Il regalo dell'amante

Scritto da , il 2020-03-02, genere etero

Ancora dopo tre anni sai stupirmi, eccitarmi, farmi girare la testa. Con te ho fatto sesso dappertutto: in aereo, sul tavolino di un ristorante, nei bagni di un bar, nel parco nascosti da pochi cespugli, in auto, in palestra, dappertutto. Soprattutto a casa tua, su quel letto immenso in cui mi hai rigirata come un calzino, facendoti poi rendere la pariglia.
Ora mi chiedo cosa ti sei inventato per farmi felice.

Mi sono vestita come hai detto tu: l’abito lungo, elegante, di seta nera a tunica che mi hai regalato; scollatura profonda davanti e dietro, spacco fin quasi all’inguine su entrambi i lati a mostrare le gambe a ogni passo, una leggera catena dorata come cintura. Come intimo una goccia del profumo che preferisci.
Ho aspettato al solito posto che passassi a prendermi e ho dovuto subire i commenti volgari di alcuni ragazzi, ho dovuto anche respingere un tentativo di approccio di un uomo. Belloccio, distinto. Sono stata tentata di farmi trovare a parlare con lui, per ingelosirti, però ho lasciato perdere, me l’avresti fatta pagare e io sono troppo curiosa di scoprire cosa hai in mente.
Eccoti con la tua auto sportiva. Da gentiluomo scendi per aprirmi la portiera e farmi salire. Non un bacio, solo una carezza sulla coscia nuda quando ripartiamo.
Mi tendi una sciarpa di seta e mi dici di bendarmi gli occhi. Lo faccio senza esitazioni e poi perdo la nozione di tempo e luogo. Non so per quanto hai guidato né le svolte che hai preso, sono conscia solo della tua mano calda, immobile, a pochi centimetri dalla mia figa che ha cominciato a illanguidirsi. Nessuna parola, solo la tua mano, solo il mio respiro che si fa corto.
Finalmente ci fermiamo, mi apri la portiera e mi aiuti a scendere. Sono instabile sui tacchi alti dei sandali da schiava, altro tuo regalo che hai voluto indossassi, e mi aggrappo al tuo braccio forte facendomi guidare. Alcuni gradini e mi fai fermare. Il rumore di una porta che si apre, la tua bocca vicino al mio orecchio:

- Togliti la benda e indossa questa maschera. Questa è la sera delle tue fantasie, io ti attendo al termine del percorso –

Sento i tuoi passi che si allontanano e mi scopro gli occhi. Sono su un porticato illuminato solo da due piccoli bracieri. Indosso la maschera che mi hai dato, rappresenta un uccello esotico con tanto di piume ai lati della testa. Mi piace e mi scappa una risatina di felicità.
Spingo la porta spalancandola e entro, a terra tanti piccoli candelabri che illuminano fiocamente indicando una via.
Dietro di me il rumore della porta che si chiude e ho un brivido di paura. No, l’ignoto mi attende, l’ignoto sei tu, vado avanti.
Pochi metri, una svolta; sulla destra una parete di legno che stona del tutto con l’ambiente. Mi fermo e noto un movimento, guardo con più attenzione e faccio un’altra risatina: da un buco nel legno è apparso un cazzo. Guardo meglio, ci sono altri due buchi vicini. E’ una delle fantasie che ti ho confessato, quella del “glory hole” , avere a disposizione dei cazzi per farne ciò che voglio, nessun contatto visivo, sconosciuta con sconosciuti, solo io e il cazzo. Quello che è apparso è nella media, già quasi del tutto eretto. Mi avvicino e allungo la mano, lo carezzo, lo soppeso, lo sento tendersi nel mio palmo. Con un sospiro di gratitudine per te mi inginocchio e lo tocco con la punta della lingua, poi lo lecco piano per abituarmi, per sentirne il sapore. E’ di una persona pulita, ma non potevo aspettarmi di meno da te. Apro le labbra e lo faccio entrare un poco, lo lecco ancora poi non resisto e lo ingoio fin dove posso. Le mie labbra sbattono sul legno, lo sento sussultare nella mia gola.
Alla mia sinistra un fruscio, giro gli occhi e da un altro buco è apparso un altro cazzo, sicuramente più interessante di quello che ho in bocca ora.
No, aspetterà, per ora si accontenti della mia mano che lo stringe e lo muove piano.
Succhio forte la cappella, mi pare di udire un gemito al di là della parete ma non me ne curo.
Mi sto eccitando, sento la mia figa che comincia a stillare la sua rugiada, l’accarezzo piano senza insistere, è ancora troppo presto.
Intensifico il mio lavoro di bocca e il cazzo comincia a fremere, a spingersi avanti e indietro seguendo l’agitazione del suo padrone che non sa resistere e muove le anche.
Peggio per lui, non posso usare anche la mano: avrà solo le labbra.
Ancora pochi istanti e sento un fiotto caldo di sperma invadermi la bocca; mi affretto a togliermi appena sento il sapore: è aspro, da mangiatore di carne, non mi piace. Però non posso abbandonarlo così e allora lo stringo forte con la mano tirandolo come se volessi far passare il suo possessore dal buco. Lo mungo fino all’ultima goccia e una pozza di seme luccica sul pavimento.
Ora tocca all’altro. Mi inginocchio e ripeto le manovre precedenti. Faccio più fatica a farlo entrare in bocca, è molto più grande dell’altro, e anche lungo, la mia mano copre appena la parte che non è tra le mie labbra.
La mia figa si sta bagnando, mi prende la voglia di sentirlo lì, di farmi riempire la vagina.
Faccio salire la tunica sui miei fianchi, scosto il davanti e appoggio il mio ventre al cazzo che tengo in mano. La sensazione delle labbra che si dilatano per accoglierlo è sublime e mi fa gemere, però così non riesco a prenderlo tutto. A malincuore me lo tolgo e mi sbrigo a girarmi, a offrirli le mie terga. Rinculo tenendolo ancora per mano e lo appoggio ancora all’ingresso della vagina. Ora sì che lo sento bene, ora sì che posso spingermi indietro e prenderlo lentamente finché posso, finché non mi sento toccare l’utero dalla cappella gonfia.
Si muove lui, io devo solo restare appoggiata alla parete sentendolo entrare e uscire sempre più velocemente. Un primo orgasmo mi prende di sorpresa, solitamente lo sento arrivare da lontano ma ora mi colpisce come un maglio, facendomi gridare e graffiare la parete di legno mentre quel cazzo mi scava dentro fino in fondo, senza fermarsi un momento.

Sono grata a quel cazzo sconosciuto, merita un premio, e così passato l’acme mi sottraggo alla sua penetrazione e mi giro velocemente, in ginocchio, imboccandolo e succhiandolo come so fare bene. Resiste parecchio ma alla fine si deve arrendere e ancora sento la mia bocca riempirsi. Sono fortunata, non l’avrei abbandonato comunque per premiarlo ma il suo sperma è più dolce, deve mangiare molta frutta, non ho problemi a farmelo scivolare in gola man mano che mi schizza dentro.
Aspetto l’ultimo spruzzo prima di dedicarmi alla sua cappella ancora gonfia che ripulisco con la lingua sentendolo ancora fremere, poi l’abbandono.
Soddisfatta proseguo sul sentiero delle luci e arrivo a una porta. Lì trovo un antico bidet dell’800, forse d’argento, e delle salviettine su un piccolo tavolino rotondo. C’è un biglietto:

“Rinfrescati prima di proseguire”.

Ti sono grata amante mio, hai pensato a tutto, anche a una bibita fresca che sorseggio lentamente cercando di immaginare cosa mi attenda ancora.
Entro nella stanza e al centro c’è un altro tavolino. Su esso un biglietto e un pacchetto. Un altro regalo?

Leggo il biglietto: “indossalo” e poi apro il pacco. Dentro un coordinato in seta rosso con inserti in pizzo nero. Lo slip scopre totalmente le mie natiche, il cespuglietto che tengo sopra la mia figa traspare dall’inserto anteriore. Il top è anche meglio, il pizzo scopre totalmente i capezzoli esponendoli agli sguardi.
Vado avanti e entro in un’altra stanza. Dentro, seduti su un divano d’altri tempi tre ragazzi muscolosi, nudi, che come mi vedono si alzano e mi circondano iniziando a accarezzarmi dappertutto. Un’altra delle mie fantasie: io, sola, e tre maschi arrapati.
E’ una delizia sentire le loro mani passare su tutto il mio corpo, le loro labbra sul mio collo, le loro dita che, curiose, indugiano sui miei buchini solleticandoli e tentandoli.
Sono alla loro mercé, mi strapazzano facendosi più irruenti, le dita diventano più arroganti, più invadenti.
Mi sento spinta in ginocchio e dietro di me uno di loro mi butta la tunica sulle spalle, mi scosta il filo dello slip e mi penetra senza delicatezza. L’irruenza mi piace a volte, specie quando il maschio sa attendere i miei tempi, e questo ragazzo lo sa. Si ferma metà dentro e metà fuori dandomi modo di abituarmi alla sua presenza. Intanto gli altri due sono davanti a me, i loro cazzi dritti si offrono alle mie mani, alle mie labbra che passano da uno all’altro distribuendo equamente baci e leccate. Ancora ho un risolino sentendo un sapore dolce: profilattici alla frutta. Amante mio sei diabolico.

Il ragazzo dietro con una mano è arrivato al mio clitoride, lo massaggia gentilmente mentre comincia a muoversi dentro di me e sento il fuoco dell’eccitazione ardermi nuovamente nelle viscere.
Lecco e succhio i due cazzi lasciandoli stare solo quando i due, insieme, mi fermano togliendomi la tunica dalle spalle. Ancora mi fermano quando una mossa inconsulta, nel passare da uno all’altro mentre il ragazzo dietro si è fatto più rude, mi penetra con gran colpi e la sua mano è più pesante sul mio bottoncino, mi smuove la maschera quasi togliendomela. Con delicatezza la riportano al suo posto, mi lasciano controllare che lo sia e poi riprendono a scoparmi figa e bocca con forza sempre crescente fino a quando godo gemendo forte. Urlerei se non avessi la bocca piena della carne di uno dei due.
Vengo abbandonata da tutti e tre. Distesa sul pavimento sto riprendendo fiato quando mi sento afferrata, le cosce spalancate con forza.
L’atmosfera è cambiata, li vedo più decisi, più rudi. Uno si inginocchia tra le mie gambe e platealmente mi strappa lo slip prima di penetrarmi con forza. Solo l’abbondante lubrificazione mi impedisce di provare dolore sentendolo arrivare a toccare l’utero.
Un altro mi sale cavalcioni, mi strappa il reggiseno e sento un po’ di dolore alla schiena. Subito dopo il suo cazzo è tra i miei seni che stringe tra di loro scivolando avanti e indietro.
Il terzo è in piedi che ci osserva, da sotto vedo il suo cazzo sempre duro che sporge dal suo ventre.

Nella testa mi si accende una luce, una fiammella, ancora inizio il viaggio verso il piacere. Mi sento usata, presa con la forza, un ricettacolo per i loro cazzi eccitati, la prosecuzione della mia fantasia precedente. Sporgo come posso la lingua verso il cazzo che mi scorre tra i seni, lambendolo quando mi arriva vicino, aprendo la bocca per fornirgli un rifugio sicuro di cui non approfitta se non quando riesco a impadronirmene per brevi istanti.
Non vedo quello che mi sta scopando, ma sento tutta la forza dei suoi colpi che mi inchiodano a terra. Questa volta l’orgasmo lo sento arrivare, montare dentro di me, scorrermi per il corpo fino a esplodermi nella testa inarcata indietro in un muto urlo di godimento.
Riemergo dal torpore accorgendomi che mi hanno abbandonato. In piedi a due metri da me mi osservano senza espressione. Appena focalizzo lo sguardo su di loro uno si distende vicino a me, mi tira a sé e, aiutato dagli altri, mi fa salire sopra di lui impalandomi col suo cazzo durissimo.
Sono stanca, non ho al momento la forza di muovermi, lo fa lui per me afferrandomi per le natiche, spalancandole oscenamente, e io gusto ogni millimetro del suo cazzo che entra e esce da me spinto dai giovani muscoli.
Avverto un tocco dietro, sul culo. Due mani mi stanno aprendo le natiche, esponendo il buchino. Un dito prova a entrare, pare esitare, ritrarsi per tornare inumidito da qualcosa.
Trova l’accesso e mi sento scavata dentro, ancora di più quando le dita diventano due e si muovono con impeto crescente scorrendo a pochi millimetri dal cazzo che, separato dalla pelle, continua a scoparmi. Le dita escono lasciando un vuoto che sento colmare da una presenza dura prima di poter protestare.
Mi stanno inculando e chiavando insieme, con forza, rudemente. Il terzo mi porge il suo cazzo duro e corro a impadronirmene.
Ogni mio buco è pieno di carne viva e io parto, destinazione paradiso. Non connetto più, so solo gemere, incurante delle piccole fitte dolorose quando una spinta troppo forte mi pianta in culo fino alle palle quel cazzo che pare una sbarra di ferro.
Godo a ripetizione, col corpo, con la testa. Sono una bambola di carne nelle loro mani, ed essi approfittano di me in lungo e largo aprendomi come un frutto maturo e facendomi impazzire.

Forse sono svenuta, non mi sono accorta di quando sono usciti da me. So solo che li vedo in fila, fianco a fianco, me in ginocchio davanti ai loro cazzi. Si tolgono il profilattico e si masturbano puntando il mio volto. E’ il termine della mia fantasia e aspetto con ansia, appoggiando la lingua ora su una ora su un’altra cappella gonfia, che mi sborrino in faccia riempiendomi del loro sperma.
Vengono quasi insieme e mentre io apro la bocca per ingoiare lo schizzo di uno, un altro mi colpisce sulla guancia. Resisto alla tentazione di chiudere gli occhi e mi faccio coprire dal loro seme sulla parte di viso lasciata scoperta dalla maschera, sul petto, la lingua esposta, la bocca che si riempie di sborra.
Mi faccio scrupolo di prenderli in bocca uno dopo l’altro per pulirli, per strappare anche l’ultima goccia di quello che ora non cambierei col liquore più raffinato.

Al termine uno di loro mi porge un asciugamano. Con gentilezza, pur restando silenziosi, mi fanno accomodare su un altro bidet pieno d’acqua. Mi piace persino lavarmi davanti a loro, mostrare come mi apro la figa, come mi infilo dentro le dita, come mi asciugo davanti e dietro.
Ancora mi avvicinano a una bacinella per lavarmi il viso e lo faccio chinandomi, mostrando ancora loro i miei buchini dilatati.

Quando mi sono asciugata uno di loro mi porge la tunica. La indosso e vedo che è un po’ stropicciata ma ancora morbida e bellissima. Una catena d’argento sostituisce quella dorata che avevo prima. Si sono seduti di nuovo sul divano, mi indicano una porta e, lanciando un bacio con la mano per ringraziarli, vado via senza più voltarmi.

Al centro della nuova stanza c’è ancora un tavolino, un biglietto che mi affretto a leggere:

“Le tue fantasie ora sono realizzate ma c’è ancora un’ultima cosa che puoi fare. Decidi tu.
Io sono nell’ultima stanza. Ti amo.”

Incuriosita mi affretto lungo il sentiero di candele e vedo un divano con un uomo seduto sopra. Sobbalzo riconoscendo mio marito.
Che ci fa lui qui? E’ forse uno scherzo atroce?
Lui si alza, mi viene incontro perché mi sono bloccata subito dopo l’entrata.
Si ferma a mezzo metro da me e mi parla:

- Sei bellissima. Mi hanno detto che non devo toccarti, che solo tu puoi toccare me e che non devo cercare di sapere chi sei –

Mi rassicuro, con la maschera non può riconoscermi. Gli giro intorno e vado al divano invitandolo con un gesto a sedersi.
E’ l’ultimo tuo regalo amante mio, una sorpresa che non mi aspettavo, che supera ognuna delle fantasie che ti ho confidato.
Mi apro la tunica e gli muovo i seni davanti agli occhi, faccio in modo che il capezzolo sfiori le sue labbra ritraendomi quando sporge le lingua per leccarmelo. Capisce e resta con la bocca semiaperta a farsi massaggiare le labbra dal capezzolo indurito, prima uno e poi l’altro.
La cosa mi intriga. Mi alzo la tunica, gli afferro la mano e me la struscio sulla figa. La lascia inerte, obbediente, aspettando le mie mosse.
Mi abbasso e gli prendo in bocca due dita separandole dalle altre, le insalivo per bene prima di rialzarmi e portarle all’ingresso della vagina.
Non mi penetro subito, le uso prima per carezzarmi le labbra esterne, il clitoride, poi me le infilo dentro con una mossa secca. Non è un cazzo ma va bene lo stesso. Sono io a muovermi contro di lui, a usarlo come un giocattolo umano, e l’eccitazione mi sale ancora dentro. Accelero i movimenti e non lo riprendo quando, vicina a un nuovo orgasmo, sento che muove la mano autonomamente. Gli godo sopra bagnandolo con i miei succhi.
E’ stato fantastico.

Ora tocca a lui: è rosso in viso, si vede che fatica a restare immobile.
Mi accuccio tra le sue gambe, gliele carezzo salendo verso l’inguine che denudo calandogli calzoni e boxer e portando alla luce il cazzo che conosco da 15 anni.
E’ dritto come un fuso e lui pare quasi ridicolo abbandonato sul divano come una marionetta sudata.
Lo prendo tra le labbra dolcemente facendogli sentire la lingua. So bene cosa gli piace, cosa preferisce. Ci gioco un po’ prima di farlo entrare e succhiarlo: prima la testa, poi quel che posso incominciando a muovermi su e giù lungo l’asta.
Dura poco, forse meno di quanto è abituato. Lo sento fremere e tendersi nella mia bocca, la mia mano gli carezza le palle e quando il primo schizzo mi colpisce la lingua gli ficco un dito nell’ano facendolo inarcare. Un centimetro solo, nemmeno tutta la falange, ma è sufficiente per farlo torcere negli spasimi del piacere mentre continua a riempirmi la bocca con il suo seme schizzo dopo schizzo.
Lentamente si rilassa e io ancora non mi sono staccata. Lo faccio solo quando sono sicura che mi stia guardando e ostentatamente ingoio quanto ancora mi è rimasto in bocca passandomi poi la lingua sulle labbra per ripulirle.

E’ stralunato, ansima a bocca aperta e il suo cazzo perde rigidità. Lo vedo ritrarsi come un lumacone, lucido dei suoi umori. Esito un solo istante prima di riprenderlo in bocca, in fondo l’ho amato. Lo ripulisco coscienziosamente nettandolo di ogni fluido che non sia la mia saliva e quando mi alzo soddisfatta lui resta stravaccato guardandomi con aria ebete. Gli volto le spalle e vado verso l’ultima stanza già dimentica di lui. Ora ci sei tu a aspettarmi, nello stesso ambiente dell’inizio, ho girato in tondo.

Mi vieni incontro avvolgendomi un mantello sulle spalle per ripararmi dall’aria fattasi frizzante che sento quando usciamo all’esterno, quanto tempo è passato? Non mi importa, abbandonata tra le tue braccia, appoggiata alla tua spalla ti seguo verso l’auto accomodandomi sul sedile. Quando Sali e parti ti appoggio la mano sulla coscia e la lascio lì, senza muoverla. Mi tolgo la maschera e ti sorrido, ho solo una cosa da dirti:

- Grazie amore mio -

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