi scorreva sottopelle. M'arrivò uno scapaccione che m'infiammò la natica. Qualcuno mi si piazzò di fronte facendo affondare il materasso; avevo le labbra socchiuse, già pronte, e le allargai automaticamente appena le sentii sfiorare; ma era solo un pollice. Risero: cazzo che frocio, questo ha fame!
Qualcuno mi palpò l'interno coscia e mi munse tirando forte; un altro mi carezzò la schiena, dal garrese alla coda, e mi stropicciò il muso come ad un cane; uno spiritosone mi spinse il ginocchio contro il culo mandandomi in deliquio. Poi due si divertirono con le mie palle, giocando a picchiettarmele a turno; un terzo, il più stronzo di loro, disse che voleva sentire come gemeva la troia, e mi chiuse i coglioni in una mano d'acciaio. Allentò la morsa solo quando si ritenne soddisfatto; anche per le lacrime. Uno per distrarmi dal male mi torse un capezzolo.
Un'altra mano si strinse a pugno sul collare: era Daniele, in piedi alla mia sinistra, che mi teneva fermo. “Allora? La volete scopare o no?”
S'era fermato il mondo. Attendevo nel buio più totale; tremavo di paura ed eccitazione ed i porci lo sapevano: s'erano azzittiti, quasi trattenevano il respiro e stavano immobili. Ero ancora piegato sui gomiti, con la testa bassa, il culo alto e le palle nella mano dello stronzo.
Finalmente il materasso ondeggiò un poco ed un cazzo mi risalì in gola; nello stesso istante mi si liberarono i coglioni, che ciondolarono dolorantii, ed un cazzo scivolò deciso giù per il culo senza alcun inciampo nello sfondarmi l'ano e mandandomi a sbattere col naso contro il pube peloso.
Lo stronzo che mi pistonava dietro era un degno allievo di Daniele; ne aveva l'invidiabile dotazione e scopava a ritmo lento come se stesse facendo addominali in palestra, soffiando fuori l'aria ogni due picconate, sempre più profonde. Io ansimavo e sbavavo su due cazzi che lottavano tra loro impazienti d'infilarsi in bocca; mentre ne spompinavo uno si faceva strada l'altro e, per quanto mi smascellassi, non riuscivo due insieme. Allora mi punivano a turno, segandosi aggrappati alla mia nuca.
Dietro si diedero il cambio; allo stronzo subentrò un infoiato, che mi saltò sopra a cavallina rischiando di farmi crollare steso. Daniele mi strattonò al collare. L'amico era più leggero dello stronzo e molto più passionale; mi s'ingroppò addosso abbracciandomi con braccia e gambe e carezzandomi dappertutto. Non aveva peli sul torace e nemmeno al pube; le cosce erano lisce. Mi scopò con la foga di una sveltina nel cesso di un treno e venne con un lamento, cercando di spingere dentro anche i coglioni. Figa!
Risero tutti e gli saltarono addosso tempestandolo d'insulti e botte: fanculo Mirko che cazzo corri?!, ma sei una checca, non hai capito un cazzo, ti sei innamorato di questo frocio?, hai fretta di prenderlo in culo?... Mirko rideva ed implorava mentre lo pestavano sul letto. Io rimasi con un solo cazzo, che cercai di segare con le mani per farlo venire, ma a Daniele non stava bene: mi tirò per il collo, obbligandomi a gattonare un poco verso il centro del letto, sempre con le labbra chiuse sul cazzo che arretrava.
Mi fecero sollevare un ginocchio e qualcuno mi s'infilò sotto, tra le gambe; che cazzo volevano, una smorzacandela? Invece sentii un buchetto spingere ed allargarsi in un bacio sulla mia cappella; era sicuramente Mirko, la troia di questi stronzi. Spinsi indietro le ginocchia allungando le gambe e mi tuffai fra le sue chiappette impalandolo a fondo; l'abbracciai alle spalle e mi ci strofinai con tutto il corpo. Gemeva e profumava di ragazzo. Era fantastico ed ebbe in premio anche il cazzo che avevo insalivato senza far venire: lo baciavo e mordevo dietro la nuca mentre spompinava. Cominciai ad invidiarlo!
Protesi la bocca nel buio per reclamare il cazzo che m'aveva fregato. Risate attorno a me, ma riottenni il cazzo contro le tonsille. Lo stronzo mi balzò sul culo e m'inchiodò a Mirko. Pauroso!. Spensi del tutto il cervello. Ciucciavo al buio cazzo e coglioni mentre lo stronzo mi demoliva il culo a picconate che facevano grugnire anche Mirko sotto di me; un altro amico mi mise il cazzo in mano; io cercai e strinsi con la sinistra il manico di Daniele, che mi sussurrò all'orecchio: ”Sei una cagna peggio della principessina; hai un metro di cazzi solo per te.”
Non era vero, quello di fronte non era tutto per me, se lo ciucciava a turno anche Mirko, ma mi pareva davvero d'essere spaccato in culo da un troll. Lo stronzo mi massacrò da bestia fino alla sborrata, lasciandomi tremante: paralizzato, col suo cazzo ancora in culo, venni senza spingere, scaricandomi nel culetto liscio della seconda troia. Ma c'era ancora l'altro amico, che mi lasciò con la mano vuota e mi saltò sopra con almeno novanta chili di peso, spalmandomi su Mirko. Aveva la pancia prominente e ruvida di peli, ma anche venti centimetri larghi ch'erano una punizione per le cagne come me. Ero esausto; lo imploravo di venire o, se avevo la bocca impegnata, gemevo da puttana ad ogni sua spinta. La tensione era al limite; anche il cazzo di Daniele mi pulsava in mano.
Prima esplose quello in bocca, Mirko diede di matto e mi si rivoltò sotto per baciarmi, poi il pachiderma nel retto. Daniele fece appena tempo a scansarlo via per darmi tre botte e muggire
Una volta scaricati avevano fretta di sparire; li udii, uno dopo l'altro, sciacquarsi in bagno e salutare Daniele. Mirko invece sarebbe rimasto volentieri; mi pulì il viso senza levarmi la mascherina e, eccitato come un cagnolino di fronte alla ciotola, mi spinse la lingua anche nell'ano. Cazzo che porco!. Lasciai fare, anche quando volle inzupparlo di nuovo.
Daniele lo cacciò stancamente.
Una volta soli mi tolse la benda. Ma non mi guardò, si vergognava. Strappò lenzuola ed asciugamani e li appallottolò: “Questi devono andare in lavatrice... tu come va?” Mi chiese con tono neutro, guardandomi distrattamente. Fece per slacciarmi il collare.
Gli sfiorai la mano per fermarlo: “Non ancora.” Dissi.
Era di fronte a me, col bellissimo pene a riposo. Lasciai scivolare la mano, grattandogli con le unghie pettorali ed addominali, e ce l'appoggiai di dorso: “Ho bisogno di una doccia.”

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